Agguato nell’invisibile (1236)
Reynold Frame, giornalista free-lance, arriva a Wilders Lane, nel Vermont, per scrivere una seriedi articoli sulla storia della cittadina all’epoca della Rivoluzione. Per questo entra in contatto con la rispettata famiglia Wilder, vera e propria istituzione del luogo. Tutto sembrerebbe perfetto se non fosse che, a Wilders Lane, la gente svanisce nel nulla da decenni, da interi secoli. È forse l’attraente Constance, figlia dell’ultimo Wilder scomparso, ad avere la chiave dell’enigma? Spetta a Frame trovare la risposta, prima che qualcun altro scompaia senza lasciare traccia.
Herbert Brean (1907-1973), nato a Detroit, si laurea in lettere alla University of Michigan nel 1929 e lavora come giornalista per il “Times”di Detroit e per “Life”. Scrive diversi racconti, alcuni libri di saggistica e sette romanzi polizieschi che hanno come protagonisti i giornalisti Reynold Frame e William Deacon.
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Posted in I Classici del Giallo, Le collane del Giallo
dicembre 30th, 2009 at 15:29
Ah, questo l’aspettavo!
E’ la prima cosa che acquisterò nel 2010 ! Purtroppo aveva ragione Luca: i 3 Brean della Mondadori sono assai difficili da reperire.
Mentre il Garzanti è più facile (si fa per dire).
Grazie a Boncompagni e auguri per il nuovo anno !
dicembre 30th, 2009 at 22:06
E’ troppo sperare in una nuova traduzione, vero?
dicembre 31st, 2009 at 00:07
Bernardo, mi è venuta un’idea: perchè non proponiamo uno scambio? Altieri va per un certo periodo a Urania e noi ci becchiamo Lippi? Non è mica giusto che loro abbiano delle belle ristampe e a noi tocchino raffazzonate. Tu che ne dici? Poi Altieri ritorna da noi e Lippi da loro, poi di nuovo si scambiano, etc..
Tanto per animare le cose (che non sono già animate di per sè).
dicembre 31st, 2009 at 00:16
@bernardo Cicchetti : Non mi viene altro di buono in questo triste fine anno: perdonami!
dicembre 31st, 2009 at 12:25
AUGURI DI BUON ANNO A TUTTI QUANTI, compresa “la triade” : Altieri, Boncompagni, Longo.
Poi a quelli di cui ho l’indirizzo email, gli auguri li faccio separatamente e personalmente.
dicembre 31st, 2009 at 14:28
Mi unisco al mitico Piero per fare gli auguri a tutti i frequentatori del blog Mondadori.
Ovviamente gli auguri sono estesi alla Direzione e soprattutto a Dario
dicembre 31st, 2009 at 14:41
Seguo pedissequamente Piero e Marco e aggiungo gli auguri di Jonathan con il suo tipico ruttino liberatorio.
dicembre 31st, 2009 at 15:52
Piero, credo che Lippi se lo tengano ben stretti su Urania… In ogni caso, se ho ben compreso l’organigramma, Altieri è responsabile anche di Urania, per cui il problema non è lui. Boh.
Comunque, stai su con la vita, dai! E speriamo in qualche bella sorpresa. Augurissimi a tutti!!!
dicembre 31st, 2009 at 20:13
Non avendo potuto fare gli auguri di Natale a causa di forza meggiore (leggasi furto del computer), auguro a tutti un felice 2010.
gennaio 1st, 2010 at 08:31
Buon Anno a tutti!!!
Auguri speciali per Jonathan e per Dario Geraci
gennaio 1st, 2010 at 10:08
Perchè proprio per Dario ? Sento puzza di papagna e inciucio.
Lo so che Dario è ancora giovane e può attrarre una giovane, ma…INSOMMA..
gennaio 1st, 2010 at 18:00
Jonathan ringrazia ancora una volta con il solito ruttino e una sgambettata incontrollabile disteso sul letto con fontana finale:-)
gennaio 3rd, 2010 at 18:38
Qua questi libri non arrivano ancora: spero che li si veda prima della Befana
gennaio 4th, 2010 at 11:45
Buon Anno a tutti!
Piero consolati, sabato non erano reperibili neanche a Milano, zona centro ;D! ma devono essere state le feste….
gennaio 4th, 2010 at 16:03
Caro Bernardo, caro Piero,
il fatto è che Altieri è direttore editoriale (non responsabile non essendo iscritto all’albo dei giornalisti) di tutti libri-periodici Mondadori, solo che Lippi ha più autorità essendo, credo, condirettore o comunque con sotto contratto con la Mondadori, mentre i ‘nostri’ Boncompagni e Longo sono consulenti esterni, quindi temo senza alcun potere reale, ahimè, se non quello di proporre.
Ricambio gli auguri,
Luca
gennaio 4th, 2010 at 17:47
I libi saranno disponibili verso la fine di questa settimana.
Auguri a tutti!
gennaio 4th, 2010 at 23:02
Scusami, H.M. ma.. il direttore responsabile è una figura prevista dalla legge, non è il direttore vero e proprio. E’ quello che nel caso in cui ci fosse una causa legale, rappresenta l’azienda in giudizio: so di parecchie persone che vivono di questo, riscuotono i soldi a fine mese. Lo chiesero anche a me anni fa. Mio cognato è direttore responsabile di una rivista da noi (ma lui è giornalista professionista).
Io tra Longo e Boncompagni farei una differenza: Boncompagni è consulente da molto più tempo rispetto ad Igor (credo fu fatto tale ai tempi di Gian Franco Orsi), però è un docente e come tale non può avere un altro rapporto di lavoro dipendente: la pubblica amministrazione vuole l’esclusività del rapporto. Lui può tradurre ma non far parte dell’organigramma: per quello è consulente esterno. Igor invece, per quello che mi ricordi e per quello che mi diceva, fa parte della redazione interna (come lo era o lo è, non so, Luciana Leoni) e questo perchè non aveva alcun rapporto di lavoro dipendente pubblico come ce l’hanno Boncompagni o Caselli. Quindi la cosa tra loro è leggermente diversa. La posizione tra i due dovrebbe per questo, facendo il discorso che fai tu tra Altieri e Lippi, essere paragonabile a quella di Lippi.
Io non lo so se valga quello che hai detto per Lippi rispetto a Altieri: Altieri ha la responsabilità “politica” delle collane: dice lui come devono e cosa devono fare. Se ha dei meriti li incassa, se ha delle perdite, paga con la sua testa. Lippi non rischia nulla, però è quasi una figura storica in Mondadori. E il fatto che faccia delle cose che Altieri non fa con il Giallo, mi autorizza a pensare che esprima una certa indipendenza gestionale in Urania, che gli viene riconosciuta in funzione della spendibilità della sua figura carismatica. Sbaglierò, ma solo così mi spiego come mai i volumi di Urania Collezione siano così ben curati, diversamente dai Classici.
Vedete “STORIE DEL TEMPO E DELLO SPAZIO” di A.Boucher, URANIA COLLEZIONE 083 : possiede una notevole Postfazione di Lippi + una scheda Bibliografica ragionata. Quello che Luca sta dicendo da tempo per i Classici, si fa già grazie a Lippi in Urania.
gennaio 4th, 2010 at 23:15
Almeno mi son fermato al tempo in cui Boncompagni e Caselli erano docenti: poi se non lo sono più, chiedo venia.
Curiosa questa cosa sui docenti e gli ingegneri elettronici : se vedete sono le figure che più ricorrono nel Giallo: Boncompagni, Caselli, Comastri Montanari, Leoni, immeritatamente anch’io, e tanta altra gente che traduce, critica o scrive racconti o romanzi. Tra gli ex docenti tra di noi ci sono Giuseppina e Fabio anche.
Poi ci sono gli ingegneri elettronici : Altieri, Luceri, Petroselli. Io ne conosco un altro che è un grande collezionista di fantascienza. Ce ne sono altri tra voi?
gennaio 4th, 2010 at 23:21
Beh, io sono un docente di Matematica. La Matematica e il giallo hanno molto a che vedere… Traduco anche, ma questa è un’altra storia.
gennaio 4th, 2010 at 23:36
Traduci, ma non sei facente parte di case editrici.
gennaio 5th, 2010 at 00:22
In passato, sì. 😉
gennaio 5th, 2010 at 09:40
Aggiungo almeno un altro ingegnere giallista, nientepopodimenoche Freeman Wills Crofts. Se non ricordo male, anche gli studi di Hitchcock avevano a che fare con l’ingegneria.
Altieri non credo sia elettronico, forse meccanico.
Io sono Pietroselli, ma non importa: mi sono rassegnato a Petroselli. Che poi è stato un noto sindaco di Roma, c’è anche la via.
gennaio 5th, 2010 at 10:20
Meee, daiii. Lo so benissimo che ti chiami Pietroselli: la “i” è scappata.
gennaio 5th, 2010 at 16:33
Piero,
se non sbaglio Magagnoli era anche Direttore Responsabile, ma sono in trasferta e non posso verificare.
Per ciò che riguarda le esatte cariche non ci metterei la mano sul fuoco, però Longo credo sia consulente come Boncompagni, poco importa: di certo c’è, come dici tu, che Lippi fa per Urania quello che noi vorremmo fosse fatto per i Gialli, almeno per i Classici, altrimenti i noiristi si arrabbiano con noi, poveri amanti dell’arsenico e dei vecchi merletti…
Poi nei Gialli mettano quello che vogliono, per carità, e noi liberi di non comprare!
gennaio 7th, 2010 at 13:01
Due anni fa l’avevo trovato nell’usato e a mia moglie era piaciuto molto.
Prenderò anche la ristampa.
Ma sul serio non è ritradotto? Possibile?
Proposta: nel 2011 ci sarà il centanario di Fantomas (nel 1911 in Francia uscì il primo dei trentadue romanzi di Souvestre-Allain, tradotti anche in Italia da Salani negli anni Dieci in versione integrale e poi da Mondadori nei Sessanta in versione tagliatissima, anche se con bellissime copertine di Karel Thole). Il Giallo Mondadori potrebbe pensare a celebrare questo grande centenario?
Io, a Trieste, vorrei organizzare una mostra-convegno, anche con la proiezione di qualche film (come gli splendidi muti di Feuillade).
gennaio 7th, 2010 at 17:26
@luciano / idefix: mi pare che una decina di anni fa pubblicarono un bello speciale estivo con la prima avventura, che apprezzai molto. Mi sa che però fui tra i pochi, perchè dopo più nulla. E adesso, se volessero ripubblicare Fantomas, partire dai successivi non avrebbe senso, mentre ripartire dal primo sarebbe azzardato, così a poca distanza dall’ultimo tentativo. Ne sarei felice, però…
Auguri per l’iniziativa.
gennaio 7th, 2010 at 17:35
Comprato stamattina. Non mi aspettavo una nuova traduzione, e infatti non c’è: si tratta della stessa traduzione del 1954, che ha la bellezza di 124.000 battute in meno rispetto all’edizione originale.
Lo so, è il conto della serva, ma si capisce anche senza bisogno di usare la calcolatrice: l’edizione originale USA del 1948 – che è quella che ho io – ha 244 pagine, mentre il Classico appena ristampato ne ha 192 (199, secondo la numerazione, ma il romanzo inizia a pagina 7). E il bello è che l’edizione USA ha una griglia ben più fitta di quella italiana.
Insomma, è un vero massacro, a parte le sviste di traduzione (e ce ne sono parecchie, tipo un “uscio con la maniglia di bronzo,” mentre si tratta di “brass,” vale a dire ottone).
Manca, per esempio, la nota dell’Autore posta all’inizio del romanzo. Eccola qui, l’ho tradotta io:
“In base a certi indizi sparsi qua e là nel libro, chi già conosca la storia del Vermont e la sua attuale conformazione geografica può giungere a buon diritto alla conclusione che di una cittadina come Wilders Lane non è certo giustificata la presenza. Così come la famiglia Wilder – e ogni altro personaggio del romanzo, se è per questo – ha motivo di esistere soltanto nell’immaginazione dell’autore e dei suoi lettori.”
Mancano, cosa ancor più grave, i due paragrafi di apertura del libro. Volete anche questi? Offre la ditta:
“Aveva passato la giornata in macchina, attraverso un mondo color giallo oro. Era partito da New York alle cinque del mattino. E al sorgere del sole si era già lasciato alle spalle le ultime propaggini dell’area metropolitana. La strada, a tratti sinuosa e a tratti rettilinea, superava terreni ondulati e villaggi con piazze di forma quadrata e bordate da olmi, zone agricole con fienili dipinti di rosso, paesi dalle casette bianche e ben tenute. Sui campi coltivati si stendeva il caratteristico marrone ottobrino, anche se un po’ stinto; il rosso degli aceri, invece, era particolarmente acceso, e l’aria limpidissima e gelida. Alla sua destra, nel procedere verso nord, scorgeva le vette frastagliate che sembravano braccarlo senza tregua, a mo’ di bestie feroci.
Nel tardo pomeriggio, dal lago si alzò una fitta coltre di nubi. Ben presto quel mondo giallo oro finì per spegnersi. Il crepuscolo riempì le vallate, e la terra parve richiudersi in se stessa, come a voler mantenere i propri segreti.”
gennaio 7th, 2010 at 18:32
Che tristezza…
gennaio 7th, 2010 at 20:36
@ Luca – C’è un sistema per ovviare alla cosa: trova chi abbia dei soldi da investire, convincilo a finanziare una nuova collana di gialli, solo classici di una certa qualità, ritradotti da te, e almeno un lettore fisso lo trovi: il sottoscritto.
gennaio 8th, 2010 at 00:04
Beccato!
gennaio 8th, 2010 at 09:00
Beccati tutti e 4 questa tornata!!!
Certo che le parole del buon Luca relativamente alle traduzioni infastidiscono molto e ti fanno capire quanto poco sia considerato il pubblico che mensilmente da la paghetta ai Signori (alla faccia delle parole di circostanza di Mr. Altieri).
Magari arrivasse una vera collana indipendente fortemente concorrenziale, sarebbe la manna dal cielo.
Intanto andiamo avanti così, finchè dura.
gennaio 8th, 2010 at 09:11
Sul quotidiano Repubblica, per molti mesi, sono state riproposte giornalmente dieci domande alle quali nessuno rispondeva. Io, nel mio piccolo, continuo a farne una sola: ma quanto caspiterina costa ritradurre integralmente un giallo?
Ben trovati e buon anno a tutti.
gennaio 8th, 2010 at 10:54
@Luca,
grazie per aver iniziato il ‘restauro’ del libro.
Mi sono chiesta più volte quanto tali mancanze condizionino la lettura e se il pubblicare edizioni condensate (quale in fondo è una traduzione parziale di un testo) debba essere fatto con il consenso dall’Autore.
gennaio 8th, 2010 at 11:17
Qui l’autore è morto e sepolto
E comunque le cose vanno così per innumerevoli ragioni che conosciamo tutti.
Per trovare una vera concorrenza alla Mondadori dobbiamo tornare agli anni sessanta-settanta, quaranta-trent’anni fa, quando c’erano feltrinelli, garzanti, rizzoli, tutte grandi case editrici che si provarono a fare collane. E mettere su delle collezioni di tutto rispetto, pubblicando sovente autori che rimangono confinati a quelle serie. E cosa è successo poi?
L’impegno delle case editrici concorrenziali nel campo dell’editoria da edicola è scemato o annullato, e rimane solo rizzoli che lo lega solo all’acquisto del quotidiano proprio: Io per es. così sto collezionando i Maigret.
a gestire la situazione è rimasta solo la Mondadori.
Io paventavo in un momento di rabbia durante la discussione che è stata chiusa, che un bel giorno potesse arrivare un altro a rompere le uova nel paniere a Mondadori, e a rimescolare le cose per avere risultati diversi, ma..davvero arriverebbe? Bisogna avere capitali, e coraggio che nessuno ha più, in un momento di grande difficoltà economica.
Certo se si dovesse arrivare ad una situazione del genere, nascerebbe la concorrenza e allora o si dovrebbe lasciare il testimonio ad altri o cominciare a mettere mano anche per i Gialli alle benedette traduzioni integrali dei Classici, come accade già in Urania.
Ma per far questo, altre iniziative dovrebbero essere annullate, e questo genererebbe inevitabilmente una situazione fibrillante. Perchè se i soldi vengono stornati per un fine, non possono essere utilizzati per un altro.
gennaio 8th, 2010 at 12:47
La traduzione è del 1954 (v. post di Luca) e, se la matematica non è un’opinione, a Brean restavano circa 19 anni di permanenza presso questa dimensione
gennaio 8th, 2010 at 14:08
Piero, tu stai indirizzando il discorso su una piega che non era la mia.
Per tutta una serie di motivi, in particolare distributivi ma non solo, dubito che una nuova collana da edicola possa non tanto nascere (quello sarebbe il meno) quanto resistere (e sta lì il problema). Ma non è questo cui stavo pensando.
Se io faccio queste considerazioni e mi sgolo ormai da anni a dire che non è giusto che il Giallo tratti così male il suo vecchio catalogo, è solo perché col GM ci sono cresciuto, perché lo compro e lo leggo dal 1972, perché conosco l’enorme quantità di capolavori del genere che vi è apparsa. Allora, ciò che nel 1954 poteva anche essere tollerato (data l’epoca, diciamo così meno smaliziata, la difficoltà di procurarsi a quei tempi le edizioni originali, la mancanza di internet eccetera eccetera), adesso la collana continua a ripubblicare anacronismi che, a mio modo di vedere, nel 2010 non hanno alcuna ragion d’essere
Non ultimo, sono ragionevolmente sicuro – l’ho già scritto anche da queste parti – che il modesto investimento fatto su un riaggiornamento o una ritraduzione dei vecchi titoli sarebbe premiato da un aumento delle vendite. Anche dal punto di vista del conto economico, traduzioni come quelle di Pitta, che hanno ben che vada 70 anni e sono state ristampate decine e decine di volte, non sono forse già state largamente ammortizzate dall’Editore?
Non c’entra nulla Sergio Altieri, del quale ho grandissima stima sia come persona sia come scrittore; le decisioni in questo senso sono prese altrove, com’è evidente a chiunque minimamente conosca i meccanismi editoriali di Case tanto grosse.
Certo, è singolare leggere oggi, nel saggio pubblicato in appendice al romanzo di Bruno Fischer, come il buon Massimo Mongai si sia accorto che la vecchia traduzione della “Guardia al toro” di Rex Stout, opera di Alfredo Pitta, fosse tagliata del 30 per cento. E’ altrettanto singolare leggere che “mi risulta che di questi orrori alla Mondadori non se ne commettano più,” visto che il saggio è pubblicato in fondo a un romanzo anch’esso tagliato (anche se un po’ meno del Brean).
Insomma, sono le stesse cose che sto ripetendo ad nauseam da anni, solo che a me nessuno chiede di scrivere saggi per l’appendice del Giallo
gennaio 8th, 2010 at 14:14
Bene, allora lo chiediamo in coro. Perché non fate scrivere un saggio per l’appendice del Giallo a Luca Conti!
gennaio 8th, 2010 at 14:23
Propongo di ribattezzare i Classici del Giallo: I Bignami del Giallo…
gennaio 8th, 2010 at 17:59
In effetti quello delle traduzioni è un problema spinoso. Anch’io sarei curioso di sapere quanto costa far ritradurre un’opera. Secondo me Mondadori non aggiorna le traduzioni non solo per il costo in sè, ma anche perchè sono convinti che comunque il numero di copie vendute non cambierebbe granchè.
A mio parere non c’è spazio per un’altra collana di gialli da edicola a grande tiratura (ma la mia è solo una sensazione personale, non basata su alcun dato preciso ma solo sul numero di invenduti che vedo ancora nelle edicole a fine mese).
gennaio 8th, 2010 at 20:09
Io l’ho indirizzato il discorso su quella piega, caro Luca, perchè è inutile combattere coi mulini a vento.
Come hai ben compreso anche tu, il problema non è neanche di Altieri, ma di chi lo supporta; è una decisione che viene dall’alto, da sfere più in alto di Sergio: lui mette la faccia con barbone, ma le decisioni dubito siano tutte sue. Che cosa avrei mai dovuto dire? Che sei stato ingenuo a rincorrere il tuo amico Mauro per fargli ristampare una cosa che pensavi sarebbe stata presentata meglio? Suvvia, Luca, non ti faccio così ingenuo: sapevi benissimo, o meglio immaginavi benissimo, che la traduzione che ci avrebbero propinato sarebbe stata quella originale. E allora ?
Il problema è duplice : o si rifa completamente il libro (per es. le traduzioni dei Van Dine rifatti da Pietro Ferrari) oppure si integra una traduzione quando quella originale non è del tutto da rifiutare, e in questo modo si risparmia: l’integrazione della traduzione di Arnaldo Sole de l’Orologio di Carr, fatta da Igor anni fa.
Per me si potrebbe benissio attuare questo secondo percorso, e rinfrescare la traduzione adattandola al nuovo modo di scrivere l’italiano oggi, anche se una traduzione del 1935 è ancora leggibilissima (io sto leggendo L’esperimento del dottor Arthaus di Steeeman, romanzo favoloso, ed è un italiano magari un po’ stopaccioso ma..niente male). Però è da dire che in questo modo chi si assumerebbe l’onere di apportare una modifica alla versione originale, non pagata e neanche avere il riconoscimento del nome in quanto traduttore? Igor lo fece, mi ricordo, con orgoglio, ma anche perchè si trattava di mettere mano ad un Carr. Ma, chi altri lo farebbero?
Il punto è questo: al momento fare delle nuove ritraduzioni in casa Mondadori, per delle cose storicizzate, non è cosa possibile, l’abbiamo capito tutti.
Cosa fare allora a questo punto? Io come te Luca e come tutti, preferirei delle belle traduzioni integrali, lasciando magari al lettore la possibilità di saltare a piè pari la descrizione dei luoghi oppure bersela tutta, che fossero soprattutto ben fatte. Ma, nel momento in cui ciò non possa avvenire, pur continuando a protestare, è sempre meglio dal mio punto prospettico, leggere un romanzo seppur tagliato invece che non leggerlo proprio.
E di romanzi anche tagliati, ma interessantissimi ce ne sono a bizzeffe.
E non parlo, perchè lo facesti tu tempo fa, non mi ricordo se qui o su Anobii, delle traduzioni magari un po’ tagliate ma allo stesso modo affascinanti, dei Carr dei Classici degli anni ’70…
Poi se vogliamo parlare delle note bibiografiche e di postfazioni come fa Lippi per Urania, allora parliamo pure.
gennaio 8th, 2010 at 21:51
Ma, Piero, il discorso sull’integrità delle traduzioni non può essere lasciato cadere. Non capisco come mai questa battaglia è stata portata avanti per anni – e vinta – per quanto attiene alla fs, e non sia possibile invece farla per il giallo. Qualcuno mi riesce a spiegare perché? Non credo che la base di lettori di fs sia maggiore di quella dei lettori di gialli. Ecco, come mai per i gialli non è possibile fare quello che si fa per la fs? Vorrei tanto una risposta sensata da chi di dovere…
gennaio 8th, 2010 at 23:25
E chi dice che lo debba essere? Io parlo solo sull’opportunità che una scelta limitativa possa offrire almeno qualcosa al posto di nulla.
Il discorso che fa Luca non fa una grinza. E chi mai potrebbe essere contrario? Purtroppo il fatto è che il tempo delle vacche grasse non c’è più, e probabilmente il giallo Mondadori è visto come un qualcosa a perdere, che si deve tenere in vita perchè se non lo si facesse, si creerebbe un’enorme dissenso, senza però investirci capitali.
Almeno non i capitali di una volta.
gennaio 8th, 2010 at 23:50
La cosa migliore della giornata, un vero cammeo, è la domanda retorica in coda al post di Luca : impagabile.
gennaio 9th, 2010 at 10:18
..Soprattutto per gli annessi e connessi: Luca è unico. Quasi come me.
gennaio 9th, 2010 at 11:30
Macchè unico! Con tutti ‘sti post, ne sarete almeno in 3, di Pieri… 😉
gennaio 9th, 2010 at 13:58
Peccato che di Igor non ce ne sia nemmeno uno
gennaio 11th, 2010 at 08:57
Ho cominciato a leggerlo questo Brean: in effetti appena comincia, ti accorgi che qualcosa è stato tolto, perchè manca l’introduzione alla storia e le descrizioni sono ridotte all’osso. Però..niente male per il momento
gennaio 11th, 2010 at 12:44
@Piero: sul discorso delle traduzioni integrali dei gialli ti appoggio in toto.
gennaio 11th, 2010 at 14:26
Per chi ama seguire il vecchio e putrescente Lotti vada qui http://corpifreddi.blogspot.com/ per “Quando il troppo stroppia”.
gennaio 11th, 2010 at 20:31
Caro Fabio, addirittura putrescente sei diventato? Non mi pareva. Evidentemente se lo dici tu, la metamorfosi tua in zombie dev’esser cominciata dopo il Torneo di Scacchi di Cattolica: peccato!
gennaio 12th, 2010 at 12:38
piersilvio, marina, ma due lire al classico per delle traduzioni nuove, che vi costano? due spot in più?
gennaio 12th, 2010 at 13:11
Anch’io ho fatto la stessa domanda qualche giorno fa. Che dire, o è difficile rispondere o non interessa rispondere. Comunque, visto che il blog è un luogo di confronto, direi di continuare serenamente a sollecitare la cosa. Audax fortuna iuvant (spero).
gennaio 12th, 2010 at 19:02
Scusa Gianni, non mi prendere per pignolo, ma o metti il verbo al singolare o il sostantivo al plurale. E che cavolo!
gennaio 12th, 2010 at 20:25
Eccolo! Lo sentivo che prima o poi anche il Lotti, avrebbe messo in luce la sua passata professione di Docente.
“Video meliora proboque, deteriora sequor”
gennaio 12th, 2010 at 20:54
Ci sei cascato Piero!!! Era per te la trappola!!! Indovinala un pò…
gennaio 12th, 2010 at 20:58
Me lo sentivo che mi sarei dovuto fermare a “cosa”.
(ma come si fanno le faccette sorridenti ?)
gennaio 13th, 2010 at 00:49
L’ho capita, l’ho capita, vecchio caprone !
gennaio 13th, 2010 at 00:56
Ti ho fatto uno scherzetto…:-)
gennaio 15th, 2010 at 23:17
Carino questo romanzo di Brean ! Non certo un romanzo alla stregua di un Carr dei migliori anni, ma..non c’è malaccio!
Talora mi sembra un po’ alla Nancy Drew (passaggi segreti, scheletri vecchi di duecento anni, etc..), ma..non è male: aspetto di finirlo e di dare un giudizio complessivo.
gennaio 16th, 2010 at 22:19
meglio Brean di Fischer a mio parere.
ora tocca a Burton….
gennaio 17th, 2010 at 09:52
Finito.
Discreto giallo. Confermo quello che ho già detto: sembra talora che non sia un Brean ma un Nancy Drew o uno de I 3 Investigatori (scheletri, passaggi segreti, ed ora anche un tesoro), insomma un giallo più per ragazzi che per persone adulte, se non ci fossero 3 morti ammazzati. Tuttavia quello che manca proprio è l’atmosfera, e l’angoscia che hanno i Carr, a fronte di una certo movimento: l’azione non è statica ma dinamica. Carina la camera chiusa della neve, già adottata da altri; e quella dello stanzino. E anche l’esame degli indizi in un laboratorio scientifico (tipo C.S.I.).
Ma quando l’ho finito, non ho sentito l’appagamento che di solito sento quando finisco un bel romanzo.
Perchè nel novero dei romanzi che attuano le Camere Ciuse, questo sceglie di violare il principio fondamentale, cioè che non ci siano passaggi segreti.
Se dovessi esprimere un giudizio, darei un 6+ forse un 6 e mezzo. Ma non di più.
gennaio 17th, 2010 at 13:19
Francamente, Piero, siamo proprio al punto. E’ possibile esprimere un giudizio sensato su una traduzione falcidiata? E’ possibile esprimere un giudizio di merito su un libro che è molto più del traduttore che dello scrittore? E’ possibile esprimersi sull’atmosfera del romanzo se sono proprio le parti di contorno e di contesto che vengono eliminate da una traduzione condensata? Quanto abbiamo perso del libro “vero”?
gennaio 17th, 2010 at 14:01
Difatti, Bernardo, hai colto il punto. Si tratta di una riduzione che elimina al 90 per cento tutte le parti, come dici tu, “di contorno e di contesto”. Non è affatto poco: l’atmosfera svanisce per intero e quel che resta è il distillato della trama, nuda e cruda.
Del libro “vero” è stato perso tanto, e posso garantirlo con cognizione di causa avendo letto con molto piacere l’originale
gennaio 17th, 2010 at 14:27
Come volevasi dimostrare…
gennaio 17th, 2010 at 18:38
Su quello possiamo essere d’accordo tranquillamente; ma..non scordiamoci che un Giallo che affronti il problema dalla prospettiva di una Camera Chiusa, deve necessariamente NON AVERE passaggi segreti. Ecco perchè dico che si avvicina ad un giallo di Nancy Drew.
Poi, c’è la mancanza di un’atmosfera, e quello pesa anche moltissimo.
Però, se vi siete accorti, l’italiano fila benissimo: io credo che sia stata data una bella rinfrescata. In questo senso, forse si sarebbe potuto fare di più: giacchè si è fatto 30, si faceva 31, e..tutti sarebbero stati contenti!
Tuttavia, ripeto, dal mio punto di vista, è un giallo molto edulcorato.
Ad accrescere la tensione dei Gialli è anche il finale con tutti quanti i principali indiziati raccolti assieme, tra cui l’assassino, e chi spiega e deve individuarlo. Qui non c’è: all’assassino si arriva en passant. Intendiamoci è credibilissimo come tale, e anche la spiegazione è efficace, ma..manca la costruzione alla Carr, alla Queen, alla Christie, alla Van Dine, insomma tipica del Giallo Classico. Questo è qualcosa di leggermente diverso.
gennaio 18th, 2010 at 10:33
Credo che sia proprio questo a convincere la Mondadori a tagliare i testi: la convinzione che un appassionato di gialli in ogni caso riesce a godere comunque un testo monco, riuscendo a dare anche un giudizio. E’ un ammettere che i gialli siano comunque oggetti che si possano, a piacimento, ridurre senza intaccarne la godibilità. Non ha importanza ciò che l’autore ha scritto ma solo il suo intreccio. Insomma, non essendoci messaggi da parte dell’autore l’unica cosa che conta è la trama. E da questo punto di vista i gialli classici, noir e hard boiled condividono serenamente lo stesso destino.
A nessuno in casa Mondadori verrebbe in mente di tagliare “I promessi sposi” o “Addio alle armi”. E’ buffo che la letteratura gialla sia ancora oggi considerata di serie B dallo stesso editore che ha contribuito a diffonderne la cultura in tutti questi anni.
Mi rendo conto che stiammo dicendo sempre le stesse cose ma l’amore per la letteratura ( si, appartengo a quel gruppo di scriteriati che considera tale un giallo) mi porta a credere che valga la pena insistere.
gennaio 18th, 2010 at 16:11
@ GianniT
Sottoscrivo in toto. Teniamo duro.
gennaio 18th, 2010 at 22:29
In altra parte del blog ho preso affettuosamente in giro (almeno nelle mie intenzioni), insieme a me stesso e ad altri componenti la banda Mondadori, anche questo “tic” dell’opera taggliata (“tic” solo per il fatto che si è ripetuto più volte e non per altro). Ciò non mi esime, ridiventato serio, almeno per un attimo,di considerare nefasto ogni taglio di un’opera compiuta. Poi, ripersa la serietà, posso aggiungere che molti libri DOVREBBERO proprio essere tagliati. Ma parecchio parecchio…:-)
gennaio 19th, 2010 at 09:46
Si Fabio, anch’io mi chiedo perchè certi autori continuino a scrivere libri ( non mi riferisco solo ai gialli) . E chiaro che lo fanno per puro egoismo. A me non vogliono bene affatto.
gennaio 19th, 2010 at 10:44
Quello che dicevo io era una cosa un po’ diversa, e mi rifaccio ad un dibattito cui prendemmo parte tra gli altri io, Luca e credo Marco su Anobii tempo fa: si parlava delle gloriose traduzioni “tagliate” dei primi Carr, e lo stesso Luca, riconosceva che la qualità di quelle traduzioni era tale che, pur tagliate, mantenevano un fascino indiscutibile.
E quindi i romanzi, e io li ho letti in quelle versioni, erano godibilissimi e apprezzati.
Quando invece si dice, e lo si è detto a proposito di questo Brean, che tolto il 90% dell’atmosfera, la trama nuda e cruda regge poco il confronto, si dice anche che il libro non è un gran romanzo. Scusatemi,ma..la verità è questa.
Io sto leggendo in questi giorni, dopo aver letto il Brean, un vecchio Classico del Giallo, IL LABIRINTO di Philip Macdonald. Il romanzo non è altro che un whodunit ai massimi livelli: di atmosfera ha poco quanto niente, avendo invece solo l’esposizione nuda dei fatti. Quindi un romanzo fatto di trama, senza null’altro, inteso comne “una sfida al lettore”, secondo un sistema applicato ampiamente da Ellery Queen.
Il risultato è un giallo estremamente appassionante: un Macdonald, però. E questo, a mio parere, fa la differenza.
In altre parole, quello che dice Luca è sacrosanto, ma..bisogna vedere i casi. E non è detto che un romanzo privo di atmosfera, con una ottima traduzione (Marilena Caselli) e di un grande maestro, non regga il confronto: talvolta lo supera.
gennaio 19th, 2010 at 10:46
..Però Il LABIRINTO è uscito per la prima volta nel 1993 in Mondadori, e quindi posso pensare che si trattasse di una traduzione..non tagliata.
gennaio 19th, 2010 at 12:32
Sto leggendo anche io il libro di Brean e concordo con Piero. Non è un grande romanzo. Ritratti un pò superficiali, schema globale risaputo calato frettolosamente su una prosa spigliata e nello stesso tempo un pò superficiale, affrettata. Sembra più la prova di un romanzo che un romanzo già fatto.Almeno questa è la mia impressione fino a metà del libro.
gennaio 19th, 2010 at 16:31
Se vi interessa, a Fantomas ho dedicato un lungo post sul mio blog:
http://lucianoidefix.typepad.com/nuovo_ringhio_di_idefix_l/2010/01/fantomas-arriva-con-la-posta.html.
E mi sono soffermato anche sul tema delle traduzioni mutilate.
Riportando un piccolo esempio delle versioni macellate presenti nell’edizione Fantomas-Mondadori degli anni Sessanta, tratti dal primo volume che venne intitolato “Il terrore mascherato”, rielaborazione dell’originale “Fantomas”.
Nel capitolo iniziale, il magistrato Bonnet racconta agli altri invitati al castello Lagrune la sparizione di lord Beltham, la attribuisce al misterioso Fantomas e la inquadra nell’insieme di una grave situazione criminale. Alla discussione assiste il diciottenne Charles Rambert (che nel seguito del ciclo fantomasiano sarà..non vi dico in quale ruolo…un assoluto protagonista): il giovane è affascinato da Fantomas e il suo entusiasmo scandalizza il giudice. Che tra l’altro gli dice: “Ecco il prodotto dell’educazione moderna, dello stato d’animo creato dal giornalismo, dalla letteratura, nella nostra gioventù! Si fa un’aureola ai delinquenti; s’improvvisa loro una pubblicità fantastica! E’ roba da far rizzare i capelli! Voi siete pazzo, ragazzo mio! Mettete sullo stesso piano gli assassini e i poliziotti, non fate distinzione fra il bene e il male. All’occasione, voi erigereste sullo stesso piedistallo gli eroi del delitto e gli eroi della difesa sociale! Voi avete molta immaginazione, giovanotto, troppa, direi. Ma passerà. Siete ancora nell’età in cui si parla senza sapere”
Più tardi, a letto, Charles stenta a dormire perchè continua a fantasticare su Fantomas.
La scena è importante per vari motivi: tutto il ciclo di Fantomas è percorso da fermenti dirompenti, inquietanti e antiborghesi.
Che si inquadrano nel clima della Francia dei primi anni del Novecento, agitata da un forte illegalismo: criminali veri e propri o anarchici come quelli della banda dei Travalleuirs de la Nuit o della banda Bonnot.
Inoltre, uno dei due autori (Marcelle Allain) aveva forti simpatie per la causa del progresso sociale e per i socialisti, e queste posizioni traspaiono in innumerevoli parti della saga. Anche se va ribadito che il ciclo di Fantomas è e resta un’opera d’appendice, per quanto degna di perduto amore.
Ma torno a quel primo capitolo, sconciato nella versione Mondadori: purtroppo, la traduzione di Roberto Mauro del 1963 accorcia pesantemente il dialogo tra il magistrato Bonnet e Charles Rambert, mettendo così il silenziatore alla fascinazione del giovane verso Fantomas.
L’effetto è triplice: il massacro del testo originale, il trionfo di un ipocrita perbenismo, il rischio di non capire la successiva evoluzione del personaggio di Charles.
In realtà, la versione Mondadori ricalca abbastanza pedissequamente l’edizione Pagotto di Milano che nel 1954 ritradusse (mutilandoli) i primi cinque romanzi del ciclo. Iniziò lì, dopo l’ottimo lavoro di traduzione integrale svolto dalla Salani negli anni Dieci, lo scempio dell’opera di Souvestre-Allain.
Non si trattano così i capolavori.
gennaio 19th, 2010 at 20:40
Non si trattano così i libri.
gennaio 19th, 2010 at 21:02
Perdonami, Piero, ma il paragone non regge. Il romanzo di MacDonald è per deliberata scelta, ridotto all’osso, addirittura sfrondato di qualunque intervento da parte dell’autore, che ha costruito un libro di solo dialogo, senza la minima nota descrittiva o di commento. Se vai a rileggerti la nota posta all’inizio del romanzo, MacDonald parla deliberatamente di un libro basato solo sui fatti, fatti che emergono in prevalenza da deposizioni rilasciate durante l’inchiesta, “attraverso il resoconto assolutamente fedele delle domande e delle risposte”.
Nel caso di Brean, non è certo andata così. L’opera presentata al lettore italiano è un sunto delle intenzioni dell’autore, che nel testo originale intendeva ricostruire certe atmosfere dell’America coloniale, rievocare certe situazioni al confine tra verità e leggenda. Gran parte di questa atmosfera è svanita nella versione italiana, perché lo sfrondamento ha eliminato tutto quel che i redattori dell’epoca hanno ritenuto “superfluo” e che, invece, tanto superfluo non era. La costruzione dell’atmosfera – e, da buon lettore di Carr, dovresti saperlo – è, in un giallo, importante quanto la trama nuda e cruda. Insomma, qualunque osso ha anche bisogno di una certa dose di carne, attorno, mentre in questo caso non c’è più.
A questo aggiungete la vetustà della traduzione e il fraintendimento di molte espressioni gergali e idiomatiche e la frittata è fatta.
Per quanto riguarda le vecchissime traduzioni di Carr, certo, avevano un fascino indiscutibile, ma è anche vero che all’epoca il lettore italiano (quorum ego) era per la maggior parte privo di punti di riferimento. Tu, nel 1972, sapevi che tutti i Carr usciti fino allora in Italia erano tagliati, così come i Queen? Io no, l’ho scoperto dopo. Ma a dieci anni, ingenuo e impressionabile com’ero, già così mi sembravano chissà cosa. Adesso, ovviamente, non riesco più a rileggerli nelle vecchie edizioni italiane. E l’unico motivo per cui funzionavano anche in quel modo è che Carr, va da sé, è più bravo di Brean, e la potenza del suo stile riesce a emergere anche in versioni ridotte.
Il fatto che per il Brean tu abbia pensato ai romanzi di Nancy Drew fa chiaramente capire, a chi conosce la versione autentica del libro, come questo ne esca con le ossa rotte dalla “rivisitazione” nostrana. Il che, mi consentirai, non è un buon servizio reso all’autore e alla sua opera, comunque sia.
Io non concordo neanche sulla tua visione del giallo classico, in cui necessariamente – a tuo dire – ci vuole la spiegazione finale con tutti i protagonisti riuniti e l’investigatore che spiega, così come non mi sembra così grave il ricorrere a passaggi segreti nelle camere chiuse. E che queste “regole” le abbiano stilate Van Dine, il reverendo Knox o chi vuoi tu, poco mi importa. Secondo tali regole, neanche il poliziotto potrebbe mai essere l’assassino, eppure sai bene quali capolavori abbiano adottato questa soluzione. E c’è anche un notevolissimo giallo in cui l’assassino è proprio il maggiordomo, per dire…
Insomma, le regole del giallo sono fatte per essere allegramente violate, lo scriveva pure lo stesso Carr. Ridurre tutto a un semplice balletto di indiziati e al puro enigma deduttivo poteva andar bene in certi periodi storici, ma le cose cambiano ed è cambiato, per fortuna, anche il giallo classico.
Il passaggio segreto, se l’autore è in gamba, può benissimo funzionare, e ricordo che alcuni degli inventori della camera chiusa, da Ann Radcliffe a Sheridan LeFanu, ne hanno fatto largo uso. Dipende tutto dall’autore e da come costui sa giocarsi le carte che ha in mano
gennaio 19th, 2010 at 21:29
Ho appena finito di leggere “Omicidio nella lana” e, francamente, l’ho trovato prolisso, come talvolta accade alla Marsh. Ciononostante ritengo che un libro non vada mai tagliato. Allo stesso modo mi da fastidio quando in radio “sfumano” le canzoni tagliando quasi un minuto di musica
Per correttezza torno a dire che bisognerebbe indicare sempre non solo la data di un’opera, ma anche quella della sua traduzione e se si tratta di una versione integrale o meno. Anche io fino a poco tempo fa non sapevo di aver letto versioni tagliate dei vari Carr, Queen ecc.
Non ho ancora letto il Brean ma, secondo me, usare un passaggio segreto per risolvere una camera chiusa vuol dire barare e non avere sufficiente inventiva per trovare un’altra soluzione accettabile. Vuol dire imbrogliare il lettore e venir meno a quella “sfida intellettuale” che, almeno per me, è indispensabile in ogni giallo che si rispetti.
gennaio 20th, 2010 at 19:11
Sulle “camere chiuse”, concordo: vedere autori che usano mezzucci come i passaggi segreti o trucchi del genere mi ha sempre irritato. Tanto sono geniali le soluzioni “altre” (in genere gli illusionismi che sviano l’attenzione del lettore) quanto sono fastidiose queste soluzioni che utilizzano sotterfugi meccanici.
gennaio 21st, 2010 at 20:24
Anche Maurice Leblanc ha usato molti passaggi segreti nei suoi racconti,romanzi etc ma la prospettiva era diversa: da Arsene Lupin uno il passaggio segreto quasi se l’aspetta; se tu parli, caro Luca, di Brean invece come amico di Carr, mi pare che voglia fare un parallelismo. Io non ho detto che non lo sia, scrittore interessante: ho detto che qualche spunto glielo riconosco, e anche l’assassino è credibile e anche il movente. Ma, l’uso di un passaggio segreto per spiegare una sparizione è una cosa che non sta nè in cielo nè in terra in un romanzo giallo che voglia spiegare l’avvenimento in modo razionale e che lo voglia classificare come “delitto impossibile”. La sfida alla ragione, alla pura deduzione, è tale solo se si spiega un fatto incomprensibile e irrazionale alla luce della pura razionalità; e il passaggio segreto è un mezzuccio, che riconosco solo ai romanzi di Nancy Drew, che non a caso negli anni ’70 si proponevano ai ragazzi.
Che poi lo abbia usato Radcliff o Lefanu non fa storia: la Radcliff e Lefanu sono scrittori più che altro gotici, sono scrittori che pur avendo visitato il genere giallo, trovi più facilmente ascrivibili ai racconti che parlano di castelli, vampiri o..vampire, passaggi segreti, da I misteri di Udolpho a Carmilla.
Il proporre come fondamento del Giallo classico la spiegazione e la riunione dei principali indiziati, è un modo come un altro per mantenere fino alla fine il dubbio sull’identità dell’assassino, e quindi mantenere il lettore sul filo del rasoio. Se ho detto che secondo me, il Giallo di Brean era qualcos’altro, è stato per indicare che a parere mio non è un giallo classico tout court ma differisce, segue una linea propria, è un qualcosa a metà tra il romanzo d’avventura (il passaggio segreto, il tesoro), il giallo classico e un certo giallo movimentato, non proprio hard boiled.
Comunque sia rimango del mio parere che, se tolta l’atmosfera, rimane poco del romanzo originale, ed esso non riesce con la nuda trama a reggere, esso non è un granchè. Non fare paragoni con Carr, per piacere Luca: non scomodiamo Carr. Tutti i Carr sono lontani anni luce da questo Brean: non so gli altri. Forse gli ultimi Carr possono essere passabili di paragone, ma quando talora stiamo a fare osservazioni sulle ultime fatiche, parliamo tuttavia di lavori portati a termine da una persona che era fumava come un ossesso, che beveva, che era corroso da un tumore, che soffriva: scrivere un giallo non è cosa semplice, è molto più difficile che scrivere una poesia. Soprattutto i Carr, in cui tutto doveva andare a posto, tutto doveva avere una spiegazione logica, soprattutto l’irrazionale.
Guarda posso capire il nascondiglio segreto, ma non il passaggio che spieghi una camera chiusa: posso capire lo specchio che si ritrae e scopre un vano segreto dove viene messo il cadavere in un racconto di Queen; ma non il passaggio segreto che spiega una Camera Chiusa, che sarebbe stata per di più straordinaria: fuori piove a dirotto, due uscite sono guardate, la quarta conduce nella cantina dove non c’è nessuno.
E’ più carina quella dello stanzino, perchè è una vera camera; e anche quella della sparizione della spiaggia, anche se già adottata da altri. Ma non la Camera col passaggio segreto, quello no.
E le classificazioni di van Dine, Knox e altri, son state fatte solo perchè il genere giallo è un genere che si basa su delle classificazioni logiche, è nella sua forma più alta la creazione e la spiegazione di un enigma solo sulla base della logica e della razionalità. Che poi la Christie o Leroux abbiano trasformato il modo di operare, neanche questo fa storia: nonostante il poliziotto assassino o il narratore assassino siano stati degli stravolgimenti delle regole, il resto è stato mantenuto invariato: il detective, il delitto, gli indiziati, la scoperta del colpevole con la spiegazione. Quelle che cambiano sono delle semplici variabili, seppure di valore indiscusso, mentre la costanza del discorso di base rimane invariata.
Se di Giallo Classico dobbiamo parlare.
L’unica cosa che in questo romanzo avrebbe avuto maggiore forza con un’atmosfera diversa, sarebbe stata non tanto la vicenda storica, quanto quella della casa vicina, con la presenza non sospettata: lì un’atmosfera più palpabile avrebbe potuto avere degli effetti thrilling più densi; ma solo lì. Non ho visto altri spunti passabili.
Anch’io come ha detto Fabio, la ritengo un’opera sbozzata ma non convincente in tutto e per tutto.
Siamo su posizioni differenti Luca, ma non per questo l’esserlo significa che una posizione è inconciliabile con l’altra oppure che una sia più sensata dell’altra. Io la penso così, tu no: ci sarà che la pensa come me, chi come te. Il fascino del Giallo è proprio nel fatto che è una materia mai completamente assimilata e assimilabile agli schemi: ci sarà sempre qualcuno che li romperà e chi invece vi si rifarà pedissequamente.
E chi ha rotto gli schemi è stato sempre uno scrittore geniale: la Christie lo è stata, e anche Leroux.
Ma non si può dire che chi vi si sia affidato lo sia stato di meno: forse che Tragedia in Casa Coe non sia un capolavoro?
gennaio 22nd, 2010 at 00:14
Terminato di leggere. Sembra più la prova di romanzo che un romanzo già bell’e fatto.
gennaio 22nd, 2010 at 08:36
Terminato di leggere anche “IL LABIRINTO” di Philip MacDonald : magnifico.
gennaio 22nd, 2010 at 13:25
Per Luca Conti: condivido in pieno i tuoi interventi sulle traduzioni, e i passaggi che ci hai ‘offerto’ del libro di Brean sono la prova più eloquente delle tue tesi. Aggiungo solo, a beneficio dei neofiti che non lo ricordassero, che tu e io non possiamo che rimpiangere la stagione dei Classici metà anni Ottanta-inizio Novanta, quando la stragrande maggioranza delle ristampe, di qualsiasi autore, veniva ritradotta. Allora riscoprimmo l’essenza dei capolavori di Queen, Carr e Van Dine: ricordo il lavoro fatto da Gianni Montanari per Ellery, dalla signora Francavilla e poi dall’ottimo Boncompagni su Carr, da Pietro Ferrari su Philo Vance e per alcuni (pochi, ahimé) titoli di Stout. Poi, a un certo punto, il nero assoluto.
Ciò che più mancava nell’editoriale di Altieri, secondo me, era un qualsiasi riferimento all’idea del Giallo Collezione, cosa che mi fa dubitare fortemente della volontà di realizzare il progetto. Ben vengano gli autori Golden Age nel Giallo (graditissimi Marsh, Wentworth, ecc.) ma fa sinceramente rabbia vedere tradotto integralmente il romanzo di Miles Burton alias John Rhode (bello ma non un capolavoro) mentre la versione italiana de ”Il re è morto” di Ellery Queen manca di un intero capitolo… Per non parlare ovviamente de ”La lega degli uomini spaventati” di Stout, o di due gioielli ‘dimenticati di Carr, ”Piazza pulita” e ”L’ultima carta”.
gennaio 22nd, 2010 at 20:28
Non siete solo voi due che rimpiangete la grande stagione dei Classici anni ’90 : anch’io ricordo con nostalgia il lavoro della Francavilla (che però stranamente per la prima edizione de “La porta sull’abisso” non tradusse integralmente il saggio di Carr “Il più bel gioco del mondo” : io ce l’ho in francese ed è più lungo!), l’inizio delle traduzioni dei Queen fatte da Montanari, e non dimentichiamoci le traduzioni di Lovesey, fatte da Boncompagni, e quelle dei gialli di Doherty,Halter, Steeman fatte da Longo.
Sul fatto che le traduzioni siano sacrosantamente integrali, e dovrebbero esserlo, siamo tutti d’accordo. Ma ciò non significa automaticamente che debbono ricominciare a farle: è questo il punto.
Luca è stato il primo a puntare l’occhio sul fatto che probabilmente di soldi ne arrivino meno del passato ad Altieri: questo ha la sua brava importanza. Perchè ?
Perchè se prevedi delle ritraduzioni integrali di un titolo, e porti avanti una certa politica di austerity (limitazioni delle uscite da 6 a 4 mensili, limitazioni degli inediti solo al Giallo, e checchè ne possa dire Stefano, pubblicazione di Gialli Italiani, che non comportano spese di traduzione), dovrai necessariamente eliminare dei titoli che prima avresti tradotto. Allora dobbiamo metterci d’accordo: se fai una cosa non ne potrai fare un’altra.
Rifai alcuni Queen, rifai gli Stout, e sicuramente non usciranno più inediti del Giallo Classico per un pezzo: credete che ridurrenbbero o eliminerebbero altresì i Nasaw o similar titoli per far spazio a ritraduzioni e assieme a Gialli inediti?
E’ per questo che io preferisco a questo punto che escano dei Gialli in ristampa, ma in edizione degna del nome, capolavori mai più ristampati o titoli che non si vedranno più, e assieme godere di Gialli inediti, scoperte di questi tempi, piuttosto che avere delle ritraduzioni integrali e più niente di nuovo.
L’alternativa a tutto questo sarebbe solo una: rimettere mano alla rivoluzione e riportare le cose a com’erano prima di Altieri. Ma capite bene che ciò non è possibile, perchè se Altieri ha portato avanti la sua rivoluzione copernicana, è stato perchè qualcuno che sta sopra di lui, gliel’ha permesso.
Meditate gente, meditate.
gennaio 23rd, 2010 at 13:14
Piero, io medito ma non riesco a spiegarmi perché in casa Mondadori si seguano due politiche così diverse tra Giallo e Urania. per intenderci, è lecito supporre che una collana Giallo Collezione avrebbe mercato uguale (secondo me superiore) alla benemerita serie varata da Lippi: se con Urania i conti tornano, per quale motivo non dovrebbero andare bene anche con il Giallo? Capisco, pur se con molta amarezza, la politica di austerity, ma lo strabismo tra Giallo e Urania resta un mistero. Magari su cui far indagare Nero Wolfe ed Ellery Queen, a patto che le traduzioni di queste inchieste siano integrali, of course…
gennaio 23rd, 2010 at 13:51
Mariano, non lo so neanch’io.
Osserva però che Lippi è un giornalista legato alla Mondadori da molti anni: non so se stesse già ai tempi in cui Polillo e Tropea (che poi hanno fondato le case editrici omonime) lavoravano in Mondadori, ma è certo che ci sta da molti anni.
LIPPI è un’istituzione in Mondadori. Solo così posso tentare di spiegarmi una cosa del genere, cioè che quello che sotto Altieri non lo sia, con lui è praticabile.
“Posso tentare di spiegarmi” non vuol dire che..è così; ma anche se non lo fosse, io credo che la soluzione sarebbe molto vicina all’ipotesi.