Il segno dell’assassino (1230)
Kenburgh, piccola, tranquilla città inglese. O no? Jean Lubbock, insegnante bruttina e complessata, se la cava a stento da una brutale aggressione sul lungofiume. Sulla scena del crimine, il biglietto di un’impresa di pompe funebri con un messaggio sinistro: “Cordone n. 1”. È solamente l’inizio. Tocca poi alla moglie paralizzata di un medico essere rinvenuta cadavere. Con accanto un secondo biglietto: “Cordone n. 2”. E a Kenburgh, piccola, tranquilla, letale città inglese, dilaga la psicosi del serial killer. D.M. DEVINE (1920-1980), britannico, si laureò nelle università di Glasgow e Londra. Dal 1946 al 1972 lavorò come funzionario amministrativo dell’università di St Andrew, a Fife. Giallista dal 1961, quando il suo primo romanzo, Lutto in famiglia , vinse un importante concorso indetto dalla casa editrice Collins, grazie soprattutto al giudizio molto positivo di Agatha Christie.
All’interno, l’articolo “L’omissione nel giallo” di Massimo Pietroselli.
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Posted in I Classici del Giallo, Le collane del Giallo
ottobre 5th, 2009 at 16:09
Se non vi sta simpatico Devine ricordatevi che c’è Massimo…
ottobre 5th, 2009 at 17:35
Non posso perdermi l’articolo di Massimo…
ottobre 9th, 2009 at 07:32
Interessante l’articolo di Massimo Petroselli sull’arte della omissione nel romanzo giallo. Una parte dell’articolo e’ dedicato al film di Dario argento L’uccello dalle piume di cristallo. Vidi per la prima volta questo film, al cinema, oltre 30 anni orsono quando ero adolescente e già da tempo accanito lettore di “gialli”. Non molto tempo dopo la visione del film ebbi occasione di leggere La statua che urla di Fredric Brown autore che prediligevo in particolare per i racconti brevi. Orbene non ho mai prestato attenzione se nel caso del film di Argento sia svolto un esplicito riferimento che la sceneggiatura e’ tratta dal romanzo di Brown. Pero’ non credo. Certo e’ che i punti in comune delle due vicende sono assolutamente molteplici . In uno vi e’ un quadro e nell’altro la statua, lo scambio di persona nel gioco di equivoci del pugnale e’ presente in entrambi e così via….. Qualcun altro aveva avuto modo di notare questa curiosità ?
ottobre 9th, 2009 at 09:35
@Paolo Botti: una ricerca in rete darebbe dati più certi, però io ho sempre sentito che il film si ispira dichiaratemente a quel romanzo.
ottobre 9th, 2009 at 11:22
Che il film si ispiri al romanzo è fuor di dubbio. Che lo dichiari, no. Del libro di Brown non viene fatta menzione alcuna nei “credits” del film di Argento.
ottobre 9th, 2009 at 14:54
Salve a tutti,
una domanda che esula dal contenuto del romanzo: la copertina di Jacono non è stata utilizzata in passato per un altro Giallo?
Sono sicuro di averla già vista.
Grazie
ottobre 10th, 2009 at 19:11
Bella questa domanda: aspettavo che qualcuno si accorgesse di questa “simpatica” costumanza.
Io francamente non so rispondere a questa domanda, ma è sicuramente vero che ‘sta cosa si è già verificata in passato : la copertina di Jacono riferita al Classico dei Gialli Mondadori di Ngaio Marsh, “Morte in ascensore”, n. 681, è stata utilizzata due anni fa per il giallo di Patrick Quentin, “La sorte sbagliò tre volte”, Classico del Giallo Mondadori n. 1183. Francamente non oso pensare ciò che Jacono, dove sta, possa aver pensato, lui che è noto realizzava le copertine solo dopo aver letto il libro…
ottobre 10th, 2009 at 19:28
Anche “Due Occhi diabolici” di Dario Argento e George A. Romero, è ispirato dichiaratamente questa volta, ad uno scrittore culto, cioè a Edgar Allan Poe: Romero diresse l’episodio “Fatti nella vita di Mister Valdemar”, mentre Argento l’episodio tratto da “Il gatto nero”.
ottobre 10th, 2009 at 19:58
Non so a quale libro tu ti riferisca, ma è sicuro però che la copertina del Devine in edicola è quella dell’originale Giallo n.1023.
Diamo a Cesare quel che è di Cesare, etc..
ottobre 11th, 2009 at 10:31
@Fabio : stavolta la mia email ti è giunta..o no ?
ottobre 11th, 2009 at 11:35
Questa volta mi è giunta. Scusa se non ti ho risposto ma sono in un momento particolare di alti e bassi da far paura. Meno male che c’è Jonathan…
ottobre 11th, 2009 at 21:42
La questione delle copertine la avevo notata in un volume di cui al momento non ricordo il titolo che riciclava quella apparsa per la prima edizione di Sfida a Poirot sul giallo Mondadori .
Chissà perché fanno queste cose non le trovo di buon gusto.
ottobre 11th, 2009 at 22:06
Ah guarda, non le capisco neanch’io.
Tanto più, come ho detto, e come saprai, almeno Jacono le realizzava solo dopo aver letto il libro, abitudine questa che denotava la serietà dell’artista; non solo: infatti in questo modo la copertina era personalizzata, si potrebbe dire, è come la targa automobilistica riferita ad una data persona e solo a quella. Ecco perchè quando vedi il riciclaggio di una copertina (e perchè mai poi? ), fai un salto dalla sedia. Quella de I Classici del Giallo n.241 era di Oliviero Berni: perchè mai accantonarla e per di più sostituirla da un’altra appartenente a romanzo di altro autore?
Mah, domanda che probabilmente resterà senza risposta: l’avremmo potuta avere solo se fossimo stati dentro “la stanza dei bottoni” della redazione gialli, forse…
ottobre 11th, 2009 at 23:35
Io mi sono “azzuffato” qualche volta con Piero. Colpa al novanta per cento del mio carattere lunatico e altalenante. Però devo dire che una persona come lui starebbe molto bene nella “stanza dei bottoni”.
Con questo non è detto, Piero, che non ci si “azzuffi” più…
ottobre 12th, 2009 at 07:21
Concordo con Piero su quella che era la personalizzazione delle copertine da parte di Jacono. ed in effetti così dovrebbe essere. una copertina di una qualunque cosa deve avere una attinenza col relativo contenuto. Molto spesso si tende pure ad associare visivamente la copertina al libro stesso come elemento riconoscitivo svincolandosi dal titolo. Oltre alle svariate centinaia di romanzi gialli sono collezionista di fumetti. Tex in particolare. Orbene quest’ultimo e’ stato oggetto di diverse ristampe che hanno sempre mantenuto (tranne la versione storica a colori per un discorso di maggiori pagine dell’albo) la medesima copertina.
Perché quindi non fare la medesima cosa anche con i gialli?
ottobre 12th, 2009 at 08:04
Lasciamo perdere le farneticazioni lottiane: nella stanza dei bottoni non ci andremo mai, nè tantomeno io (che non ho nessuno alle spalle). Ed è meglio, perchè se davvero vi fossi arrivato, avrei fatto “un bel ripulisti”.
E forse avremmo visto qualcosa di Norman Berrow o Max Afford, che in Italia, a meno di leggre i relativi romanzi in lingua madre, e a meno che non ci metta l’occhio qualche editore di passato mondadoriano ma ora dall’altra parte della barricata, non leggeremo mai.
Ma anche con ‘sta questione del Lodo Mondadori, io la vedo nera, anche per i Gialli. Non so se qualcuno riesca a capirmi (escluso Luca)..
ottobre 12th, 2009 at 08:59
letto. non male.
SPOILER
sarebbe meglio avvertire i lettori che l’articolo, decisamente interessante di Pietroselli, andrebbe letto tassativamente dopo il giallo.
e direi che l’omissione di Devine è un’omissione carpiata….
ottobre 12th, 2009 at 12:59
Anche nei dischi l’artwork della copertina viene fatto, di regola, dopo aver ascoltato (più volte) il disco.
ottobre 12th, 2009 at 19:22
Letta “L’omissione nel giallo” di Massimo (OK!). In seguito leggerò Devine perché ora sto seguendo passo passo “Il Palio di Sherlock Holmes” di Luca Martinelli, Alacràn 2009. Ritornando a l’omissione non so se posso paragonarla ad una specie di bluff. Dato che non ci perdo niente la paragono. Come succede, talvolta, negli scacchi (il paragone serve a questo). Vedendo che la partita si sta mettendo male, si “omette” la mossa più credibile, più naturale e comunque più forte in quel momento, per una mossa “strana”, sorprendente, magari un sacrificio, in modo da incanalare la partita su un altro binario. E l’avversario, sorpreso, può perdere il filo del giuoco…
ottobre 12th, 2009 at 20:32
@fabio : dì che ci hai tentato tu a fare ‘sta cosa a Cattolica: e dilla.
ottobre 12th, 2009 at 21:42
Non è un tentativo sporadico. Succede abbastanza spesso. A Cattolica, per esempio (grazie Piero), ho visto che dopo qualche mossa avrei inevitabilmente perso un pedone. Allora l’ho sacrificato subito mettendo in agitazione l’avversario (perché mi dà sto pedone?) che…che ha finito per perdere.
ottobre 13th, 2009 at 08:59
@Fabio: cos’è, vuoi imitare la Roulette Russa di Tal?
ottobre 13th, 2009 at 09:26
Io una volta ho sacrificato il cavallo: l’ho messo lì isolato, e quello a chiedersi: ma perchè mi da ‘sto cavallo? Ci sarà un inghippo. No, non c’è nessun inghippo pensa, io faccio la faccia contristata sbotto, me la prendo con uno che era entrato nella stanza (fingo ovviamente); poi quando quello mi mangia il cavallo muovendo l’alfiere io..zac gli frego la regina.
Ma non ero a Cattolica.
ottobre 13th, 2009 at 09:40
Gli scacchi, come molti giochi, rivestono anche un aspetto psicologico importante (Gli scacchi sono lotta! esclamava il grande Lasker sul quale dai un’occhiata qui http://www.scacchierando.net/dblog/articolo.asp?articolo=1492 ) per cui ogni tanto va bene anche la Roulette Russa. Solo che Tal era Tal e spesso gli avversari non riuscivano a vedere il punto debole del bluff.
ottobre 17th, 2009 at 12:16
Incominciato a leggere. Assassino che tiene un diario. Deve uccidere otto persone per toglierle dalla sofferenza. Almeno questo ha un pò di cuore…
ottobre 18th, 2009 at 18:11
La tranquilla Kenburgh, archetipo della città britannica di provincia, è sconvolta da una catena di crimini brutali: tutto inizia con l’aggressione a Jean Lubbock, insegnante bruttina e complessata. Poi una catena di omicidi, in occasione di ognuno dei quali viene ritrovato un cartoncino di un’impresa di pompe funebri. Inizia così un gioco che offre al lettore la ghiotta occasione di poter assistere alla vicenda osservandola da due differenti punti di vista: uno più classico, narrato in terza persona, segue le gesta di un reporter semi-alcolizzato nei panni dell’inconsapevole protagonista; l’altro narrato in prima persona dall’assassino stesso. Attraverso questa doppia chiave di lettura una vicenda che poteva rivelarsi banale diventa una riuscita variazione sul tema. Valida la costruzione dei personaggi, ben caratterizzata la vita di provincia d’oltre Manica, purtroppo il romanzo trova il suo punto debole nella costruzione dell’atmosfera: un pizzico di suspense in più non avrebbe guastato.
novembre 12th, 2009 at 15:55
Al libro si ispira il film “Giornata nera per l’ariete” di Luigi Bazzoni (1971) con Franco Nero.