Invidie, gelosie, paure…?

E’ sorprendente quanto lavoro si possa risparmiare collaborando per poco più di mezz’ora con dei colleghi della stessa materia in classi parallele. Eravamo in tre ed avevamo bisogno di 3 idee. Ne è balenata – manco a farlo apposta – una a ciascuno, e le abbiamo messe in comune, in un crescendo di entusiasmo superiore a quello che ciascuno aveva per la propria idea di partenza.Se è così proficuo collaborare perché si resiste tanto? Perché tanta fatica a mettere in comune talenti e interessi? Qual è il principio di opposizione a qualcosa che semplifica il lavoro, lo rende più ricco e appassionante?

Invidie, gelosie, paure…?

13 commenti

  1. Pubblicato il 9 settembre 2009 at 19:43 | Permalink

    Secondo me paura che la prossima volta non ti facciano sapere la loro idea e così resti fregato!!
    Giovanni

  2. Pubblicato il 9 settembre 2009 at 19:49 | Permalink

    Forse anche insicurezza mascherata dalla presunzione.
    Carmen

  3. Pubblicato il 9 settembre 2009 at 20:51 | Permalink

    Un altro post semi-autocelebrativo (concordo con A.P. dell'altra volta).
    Cmq non ho capito nessuno di questi due commenti: quello di giovanni mi sembra fuori luogo (non ho capito che c'entra) e quello di Carmen troppo psicologico e criptico(come al solito!).
    S.

  4. Pubblicato il 9 settembre 2009 at 20:53 | Permalink

    pigrizia?

  5. Pubblicato il 9 settembre 2009 at 21:53 | Permalink

    Giovanni: non ho capito, spiegati meglio.

    Carmen: a volte credo sia paura del giudizio altrui.

    S.: improvvisamente il blog si è popolato di persone che hanno a cuore la mia umiltà. Ti ringrazio per questa preoccupazione, che però sa un po' di moralistico quando spari a zero su Giovanni e Carmen. Non cadere nel mio stesso errore…

    Anonimo: credo di sì, a me succede, però quando vinci quella resistenza iniziale risparmi più tempo di quanto ne hai impiegato.

  6. Pubblicato il 9 settembre 2009 at 22:01 | Permalink

    Secondo me è semplicemente il fatto che non sempre collaborare riesce facile e proficuo. Ricordiamo il famoso proverbio "chi fa da sè, fa per tre"? Tante volte collaborare significa mettersi in gioco e c'è chi ha paura di farlo… tante altre volte significa sacrificare una propria idea perchè agli altri può non piacere. Oppure significa perdere più tempo per qualcosa che, fatta da soli, riuscirebbe più veloce.
    Bisogna imparare a collaborare. E dopo che lo impari, che riesci a metterti in gioco e a non pensare solo a te stesso e alle proprie comodità… ecco che arrivano i risultati!

  7. Pubblicato il 9 settembre 2009 at 22:52 | Permalink

    Perchè sa di moralistico scusa?
    Ho semplicemente espresso la mia opinione.
    Infatti il commento di Giovanni non l'hai capito nemmeno tu.
    E quello di Carmen, va bè…forse perchè ce l'ho con gli psicologi.
    S.

  8. Pubblicato il 10 settembre 2009 at 07:41 | Permalink

    James: ben tornato! è vero spesso sembra di fare più veloce, ma il fatto è che il lavoro è fatto per il 90% di relazioni e prendersene cura è ciò che a lungo termine paga di più. Forse si è più efficaci sul breve periodo, ma alla lunga si perde…

    S: moralistico per me è l'atteggiamento di chi critica qualcosa e fa esattamente la stessa. Si può essere autocelebrativi semplicemente screditando gli altri (o una categoria…) e la loro opinione.

  9. Pubblicato il 10 settembre 2009 at 09:08 | Permalink

    Quando qualcuno propone idee originali ed interessanti è sempre soggetto a critiche…questa è forse invidia. Invece di mettere in comune le proprie idee, instaurare rapporti di reciproca comprensione e costruire qualcosa di positivo per il bene comune, si tende solo a competere, a prevalere sull'altro per guadagnarsi tutti i meriti e a distruggere. In base ai contesti, la non collaborazione può dipendere dal grado di sicurezza di sé e dal tipo di rapporto che si ha con i membri del gruppo.

    Prof, continua così…questo blog aiuta a capire dove si può migliorare e al contempo crescere…

  10. Pubblicato il 10 settembre 2009 at 15:50 | Permalink

    penso che si tratti di invidia,difetto difficile da riconoscere e da dichiarare su di di sè( è proprio brutto definirsi invidioso. Oggi poi l'invidia è camuffata o dissimulata in parole come "giusta competitività","eccellenza". Come è triste vedere bambini e annessi genitori lamentarsi per il miglior voto del compagno in nome di una pretesa ingiustizia.
    A volte conviene chiamare le cose con il proprio nome anche scomodo ed imparare ad essere felici per i successi degli altri.

  11. Pubblicato il 10 settembre 2009 at 23:04 | Permalink

    Credo non esista una risposta univoca; bisognerebbe conoscere bene le persone con cui si interagisce.

    Il deterrente può essere la gelosia o l'invidia, come ben spiegato da mamma e.r.
    In tal caso, come ben ricorda James: "chi fa da sé, fa per tre", in quanto "meglio soli che male accompagnati".

    Un altro motivo potrebe essere la timidezza: Ci sono tipi che da soli non si sbilanciano ma, se fanno parte di un gruppo, si lanciano.
    Allora. "l'unione fa la forza".

    Potrebbe anche essere il caso ipotizzato da Carmen, cioè di insicurezza, paura del giduzio altrui, ma… "chi non risica, non rosica", per cui meglio rischiare in gruppo, perchè tutto sommato "mal comune, mezzo gaudio".

    Un "proverbiale" saluto.

    Charles

    P.S. Se sarà il caso nelle prossime occasioni vorrei dire qualcosa circa l'osservazione, secondo me infondata, di post autocelebrativo, nella speranza che venga omessa l'autocensura dei nomi. A.P. e S. dateci almeno un aiutino: di quante lettere è composto il vostro nome? Ci dite quante sono le vocali e le consonanti?

  12. Pubblicato il 12 settembre 2009 at 13:55 | Permalink

    http://it.wikipedia.org/wiki/Dilemma_del_prigioniero

    Ho letto per caso il dilemma del prigioniero dopo aver letto il suo post ed ho trovato non poche analogie.

    Veda che ne pensa. La mia idea riguardo è che ragioniamo con le idee come se appartenessero alla stessa categoria della maggioranza degli oggetti.
    Donarli implica la loro perdita.
    Questo ci fa adottare una logica da "dilemma del prigioniero".
    Mentre per le idee no, donarle le moltplica senza farle perdere a nessuno.

    Saluti!
    Gabriele

  13. Pubblicato il 13 settembre 2009 at 15:44 | Permalink

    Anonimo: grazie dell'incoraggiamento e del contributo.

    Mamma e.r.: molto interessante! Senza dubbio il modello cooperativo fa fatica a entrare nel dna italiano…

    Charles: la casistica è varia, ma già il fatto di rifletterci su aiuta a considerare di volta in volta la possibile soluzione del conflitto.

    Gabriele: la tua considerazione mi ha fatto riflettere. Le idee come cose che non vogliamo perdere. Come sempre la logica del dono spiazza, ma nel nostro dna sembra essere la più proficua. Questo paradosso mi intriga, tanto quanto il dilemma…

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