Thin air
Sarebbe un vero peccato leggere lo straordinario romanzo di Howard Browne senza prima aver letto questo ottimo (come di consueto) articolo di Luca Conti.
Questo, come molti altri imperdibili contenuti, sono disponibili sul suo sito ufficiale: lconti.com
Non mi resta che augurarvi una buona lettura.
Howard Browne (Omaha, Nebraska, 15 aprile 1907 – San Diego, California, 28 ottobre 1999) è stato – malgrado sia completamente sconosciuto in Italia – uno dei personaggi chiave nella storia dell’hard boiled e della fantascienza, sotto il suo vero nome ma anche con lo pseudonimo di John Evans. Con tale firma, infatti, Browne ha scritto tra il 1946 e il 1949 quattro romanzi nei quali appare il detective privato Paul Pine, considerato dalla critica uno dei più brillanti emuli di Philip Marlowe. Browne e Chandler vantavano una solida amicizia, nata negli anni in cui Browne era direttore di Amazing Stories, una delle più popolari riviste pulp di fantascienza del’epoca, pubblicata da un autentico colosso del settore quale la Ziff-Davis; e il nome «John Evans» appartiene ad una delle primissime incarnazioni di Philip Marlowe, come si può verificare nel racconto di Chandler No Crime in the Mountains.
Browne, figlio illegittimo di una maestra di scuola diciassettenne e di un medico itinerante, era stato adottato dalla famiglia di un fornaio, scomparso quando Howard aveva poco più di dodici anni. Il giovane Browne finì quindi per qualche anno in una sorta di casa-famiglia, fin quando la madre adottiva non poté dimostrare di poterlo mantenere; all’interno dell’istituzione, comunque, aveva già scoperto il suo interesse per la scrittura, e a quindici anni decise infine di abbandonare gli studi per trovare lavoro a Chicago. Nella migliore tradizione degli scrittori americani, collezionò i più disparati impieghi in acciaierie, sanatori, magazzini di uova, come commesso viaggiatore, eccetera: tutto questo fino alla Grande Depressione del 1929, quando il gangsterismo iniziò ad espandere la sua influenza sulla città soprattutto grazie al bootlegging, la distillazione e vendita illegale di alcolici.
La crisi economica permise a Browne di trovare con relativa facilità numerosi lavori in un campo in evidente espansione come quello del recupero crediti, fin quando (era il 1937) la lettura di un racconto sul Chicago Daily News gli fece balenare l’idea che, certo, anche lui poteva diventare uno scrittore. E perché no? Detto, fatto. Un racconto di mille parole, scritto in men che non si dica e inviato al giornale, aprì a Browne le porte del mondo delle riviste pulp.
Quel che segue è il resoconto di una brillantissima carriera. Un primo romanzo, Warriors of the Dawn (1942), con Tarzan, il personaggio di Edgar Rice Burroughs, come protagonista; la già citata serie gialla di Paul Pine, che comprende Halo in Blood(1946), Halo for Satan (1948), Halo in Brass (1949), più The Taste of Ashes (1957) scritto come Howard Browne; If You Have Tears (1947), un thriller psicologico alla James M. Cain; ed infine Thin Air(1953), ovvero il Giallo Mondadori 913: Controfigura per un rapimento.
Dal 1957 tutto cambia. La grande industria televisiva offre a Browne un ricchissimo contratto e il nostro si trasferisce a Hollywood, dove sforna oltre 120 sceneggiature di serie come 77 Sunset Strip, Maverick, Mannix, Cheyenne, Missione Impossibile, Il Fuggitivo, Colombo, Simon e Simon. I ricordi della sua gioventù chicagoana gli consentono, inoltre, di lavorare alle sceneggiature di molti film di argomento gangsteristico, tra cui Il massacro del giorno di San Valentino [Roger Corman, 1966; con Jason Robards, George Segal, Jack Nicholson, Bruce Dern].
Browne è stato anche, grazie al suo fiuto editoriale, un ottimo scopritore di talenti. A lui si devono l’esordio e l’affermazione, ad esempio, di Paul W. Fairman, autore che in seguito collaborò con Frederic Dannay e Manfred B. Lee al celebre romanzo di Ellery Queen A Study in Terror [Uno studio in nero, 1967]. Fairman, scomparso nel 1983, fu individuato da Browne mentre lavorava come portiere in un teatro di Chicago e scriveva racconti a notte fonda.
Dal 1973 al 1986 Browne ha insegnato «mystery writing» all’Università della California in San Diego, e nel 1986 ha ripreso a scrivere romanzi: nel 1988 è apparso Pork City, mentre nel 1991 Scotch on the Rocks. Nel 1997, per il novantesimo compleanno dell’autore, l’editore Dennis MacMillan ha pubblicato Incredible Ink, una raccolta (in edizione limitata) dei migliori racconti di Browne pubblicati sulle riviste pulp. Browne è scomparso, novantaduenne, a fine 1999.
E veniamo a Thin Air, il romanzo che Browne considerava la sua opera migliore e che, a cinquantacinque anni dalla sua pubblicazione, resta un piccolo capolavoro di quella strana e poco frequentata terra di nessuno nella quale lo hard boiled si mescola, senza tanti problemi, al giallo classico. Era un terreno che negli anni Quaranta e Cinquanta aveva i suoi praticanti e i suoi estimatori: basti ricordare, tra gli altri, due validissimi ma quasi dimenticati romanzi come Terror in the Town [La città non dorme, 1947] di Edward Ronns/Edward Aarons e The Guilty Are Afraid [I colpevoli hanno paura, 1957] di James Hadley Chase. In realtà l’assunto iniziale è lo stesso con il quale si sono intrattenuti per anni alcuni dei maggiori giallisti della storia, da John Dickson Carr a Ellery Queen (vedi il celeberrimo radiodramma La scomparsa di James Phillimore), da Sir Arthur Conan Doyle ad August Derleth: una persona entra in una casa, sotto gli occhi di testimoni, e svanisce into thin air…L’originalità della versione di Browne è l’aver applicato uno dei topics più rinomati del poliziesco classico a quella che si rivela ben presto essere una situazione essenzialmente hard boiled, e la sua abilità risiede nel riuscire a dare al lettore un’immagine abbastanza precisa, e non troppo consueta, del mondo della pubblicità degli anni Cinquanta.
Di passaggio, mi piace segnalare come gli anni Cinquanta siano stati, nel giallo americano, il momento della scoperta dei mass media: numerosi e significativi romanzi vantano ambientazioni che, per l’epoca, potevano essere considerate estremamente originali: valgano per tutte le locations televisive di Spin the Glass Web [La mosca e il ragno, 1952] di Max Ehrlich e Now, Will You Try for Murder? [Si muore alla TV, 1954] di Harry Olesker.
Nelle parole dello stesso Browne: «Ho dapprima pensato ad un buon inizio per Thin Air – una donna che sparisce – e poi mi sono detto, beh, il marito dovrà pur guadagnarsi da vivere… e ne ho fatto un funzionario di un’agenzia pubblicitaria, il che si è rivelato essere la chiave dell’intera storia, perché lui trasforma l’agenzia pubblicitaria in una agenzia d’investigazioni per poter rintracciare la moglie. Mi pare il miglior libro che ho scritto. Lo ha pubblicato Simon & Schuster nel 1953. Credo sia riuscito bene proprio perché si tratta di una storia umanamente realistica: niente detective privati o altri personaggi improbabili. Solo un uomo costretto ad affrontare una terribile situazione con tutte le risorse disponibili. Ritengo anche che sia l’unico mio libro ad avere uno stile veramente personale».
Tra parentesi, copie originali di Thin Air passano di mano, negli USA, per una cifra che supera i 500 dollari; pare che il libro sia di difficilissima reperibilità, e trovarne una copia in buone condizioni può rivelarsi un affare d’oro. Un romanzo di classe, un autore da riscoprire, anzi da scoprire ex novo
Luca Conti
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novembre 8th, 2010 at 10:24
Grazie Luca! Dopo aver letto questo bellissimo articolo, corro ad acquistare il romanzo di Browne…
novembre 8th, 2010 at 13:17
Come tutti i libri vecchiotti risente naturalmente del trascorrere del tempo.Rimane pur sempre godibile. Come l’articolo di Luca.
novembre 8th, 2010 at 14:52
Fabio: avercene, di libri vecchiotti che reggono l’età in questo modo. Diciamo piuttosto che quella che ha un po’ risentito dello scorrere del tempo – 44 anni non sono pochi – è la traduzione. Mi stupirei parecchio, se tra mezzo secolo non suonassero invecchiate anche le mie:-)
novembre 8th, 2010 at 16:59
Luca, il finale è un pò scontato via. L’ho letto millanta volte. Lo so, lo so, bisogna vedere come vengono scritti. Però…tanto per suscitare qualche intervento.
novembre 8th, 2010 at 17:48
Questo romanzo è un capolavoro assoluto senza tempo.
novembre 8th, 2010 at 19:57
Ottimo articolo. Grazie a Luca Conti, e anche a Dario Geraci.
novembre 8th, 2010 at 20:52
Certo Dario che il tuo intervento lascia la possibilità di una discussione molto variegata…:)
novembre 8th, 2010 at 21:37
E’ il mio personalissimo punto di vista Fabio 😉 Al tempo lo recuperai nella vecchia edizione e…che ti devo dire sarà stato il fascino del tempo sarà stato quel leggero odore di muffa che emanavano le pagine ma me ne innamorai.
novembre 8th, 2010 at 22:20
Fabio, il finale potrà sembrarti scontato nel 2010, dopo che una trama e uno scioglimento del genere sono stati usati chissà quante volte, da allora, sia nei libri che nelle serie tv, ma per il 1953 questo era un libro di una notevole originalità, soprattutto per come sapeva mischiare i generi in un periodo in cui la contaminazione dei medesimi era ancora di là dal venire.
novembre 8th, 2010 at 23:04
Ecco a me, ed anche ai lettori, credo, piacerebbe sapere proprio che cosa ti colpì di più in questo libro. Se vuoi…
novembre 8th, 2010 at 23:44
Mi piace la “furbizia” di Browne, il suo “savoir-faire”, il saper “sporcare” la trama di un giallo tradizionale con elementi hard-boiled. Vedi Fabio, per me in un romanzo (parlo di gusto personale), la trama pesa fino a un certo punto. Quello che mi “prende” è come la storia è raccontata, perchè le storie le dimentichi ma le “voci” mai, rimangono nella tua testa e ti parlano, rimangono lì, non le scordi..Mi è successo con i romanzi di Crumley, con quelli di Chandler, di Leonard, Wainwright, Goodis ma anche mille altri non necessariamente cantori del nero.. Ecco, se dovessi spiegarti il tutto con una similitudine mi piace il “timbro”, magari bello rauco, non la canzone.
novembre 8th, 2010 at 23:51
Beh, quello che dici è molto interessante e molto vero ed io ho un pò forzato per animare una discussione che mi pareva languisse. Però, rispetto al primo impatto del tempo che fu, non è venuta fuori quella scintilla. Me lo devo rileggere. Come ho detto e scritto più volte c’è sempre da imparare dai giovani…:)
novembre 9th, 2010 at 12:40
Sornione com’è, Dario ha scritto una cosa sacrosanta. La letteratura, così come la musica, è fatta dalle voci, dal tono, dal timbro. Giudicato dal punto di vista della trama, “Il grande sonno” di Chandler non è poi chissà cosa. Ma se si presta orecchio alla voce di Marlowe, diventa un romanzo indimenticabile. Tutti i capolavori della letteratura possiedono una voce che non ti esce più dalla testa, che si tratti del Don Chisciotte o dei Tre Moschettieri, di Comma 22 o del Lamento di Portnoy, dell’Ultimo Vero Bacio o di American Tabloid. Quello che resta più impresso nella memoria, di Miles Davis o di Ben Webster, è il timbro del loro strumento, non già gli standard spesso banali sui quali decidevano di improvvisare.
E, nel suo piccolo, mi sembra che anche Howard Browne possieda la dote di saper parlare al lettore nel brevissimo spazio di un romanzo di genere. Non è da tutti.
novembre 9th, 2010 at 21:29
Grazie Luca hai colto in pieno il senso del mio intervento 😉
novembre 9th, 2010 at 22:43
Ora, però, voi due giovanottelli, non fatemi sembrare un imbecille…:) Al tempo in cui lo lessi la prima volta ne rimasi entusiasta. Oggi un pò meno. Lo sto rileggendo…
novembre 9th, 2010 at 22:46
Beh, però al di là del timbro c’è un’altra cosa non proprio indifferente che rimane delle grandi interpretazioni: il virtuosismo. Se Miles Davis o Clifford Brown avessero solo suonato la tromba non sarebbero certamente diventati celebri: il fatto è che eccelsero nella loro arte.
Così Browne. L’ho divorato: bellissimo.
Ma non mi è sembrato un hard boiled vero e proprio, più un giallo movimentato, alla Latimer. Mischia giallo e harboiled.
Ora so che origine ha avuto “Chi l’ha visto?”, per esempio.
Ma tuttavia ho notato un punto debole nella trama: perchè proprio Ames sarebbe dovuto essere il solo ad essere incolpato dell’aggressione di Fremont e della scomparsa della moglie? Perchè in sostanza se è vero che per gelosia lui avrebbe potuto far fuori la moglie e tentare di uccidere l’amante della moglie, anche la moglie di Fremont avrebbe potuto essere sospettata per la medesima ragione, tanto più che è lei che formula l’accusa che Leona faceva la smorfiosa col marito: non avrebbe potuto anch’essa uccidere la moglie di Ames e tentare di uccidere il marito? Non capisco perchè Ames è il solo che venga ad essere sospettato in un primo tempo, e non anche la moglie di Fremont. Se ciò fosse stato perseguito nel romanzo, in pratica non ci sarebbero state falle nella trame. Non vi sembra ? 😉
Ovviamente non ho parlato di niente che non sia già scritto in quarta di copertina, e la moglie di Fremont..non è l’assassina.
novembre 9th, 2010 at 22:52
refuso: si legga “falle nella trama”
novembre 10th, 2010 at 10:11
Mi sovviene che il Browne, che fra l’altro ha il pregio di poter essere letto molto facilmente (è scorrevole nonostante sia stato tradotto cinquanta anni fa quasi) in forza di una notevole sapienza nello scrivere, proprio per come tesse la trama, mi ha fatto pensare anche a certi romanzi di Stuart Palmer o di Doris Disney, per esempio.
novembre 10th, 2010 at 22:06
La seconda lettura mi conferma di essere di fronte ad un ottimo libro. Sul “capolavoro” rimando ad una ulteriore lettura…:)
novembre 11th, 2010 at 09:21
..Ma che si trattasse di un ottimo libro lo hai voluto prendere in considerazione dopo che si erano espresse delle persone: non è che sei un po’ influenzabile? Me ne sono accorto al tempo dell’ultimo Halter, quando a seconda di chi parlava cambiavi giudizio : ho come l’impressione che tu non sia molto sicuro della tua, e cerchi sempre di rafforzarla o sostituirla con quella che dicono persone che tu ritieni degli “esperti”. Così allora siccome io ne avevo parlato in un certo modo, anche te pareva un ottimo libro. Poi bastò che Luca avesse espresso un suo dubbio, e anche il tuo ottimo subì un declassamento.
Ora, minimo minimo, con i tuoi pochi soldini di professore di lettere pensionato dovresti sovvenzionare una pubblicazione degli altri romanzi di Browne… 😉
novembre 11th, 2010 at 09:40
Devo aggiungere un’altra cosa. Io da quello che si diceva di questo romanzo, pensavo cominciasse con una Camera Chiusa, che invece non c’è. Perchè la sparizione c’è, ma non c’è nessuna condizione perchè essa si apparenti a qualcosa di impossibile. Infatti la porta sprangata diventa una porta semplicemente chiusa.
No.
La grandezza del romanzo si fonda su due pilastri: il come una persona possa svanire senza lasciare traccia e accordandosi il tutto al giudizio di una bambina di pochi anni, CHE DICE LA VERITA’e non una bugia come ritiene in un primo tempo Ames; il come l’aggressione che si tramuta in omicidio di Fremont, possa essere spiegata. Ed io, che sono piuttosto svezzato e riesco almeno quaranta.cinquanta pagine prima normalmente a capire come vanno le cose, qui son stato preso in contropiede e solo nelle ultime pagine son stato esaudito: grandezza di un autore assai poco conosciuto da noi, e di un romanzo che è un piccolo capolavoro. Se non avesse quell’incomprensibile addossamento di responsabilità solo sulle spalle di Ames e non invece anche su quelle della moglie di Fremont, avrei parlato di “autentico capolavoro”.
Voto 10, non dieci e lode.
Fabio, non prendertela: a me piace ogni tanto scherzare e punzecchiare, giacchè vedo che piace anche a te farlo ogni tanto con me.
novembre 11th, 2010 at 22:39
Non è che me la prendo, è che mi sembri troppo preoccupato di quello che penso. Pensa, piuttosto a quello che scrivi e, soprattutto, a come scrivi…:)
P.S. Anche a me piace scherzare e punzecchiare…:)
novembre 11th, 2010 at 23:21
Vorrei precisare che il tuo intervento non è per niente scherzoso, anche se punteggiato da un bel sorriso. Il fatto che ci si scambi pareri e ci si confronti tra persone di una certa cultura può far nascere dei dubbi, dei ripensamenti, delle riletture senza per questo che uno si senta superiore o inferiore all’altro. E certamente non mi sento superiore o inferiore a Dario, a Luca, a te e agli altri. Il tuo intervento, ripeto, è falsamente scherzoso e dunque ti ho risposto in maniera falsamente scherzosa.
novembre 12th, 2010 at 06:59
novembre 12th, 2010 at 07:20
@Fabio: Il discorso non era sulla superiorità o inferiorità. Comunque, contento tu.. contenti tutti. Basta capirsi.
Ora però devo chiedere una cosa a Dario, che sicuramente ci legge: in coda ai romanzi in edicola, per la prima volta mancano del tutto indicazioni sulle uscite dei Classici del Giallo di dicembre. Nei Gialli si parla del nuovo vincitore del Tedeschi, e di un nuovo Linda Ladd (presumo tradotto da Longo), ma dei Classici non c’è alcuna menzione.
E’ stata una scelta o mera mancanza di spazio? Puoi anticiparci tu, i titoli del prossimo dicembre?
Grazie, Dario.
novembre 14th, 2010 at 09:44
Complimenti! Ottimo articolo e, a quanto pare, bellissimo libro: corro ad acquistarlo!!
novembre 14th, 2010 at 16:03
Pierino non fare il furbetto del quartierino. Ti inserisci a sproposito in un rapporto tra Dario, Luca e il sottoscritto tra l’altro considerando lo scambio di idee e quindi la possibilità di rivedere il proprio giudizio come un fatto negativo, come una sorta di menomazione delle proprie capacità critiche. Solo gli idioti e i presuntuosi non cambiano mai parere. Poi, se ci si vuole punzecchiare come ci pare, facciamolo quando si interagisce fra noi due. Va bene che sono un po’ rimbecillito da Jonathan ma se mi cerchi mi ci trovi come si dice dalle nostre parti…:)
novembre 14th, 2010 at 19:29
E’vero non cambiano mai parere gli idioti e i presuntuosi, e infatti anch’io in due anni ho cambiato parere su molto, pur restando fermo su alcune posizioni: non avrei mai sospettato che mi piacessero tanto gli hard-boiled! Soprattutto quelli non molto forti.
Ma non cambio posizione repentinamente. Se lo si fa in tempi medio-lunghi, è altra cosa.
Per il resto, constato che ti esprimi come molto tempo fa si esprimeva altra gente. Ma siccome, questo è un cambiamento in periodo medio-lungo..lo accetto 😉
novembre 14th, 2010 at 20:18
Per il resto.. invito tutti a comprare questo romanzo, e non solo perchè è notevolissimo, ma anche perchè è raro. Meno male che Boncompagni ha mantenuto la parola che dette parecchio tempo fa ed è riuscito a farlo ripubblicare. Ora mancano all’appello tanti altri bei titoli: dalla ricordata La Medaglia del Cellini, a Le pentole del Diavolo, a qualche romanzo della Rinehart, per esempio. A me francamente oltre questi, che son titoli che ho, piacerebbero altri: Il Demonio azzurro di Hermann Landon, Sei a tavola di Walling, Le fabbriche dello Spavento di Boca, Il diamante perduto di Rufus King, La casa vietata e Stelle Filanti, di Michael Wally (Herbert & Wyl). Ma si sa che non tutto si può avere, anche se peccato non è sognare.
Tuttavia sono molto contento dell’uscita di questo mese: era da tanto tempo che non leggevo un romanzo di una tale qualità ed estrosità.
novembre 15th, 2010 at 10:08
Comunque il mio intervento su Fabio non era distruttivo: era solo il consiglio ad un vecchio amico, cui voglio ancora bene (lui potrebbe dire: ed è così che me lo dimostri? sì, io lo dimostro anche così) per delle cose accadute in passato, di evitare di dire delle cose tanto per dirle, salvo poi ritornare indietro, ma, dopo aver letto o riletto il libro, dare un giudizio, definitivo, con cui poter andare al confronto.
Era un tentativo anche per invitare tutti a misurare le parole (anch’io devo fare attenzione, perchè ogni tanto mi faccio trasportare dalla passione pura) dato che questa trovata di non aver dato per la prima volta anticipazioni sui Classici, mi fa pensare ad una certa cosa: non vorrei che, a furia di leggere qui richieste e commenti in relazione alle traduzioni (anche se è lapallissiano e oramai accettato che nei Classici nuove traduzioni non se ne fanno), alla fin fine qualcuno deve aver pensato che non dando informazioni prima dell’uscita di un romanzo, si evita tutto un bailamme di supposizioni, dicerie e commenti che possono causare una perdita di vendite e quindi profitti. 😉
novembre 15th, 2010 at 10:13
Non sto pensando a te, Dario, ovviamente, ma a qualcuno la cui azione sia connessa alla stampa e pubblicazione. Non ci rendiamo conto, sufficientemente,tutti, anch’io beninteso, della straordinaria portata telematica di uno spazio quale questo, e della sua influenza su chi non sia collezionista o appassionato puro, nell’acquisto o meno dei romanzi.
novembre 15th, 2010 at 11:28
Allora se Dario mi permette ancora un po’ di spazio lo sfrutto per un chiarimento definitivo con Piero, perché mi piace il confronto diretto senza sotterfugi. Io sono perfettamente d’accordo con te nel volere la pubblicazione di testi classici, magari con nuova traduzione. Rimango un appassionato del genere e non lo rinnego affatto. Tra l’altro mi sono beccato quasi tutti i libri della Polillo. Però, se si cerca una valorizzazione dello scrittore italiano e di altre tematiche diverse dai miei gusti, non posso tirarmi indietro, sia come lettore che come “critico”. Tra l’altro, l’ho esplicitato fin dall’inizio, sono stato sempre curioso delle novità, seppure non proprio in linea con il mio percorso culturale. E questo, permettimi, mi sembra un pregio e non un difetto.
Ora possiamo pure beccarci simpaticamente ma su cose, diciamo così, più leggere.
novembre 15th, 2010 at 21:45
Prendo in carico la richiesta e riferisco quanto prima.
😉
novembre 16th, 2010 at 10:11
Anch’io ho parecchi Polillo, ma solo quelli davvero nuovi, dacchè parecchi pubblicati, non sono per nulla titoli nuovi ma erano stati pubblicati (e poi dimenticati) da Mondadori. Che pertanto è ancora il più grande editore del genere. E io vorrei che lo rimanesse. Del resto a leggere il Pirani, mi sono accorto che negli anni ’30-’40 e ’50 c’erano tantissimi editori, il più delle volte sconosciuti al grande pubblico ( e non solo Garzanti, Rizzoli, Longanesi e Feltrinelli ma anche Martucci, Salani, Casini, Nerbini, etc..). Il fatto che sia rimasto solo Mondadori in edicola, ancora, dopo 80 anni, significa molto. Ecco il mio contributo ad una battaglia, ecco il contributo di Luca e di altri, perchè le collane Mondadori rinnovandosi non perdano mai di vista la qualità delle pubblicazioni, perchè alla lunga solo la qualità rende nell’acquisizione del pubblico oltre che nella considerazione della critica.
novembre 16th, 2010 at 10:30
Fabio, se a te piacciono i libri alternativi alle mie scelte continuali a prendere. E certamente non hai neanche bisogno del mio permesso. Il mio intervento verteva sul confronto, sulle dinamiche dei dibattiti, nel corso dei quali io preferirei che le idee fossero chiare sin dall’inizio, che ognuno portasse avanti dei propri cavalli di battaglia o delle idee peculiari, e poi..andare al confronto e non allo scontro. Poi magari dal confronto di idee e posizioni, come tu dici, ci può essere un ammorbidimento, ma..col tempo. Un cambiamento troppo veloce genera dei dubbi: almeno io la penso così.
A me il Blog è servito molto per crescere, anche culturalmente: due anni fa ero molto più radicale, e molto più settario. L’Hard-Boiled era un genere poco da me letto (i più grandi Chandler, MacDonald alias Kenneth Millar, Hammett). Se devo dire che ora leggo Lansdale, Crumley, Sallis, persino Bazell, è certo cosa che non avrei mai pensato di fare dieci anni fam anche due. E’ stata la costante frequentazione di questo Blog, che mi ha indotto a voler conoscere meglio delle persone, soprattutto Luca, e dei siti che prima non frequentavo.
L’importante è sapersi mettere sempre in gioco, non dimenticando mai i propri limiti e i propri grandi sogni.
novembre 18th, 2010 at 10:17
“Un cambiamento troppo veloce genera dei dubbi”. Ora, siccome la parola “dubbi”, usata in questo contesto, reca in sé una accezione fortemente negativa, al limite dell’offesa, se fosse riferita al sottoscritto smettiamola pure di interloquire. E, comunque, per essere corretto rispetto anche agli altri, dovresti spiegare in che cosa consisterebbero questi “dubbi”.
novembre 19th, 2010 at 08:02
Vi pregherei di finirla con queste “liti condominiali”. I commenti sono interessanti (almeno dal mio punto di vista) se riguardano i romanzi, gli autori, i meccanismi di sscrittura, ecc. E’ avvilente notare che persone intelligenti e preparate si perdano in queste schermaglie. Sarà per questo che in generale i post sono sempre delle solite persone…
novembre 19th, 2010 at 11:09
Qualsiasi cosa dica, la prendi per negativa? Con “genera dei dubbi” volevo solo dire che chi si dovesse trovare in un qualsiasi contesto, non necessariamente in questo, a vedere che uno prima si fa portatore di un’idea, salvo cambiarla in breve tempo dopo che altri abbiano espresso la loro, può rimanere alquanto sbalestrato. Niente di più. Nessuna offesa personale
novembre 19th, 2010 at 11:13
Non hai mai sentito politici che la sera prima dicono una cosa e il mattino dopo un’altra? E tu come rimani? A me non fa più effetto. Ma all’inizio, quando ero giovane, rimanevo disorientato.
Questo volevo dire. Che se uno cambia la propria posizione, in buona fede s’intende, perchè convinto dalle tesi altrui, in un arco di tempo relativamente breve, può disorientare chi vi assiste. Intendiamoci, può anche non disorientare. Io dico così, ma non significa necessariamente che chiunque assista sia disorientato.
novembre 19th, 2010 at 15:20
Al prossimo commento fuori tema chiudo la discussione. Basta.
novembre 19th, 2010 at 15:27
Giusta osservazione di Paolo e giustissima decisione di Dario. Questo il mio parere sul libro http://www.thrillermagazine.it/libri/10510
novembre 19th, 2010 at 19:08
Sono perfettamente d’accordo.
novembre 22nd, 2010 at 21:47
Recensione al romanzo sul mio blog, al seguente link :
http://lamortesaleggere.blogspot.com/2010/11/howard-browne-controfigura-per-un.html
novembre 25th, 2010 at 13:07
Ottima recensione!
Questo Howard Browne sembra essere davvero un autore con i controfiocchi.
novembre 25th, 2010 at 19:16
Già. Il bello è che stranamente ha riscontrato poca fortuna. Per alcuni non è inferiore a Chandler, e in un certo senso è più rivoluzionario, non prescindendo dal trattare tematiche “belle toste”.
Poi un altro ancora, che si potrebbe rivalutare in casa Mondadori, è Horace McCoy: non sarebbe male per esempio pubblicare “Il sudario non ha tasche”. Io ho l’edizione de Le 3 scimmiette Garzanti, mentre quella tradotta da Luca, mi disse lui che era diversa, perchè dello stesso romanzo pare esistano due versioni originali.
Tempo fa è uscito un discreto romanzo ( non so come definirlo: Noir? Mah..non so. Magari più un romanzo sul fallimento del sogno americano, attingendo dalla sua disillusione di diventare attore), da Rizzoli: “Avrei dovuto restate a casa”
novembre 30th, 2010 at 14:38
Bel romanzo. Lo stile è divertene, si legge in due giorni, dialoghi verosimili e la traduzione non risente troppo della vecchiaia.
Aspettiamo con tanta ansia – sperando di trovare piacevoli sorprese – i romanzi del mese prossimo.