Quant’è bella giovinezza…

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Alla ricerca del vero “nuovo” 

 

«Mi manca qualcuno che mi ricordi in cosa credere, mi manca sentire qualcuno che creda nel bene ed è così triste non riuscire a credere nel bene a sedici anni». Così una lettrice del mio romanzo in una delle tante lettere che urlano: a sedici anni si può ancora credere in ciò che serve a vivere felici?

C’è una stagione dell’esistenza che chiamiamo gioventù: una volta fuggita la rimpiangiamo come età dell’oro perduta e ritrovata solo nel ricordo opportunamente edulcorato dalla memoria. I Greci lo avevano intuito drammaticamente con Titone, mortale, che per unirsi alla dea Aurora riceve il dono dell’immortalità, ma dimentica di chiedere quello dell’eterna giovinezza, sicché il dono ricevuto si trasforma in beffa e condanna: una vecchiaia prolungata all’infinito.

Il dono da chiedere agli dei non è quello dell’immortalità, ma quello della giovinezza. Molte icone del nostro tempo hanno qualcosa in comune con Titone, nel disperato tentativo di fermare il tempo cercano l’immortalità dietro un’apparente eterna giovinezza. Ma è solo questione di maquillage e le maschere prima o poi si staccano, lasciando la vita nuda e cruda a fare i conti con se stessa.

Troppo provvisoria è l’eterna giovinezza di una cultura dimentica del fatto che l’uomo è spirito incarnato e si costringe a strappare in modo goffo i doni degli dei. Solo lo spirito ha la capacità di rimanere giovane, perché in quanto tale non può invecchiare. Di alcuni ‘vecchi’ diciamo che sono giovani: qualcosa brilla nei loro occhi nonostante l’età anagrafica; di alcuni ‘giovani’ diciamo che sembrano vecchi, perché qualcosa in loro si è spento. Non è certo l’aspetto fisico o il giovanilismo peterpanesco a dare fondamento a questa impressione, ma lo spirito di queste persone. Cosa è allora questa giovinezza, vera immortalità, che tutti andiamo cercando e che lifting e chirurgia non sono capaci di restituirci? La giovinezza è – paradossalmente – stabilità. È il periodo in cui cercare ciò che rimane stabile quando essa passa, in cui fondare la propria vita su ciò per cui vale la pena spenderla. Solo la scoperta di questo fondamento stabile rende il giovane veramente tale e l’uomo eternamente giovane. Non sarà più una qualità della pelle, ma una qualità del cuore difficilmente estirpabile, a 20 come a 80 anni.

Per questo sono nate le Giornate della gioventù: per aiutare i ‘giovani’ a scovare ciò che passa della loro età e ciò che invece resta stabile, e che in gioventù è cercato con slancio irripetibile, come una ferita aperta, una domanda vissuta nella carne, con tutti gli errori e i dubbi che la ricerca comporta.

Occorre quindi rivedere un concetto connesso: ‘il nuovo’. I ragazzi cercano il nuovo. Ma il nuovo è ridotto a sinonimo di ‘più recente’, ‘ultimo’, parole che tradiscono la vecchiaia di ciò a cui ci si riferisce, infatti presto arriverà qualcos’altro a cui aggrapparsi, perché meno vecchio. Il nuovo invece non è il meno vecchio, ma il più ricco e pieno: ciò che non smette di dare qualcosa di sé. Solo ciò che dà più di sé a ogni incontro è sempre nuovo: spirito inesauribile. Omero, Dante, Shakespeare sono nuovi perché hanno sempre qualcosa da dare. L’amore è nuovo perché l’amato è inesauribile. La verità è nuova perché si scopre a poco a poco e brilla in modo sempre diverso.

Agli dei occorre chiedere il dono giusto. I ragazzi che si affollano attorno al ‘vecchio’ Papa cristiano, in una sintonia tra generazioni più unica che rara, non cercano la cosa all’ultimo grido, ma la risposta definitiva al grido ultimo del cuore: per cosa posso io vivere per essere felice? Esistono un amore, una bellezza, una verità stabili e sempre nuovi? Capaci di rendere giovane, eternamente giovane e piena, la mia vita a qualunque età?

Alla sete inestinguibile di immortalità, non lenita da ciò che è più nuovo e recente, rispondono parole vecchie e misteriose che difficilmente uomini o dei provvisori possono pronunciare: «Ecco vedi io faccio nuove tutte le cose» (Ap. 21,5).

Avvenire, 22 agosto 2010

6 commenti

  1. Pubblicato il 22 agosto 2010 at 15:40 | Permalink

    Mi piace la scelta di passare dalle cose all’ultimo grido a cercare di rispondere al grido ultimo del cuore

  2. Pubblicato il 22 agosto 2010 at 21:37 | Permalink

    Discorso interessante.
    Ho appena letto “Il giovane Holden”, tanto per restare in tema di gioventù e di ricerca.

    Complimenti per le riflessioni del blog.

  3. Pubblicato il 22 agosto 2010 at 22:18 | Permalink

    “In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare…”

    Giovanni Paolo II, GMG 2000, Tor Vergata

  4. Pubblicato il 28 agosto 2010 at 18:26 | Permalink

    “La giovinezza è caratterizzata dal sentimento di uno scopo, anche non precisato, ma almeno sentito come futuro fortunato di ciò che si sta vivendo. E’ questo a impedire la rigidezza che elimina la duttilità, la flessibilità, una certa freschezza nell’uso delle proprie forme. Più precisamente: il residuo senso del mistero, che definisce senza definirlo, l’orizzonte e la prospettiva del vivere, che genera una disponibilità – per così dire delle proprie membra – ad adattarsi a spazi nuovi, e lo stupore sempre inerente al senso del mistero fanno scaturire una inesausta sorgente di affettività in grado di muovere tutte le energie secondo una emozione ben nota all’adolescenza e alla prima giovinezza. Soltanto che tale emotività nella vita che passa acquista una densità e un una lucidità inimmaginabili prima, le quali rivelano alla personalità la dignità di affinità col divino (mistero) che la connota sostanzialmente. A patto, è naturale, che diventi esercizio – o ascesi – la ‘memoria’ di questo ultimo senso del mistero: prospettiva adeguata in cui va collocato uno scopo degno della vita” (L.Giussani, Realtà e giovinezza: la sfida, SEI, pp.159-160)
    Grazie Alessandro per quello che scrivi, per la tua tenacia e il tuo slancio (la ‘lucidità’!) nel ridire l’ideale della vita.

  5. Pubblicato il 19 settembre 2010 at 20:31 | Permalink

    …ho trentanove anni la mia adolescenza mi ha sfiorata come un battito di ciglia …ma la mia giovinezza è custodita negli anni che ho vissuto e in quelli che ancora sveglieranno le mie albe e spegneranno imiei tramonti …sarò fanciulla attraverso i miei figli… il mio cuore trepiderà per l’amore che ogni giorno incontrerò…i miei occhi saranno gli unici testimoni dell’animo mio…

  6. Pubblicato il 22 settembre 2010 at 11:52 | Permalink

    inutile negarlo: le scorribande in motorino dei ragazzi, il ritrovo alle fermate del bus, i pomeriggi a studiare…il tuo libro mi ha fatto fare un tuffo nel passato di liceale e generato tanta dolcezza. tralascio di complimentarmi con te per i contenuti e lo stile, ti basti sapere che dopo averlo letto io in un “puff”, l’ho passato a mamma che la letto in meno di un “puff” e regalato ad una collega il cui figlio, coetaneo del mio (treenni) si chiama Leonardo. “Te lo dedico perchè mi sta molto simpatico il protagonista. che si chiama Leo (…) ps: c’è anche una Silvia, ma io non c’entro”. Silvia è il mio nome. ho 34 anni, un piccolo di nome Matteo, il mio “dono di Dio” e sai che ti dico? spaventata ma carica di buoni propositi vivo per il suo oggi e il suo domani. spaventata sul come e se sarò in grado di fare per lui ciò che un genitore di buono può fare, ma col proposito di rendere il tutto più facile con l’empatia ed il rispetto (ambiziosa!). spaventata perchè mi spiace pensare che dovrà negli anni a venire affrontare le paranoie che attendono ogni ragazzino in quanto “sfigato” (non puoi non passarmi il termine…) perchè ricordo quanto male stavo quando sono toccate a me. ed il proposito è di non immischiarmene ma fargliele accettare come “normali” senza pretese, perchè credo che mai accetterebbe che qualcuno pretenda di sapere cosa sta passando e gli dica “anch’io….”. sono tanto contenta che davanti a lui ci sia tutto ciò. eccola la mia giovinezza, la mia continua scoperta, il lato ludico di una responsabilità adulta che si rafforza in quel messaggio che lui continuamente mi lancia, qualsiasi cosa faccia: tu sei la mia sicurezza, di te posso fidarmi, rendimi forte col tuo esserci sempre. solo diventando genitori si comprende a fondo l’amore incondizionato che qualcuno ha provato e proverà per te sin che camperà e e l’amore incondizionato che qualcuno può provare nei tuoi confronti solo perchè esisti. perchè con un figlio non è come con il compagno o la compagna che “ci si trova e sceglie”. con un figlio è istinto innato e reciproco. grazie per le belle figure genitoriali che hai rappresentato, il papà e le mamme. grazie di farmi pensare che mio figlio potrà trovare chi gli insegnerà qualcosa “oltre” la materia di studio.
    ricordo che il mio tema di maturità (scienitifica, anno 1995. a proposito, una curiosità: come hai fatto a conseguire anche tu la mturità nel 1995, che sei del maggio 1977?) riguardava proprio il rapporto tra generazioni e io avevo fatto un gran “casino” perchè in quel momento non me la passavo proprio bene. sarei curiosa di rileggerlo, chissà cosa ci troverei…oggi ne farei un altro, ricordo una traccia legata al valore della Costituzione della Repubblica. ma oggi è un’altra storia.
    ciao!

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