Estensione del dominio della manipolazione. Dall’azienda alla vita privata
Michela Marzano è l’autrice di questo brillante e provocatorio pamphlet sulle moderne teorie di management dal titolo Estensione del dominio della manipolazione. Dall’azienda alla vita privata. Trentottenne filosofa italiana, laureata alla Normale di Pisa, si è trasferita poi ad insegnare all’Università di Parigi e nel 2008 è stata inserita dal settimanale «Le Nouvel Observateur» nella lista dei cinquanta pensatori più influenti in Francia.
Secondo la filosofa, la mentalità manageriale ha ormai invaso la vita di tutti i giorni, a partire dal linguaggio: «Non è un caso se il verbo “gestire” compare in tutte le salse: ci viene insegnato come “gestire” le relazioni coniugali, i conflitti personali, la forma fisica, lo stress…». La figura di successo nella società diventa così il manager, proprio perchè è capace di “gestire” e chiunque si allontani da questo modello viene visto come un disadattato o un fallito.
Michela Marzano usa la metafora della “gabbia di acciaio” di Max Weber descritta nell’Etica protestante e lo spirito del capitalismo per rappresentare la condizione dell’uomo nella società moderna. Oggi quella gabbia si è trasformata per l’uomo postmoderno in «una “gabbia dorata” (…) dentro la quale ciascuno è invitato a dare il suo “libero consenso” a ciò che ci si aspetta da lui, a conformarsi alle attese, a privilegiare i comportamenti socialmente condivisi e se i risultati non arrivano non può che prendersela con se stesso.»
Al lavoratore vengono richiesti, contemporaneamente, autonomia e conformismo, spirito d’iniziativa e adesione alla mission dell’azienda. Michela Marzano trova, però, in questa condizione una letale contraddizione e si domanda appunto quale autonomia può avere chi è libero nel modo di realizzare un obiettivo ma non ha potere decisionale nella sua definizione. Nell’epoca del “management partecipativo”, in cui il lavoratore è costretto a sentirsi tutt’uno con l’azienda e i suoi obiettivi, «si ritiene», dice Marzano «che il modo migliore di lavorare sia in “gruppo”, secondo “modelli di competenza” in grado di “far appello alla soggettività” dei dipendenti». In realtà in questo modo, avverte la Marzano, «il lavoro da mezzo diventa fine, si presenta come il principale traguardo alla realizzazione personale.» E’ il lavoro a dare un senso alla vita, che però in realtà viene completamente fagocitata dal lavoro stesso.
Leggi l’introduzione al libro di Michela Marzano
Pierluigi Celli, una vita da dirigente (Eni, Rai, Unicredit, Enel), oggi amministratore delegato e direttore generale dell’università Luiss di Roma, concorda con le tesi di fondo di Michela Marzano.
In un’intervista all’Avvenire spiega come il modello manageriale sia funzionale solo in azienda, mentre diventi potenzialmente pericoloso se applicato alla vita sociale. Per evitare questo rischio il management dev’essere capace di portare all’interno dell’azienda esperienze di vita diverse rispetto a quella professionale: emozioni, passioni e socialità.
Nel suo ultimo libro Comandare è fottere, Celli propone un ritratto desolante del management italiano. «L’intento del mio libro era essenzialmente “pedagogico”. Dicevo: se volete rovinarvi la vita fate carriera e fatela da manager senza merito, come avviene in moltissimi casi oggi.»
Il 1º capitolo di Comandare è fottere
Fonte: Avvenire – Lavoro del 17 giugno 2009
Posted in Attualità, Donne, Mondadori, Novità, Saggi, Uomini