Ritratto d’autrice: Jo Beverley

Jo BeverleyRiproponiamo qui di seguito l’intervista a Jo Beverley, originariamente pubblicata in Lady Skylark ( Skylark ) – Romanzi nr. 843, gennaio 2009.

Fra le autrici che scrivono romanzi storici ambientati in Inghilterra, Jo Beverley è una delle pochissime a essere inglese. Laureatasi in storia inglese presso la Keele University, nello Staffordshire, è successivamente emigrata con il marito in Canada, dove vivono tuttora. Hanno due figli.
Benché Jo abbia iniziato a scrivere quand’era ragazzina, soltanto negli anni Ottanta ha iniziato a pensare che si trattasse di un’attività che poteva essere intrapresa anche dalla gente comune. Così, dopo una conversazione in una biblioteca locale, decise di iniziare il suo primo, vero romanzo storico.
Finora Jo ha scritto più di trenta romanzi e molti racconti, che le hanno consentito di conseguire numerosi premi, tra cui cinque RITA della RWA (l’Associazione americana degli scrittori di romance) e vari premi Romantic Times, tra cui due alla carriera. Jo è anche membro onorario della Hall of Fame della RWA.

Grazie per aver accettato quest’intervista, Jo! È un piacere e un onore averti qui oggi nostra ospite, a dedicare un po’ di tempo alle lettrici italiane. Siamo sicure che per te si tratterà di un’esperienza piacevole! Vieni spesso contattata dalle tue fan che vivono in Europa?

Sì, ricevo messaggi dalle fan europee, ed è sempre un piacere. Qualche volta non riesco a capire bene il messaggio, ma con i traduttori on-line e la buona volontà, credo che si possa riuscire a comunicare. In effetti, forse dovrei fare presente che quando si manda un’email a uno scrittore è meglio indicare un argomento preciso nel titolo dell’email. Riceviamo tutti quanti tantissimo spam, e un messaggio che dice soltanto “ciao!” oppure “per favore rispondi” (qualunque sia la lingua usata) potrebbe finire nel cestino.

Sei di origine inglese, ma vivi in Canada da molti anni ormai, noti delle differenze (nei gusti, nel modo di avvicinarsi ai libri…) fra le lettrici europee e quelle non europee?

Buona domanda. Non ho notato niente di particolare, mi pare, a eccezione del fatto che le lettrici europee, ovviamente, conoscono meglio la storia e gli usi europei. Ho il sospetto che ci possano essere delle differenze nei gusti e nel modo di percepire le classi sociali, soprattutto per quanto riguarda il passato, e mi piacerebbe conoscere l’opinione delle lettrici sull’argomento.

L’anno scorso hai festeggiato il ventesimo anniversario della tua carriera di scrittrice, che è iniziata nel 1988 con la pubblicazione del tuo romanzo Lord Wraybourne’s Betrothed. Cosa provi quando ripensi ai tuoi inizi, e a tutti i traguardi che hai raggiunto? Quando hai cominciato, avresti mai pensato di poter avere una carriera tanto spettacolare come scrittrice di romance?

Nient’affatto, e non perché non avessi fiducia in me stessa; molto semplicemente, non immaginavo che fosse possibile. Erano i tempi prima che internet diventasse di uso comune, e l’Associazione americana degli scrittori di romance era appena nata, così non avevo contatti con la gente del mestiere. Ero al settimo cielo perché il mio romanzo era stato pubblicato e ce n’erano copie nelle biblioteche, e speravo che presto sarebbe uscito in edizione tascabile, così da poterlo vedere in tutte le librerie.

Quando hai iniziato la tua carriera negli anni Ottanta, molte scrittrici di romance erano in qualche modo influenzate da Kathleen E. Woodiwiss, che è scomparsa l’anno scorso. Quest’autrice è stata importante anche per te? Come consideri le sue opere rispetto alle tue, o almeno ai tuoi primi libri?

Non penso che mi abbia influenzato molto. Venendo dall’Inghilterra, avevo letto libri romance fin dall’adolescenza, tra cui quelli di Georgette Heyer, Paula Allardyce, Jane Aiken Hodge e Alice Chetwynd-Lee, oltre a romanzi storici contenenti grandi storie d’amore, come per esempio le Cronache di Lymond di Dorothy Dunnett. Volendo, avrei potuto leggere alcuni romanzi storici americani, che cominciavano a uscire proprio in quegli anni, ma c’erano un po’ troppi stupri per interessarmi.
Quando ho iniziato a scrivere, l’ho fatto seguendo la tradizione della Heyer, della Hodge e così via, benché il mio primissimo libro, che in seguito uscì con il titolo An Arranged Marriage, fosse una specie di ibrido. Era troppo cupo e sexy per il mercato del regency nordamericano dell’epoca, ma non aveva affatto lo stile della Woodiwiss, della Rogers ecc. Ecco perché non ha venduto!

Dopo aver pubblicato più di trenta libri e aver vinto cinque premi RITA, quando inizi a pensare a un nuovo libro è per te fonte di preoccupazione continuare a essere all’altezza della tua fama e delle aspettative delle tue lettrici?

Soltanto nel senso che non voglio deluderle. Per mia fortuna, quando scrivo adoro andare dritto a quello che chiamo “il cuore della narrativa romance”. Per me ciò significa una storia d’amore “pura”, cioè non ibrida – non è romantic suspense, né fantasy romance, né romance erotico. Mi piace leggere qualche romanzo di queste tipologie, ma raramente le idee che mi vengono per le mie storie vanno in quella direzione, e per fortuna le mie lettrici sembrano apprezzare che i miei romance storici vadano al “cuore del romance”.

Cos’è cambiato nel corso degli anni nel tuo processo creativo, nel modo di approcciare una storia? Puoi darci un’idea della tua giornata di scrittrice?

È cambiata la mia vita, e questo cambia tutto. Quando ho pubblicato il mio primo libro, il mio figlio più piccolo aveva sei anni e io dovevo ancora dedicargli parecchio tempo tutti i giorni. Ora i nostri figli vivono per conto proprio, e posso dedicare alla scrittura l’intera giornata. La cosa non è del tutto positiva, perché quando il tempo a disposizione per scrivere è prezioso, tendiamo a utilizzarlo meglio. Quando invece abbiamo “tutto il tempo che vogliamo”, è facile disperdersi.
Tuttavia, non penso che sia cambiato molto nel mio processo creativo. Continuo tuttora a non progettare la trama in anticipo. Mi vengono in mente dei personaggi e una situazione, e comincio a scrivere. La mia giornata tipica è iniziare a scrivere dopo colazione e continuare fino a pranzo. Se la storia continua a scorrere bene, può succedere che io continui a scrivere anche nel pomeriggio, ma in generale mi dedico poi ad altre cose – le email dei fan e quelle di lavoro, ulteriori ricerche, e tutto quanto il resto.

Hai iniziato la tua carriera di scrittrice di romance con i regency tradizionali, come per esempio Deirdre and Don Juan e The Fortune Hunter, ma a cominciare dalla serie The Company of Rogues [ ovvero “La Compagnia dei Furfanti, (NdR) ] in poi hai scelto di usare l’ambientazione regency unicamente per romanzi storici, e non sei mai tornata alle origini. Come mai? Come vedi il futuro del genere regency tradizionale [ genere di romanzo breve, di solito intorno alle 200-250 pagine, ambientato in Inghilterra a inizio Ottocento – il periodo regency, appunto, cioè della cosiddetta Reggenza da parte del Principe del Galles, il futuro re Giorgio IV – nato sul modello dei libri di Georgette Heyer, (NdR) ]? Le case editrici non sembrano avere intenzione di dedicare troppe energie a questo genere, e recentemente alcune collane sono state soppresse…

Non è del tutto esatto. Ho scritto i miei primi romanzi della serie dei Rogues nello stesso periodo in cui scrivevo i miei ultimi regency tradizionali, e credo anche di aver iniziato proprio allora a scrivere i miei primi romanzi storici. La ragione per cui io, così come molte altre scrittrici, ho smesso con i regency tradizionali è che il numero di lettrici è limitato, e i guadagni scarsi. Non appena ci siamo spostate sui romanzi storici di ambientazione regency, ci siamo trovate in un mondo diverso e, oltretutto, dalle possibilità illimitate. Si poteva perfino arrivare alla decima posizione nella classifica dei bestsellers New York Times (ed è stata questa la posizione più alta che ho raggiunto, con A Lady’s Secret).
Ma non era solo una questione di soldi, benché anche uno scrittore debba mangiare e pagare i conti di casa. La maggior parte di noi voleva esplorare maggiormente la sessualità, ed era impossibile farlo restando entro i confini del regency tradizionale. Si trattava comunque di un genere letterario delizioso, e vorrei che fosse ancora in auge. Nel corso del 2008 le ristampe di alcuni dei miei vecchi regency tradizionali, come The Fortune Hunter e Deirdre and Don Juan riuniti in Lovers and Ladies, anche grazie all’edizione brossurata hanno avuto successo, quindi qualche speranza di revival forse c’è. Gli altri regency tradizionali usciranno come titoli singoli nel corso dei prossimi due anni, sempre in brossura.

Questa intervista sarà inclusa nella prima edizione italiana di Skylark, che fa parte della tua famosissima serie The Company of Rogues. Ti andrebbe di parlarci un po’ delle premesse di questa serie? Avevi programmato fin dall’inizio che sarebbero stati undici libri, oppure è cresciuta un po’ per volta? Come riesci a tenere sotto controllo un mondo tanto complesso e così tanti personaggi senza perdere di vista nessun dettaglio?

Quando nel 1977 (sì, proprio così!) stavo scrivendo il primo episodio della serie, An Arranged Marriage, ho dato a Nicholas un gruppo di amici, in parte perché mi serviva per la trama, ma anche perché pensavo che sarebbe stato interessante poter avere uno spunto iniziale da cui poi far diramare altre storie collegate alla prima. Si trattava solo una vaga idea, però.
La Compagnia dei Furfanti si formò alla Harrow School agli inizi del Diciannovesimo secolo. A quell’epoca, scuole del genere erano luoghi piuttosto selvaggi, abbondavano gli abusi da parte dei maestri e degli alunni più anziani, e a volte c’erano perfino rivolte armate.
Nicholas Delaney, un ragazzo molto particolare, decise di formare un gruppo di dodici matricole così che si potessero proteggere tra di loro. Scelse principalmente quelli che avevano più bisogno d’aiuto. Miles Cavanagh, per esempio, era un irlandese con un brutto carattere, e a quei tempi gli inglesi disprezzavano gli irlandesi e spesso li consideravano infidi. Francis era un ragazzo gentile e sensibile a cui era da poco morto il padre. Lucien era arrogante, e Leander aveva trascorso molto tempo all’estero e non capiva le usanze inglesi.
Stephen, l’eroe di Skylark, non era così vulnerabile, benché fosse studioso e serio. Più che altro, Nicholas lo trovava interessante. Dare, ovvero lord Darius Debenham, era divertente in modo irresistibile. Ho ucciso due Rogues prima dell’inizio delle vicende narrate del primo romanzo, perché sentivo che non sarebbe stato credibile se in quei tempi di guerra non fosse morto nessuno.
Lucien, il marchese di Arden, non era un autentico Rogue. La sua storia, An Unwilling Bride, ha avuto inizio indipendentemente dai Rogues, e solo in seguito mi accorsi che poteva inserirsi bene nella serie, così lo feci entrare nella Compagnia dei Furfanti. La cosa funzionò davvero bene, perché Nicholas è il leader indiscusso del gruppo, ma Lucien, che è l’erede di un ducato, gli è di gran lunga superiore in rango. Ciò ha aggiunto intensità alla situazione di Lucien così come presentata dal romanzo. Ma non voglio entrare in ulteriori dettagli, nel caso qualcuno non l’abbia ancora letto.
Ho venduto questi due libri insieme, e avvertivo decisamente il bisogno di continuare a scrivere. Una volta preso il via, non mi sono più fermata. Non avevo assolutamente idea, comunque, che nella trama ci sarebbe stato un filo conduttore comune a tutta la serie, che sarebbe arrivato alla sua conclusione con il libro finale della serie principale, To Rescue a Rogue [ Salvare un furfante, “I Romanzi” n. 872, (NdR ) ]. Fu solo quando scrissi questo romanzo che vidi che la storia di quello specifico Rogue era iniziata nel primo libro della serie, e si sarebbe finalmente conclusa in quest’ultimo. Naturalmente ho scritto anche alcuni romanzi collegati alla serie, benché non ne facciano parte integrante. Faccio riferimento a essi come a romanzi “del Mondo dei Furfanti”.
Per quanto riguarda l’organizzazione dei dettagli, è stata un’impresa! Visto che non avevo pianificato in anticipo il raggio d’azione della serie, ho iniziato con semplici schede. Poi sono passata a un raccoglitore ad anelli, e successivamente a uno più grosso. Tengo alcuni dati sul mio PC, in un programma specifico per alberi genealogici. Sto pensando ad aprire una voce su Wikipedia così le lettrici potranno aiutarmi, benché sia certa che ciò potrà comportare degli errori.

Oggi la maggior parte dei romanzi storici esce in serie, e i titoli singoli sono sempre più rari. Secondo te, perché le serie sono tanto popolari? Davvero sono qualcosa di cui una scrittrice di romance non può fare a meno?

Fin dall’inizio ho scritto romanzi collegati tra loro, perché non voglio lasciar andare via i miei personaggi. Credo che le mie lettrici la pensino come me. Le fans dei Rogues sono molto interessate a sapere cosa succede nelle vite di tutti loro. Il tal personaggio ha avuto il bambino? È un maschio o una femmina? Sono riusciti a risolvere questo o quel problema?… Le lettrici a questo punto si aspettano degli spin-off [ romanzi in cui compaiono, di solito come personaggi secondari, alcuni dei protagonisti di una data serie, e che, pur non facendo parte integrante della serie, hanno qualche collegamento con essa, (NdR) ], così mi chiedono di continuo se scriverò un libro su questo o quel personaggio. La richiesta che mi mette maggiormente in difficoltà è quella delle lettrici che vogliono un libro per lord Uffham, il fratello di Lady Anne in Hazard [ Un uomo pericoloso, “I Romanzi” n. 589, (NdR) ]. In questo romanzo ho creato deliberatamente un personaggio antieroico, perché volevo che in tutta l’Inghilterra regency ci fosse almeno un erede al titolo di duca che non fosse un Adone! Ho un senso dell’umorismo malizioso e un po’ perverso, lo so.
Credo che le scrittrici di romance possano ancora scrivere romanzi singoli, ma questo renderà un po’ più difficile vendere i libri. Penso, però, che le trilogie siano una scelta più saggia rispetto a serie interminabili. Altrimenti le lettrici che si avvicinano tardi alla serie si sentono tagliate fuori, e spesso i primi libri non sono più disponibili. Dal momento che ho già due serie ben consolidate – i Rogues, e il “Mondo dei Malloren” – non posso farci molto, ma sto cercando di creare serie ambientate in questi due mondi. Spero che questo aiuterà le mie nuove lettrici! I libri a cui sto lavorando in questo momento costituiscono una trilogia ambientata nel Mondo dei Malloren. Io la chiamo “la trilogia libertina”, perché la premessa è che i tre amici che ne sono protagonisti sono tre libertini, nonché affascinanti. Lo spunto iniziale che ho scelto per i tre romanzi è il medesimo, cioè i tre protagonisti incontrano per la prima volta la loro lady in una taverna, in circostanze che implicano inganni e travestimenti. Il primo romanzo è stato A Lady’s Secret. Il successivo, che uscirà in inglese nell’aprile 2009, è The Secret Wedding.

Nel tuo sito internet, dichiari: “… il mondo dei Rogues ora è il mio mondo regency”. Questo significa che tutti i tuoi futuri romanzi storici di ambientazione regency saranno in qualche modo collegati alla serie dei Rogues?

L’idea è proprio questa, ma nella mia mente questo include anche i miei regency tradizionali. Da quei libri ho già preso in passato dei personaggi per poi usarli in altri romanzi, ma la cosa adesso è più intenzionale. Ci sono altri personaggi che potrei riprendere. La ragione di base, tuttavia, è che è vero. Il periodo regency è durato solo una decina di anni, e il mondo dell’aristocrazia era piccolo. Proprio non riesco a immaginare di ambientare un romanzo in quel periodo e ignorare il duca di St Raven e il futuro duca di Belcraven; sir Stephen Ball, il politico delle riforme; Miles Cavanagh, che lotta per la giustizia in Irlanda; o Blanche Hardcastle del Drury Lane. Questo non implica che compariranno in tutti i miei libri, ma in alcuni sì.

ROMANZI_843Parliamo di uomini! Le personalità dei tuoi eroi sono complesse e molto insolite: a volte sono potenti e pericolosi, ma allo stesso tempo vulnerabili e molto umani (come lord Rothgar nella serie Malloren, probabilmente il tuo eroe finora più famoso e popolare) oppure, al contrario, nascondono pericolosità e forza sotto un’apparenza innocua (come Robin Fitzvitry in A Lady’s Secret, il tuo ultimo romanzo). Tutti hanno molte sfaccettature e sfumature diverse, e altrettanti difetti che qualità. Credi che, per scrivere una storia d’amore intrigante, gli uomini “difficili” siano un elemento essenziale?

Non direi che sono tutti difficili, tranne nel senso in cui tutti noi siamo a volte difficili. Un romanzo deve porre i personaggi in situazioni che li mettano alla prova, e che tirino fuori anche i loro punti di forza. Stephen Ball, per esempio, non è un uomo difficile, tranne per coloro che si oppongono alla giustizia e alle riforme sociali. Perfino Robin non è pericoloso, finché qualcuno non cerca di ucciderlo.
Quello che faccio con i miei eroi è cercare di renderli completi. Le persone reali sono complesse. Hanno forze e debolezze. Hanno paure, speranze e sogni. Non scriverei mai una serie di romanzi che avesse come protagonisti dei cloni, nemmeno se sono fratelli tra di loro. Di sicuro, in una famiglia ci sono delle somiglianze, ma sappiamo tutti che a volte fratelli e sorelle possono essere estremamente diversi.
Comunque, l’eroe di un romance deve risultare molto attraente per la lettrice. È lui il premio che l’eroina vincerà nel trionfante finale del libro. Come lettrici, non ci va di pensare che lei sia finita con uno così così, e di sicuro non con un imbecille. Fortunatamente, per noi scrittrici, i gusti delle lettrici differiscono tra di loro tanto quanto sono diversi i gusti delle donne in fatto di uomini reali. Fortunatamente, per le lettrici, le scrittrici trovano desiderabili tipi di uomini diversi tra di loro. Ognuna deve solo trovare quello più adatto per sé.

Hai spesso menzionato la tua passione per l’epoca medievale, e hai ambientato alcune storie nel basso Medioevo, cioè nell’Undicesimo secolo, all’epoca della conquista normanna d’Inghilterra. È un’ambientazione che si trova di rado nei romanzi, per quale ragione tu la prediligi?

Sfortunatamente, i romanzi medievali non si vendono bene nel Nordamerica, o almeno, non si vendono tanto quanto i romanzi georgiani o regency. Troppe lettrici sentono di non riuscire a entrare in contatto con tempi così lontani; alcune non ce la fanno a superare l’idea che fosse un’epoca tetra, piena di sporcizia e malattie. Chiaramente, io non la penso così, e spero che riusciremo a far loro cambiare idea mostrando un Medioevo fatto di castelli, tornei, musiche e splendide opere artistiche. Mi piace il primo periodo anglo-normanno perché aveva molte raffinatezze, ma era anche una sorta di rudimentale società di frontiera, dove gli uomini, per sopravvivere, dovevano prender parte attiva alla vita politica ed essere pronti a lottare. E dove avevano bisogno di mogli forti e capaci che li aiutassero e fossero le loro compagne nel vero senso della parola.

Oltre al Medioevo, all’epoca georgiana e a quella regency, ci sono altre epoche storiche di cui ti piacerebbe scrivere, se avessi totale libertà dalle pressioni del mercato?

Mi piacciono gli eccessi e l’ostentazione dell’epoca della Restaurazione, ma non credo di poter affrontare un’altra epoca storica, soprattutto perché vorrei scrivere più medievali, e anche più fantasy e fantascienza.

Essendo tu inglese, cosa provi nel leggere i numerosi libri scritti dalle tue colleghe americane, che ricreano un’Inghilterra e una Scozia immaginarie e spesso americanizzate, a volte parecchio lontane dalla storia e della psicologia inglesi?

Confesso che la trovo una cosa un po’ irritante, perché mi sembra irriverente, ma ci sono anche alcune scrittrici che fanno un lavoro eccellente. Bisogna tuttavia riconoscere che le lettrici, spesso, vogliono questa Inghilterra immaginaria, e va bene anche così. Solo, vorrei che ci fosse un modo di distinguere questo romanzi dagli altri, magari chiamandoli “fantasy storica”, ma in questo modo la gente potrebbe pensare che si tratti di magia.

I tuoi libri spesso hanno un lato “dark” più accentuato rispetto alla maggior parte dei romance, sia nelle atmosfere sia nel carattere dei personaggi, e la cosa è decisamente particolare. Si tratta di una scelta consapevole? Puoi citare qualche scrittore che ti ha ispirato in questo senso, o che in qualche modo ha influenzato il tuo punto di vista?

È buffo… io non penso a me stessa come a un’autrice di libri dark, ma a volte è proprio quello che succede. Di sicuro non è una mia scelta, e difatti nella maggior parte dei casi inizio un libro progettando di scrivere una “commedia di maniere” con una trama leggera. Posso solo fare l’ipotesi che sia soprattutto una conseguenza del mio modo di pensare, visto che non amo particolarmente leggere libri dark. Forse l’autrice che mi ha influenzato di più è stata Dorothy Dunnett, i cui romanzi a volte hanno elementi davvero dark. C’era però un insieme di altre cose che li salvava. Anche se non scrivo romance umoristico, nei miei libri c’è, comunque, umorismo, e in particolare ci sono personaggi con il senso dell’umorismo, soprattutto per quanto riguarda loro stessi e la loro situazione. I personaggi che sanno solo essere tetri non meritano che si dedichi loro attenzione.

Alcune tue colleghe (Mary Jo Putney, Christina Dodd, Lisa Kleypas) stanno esplorando altri tipi di romance – contemporanei, women’s fiction e paranormali. Tu hai già scritto un romance paranormale, Forbidden Magic [ Magia proibita, recentemente pubblicato nei “Romanzi Mystère” n. 45, (NdR) ], e alcuni racconti sempre paranormali (come The Lord of Elphindale, nell’antologia Faery Magic). Alcuni anni fa hai anche scritto un racconto di fantascienza (The Trouble with Heroes, nell’antologia Irresistible Forces). Nel prossimo futuro hai intenzione di dedicarti sempre più ai paranormali, o ad altri generi narrativi?

Lo spero, almeno sotto forma di racconti se non di romanzi. Mi serve solo il tempo.

Ci puoi dire qualcosa del gruppo “Word Wenches”, letteralmente “donzelle della parola”?

Mi fa davvero piacere fare parte delle Word Wenches. Abbiamo formato questo gruppo perché volevamo tenere un blog dedicato al romance e ai romanzi storici, ma nessuna di noi voleva farsi carico di mandare avanti un blog da sola. È un gran gruppo, ma è anche aperto al cambiamento. Loretta Chase per il momento si è fatta da parte, però Anne Gracie si è unita a noi. Ci sono anche Mary Jo Putney, Edith Layton, Susan Holloway Scott, Patricia Rice e Susan King.

Puoi parlarci un po’ dei tuoi prossimi progetti? C’è qualcos’altro che ti piacerebbe dire alle tue lettrici italiane?

Ho appena spedito al mio editore il manoscritto di The Secret Wedding, che è la storia di Christian. Questo personaggio è già apparso in A Lady’s Secret in quanto amico di Robin, conte di Huntersdown. Il terzo amico è il duca di Ithorne, e la sua storia sarà la prossima. Ognuno di questi libri prende spunto al di fuori del “Mondo dei Malloren”, ma alla fine vi si collega. C’è un legame famigliare con Rothgar in A Lady’s Secret, e in The Secret Wedding l’eroina viene dallo Yorkshire e conosce Diana, la moglie di Rothgar. Non sono ancora sicura di quale sarà il collegamento nel caso della storia di Thorn, ma ce ne sarà sicuramente uno. Probabilmente sarà una storia ambientata a Natale perché è il periodo in cui deve nascere il bambino di Diana, e le mie lettrici lo stanno aspettando con ansia.
Sto anche scrivendo una storia sul Graal per un’altra antologia delle “Magiche Quattro”, cioè Mary Jo Putney, Barbara Samuel, Karen Harbaugh e io. Abbiamo iniziato a collaborare per l’uscita di Faery Magic, poi abbiamo fatto Dragon Lovers. La prossima raccolta sarà di racconti sul Santo Graal, attraverso le varie epoche storiche. Io scriverò quello medievale, ed è una cosa magnifica.

Commenti
  • elena

    adoro quest’autrice: continuate a pubblicarla, mi raccomando!!!

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