La sciarada dei tre corpi (2995)
Mercoledì 7 giugno, un pomeriggio come tanti. Ma non a Goose Common, dove Wendy Burge, nella sua annuale ricerca di fondi per l’ospedale della contea, scompare misteriosamente. Lo stesso giorno viene celebrato il funerale di Henry Martin, morto d’infarto. E Peter Burge, marito di Wendy, si reca a Londra e fa perdere le proprie tracce. Tempismo perfetto, visto che il cadavere di sua moglie ora galleggia in un canale. L’ispettore Arnold di Scotland Yard inizia le indagini. Solo per scoprire che nell’amena GooseCommon basta davvero poco per dissolversi nel nulla. O per finire ammazzati.
All’interno, il racconto “Fiori per Diana” di Fabio Novel.
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Posted in Giallo (serie regolare), Le collane del Giallo
dicembre 30th, 2009 at 15:35
Un Giallo d’annata, vorrei dire: un inedito con cui si apre il nuovo anno. Vorremmo tanto che ce ne fossero altri come questo.
dicembre 30th, 2009 at 15:38
e, per far contenti tutti, un racconto consigliato dal Prof. “Fiori per Diana” ho avuto il piacere di leggerlo in anteprima. Grande atmosfera, tensione e quel pizzico di sentimento che anche nell’azione più nera non guasta mai.
dicembre 30th, 2009 at 16:21
Bravo Stephen Gunn : vedi che quando abbandoni i guantoni da boxe, sei più simpatico ?
dicembre 30th, 2009 at 16:36
Però una cosa me la devi dire Stefano: su che base sono stati scelti questi racconti che da un po’ di tempo troviamo nei vari gialli e classici? Non parlo di questioni di gusto: piaceranno a te, ad Altieri e ad altri. Non faccio parola su questo. No, invece volevo sapere perchè di punto in bianco si son trovati questi racconti: la cosa la chiedo soprattutto sulla base che altri ci arrivano alla pubblicazione dei propri vincendo il Mystfest o Profondo Giallo, ed altri concorsi. Insomma, tu mi capisci, per uno che solo con tanta fatica è riuscito a vedersi pubblicato un racconto, vederne altri che spuntano come funghi, seppur meritori, non deve essere una cosa simpatica. Penso io, poi magari non lo è: però secondo me il problema sussiste.
Forse magari si potrebbe scegliere la testata privilegiata per far uscire i racconti che vincono i concorsi e quella dove escano gli altri.
Non parlo ovviamente di antologie.
Che ne dici ?
dicembre 30th, 2009 at 16:38
A meno che non si eliminino i racconti vincitori di Concorsi, e la cosa allora si appiana da sè.
dicembre 30th, 2009 at 17:53
Avrei preferito intervenire senza essere parte in causa, e che l’argomento fosse saltato fuori su altro volume; ma si vede che era destino…
Piero, scusami, credo di capire quello che intendi dire, ma mi sembra che il discorso appaia razionale solo se visto da una sola prospettiva.
Beninteso, mi sto riferendo al fatto della distinzione che fai tra racconti vincitori di concorsi e gli altri che arrivano alla pubblicazione attraverso i normali canali.
Mi chiedo cosa ci sia di strano. O di sbagliato.
La gran parte dei romanzi (italiani – per gli i prodotti importati talvolta i giochi si fanno alle fiere, sulla scorta di cifre di vendita e abilità dei veri agenti) arriva in libreria e in edicola principalmente attraverso una selezione operata dagli editor. Poi, ce n’è una piccola parte che invece approda alla pubblicazione attraverso la partecipazione a dei premi mirati appunto a ciò. Vedi, nel caso dell’edicola, il Tedeschi e l’Urania.
Per i racconti, la situazione è in un certo senso inversa. Ci sono pochissimi spazi di pubblicazione professionale (lasciamo fuori la rete, in questo discorso) per la narrativa breve. Le rare antologie – tra quelle distribuite e visibili – sono riservate ad autori già più o meno noti (ma che comunque non rappresentano una valvola di sfogo adeguata per quelle che sono le potenzialità dei nostri autori proprio sul breve). E le riviste di genere cartacee la titano, purtroppo. In tal senso, i premi diventano importanti. Ma non costituiscono una regola. Se ci fosse mercato, l’iter sarebbe quello seguito dai romanzi.
E poi, anche dal punto di vista emotivo, perché uno che ha partecipato ad un concorso dovrebbe aver penato di più?
Anni fa, arrivai tra i finalisti ad un concorso della Fanucci che prevedeva la pubblicazione. Non vinsi, anche se di li a poco riuscii comunque a pubblicare il romanzo.
Beh, ti assicuro che proporsi alle varie case editrici è un onere assai maggiore e delicato che non iscriversi ad concorso.
L’idea che proponi della testata privilegiata che proponi, quindi, non la condivido. In quanto ad eliminare i racconti vincitori di concorsi… beh, è una battuta, vero?
Detta le mia, torno sul volume, dicendo che per me rappresenterà l’occasione per farmi un po’ di cultura classica su questo testo del 1944, che altrimenti – lo ammetto – non avrei preso.
Spero di riuscire col racconto a far breccia anche nei cuori (è un testo dove l’emozione conta molto) degli amanti del mistery e del giallo classico.
Buon anno!
dicembre 30th, 2009 at 18:04
D’acccordo con Fabio. I concorsi sono solo una delle vie per arrivare alla pubblicazione. Poi, come al solito, ci sono le selezioni, che avvengono nei modi più disparati. E condivido anche quello che dice sul presentarsi agli editori: è assai più difficile che non partecipare a un concordo. A un premio arrivanto 50/100 racconti. Quanti ne vengono proposti invece a un editore nell’arco di un anno? Cifre a tre zeri, immagino, quindi la via è molto più in salita!
dicembre 30th, 2009 at 18:06
Dimenticavo: complimenti Fabio… appena leggo ti faccio sapere! 😉
dicembre 30th, 2009 at 18:33
Beh, questo è vero, ma in parte: è vero assolutamente che proporsi a vari editor non avendo vinto un cavolo di nulla è assai faticoso e immagino anche frustrante, e per chi è conscio che un suo lavoro potrebbe piacere al pubblico e non riesce a farlo pubblicare, possa essere molto depressivo.
Ma..guarda la cosa anche da un altro punto di vista: io beninteso ti faccio gli auguri e sono sicuro che il tuo racconto sarà bello, anzi ti prometto che prima ancora di leggere il romanzo leggerò il tuo racconto e mi esprimerò in tal senso. Guardiamo però le cose dalla parte di chi abbia partecipato a concorsi per esempio: io ho partecipato, quindi parliamo di cose che sappiamo.
Devi rispettare un formato, devi scrivere un racconto basandoti su quello che vogliono e non puoi proporre solo un qualcosa che magari hai già: da un certo punto di vista, può avere delle difficoltà, soprattutto quando scrivi per la prima volta; poi ci fai il callo. Ma comunque c’è l’ansia che il tuo lavoro possa piacere o no, poi magari leggi gli altri, quelli che hanno vinto, e allora ti convinci che i tuoi non vinceranno mai, forse non perchè non siano ben scritti ma perchè non rispecchiano il tempo. Magari se avessi saputo che al posto del tal giurato, si fosse presentato un altro, avresti potuto dare un taglio diverso alla storia e sperare in qualcosa di diverso.
Ma comunque ti consoli pensando che in fondo verranno pubblicati solo i migliori, o almeno quelli che i giurati riengono siano tali; e che tu comunque uno sforzo anche piccolo lo hai fatto e che in fondo non è importante vincere ma partecipare. Poi un giorno vieni a sapere che non è importante oramai vincere un concorso per apparire su una testata da sempre caratteristica di un genere, ma altri contatti. E allora ti chiedi: “Ma che l’ho fatto a fare?”.
Ecco perchè i concorsi per pubblicare racconti sulle testate Mondadori, non servono più: prima c’era un unico viatico: vincere un concorso o comunque avere una menzione speciale; ora non più.
Ecco perchè dicevo che (non parlando di antologie) bisognerebbe individuare una via privilegiata: non so un racconto vincitore sul Giallo, un racconto non vincitore sul Classico o viceversa. O altro. Così, secondo me (e posso sbagliare) la cosa non ha più senso.
dicembre 30th, 2009 at 18:48
una sola precisazione per Piero. Forse c’è stata un po’ di confusione. Io, salvo il caso di antologie che curo personalmente come il ‘Vizio’, non ho voce in capitolo nelle scelte editoriali di Altieri che è un amico e un collega da molti anni ma che, come Dazieri e Orsi prima di lui, prende da solo le sue decisioni. Il racconto di Fabio lo avevo letto perchè gentilmente me lo aveva inviato tempo fa. Fabio cura la spy story su Thriller magazine con particolare cura per gli italiani(infatti l’anno passato ha curato l’antologia Legione recentemente sul blog di Segretissimo ha redatto un’interessante storia del genere in Otalia sin dalle origini)è quindi a tutti i diritti un professionista del thriller e… mi auguro anche futuro autore di romanzi di più ampio respiro. il mio commento voleva solo essere un incoraggiamento nella linea di sostegno dei nuovi autori italiani di nero, di Giallo e di Spy. mi auguro che questo non urti nessuno.
Non so se sono simpatico, ma con i guanti da Boxe ci sono praticamente nato….
dicembre 30th, 2009 at 19:22
Posso rifare una domanda che feci tempo fa, ma alla quale non ebbi risposta? Ovviamente mi rivolgo a chi di dovere (Altieri, Di Marino e quanti altri). Ho scritto nel precedente post (grazie per il premio alla sincerità ;-P) che nel 2010 avrei partecipato ai ‘tre concorsi’ previsti dal Giallo Mondadori, ossia “Gran Giallo città di Cattolica”, “carabinieri il giallo” e il “Tedeschi”. Ma, da quanto ho letto, vedo che ‘teoricamente’ potrei anche avere l’ardire di mandare qualche racconto, breve o lungo che sia, alla redazione del Giallo, giusto? Se dovesse piacere verrebbe pubblicato lo stesso? Ho sempre pensato – perdonate l’ignoranza, lo ammetto – che in questo caso, il Giallo Mondadori non funzionasse come una ‘normale casa editrice’, ossia che non accettava manoscritti non richiesti, salvo quelli provenienti dalle corsie prefernziali dell’essere già noti o del vincere un concorso. Ho preso un abbaglio, giusto? Bè, allora ben venga. Posso spedire tutto alla redazione, se stanno così le cose. E – sincerità che rasenta l’idiozia – la cosa non può farmi che piacere, essendo io il diretto interessato ;-P
dicembre 30th, 2009 at 19:35
Diego, visto che mi nomini rispondo. per l’ennesima volta ripeto Io, Stefano Di Marino alias il Professionista sono un autore- collaboratore-traduttore di queste testate da molti anni ma non ho in alcun modo voce in capitolo su questo argomento. Vi prego di non mettermi in imbarazzo coinvolgendomi in queste discussioni. le mie sono opinioni da lettore che frequenta il blog e come voi ha diritto di dire la sua. Io ti consiglierei di rivolgerti alla redazione che mi sembra abbia un indirizzo e mail
cordialmente
stefano
dicembre 30th, 2009 at 19:40
Scusami, Stefano. Non volevo assolutamente coinvolgerti in nessuna discussione imbarazzante o cose del genere. Non ho detto nulla di male: ho solo chiesto un’informazione, tutto qui. Non pensavo che fosse una domanda ‘imbarazzante’, era solo a titolo informativo. Che io mi sia espresso male? Forse. Ma volevo solo chiedere questo: si possono inviare lavori in redazionne o l’unico canale ammesso è quello dei concorsi? Stop.
Che c’è di male, pericoloso o imbarazzante in questa domanda? Se ti ho messo ‘in imbarazzo’, come dici, mi spiace, non era assolutamente mia intenzione. Scriverò in redazione. Cordialmente.
Diego.
dicembre 30th, 2009 at 19:52
Diego, è semplicemente il fatto che vorrei ribadire quali sono i ruoli, ‘Imbarzzante’ non significa offensivo. Solo che io non sono in grado di giustificare alcuna scelta editoriale perchè il mio lavoro consiste nello scrivere libri che mi auguro per alcuni possano essere divertenti, tradurre meglio che posso quelli che mi vengono affidati e basta. Su questo blog intervengo esattamente come te, da lettore e appassionato.
nessun problema quindi
ciao
stefano
dicembre 30th, 2009 at 19:58
@Stefano: lo so benissimo che sei nato con i guantoni da boxe: il fatto è che ho imparato ad usarli da quando ti conosco
Poi non avevo nessuna voglia di stare a disquisire sul perchè o sul per come del racconto in questione: se è stato scelto da Altieri, o se lui ha dato il beneplacito, la cosa non mi interessa, perchè lui sicuramente è una persona che se ne intende (magari ci saranno delle scelte che gli contestiamo, ma questa è altra cosa) e quindi sarà una cosa di qualità.
Salute e saluti a tutti.
dicembre 30th, 2009 at 20:18
be,Piero leggi il racconto e anche ilromanzo..ed esprimi pure il tuo giudizio… prometto di non pichciarti…
dicembre 30th, 2009 at 20:51
Sarebbe difficile: i tuoi pugni affonderebbero nella mia panza!
dicembre 31st, 2009 at 12:29
AUGURI DI BUON ANNO A TUTTI QUANTI (compresa “La TRIADE” ALTIERI, BONCOMPAGNI, LONGO) !!!
A quelli poi di cui posseggo l’indirizzo email, li farò personalmente.
dicembre 31st, 2009 at 12:37
Un consiglio che posso dare a Diego, da vetusto e ormai moribondo autore (scaramanzia, però non so quanto efficace)è quello di far pubblicare i suoi racconti anche in siti o blog approntati alla bisogna. Ma probabilmente l’ha già fatto. Il sottoscritto, prima di tentare la pubblicazione del suo primo libro di scacchi, si era fatto conoscere ai lettori con qualche centinaio di articoli. Naturalmente gli auguro di di arrivare al suo obiettivo un tantinello più velocemente…:-)
dicembre 31st, 2009 at 18:27
Non mi perderò il racconto di Fabio Novel a cui invio un caloroso saluto.
E buon anno a tutti!
dicembre 31st, 2009 at 18:37
Grazie Fabio. Ma non trascurare il fatto che molti concorsi hanno come requisito fondamentale che l’elaborato (racconto breve o lungo che sia ) sia assolutamente inedito, mai pubblicato nè in via cartacea nè on line. Infatti, appunto per questo motivo, ho avuto qualche ‘problemino’ per il racconto che ho inviato al concorso RomaNoir. Però penso che ‘qualche lettore’ già mi conosca, almeno un pochino, perchè dirigo una rubrica di libri on line, collaboro a Thriller Cafè, e scrivo articoli culturali per un giornale trimestrale. Qualcosina faccio, insomma. ;-P Grazie mille a buon anno a tutti!
gennaio 1st, 2010 at 10:59
Scusa Diego volevo solo dire questo. Tieni pure da parte dei racconti inediti per i concorsi ma se hai questa passione scrivine altri da far pubblicare su siti e blog appositi. L’esercizio della scrittura è fondamentale.
gennaio 1st, 2010 at 12:33
Fabio, colgo l’occasione di farti gli auguri e ti hciedo chiaramente Ot(magari mi scancellano) Hai visto il libro sugli scacchi uscito da Sperling con la ricostruzione di partite famose viste al cinema e nei libri’ Io non sono un intenditore ma miè sembrato un bel volume…
gennaio 1st, 2010 at 17:43
Figlio mio ma allora tu mi prendi per la gola! Tu parli di “Il grande libro degli scacchi” di Dario De Toffoli e Leo Colovini. Lo becco certamente. Per farmi perdonare da Dario cito pure per gli appassionati e non “Il gioco immortale_Storia degli scacchi” Mondadori 2008. Mia recensione, insieme ad altri libri (uno dei quali un giallo con scacchi) in http://www.federscacchi.it/scacchitalia/2009/scacchitalia2009_3.pdf
Sulla rivista della Federazione Scacchistica Italiana e di’o po’o…
gennaio 1st, 2010 at 17:44
i’Geraci sarà estasiato!
gennaio 1st, 2010 at 17:54
Spero che mi perdoni. Tra l’altro c’è ancjhe la recensione di un altro libro della Mondadori, precisamente “Il fuoco” di Katherine Neville. E proprio qui è stato pubblicato il pezzo sul rapporto giallo-scacchi nella letteratura poliziesca. Speriamo bene. Dopo tutto siamo all’inizio del nuovo anno.
P.S. Devo anche dire per la verità che parlo anche spesso del nostro blog jn ambiente scacchistico.
gennaio 4th, 2010 at 17:50
Spero che questo mese siate soddisfatti. mi sembra ci sia poco o nulla di che lamentarsi. 😉
Auguri
gennaio 4th, 2010 at 18:44
Io mi lamento solo delle traduzioni tagliate, ma già lo sai
gennaio 4th, 2010 at 20:34
Questa delle traduzioni tagliate è davvero una cosa intollerabile. Da letteratura di serie B, direi. Da amanti del giallo e della letteratura in generale, dovremmo sottoscrivere una petizione affinché queste cose non si verifichino più. Chi accetterebbe mai di leggere tagliato un autore del cosiddetto “mainstream”, tanto più se classico… Non continuiamo a farci del male, per favore.
gennaio 4th, 2010 at 23:40
@Dario : convengo con te..per questo mese.
gennaio 4th, 2010 at 23:58
Beh, però bisognerebbe nel momento in cui si perora la traduzione integrale, perorare anche che essa sia fatta bene.
In altre parole.. Luca è il n.1 – si può dirlo – per quanto riguarda la traduzione dei noir americani: ma questo accade non solo perchè traduce, ma perchè legge, si documenta, studia, e soprattutto – e non è cosa da poco – conosce personalmente gli autori che traduce. E quindi, dico per dire, se non è sicuro di rendere bene un determinato concetto, tramite il contatto diretto lo capisce. oddio, può anche non fare così, ma è solo grazie alla frequentazione diretta degli autori che si ha la sicurezza di tradurene bene le istanze. Io ho un amico che è un grande pianista esperto in autori americani: è dal lato musicale, quello che è Luca. Anche Emanuele, oltre a interpretarne le musiche è amico dei compositori, ci parla, li va a visitare: solo così può entrare in intima corrispondenza di suoni o parole.
Se allora questo è quello che tu intendi “traduzione integrale” io son d’accordo con te. Se intendi invece traduzione integrale una traduzione comunque di tutto quello che ha scritto l’autore originale, senza renderla sontuosa e ricca di atmosfera, io preferisco quelle tagliate che leggevo quando ero giovane: Bernardo, vatti a rileggere i Carr dei Classici degli anni ’70 e dimmi se quelle traduzioni pur tagliate non riuscivano a tradurre la paura, l’orrore, l’atmosfera inquietante di un delitto? Io mi ricordo Piazza Pulita, Il mostro del Plenilunio, Sfida a Bencolin, L’ultima Carta, Saper morire, Il terrore che mormora, ed erano traduzioni molto ben fatte, forse talora trasformate, come dice Giuseppina che faceva Pitta, ma..io le cambio solo con una traduzione che non sia fredda.
Oddio la Francavilla non era affatto male, ma..io penso che il massimo del traduttore sarebbe essere scrittore. Penso per esempio a “La Recherche” di Proust tradotta da Rebora: un vero monumento.
gennaio 5th, 2010 at 00:32
Doppio grazie a Dario anche per avere lasciato il link della Rivista della Federazione scacchistica italiana. Si può scaricare. Anche i numeri precedenti. E’ un mondo tutto da scoprire per chi non lo conosce.
gennaio 5th, 2010 at 00:33
Piero la qualità come requisito fondamentale di una traduzion non è essere in discussione, ovviamente. Ma non tagliare dovrebbe essere un prerequisito! Vabbé, che c’erano Fruttero & Lucentini che su Urania (al loro tempo) teorizzavano sui tagli terapeutici, sui tagli delle parti inutili. Ma credo che un minimale rispetto per scrittore e lettore sia quello di garantire l’integrità del testo. Sulle traduzioni, poi, ci sarebbe molto da dire. Ricordo che negli anni ottanta, la Rambelli, grande traduttrice (e scrittrice) di fs, dovette iniziare una serie di azioni legali contro determinati editori per farsi riconoscere i propri diritti. Spesso gli editori ritengono che una traduzione valga l’altra. Ma, per citare Luca: nessun libro si traduce da solo.
gennaio 5th, 2010 at 00:33
Mi scuso per qualche refuso.
gennaio 5th, 2010 at 01:09
Piero, confondi Rebora con Raboni
gennaio 5th, 2010 at 10:41
Luca, diamine, leggi anche Proust ?
Sì, volevo dire Raboni: è scappato Rebora, che però traduce anche lui: Tolstoj, se non sbaglio.
E per di più la versione del primo volume de La recherche di Proust. tradotta da Raboni è in assoluto la più ricca di note e notizie: si trova ne I Meridiani, ma mi avevano detto che il volume era esaurito.
gennaio 6th, 2010 at 13:11
beccato il libro e letto il racconto di Fabio Novel. Bello con un ottimo finale ma un pò schematico.
gennaio 7th, 2010 at 14:23
Dopo avere letto il bel racconto di Fabio Novel ho iniziato il romanzo di Burton. Siamo a Goose Common nel Deanshire. Il 7 giugno la signora Ethel Burge, per gli amici Wendy, parte dalla città di Deaning per il solito giro alla ricerca di fondi per l’ospedale della contea. Incontri, chiacchiere, spunti su alcuni personaggi del paese, notizia della morte di un signore. Poi sua scomparsa insieme a quella del marito partito per Londra. E sua ricerca da parte del signor Hopcroft, avvocato di famiglia. Buona l’atmosfera che si fa sempre più tesa e inquietante.
gennaio 8th, 2010 at 00:40
Sono alcuni giorni che l’omino zoppo della seconda guerra mondiale che mi assilla con le sue pazzesche storie passate e presenti non lo trovo dove di solito vado a leggere i libri lungo la strada che conduce all’areoporto di Ampugnano. Non vorrei che qualche istintivo accidente abbia avuto il suo deleterio effetto. Speriamo di no…
gennaio 8th, 2010 at 12:18
Il libro sta mantenendo le belle promesse. E’ arrivato l’ispettore Arnold con il suo amico Merrion per fare luce sul delitto di Wendy ritrovata cadavere vicino ad un fiume. Iniziano le perplessità, i dubbi, le congetture, i primi squarci su una vita di paese solo all’apparenza tranquilla (un classico).
Ancora scomparso (anche lui ucciso?) l’omino zoppo della seconda guerra mondiale. Ma oggi c’era una ragione. Pioveva, ed io ero il solo bischero nel giro di dieci chilometri a leggere passeggiando con l’ombrello…
gennaio 8th, 2010 at 14:01
Comunque con i Bignami di Fabio presto facciamo senza comprarci i libri
gennaio 8th, 2010 at 14:20
No, no ora mi fermo che i libri vanno comprati…
gennaio 8th, 2010 at 18:12
@Andrea Franco: grazie per i complimenti.
@Fabio Liotti: sono contento che il racconto ti sia piaciuto. E’ vero: lo stile è, per usare parole tue, “schematico”, soprattutto nei flashbacks. E’ una scelta che adotto per alcune storie (o parti di esse…).
@Stefano Pigozzi: ehilà, Stefano. Stai scrivendo, spero… 😉
@Piero: credo che comunque chi arrivi a pubblicare tramite un concorso o premioabbia la soddisfazione di un “credito” in più. Chi vince il Tedeschi potrà sempre citare nel suo curriculum anche il premio, oltre la pubblicazione nel Giallo. Così anche per il Città di Cattolica per i racconti. Insomma, a conti fatti, un qualcosa in più in mano (e nel cuore 😉 ) ce l’hanno comunque!
gennaio 8th, 2010 at 20:10
Sia chiaro caro Fabio che la mia era solo una battuta e non una critica.
Le tue sintesi non tolgono nulla al piacere di leggere il romanzo
gennaio 8th, 2010 at 20:29
@Fabio Novel
Mi ricordo, invece, le tue presentazioni di “Legion” davanti alle quali il vecchio e decrepito Lotti ormai con un piede ecc…ecc…si tolse tanto di cappello…
@Marco
Lo so che scherzavi. E’che Jonathan mi rende ogni giorno sempre più molliccio.
gennaio 8th, 2010 at 21:17
Scusate apro una parentesi che richiudo subito.
Anche il prossimo mese c’è un giallo inedito della Wentworth: siamo stati a battagliare su un nulla mi accorgo, dieci giorni fa. Ma corpo di Bacco, perchè mai il buon Altieri quando fa gli editoriali, non dice le cose come stanno? Si fosse rivolto a chi ama il Giallo Classico e avesse detto: “Nessuno può lamentarsi, neanche voi: esce un inedito a gennaio, e uno anche a febbraio; uscirà qualcos’altro di nuovo durante l’anno in corso: state buoni, se potete”. Io credo che nessuno avrebbe detto niente.
Altieri, guarda che noi esistiamo! La prossima volta, parla anche a noi, e vedrai che per certe cose ci si può anche intendere!
Intendiamoci, se da febbraio non esce più nulla, dissotterriamo il tomawk
gennaio 9th, 2010 at 13:00
Interessante coppia questa di Arnold e Merrion. Il primo più statico, il secondo sempre a girellare in qua e là e a scoprire nuove tracce. Ognuno con una idea diversa sul possibile assassino di Wendy. Tutto un fermento di idee e supposizioni. Personaggi di varia nazionalità: irlandesi, argentini…due barconi, la Kathleen e la Psiche (ridotte male) che la loro importanza ce l’hanno. Arriva pure un uomo misterioso, un altro sparisce… e gli abitanti di Goose Common che agli occhi di Merrion non sembrano proprio normali “Mi sono anzi convinto che siano stati tutti contagiati da qualche sorta di virus che li fa comportare in modo anomalo”. Vedi l’esempio di una signora particolarmente impaurita…
Da acquistare per chi ancora non lo ha fatto.
gennaio 9th, 2010 at 13:41
Cari Amici,
more solito, stamattina ho trovato in edicola solo I Classici, Il John Rhode tanto atteso arriverà……
Scopro che a Febbraio il Convento ci passerà un buon Wade Miller(“L’arma del delitto” e il buon Sergio Donati. Che evento!
A questo punto mi chiedo “Perchè Sergio Donati sì e il grande Ezio D’Errico o Tito Spagnol no?”
Nei Gialli si torna al secondo conflitto mondiale con la Wentworth…
Infine domanda per mr. Conti.”La chiave di vetro” di Hammett proposto negli Oscar Scrittori Moderni conta su una nuova traduzione ben fatta?(Perchè spesso i nuovi traduttori non sanno nemmeno l’italiano…)
In caso contrario resto al mio Romanzo Mensile 1937!
Grazie e baci
Giuseppina
gennaio 9th, 2010 at 15:57
Se l’edizione Oscar della Chiave di Vetro riproduce quella uscita nel 2004 nei Meridiani, allora la traduzione è di Altieri.
PS. “L’arma del delitto,” che è il primo romanzo di Wade Miller è più che buono, ammesso che qualcuno – a parte me – se ne ricordi ancora. Ha una sorpresa finale davvero eccellente: sicuramente uno dei più riusciti “depistaggi” del lettore che io mi ricordi.
Peccato che sarà taglia… Va be’, basta
gennaio 9th, 2010 at 17:15
Luca
continua così e non solo non pubblicheranno un tuo saggio in appendice, ma penso proprio che mai vedremo Il dizionario delle letterature Poliziesche! (immaginatevi una faccina bifronte sorridente/incavolata)
gennaio 9th, 2010 at 19:13
Perchè mai il Tito Spagnol dell’Unghia del Leone -aggiungo io – no?
Misteri!
Per quello che dice Alessandro P. sono sulla linea: questo ritardo non è più tale ma altro.
E se non è altro, significa che la Mondadori è gestita davvero male, se un’opera viene allestita, consegnata, e poi, al momento di essere pubblicata, prima viene pubblicizzata, e poi scompare misteriosamente senza più apparire.
Mah..
gennaio 9th, 2010 at 19:18
Questo è il secondo dizionario curato da Luca: il primo, quello sull’Opera Lirica, è stato regolarmente messo in vendita, e si trova, seppur non facilmente. Proprio per questo non si capisce quale motivo vero abbia negato finora l’uscita del Dizionario delle Letterature Poliziesche, curato da Luca e da Zucca. Ecco perchè ognuno è libero di elaborare la propria ipotesi, giusta o sbagliata che sia.
gennaio 9th, 2010 at 23:47
Ho cancellato l’ultimo commento. Eviterei commenti di quel tenore. Cerchiamo poi di rimanere in tema, non si parla nè di Dizionari nè di Hammett. Grazie.
gennaio 10th, 2010 at 01:09
Se me lo permette Dario, giacchè Quiller mi chiese tempo fa, nello spazio riservato al mio articolo su d’Errico, quando fosse uscito quello su De Angelis, di avvertire, rendo noto che da stasera su Europolar l’articolo in questione, è disponibile. Il collegamento è il seguente :
http://www.europolar.eu/index.php?option=com_content&task=view&id=135&Itemid=33.
Grazie a Dario.
gennaio 10th, 2010 at 10:52
Egregio dott Geraci,
siamo già alla censura.
Si può parlare di tutto ma non di Altieri traduttore. Abbiamo un altro Lui!
E’ solo vergognoso.
Giuseppina La Ciura
gennaio 10th, 2010 at 11:04
Beh, devo essere sincero. Ho detto che Giuseppina mi restava simpatica proprio per il suo modo fermo e risoluto di esprimersi. Qui mi pare che abbia esagerato. Nel senso che su Altieri, che neppure mi sta tanto simpatico, si è detto di tutto e di più. Mi dissocio da questa espressione.
gennaio 10th, 2010 at 11:06
Oltre che ringraziare Dario per avermi concesso di mettere il link del mio articolo su EuroPolar, desidero ringraziare Giuseppina La Ciura, che ha digitato personalmente l’articolo, e una sua amica tedesca, informatica, che hanno permesso la messa in rete dello stesso, sul sito. Grazie.
gennaio 10th, 2010 at 11:24
Ragazzi, io mi son perso tutto: a questo punto devo farmelo ridire da Giuseppina in privato. Diamine, mi distacco e non c’è nulla, mi faccio una pizza a casa, vedo un po’ di Bones e un po’ dell’Ispettore Barnaby, torno e trovo che un post è stato cancellato.
Giuseppina mi ha detto qualcosa, ma non che avesse parlato di Altieri: quello che mi ha detto in privato è che – ed è una cosa sacrosanta – uno dei pochissimi traduttori post sessantotto a conoscere veramente l’italiano e ad usarlo coerentemente è Luca Conti. Purtroppo l’italiano non viene più usato rispettando tutte le regole ortografiche e grammaticali, per non dire della consecutio temporum e modorum. E non è neanche un problema di traduttori: è che l’italiano non lo si parla e non lo si scrive come si dovrebbe, e per questo si sta imbastardendo.
Leggevo un brano in un libro di letture che usano i ragazzi, scritto pedestramente (tipo: “non so se vieni” invece di “non so se tu venga”): se i ragazzi leggono una cosa del genere lo assimilano come tale. Bisognerebbe esercitare innanzitutto un controllo perchè i testi base che si usa a scuola riportino cose scritte in un italiano almeno corretto. Il problema dei traduttori in genere è un problema che viene dopo.
gennaio 10th, 2010 at 11:37
Perchè anche i traduttori sono andati a scuola e hanno assimilato quello che hanno assimilato gli altri; solo che mentre uno è diventato rappresentante commerciale ed un altro dentista, e non è che debbano scrivere papiri, il traduttore scrive, traduce, e come tale verga nell’italiano che conosce. In fondo, come lo scrittore, è quello che più è bersagliabile. Il problema è che chi dovrebbe limitare i danni non li limita, perchè in teoria anche il correggibozze che parla un italiano imbastardito non correggerà determinate cose nel testo, e quindi chi parla o scrive un italiano puro si scandalizzerà leggendo qualcosa attribuendolo al traduttore solo. Il problema credo che sia molto più grande di quanto non appaia e coivolge molte più figure professionali di quanto non sia lecito pensare.
Io ,devo dire, mi scandalizzai di come scriveva in italiano uno scrittore di cui mi regalò un libro un mio amico: un italiano molto slang, forse anche troppo, per cui non l’ho più comprato.
Ciascuno di noi è giudice anche di se stesso: se ti conosci e non ti piace come traduce o come scrive un tizio, non compri i libri che traduce o che scrive (tenendo presente quanto ho detto prima): è semplice . Poi se vuoi andare al di là dello steccato..vai pure !
gennaio 10th, 2010 at 11:56
E dico un’altra cosa, che forse non sarà digerita da Giuseppina: preferisco una traduzione che usi un italiano imbastardito ma passionale che ti faccia sognare insomma, che crei atmosfera, piuttosto che una traduzione scritta in un italiano scolastico ma freddo e asettico.
Poi ovviamente tra la traduzione passionale e fantasiosa ma imbastardita e quella passionale e fantasiosa ma corretta..scelgo la seconda.
gennaio 10th, 2010 at 12:07
Caro Fabio,
nei Paesi liberi-questo non lo è più da tempo- si può criticare tutto e tutti, anche il Presidente degli Stati Uniti. In Italia, su questo forum, non posso dire che Altieri che ha uno stile reboante e barocco non mi sembra l’uomo adatto per tradurre Hammett,dallo stile essenziale ed uomo straordinario per coerenza e coraggio ( finì in carcere per non tradire i suoi compagni) In Italia dobbiamo assistere allo spettacolo indegno di uomini di sinistra foraggiati da Berlusconi ed incapaci di sopportare la critica di una prof di Lettere a 1203 E al mese
che non è nessuno.
Giuseppina La Ciura
gennaio 10th, 2010 at 12:39
Il post cancellato era un attcacco gratuito alla professionalità di Altieri. Per questo è stato cancellato, avrei fatto lo stesso per qualsiasi professionista. Per quanto riguarda lo stile, Signora La Ciura, evidentemente non ha mai letto nulla di Altieri, il quale non ha uno stile “barocco e roboante”,anzi, ha fatto del linguagio secco il suo punto forte.
gennaio 10th, 2010 at 13:02
Cara Giuseppina
un conto è criticare Altieri come responsabile della gestione della collana Mondadori e qui siamo proprio nella sede adatta. Un altro conto, invece, è incomiciare a sindacarlo su altri piani. Anche a me non piace lo stile di Altieri (l’ho ribadito ultimamente su “Angolo nero”) ma non vedo cosa c’entri esprimerlo qui. Mi sono dissociato da quel “Lui” che mi pare esagerato. Poi ognuno la pensi come gli pare.
gennaio 10th, 2010 at 13:06
Mi dimenticavo. Terminato di leggere il libro. Una chicca.
gennaio 10th, 2010 at 13:40
Egregio sig Geraci,
io non sono una signora, ma una professoressa. Lei mi offende privandomi del titolo che mi spetta e che ho pagato con infinite sofferenze(tra cui l’emigrazione).
Grazie et adieu a tutti
Giuseppina La Ciura
gennaio 10th, 2010 at 13:58
Però si deve riconoscere a chi attacca a viso aperto e con nome e cognome almeno il riconoscimento di essere leale, indipendentemente da quel che si dica.
Chi si “noma” con nome e cognome e non trincerandosi dietro il nickname (non criticando assolutamente la liceità di farlo) e attacca, lo fa a viso aperto e non alle spalle. Almeno questo. Poi, il post io non l’ho letto e forse Giuseppina è stata troppo forte, ma..almeno riconosciamole il coraggio delle sue scelte.
Personalmente ritengo che le virtù o i vizi delle persone, indipendenti da cosa si discute qui, siano cose che esulano dal contesto: e che Altieri sia un buon o cattivo traduttore, non è cosa che a noi possa interessare. A noi interessa che Altieri faccia bene l’Editor, e che rispetti i desideri di tutti.
Poi francamente l’aria che si respira qui, di eterno confronto, fa sì che anche un giudizio personale, sia visto come qualcosa di puramente strumentale, quasi che il responsabile di tutto ciò che non va nel Giallo sia Altieri. Non è vero. E lo sappiamo tutti.
Anche se Altieri, l’uscita dell’Halter già tradotto potrebbe anche sbloccarla…
gennaio 10th, 2010 at 14:13
Parliamo d’altro.
Mi rivolgo a Luca: so che oggi c’è all’Artemio Franchi Fiorentina-Bari, e che lui è in attesa di sentire dei boati di giubilo della tifoseria fiorentina durante la partita, ma.. il fatto è che un’amica mi ha regalato e mi sta arrivando “L’Opale di Nonio”, una Palmina dei bei tempi che furono, a firma di Jack Gregory. Io pur avendo letto che era il romanzo favorito di alcuni grandi critici italiani del genere, ignoravo chi fosse Gregory: ho saputo da alcuni siti americani, trattarsi di un grande scrittore pulp che scriveva western della prima metà del novecento, e che scriveva anche mystery ottimi (come Bill pronzini o Elmore). Mi saprebbe dare lui qualche notizia in più? Oltre a quel libro, nelle palmine ne uscì anche un altro. Grazie Luca. E..non tradurre troppo!
gennaio 10th, 2010 at 14:28
Piero:
io faccio questo mestiere proprio perché mi consente di essere mimetico. Il mio obiettivo è quello di fornire una riproduzione italiana il più possibile fedele allo stile dell’autore. Chiaro come ogni scrittore, di quelli che traduco io, mi ponga dei problemi assai diversi. Per dire, tradurre Elmore Leonard (che è il più difficile di tutti. dal punto di vista dello stile e soprattutto del tono) non è la stessa cosa di tradurre, che so, Crumley o James Lee Burke (altro autore di inaudita complicazione, ma per tutt’altri motivi). Insomma, per certi versi io faccio il falsario e, in questo modo, mi diverto mille volte di più che se dovessi scrivere narrativa in proprio, cosa quest’ultima che non mi interessa affatto proprio perché ho la fortuna di poter «riscrivere» i libri di molti dei miei scrittori preferiti.
Se dovessi sceglierne uno che si avvicina più di tutti al mio modo ideale di vedere la letteratura, questi è Charles Willeford; ma, come ho avuto modo di dire altrove, per fortuna i libri che avrei voluto scrivere li aveva già scritti tutti lui
Detto questo, ritengo che non sia la scuola a insegnarti a fare il traduttore e nemmeno l’università. Alcuni dei traduttori più pomposamente inefficaci che conosco sono (o erano) professori universitari, e uno l’ho avuto anch’io. Questo è un mestiere artigianale, né più né meno, e io lo faccio esattamente come il restauratore ti rimette a posto un mobile di pregio o un idraulico ti riaggiusta le condutture eccetera. Intendo che la teoria è una bella cosa, ma che l’applicazione pratica e funzionale della medesima si ottiene da un lato con una buona dose di talento, dall’altro con la profonda consapevolezza di come e quando le regole possano essere infrante.
Il grosso problema del mio lavoro quotidiano, infatti, è proprio quello di dover affrontare autori contemporanei che usano lingue (l’inglese e l’americano) nient’affatto pure, bensì pesantemente «imbastardite», per usare una tua definizione. Il punto è che neanche l’italiano è «puro», per fortuna, e tanto meno lo è oggi. Se una lingua è viva, lo è anche e soprattutto per come riesce a mantenere una propria identità viva e pulsante assorbendo e rigenerando termini delle più varie estrazioni. E” chiaro che l’inglese ha da questo punto di vista possibilità pressoché infinite, mentre l’italiano oppone più resistenza. Ma si può fare, senza per questo cadere nel ridicolo di scimmiottare pedissequamente le sonorità anglosassoni e i calchi terminologici o nell’altrettanto grave – a parer mio – trappola tutta italiana del culto della «bella pagina».
Per dire, Leonard è stato tradotto per anni, prima che iniziassimo io e Wu Ming 1 (che da qualche tempo ha abbandonato l’impresa perché ha altro da fare), con tutti i congiuntivi e i condizionali a posto, la consecutio temporum regolata a puntino eccetera. Risultato? Un soufflé sgonfio. Così facendo, andava perduto un buon 90% di ciò che rende Leonard uno scrittore praticamente unico: si appesantiva il testo, saltavano fuori dei dialoghi clamorosamente enfatici e, tutto sommato, fasulli. Insomma, gran parte di quelle traduzioni, sebbene corrette da un punto di vista formale, non funzionava neanche un po”. Se vuoi una prova tangibile di quel che dico, leggiti la vecchia traduzione di «Killshot» (che all’epoca si chiamava «Il corvo») e poi confrontala con la mia.
Per chiudere: la mia «missione» professionale è quella di far sapere al lettore che, se compra un romanzo tradotto dal sottoscritto, può star certo di avere tra le mani la riproduzione più mimetica possibile dello stile e del linguaggio dell’autore in questione. Insomma, se Leonard o Crumley avessero scritto direttamente in italiano, spero che avrebbero scritto così come li ho tradotti io.
gennaio 10th, 2010 at 15:32
Bello mio, una cosa è tradurre Elmore o e altra cosa è tradurre Innes: Innes è molto difficile da tradurre ma perchè usa dei preziosismi lessicali, cui invece altri preferiscono espressioni tipo “il mulo nella stalla” espressione molto evocativa,tua, per indicare l’atto sessuale, in “Tramonto e polvere”, di un amico tuo.
E’ chiaro che l’italiano imbastardito andrà benissimo per scrittori che si rifanno a quel tipo di linguaggio; non andranno altrettanto bene scrittori che invece hanno altri bisogni: vai a tradurre William Blake o Novalis o Holderlin, con un italiano “terra terra” e poi vedi il risultato.
Luca, tu giochi con le parole, ma sai benissimo che ho anch’io ragione, quanto te. E’ il contesto che cambia e detta le regole.
La buona Giuseppina – io sono sicuro che è così – ha letto l’Altieri autore della Trilogia su Corbaccio poi TEA, dedicata alla Guerra dei religione in Germania, e ha desunto che così fosse la sua verve di traduttore. Io non lo conosco in quanto tale, ma come autore, è pure sensato che in taluni passi, sia barocco: sta parlando di quella immane carneficina che furono le guerre di religione in Germania (per non parlare poi dei Paesi Bassi e Francia). Poi quell’opera di Altieri è veramente notevole.
Caro mio, l’artigiano vero è quello che conosce le regole e sa applicarle: conosce le vernici, le carte, i colori; i segreti dell’insaccatura; come ottenered elle pregiate ceramiche, etc..
Sa che mettendo una vernice invece di un’altra si otterrà un risultato invece di un altro: non facciamo di tutt’erba un fascio. C’è artigiano e c’è artigiano. Tutti artigiani, ma chi di maggior valore e chi meno.
Chissà perchè vorrei tanto leggere un Innes degli anni trenta tradotto da te…
Per te avevo detto che sei uno dei migliori traduttori in Italia che conoscono l’italiano: se non lo sei e te la prendi con me che invece lo dico, che vuoi che ti dica?
Comunque non hai parlato di Gregory, e dell’Opale di Nonio. Non è che tutta sta cosa l’hai detta perchè vuoi evitare la risposta?
gennaio 10th, 2010 at 16:05
Ma certo che è il contesto a fare la differenza, così come lo stile e il linguaggio. Ogni autore ha le sue caratteristiche e le sue difficoltà: se pensassi di poter tradurre Innes come traduco Leonard sarei un folle.
Il tipo di lingua che si usa per tradurre corrisponde a una precisa scelta stilistica dell’autore di partenza, e per questo ti dico che non ha senso di parlare di italiano “imbastardito” o sgrammaticato. Bisogna sempre chiedersi cosa c’è nel testo originale.
Per quanto mi riguarda, io seguo una semplice abitudine: cercare di conoscere a menadito tutte le regole, e solo allora decidere di violarle deliberatamente
Per quanto riguarda Jackson Gregory, è nato nel 1882 in California e vi è morto nel 1943. “L’opale di nonio” (The House of Opal) è del 1932.
gennaio 10th, 2010 at 17:06
Grazie Piero per la segnalazione, mi leggerò sicuramente il tuo articolo su De Angelis
gennaio 10th, 2010 at 17:25
Voglio solo ricordare che La Sellerio sta ripubblicando tutta una serie di gialli del nostro De Angelis.
gennaio 10th, 2010 at 18:19
Vedi che sei arrivato dove volevo condurti? E’ proprio così: solo uno che conosce tutte le regole, può volontariamente decidere se e quando romperle.
Però questo significa che le regole DEVE possederle, significa che l’italiano deve conoscerlo e anche bene per poter, a seconda dei contesti, utilizzarne le potenzialità e le sfaccettature.
Comunque le cose che mi hai detto le sapevo già: mi aspettavo da te qualcos’altro: non sei tu che hai curato il Dizionario? Oops, scusate: non se ne può parlare.
Almeno i ragguagli me li puoi dare privatamente?
gennaio 10th, 2010 at 19:08
@Luca : ..Anche se sei mimetico ?
gennaio 10th, 2010 at 22:40
Solo una cosa devo dire a Fabio: abbi pazienza, la cartolina ti arriverà. Spero non mi perda nient’altro come ieri sera, ma..devo concentrarmi sul primo movimento del primo trio dell’op.1 di C.Franck, interpretato in maniera strabilante da Gutman-Kagan-Richter.
Au revoir
gennaio 10th, 2010 at 23:03
Aspetto Piero. Complimenti per la tua famiglia e per la tua…stazza!
gennaio 10th, 2010 at 23:23
Ma dove vai Giuseppina? Resta qua. Cosa vuoi che sia uno scontro, una mancanza di un dott. o di un prof? Se posso insegnare qualcosa in questo blog è questo. Ho avuto mille scontri nella mia vita (anche qui), ne avrò ancora ma non ho mai portato né porterò mai rancore a nessuno. Se potete fate come me.
gennaio 10th, 2010 at 23:54
Sono con Fabio. Non conosco Giuseppina, ma istintivamente ha tutta la mia simpatia. Se andasse via questo blog non sarebbe più lo stesso.
gennaio 11th, 2010 at 10:26
Caro Fabio,
è vero che hai avuto molti scontri, ma nessuno ti ha più volte rimproverato e censurato. Messo dietro la lavagna. L’uso di un titolo in questo Paese( oggi più tragico che comico)è sostanziale. Voi maschi siete tutti dottori, noi femmine siano signore o signorine( quest’ultimo titolo è dispregiativo). Noi femmine siamo sempre signore anche quando siamo laureate, bilaurate e persino Premio Nobel(parlo della Montalcini). Io ho dedicato la mia vita all’insegnamento e quindi trovo offensivo il signora(che non sono)del dott Geraci.
Stop!
Ho 62 anni e ,per tutta la vita per sedurre un imbecille e divenire signora-titolo di grande prestigio tra le femmine-ho dovuto dire un sacco di sciocchezze tipo “Come sei bello! Come sei forte! Come sei bravo a letto”etc. Ora mi posso permettere tutto di dire tutto quello che mi passa per la testa.
Su Altieri scrittore, traduttore di Hammett( per altri come Willocks sarebbe il meglio)e come editor del Giallo Mondadori ho espresso le mie idee con la rabbia dei miei anni.
Tutti i giorni partecipo ad altri blog e posso constatare l’enorme differenza.Loro sono nel 2010, noi agli anni 40. Che i classici pubblichino gli inediti di Rhode e di Wade, è cosa meritoria, ma che nei gialli Mondadori ci diano Nasaw è, come dicono i cugini, un triste enculage……..
Ieri sera ho letto “La dama del Kashmir”del grande Ledesma( un altro ex!). Ho scoperto che ai suoi tempi era stato tagliato:e siamo negli Anni 90! E’ proprio un vizio.
Fra poco mi sottopongo ad una gastroscopia,esame muy fuerte. Il dott Geraci, Altieri e C sono in parte responsabili delle mie sofferenze gastriche.
Vi perdono.
Ringrazio Bernardo Cicchetti.A lui penserò mentre mi infilano l’ago in vena e…….
Un bacio e grazie, mon cher Fabio
Giuseppina
gennaio 11th, 2010 at 11:11
Sono stato “censurato” anche io Giuseppina, nel senso che sono stati cancellati degli interventi da parte di Dario. Colpa mia, colpa sua non so cosa dire. Probabilmente tutta colpa mia che ho ecceduto. Sono stato anche criticato in maniera civile da altri fruitori del blog ma mi sembra che rientri nella norma. Se stiamo dietro a queste cose…
Però, scusa, ma fino all’ultimo mi strappi un sorriso dalle labbra. Ora accusi Geraci, Altieri e C delle tue “sofferenze gastriche”. Fenomenale!
gennaio 11th, 2010 at 11:26
Benissimo, vedo che qui “i casi” vengono creati anche quando non c’è l’appiglio della critica editoriale.
Gentile Dottoressa La Ciura, mi dispiace averla offesa chiamandola SOLAMENTE, SIGNORA, da questo momento in poi adotterò per Lei questo fondamentale prefisso che la distinguerà da tutti gli altri ANONIMI frequentatori del sito. Cerchi però di evitare lo scontro perenne, è francamente snervante e poco divertente.
Buon proseguimento di giornata.
gennaio 11th, 2010 at 12:25
Ma non te la prendere Dario! Daii
ridici sopra: ma sai quante me ne son sentite io l’anno scorso, anche da te, quando non ci conoscevamo.
E quante ne ho dette!
E dicevano: “ma questo qui ci sta prendendo per il c..”. E io facevo finta di non capire.
Daii, che si son divertiti gli altri, ma anch’io. Mi ricordo quando il buon Lotti mi diceva da parte, su posta elettronica: “non tirare troppo la corda, Piero”. E io gli dicevo :”Ancora un po’ Fabio, ancora un po'”.
Ora tocca a Giuseppina, poi a te.
Qui siamo tutti amici, condividiamo le stesse passioni, in fondo siamo tutti dalla stessa parte. Se non fosse così, non avrebbe senso star qui a parlare, accapigliarci, mandarci al diavolo, e poi..il giorno dopo cominciare come prima a discutere amabilmente.
La verità è che ognuno vuole tirare l’acqua del mulino dalla propria parte, e quindi..
Se te la prendi per queste cose Dario..
E’ che Giuseppina doveva fare la gastroscopia ed è una cosa un po’ scocciante, io l’ho provata. E quindi era un po’ tesa. Ma anche tu Dario, non scherzi.
Pensa alle cose belle della vita: sei ancora giovane Dario, hai la vita davanti.
E hai scritto anche un bel libro (che non son riuscito a procurarmi però).
gennaio 11th, 2010 at 12:34
Non capisco però per quale motivo gli interventi sul Blog siano spostati avanti di un’ora: non è che l’orario assunto è ancora quello dell’ora legale?
Stiamo a gennaio non a ottobre!
gennaio 11th, 2010 at 12:36
In ordine:
Ci mancherebbe, io non me la prendo affatto per queste cose, il mio era un interevento ironico…
Certo, abbiamo tutti una grande passione peri l giallo, altrimenti perchè staremmo qui a perdere tempo?
Ti ringrazio per il complimento, il libro è stato sciagurato nella sua prima edizione ma so che ha venduto comunque le sue copie, se ci sentiamo poi in privato ti ragguaglierò.
Infine, grazie per la segnalazione, provvedo al cambio d’orario.
gennaio 11th, 2010 at 13:04
Intervengo per esprimere il mio apprezzamento per i racconti allegati allegati ai Gialli e non solo.
Fosse per me, li allegherei a ogni pubblicazione.
Idem per i saggi in appendice.
Alla dott.ssa prof.ssa La Ciura consiglierei di agitarsi di meno, anche per la sua stessa salute, e di cercare di vedere le cose del mondo con minore foga estremista e magari anche con un pizzico di ironia.
Aiuta.
In fondo siamo tutti sulla stessa barca, o no?
gennaio 11th, 2010 at 13:09
Hai capito Valentino? Il mio compaesano la pensa come me: incredibile!
Valentino, ma dove abiti? A Bari come il sottoscritto? Perchè non ci incontriamo e scambiamo qualche opinione ad un caffè? Magari al Bari di feltrinelli? Sai..libri e cose da mangiare, musica, tutto fa brodo!
gennaio 11th, 2010 at 13:23
volevo dire : ” a Bari da Feltrinelli”.
gennaio 11th, 2010 at 13:53
@Piero: vivo in un paesino a 25 km da Bari, ma vengo a Bari ogni giorno per lavoro.
Sempre disponibile a prenderci un caffè amichevolmente, temo che ti deluderei però, perchè non sono assolutamente all’altezza della tua cultura giallistica e non solo.
gennaio 11th, 2010 at 14:29
Per chi ama seguire il vecchio e putrescente Lotti qui http://corpifreddi.blogspot.com/ per “Quando il troppo stroppia”.
P.S.
Mi piacerebbe sapere del libro del nostro Dario…
gennaio 11th, 2010 at 15:26
Ma chi può considerare poco ironico l’ultimo intervento di Giuseppina La Ciura? Io mi sono divertito un mondo a leggerlo… E ho l’impressione hce la collega si sia divertita moltissimo a scriverlo.
gennaio 11th, 2010 at 20:14
Mio caro Valentino, i Gialli non sono tutto nella vita: c’è molto altro.
Se sabato mattina sei a Bari mi farebbe piacere scambiare due parole con te.
gennaio 11th, 2010 at 20:26
Colgo l’occasione, per chi non lo sappia, che, a distanza di più di 35 anni, escono, in DVD, i 3 sceneggiati RAI con Giorgio Albertazzi nella parte di Philo Vance. Questa settimana in edicola è disponibile “La strana morte del signor Benson”; seguiranno “La canarina assassinata” e infine “La fine dei Greene”.
gennaio 11th, 2010 at 20:27
errata corrige: “..per chi non lo sapesse, di dire”.
gennaio 11th, 2010 at 22:14
Praticamente mi sto liquefacendo…
gennaio 11th, 2010 at 22:25
Questa frase andava messa in altra parte per rispondere a Piero. Come si può capire chi si sta liquefacendo per primo è il cervello…
gennaio 12th, 2010 at 09:19
Egregio dott Geraci,
ho il piacere di comunicare a Lei, al dott Altieri e agli amici tutti( Piero, Fabio e Bernardo per primi)che la gastroscopia ha evidenziato un esofago, stomaco e duedono in stato “ottimale”. En revanche, ho le corde vocali infiammate e necessito pertanto un lungo periodo di assoluto silenzio. Utilizzerò questo lasso di tempo leggendo il Burton ed aspettando il prossimo romanzo della Baraldi, di cui sono una sincera estimatrice-
Grazie ancora a tutti e buon lavoro.
Giuseppina
gennaio 12th, 2010 at 09:25
errata corrige
necessito pertanto di un lungo etc etc.
(essendo tra illustri scrittori, critici e traduttori bisogna salvare una modesta reputazione di prof)
Grazie sempre
gennaio 12th, 2010 at 10:21
@Piero: mò vediamo, se i miei impegni me lo permettono…
gennaio 13th, 2010 at 01:02
Intervento solo per arrivare al link numero 100…
gennaio 17th, 2010 at 15:01
innanzitutto una menzione per la copertina: una scelta non convenzionale, una bella rivisitazione di un tema caro ai neoraffaelliti.
il romanzo parte bene, ma diventa progressivamente sempre più farraginoso.
per rifarmi ad esempi recenti: non ho trovato lungo il romanzo della Marsh, mentre nei panni di un editor avrei tagliato abbondantemente questo ;D.
l’espediente narrativo di seminare ed esaminare puntigliosamente una serie quasi infinita di ipotesi diluisce la tensione e ha un curioso effetto di backfire.
mette in luce con molta chiarezza e piuttosto presto agli occhi del lettore attento da quale possibile colpevole o soluzione si vuole sviare l’attenzione.
è una caratteristica dei romanzi di Rhode, ma qui è portata all’estremo con più svantaggi che vantaggi.
gennaio 18th, 2010 at 10:04
concordo con anne67: il romanzo è ripetitivo e prolisso, di conseguenza di una noia mortale.
gennaio 18th, 2010 at 10:40
Quella di tagliare i romanzi è una pratica che non si dovrebbe fare mai, anche di fronte alla noia.
gennaio 18th, 2010 at 11:13
@ gianni
era una battuta ironica viste le discussioni degli ultimi tempi ;).
quando un romanzo è stato pubblicato e ne esiste quindi una versione originale gli unici interventi leciti sono quelli dell’autore.
volevo piuttosto richiamare quella che dovrebbe essere la funzione dell’editor specie nei confronti dei giovani scrittori. un ruolo di coscienza critica e stilistica.
pare che un grande agente letterario d’antan, Erich Lindner, lo facesse con grande gusto e competenza.
si dimentica troppo spesso che la scrittura è un mestiere artigianale in cui la pratica, le correzioni, gli aggiustamenti sono fondamentali.
gennaio 18th, 2010 at 11:27
@ Anne67
da questo punto di vista, concordo. Le correzioni ed i consigli per un giovane scrittore sono utili. Dopo però, quando il libro è stato partorito, nessun taglio dovrebbe essere permesso. Occorrerebbe una legge.
gennaio 19th, 2010 at 12:41
Concordo in parte con Anne e Mario. Le elucubrazioni che infiorettano il libro sono decisamente troppe anche se non mi sono sembrate così pesanti avendo letto il libro un pò per volta. Tuttavia tra quelli letti mi sembra addirittura il migliore. La stoffa, a mio parere, c’è.
gennaio 22nd, 2010 at 13:13
Stasera attacco il Burton. Ho solo un dubbio che solo la lettura mi potrà togliere: rispetta il modo di scrivere un giallo di Rhode o è diverso?
Mah..
gennaio 23rd, 2010 at 15:09
a mio parere niente scritto dopo la II guerra mondiale può ricalcare esattamente i modi di scrittura dell’epoca precedente senza risultare deliberatamente manieristico e non è il caso di questo romanzo,i cui difetti mi paiono altri e in cui mi sembra evidente, soprattutto attraverso il personaggio principale e la sua incapacità di adattarsi alla vita civile, il tentativo di descrivere lo straniamento condiviso dall’autore rispetto ad un mondo totalmente diverso.
gennaio 23rd, 2010 at 20:51
Ecco, quella di anne67 mi sembra davvero un’eccellente osservazione, che dovrebbe essere sempre tenuta a mente quando si intende confrontare il giallo classico della cosiddetta “Golden Age” con quello del dopoguerra.
gennaio 23rd, 2010 at 20:58
Cari Amici,
io sono un’appassionata del Giallo Classico, ma non ho retto il Burton-Rhode.
Ho invocato lo spirito del grande Alfredo Pitta,il più grande traduttore che l’Italia abbia avuto.(Come scrittore, invece….)
Grazie
Giuseppina La Ciura
gennaio 23rd, 2010 at 21:43
Non possiamo dire che nel nostro blog manchi una certa disparità di giudizi…
gennaio 24th, 2010 at 09:40
Sono perfettamente d’accordo con Manuela (e del resto l’ho detto alcune volte). Però non è solo una questione di mal adattamento di un soggetto che è passato attraverso la guerra, da temi volutamente più leggeri, ad un’atmosfera più pesante: con la guerra cambia la capacità di inventare storie che perdono la leggerezza e la vaporosità, dei prodotti tra le due guerre; il virtuosismo delle trame e delle messinscene non è più quello; al cosiddetto whodunit si sotituisce sempre più la trama psicologica, che guarda in fondo all’animo umano; e autore per autore, assistiamo ad una sempre più graduale cupezza che cede talora il passo al disincanto.
Per il manierismo io invece ci andrei leggero: se l’osservazione di manuela è giusta nell’universale (è vero che, sostanzialmente proprio per quello che ho detto, se uno vuole ambientare le proprie storie in un periodo prebellico, finisce per essere un manierista) nel particolare zoppica un po’ : a mio modo di vedere, nel momento in cui si scrive come un determinato autore e si adottano i suoi stilemi si diventa manierista. Nel momento in cui Rufus King e Ellery Queen scelgono di organizzare le trame dei loro primi romanzi ( e anche Abbot almeno per i due-tre suoi primi) seguendo le orme e inserendosi nella scia di S.S. Van Dine, fanno del manierismo; quelli che all’inizio del secolo creano i propri personaggi basandoli pedissequamente sul modello doyliano di Holmes e Watson, sono dei manieristi; il Carr dei suoi primi romanzi bencoliniani, che adotta la cupezza e talora il macabre tipicamente francese, in un certo senso è manierista.
E si potrebbe andare avanti…
gennaio 25th, 2010 at 12:26
Cari Amici,
ieri sera, dopo aver versato tutte le mie lacrime per Hachiko,ho finito di leggere “L’énigme du Monte Verita” di JP Torok, un giallo della Camera Chiusa davvero straordinario(presenta tra l’altro due soluzioni LOGICHE!)
Dove sei, Igor Longo?
———————————
Il Burton -Rhode. Vorrei sapere perchè si è tradotto integralmente un simile mattone mentre si lascia il Brean( per non parlare degli Stout o dei Queen)in edizione Anni 50. Ridotta, è ovvio.
Il problema delle traduzioni, secondo me, si impone se si vuole salvare la collana cui siamo tutti legati.
Grazie
Giuseppina
gennaio 25th, 2010 at 13:27
Posseggo il Brean nella vecchia edizione. Non l’avevo ancora letto. Dopo aver saputo dello scempio che è stato fatto nella traduzione – che è stata bellamente riproposta – non lo leggerò più.
gennaio 26th, 2010 at 08:25
Io al tuo posto invece lo leggerei e mi farei una idea tutta mia, non influenzata da quello che ha detto Piero, Luca, Fabio etc..
gennaio 26th, 2010 at 12:36
Sottoscrivo l’invito di Piero.
gennaio 26th, 2010 at 12:47
A Giuseppina dico di adottare, come ben sa perchè glielo dico anche altrove, la tecnica dello “Sfoglia e zompa o salta” (zompa è termine più eclettico): tu sfogli le pagine, e se ti scocciano tutte le descrizioni che non servono ad un fico secco, le salti e passi avanti.
Semplice.
gennaio 26th, 2010 at 15:04
Mi spiace, ma se la traduzione non rispetta in così grande misura il libro… tanto vale farsi raccontare la trama. Ci sono molti libri importanti da leggere e la vita è troppo breve.
gennaio 26th, 2010 at 18:56
Caspiterina Bernardo, da come parli sembri conciato peggio del sottoscritto…:)
gennaio 26th, 2010 at 19:44
Mi sa Fabio che il tuo pessimismo è come un virus, peggio dell’influenza A!
gennaio 26th, 2010 at 19:52
Mah, allora diciamo che non è la vita che è breve, ma sono i libri ad essere troppi.
gennaio 26th, 2010 at 20:10
Così, è meglio.
Ragazzi e che dovrei dire io che ho da leggere una marea di romanzi gialli?
Recentemente mi era arrivato “Ignoto contro Ignoto” di Porlock (Philip MacDonald), oggi mi è arrivato “L’Opale di Nonio”, di Jackson Gregory e prossimamente mi arriverà “L’Unghia del Leone” di Tito Antonio Spagnol, che il buon Igor, quando non era ancora scomparso, definì forse l’unico grande romanzo italiano ascrivibile al giallo classico con una trama e una soluzione magistrali.
In più sabato, nella fumetteria e rivendita di libri usati, ho trovato (mentre Valentino Colapinto trovava i suoi amati Stephen Gunn che non aveva) “Morte di un corvo” di Ursula Curtiss, “Un tranquilllo villaggio di paura” (notate la similitudine nel titolo con “Quel tranquillo week-end di paura”: anche vent’anni fa c’era chi alla redazione del Giallo si divertiva mettendo titoli di fantasia a romanzi che di titoli ne avevano ben altri: l’originale di questo è Furious Old Women!!!) e “Il Sergente Beef fa quadrato” (che dovrebbe contenere se ho capito bene una Camera Chiusa), di Leo Bruce.
Come vedete, anch’io ne ho da leggere, ma.. non mi butto dalla finestra!
gennaio 26th, 2010 at 21:36
Per forza, non ci passi…:)
gennaio 27th, 2010 at 12:45
Il prossimo mese oltre ad un Wentworth di mezzo secolo fa, dovrebbe esserci ho letto, una Baraldi, che mi consigliano alcuni di leggere: OK, prenderò la Baraldi (oltre tutto è un gran bel pezzo di fanciulla !).
Qualche racconto della Baraldi l’ho letto: può essere che abbia preso qualcosa dalla Curtiss ? Anche lei scriveva romanzi di Suspence e di Gotico moderno.
A proposito di Ursula Curtiss (figlia di Helen Reilly e sorella della altrettanto famosa Mary McMullen), quando rivedremo qualche suo romanzo (e della sorella)?
gennaio 27th, 2010 at 15:39
Cari Amici,
riprendo stasera in mano il Burton-Rhode. E’ ovvio che non farò il consueto bagno caldo e non berrò l’amata tisana per cercare di restare sveglia.
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La Baraldi è molto brava, davvero. Più che alla Curtiss(lì c’era del rosa)mi ricorda la Millar.
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Con il caffè ho gustato ” Un delitto fuori dal comune” racconto con chambre close dell’impareggiabile Piero De Palma. L’ho trovato OTTIMO(e non perchè l’autore è mio amico). Il commissario Lessona è un personaggio molto ben caratterizzato. Perchè Altieri non pubblica uno di questi racconti in appendice ad un Giallo?
Forse rianimerebbe il lettore dopo la Wentworth…….
Grazie
Giuseppina
febbraio 4th, 2010 at 14:57
Ho letto “Fiori per diana” di Fabio Novel, giusto? Meraviglioso, stupendo, scritto benissimo, tenero, struggente, fantastico. Complimenti, veramente. Ora passo al romanzo ;-P
febbraio 5th, 2010 at 18:14
@Diego
Sono contento che il racconto ti sia piaciuto.
febbraio 9th, 2010 at 23:53
@ Fabio, a li mortacci!! Ti cercavo su fb, ma non t’ho trovato (in compenso ho stretto amicizia con due Fabio Novelli ;-P).
Bellissimo il tuo racconto. Ma ci sei sul social network che ci ha schiavizzati tutti?
febbraio 17th, 2010 at 19:50
@Diego
Scusami, vedo ora il tuo ultimo commento. Probabilmente anche troppo tardi.
In effetti, non sono su FB. Nonostante gli inviti di molti amici scrittori, resisto alle tentazioni! 😉
La verità è che ho poco tempo. E se vuoi partecipare ad un social network, poi devi partecipare per correttezza alle regole del gioco… socializzando!
Magari, in futuro…
aprile 8th, 2010 at 22:54
Fabio: dopo tanto tempo, ho riletto il tuo racconto. Forse questo msg non lo leggerai mai, perchè ormai la sezione del blog è datata, ma ti posso assicurare che il tuo FIORI PER DIANA è il motivo per il quale è valsa la pena di spendere gli euro del libro. Il romanzo non mi sta entusiasmando molto, non perché non sia bello, anzi, ma perché apprezzo di più i noir, i thriller psicologici e i gotici, che non i gialli classici d’impostazione razionale. Ma il tuo racconto, riletto dopo tre mesi, è ancora bellissimo. Sei proprio bravo.