La morte chiama le cose alla vita

Così dice un poeta francese e queste parole mi sono tornate in mente andando a pregare sulla tomba di alcuni cari defunti, come è mia consuetudine nel mese di novembre. La morte è un fatto. Smettetela di fare gesti apotropaici o di toccare parti del corpo mentre leggete questo post. La morte è un fatto e non vedo perché si abbia così tanta paura di parlarne o scriverne. Io non ho paura della morte, anzi la ritengo una trovata fenomenale. Vi immaginate andare avanti per secoli a fare il prof? Il fatto della morte, il fatto che la morte ci sia mi aiuta a vivere ogni evento e persona come dono prezioso, in questo senso la morte chiama alla vita.
Non è della morte che ho paura, ma piuttosto di morire…

Passeggio nel silenzio sacro dei morti e tante storie si nascondono dietro fotografie opache, dietro date mute, dietro frasi lapidarie. Ogni tomba è una o più vite spese su questa terra. Vite felici o infelici, non lo so. Vite. Riassunte in una lapide, come quelle del capolavoro che almeno una volta nella vita bisogna leggere: Spoon River di E.L.Master. Quale il valore di queste vite? La morte è il fatto che pone questa domanda e costringe ad agire secondo certe scelte. Non ho paura dei fatti. E la morte è un fatto. Ho paura dei processi. E morire è un processo, perché morire è soffrire.
Soffrire mi fa paura, non la morte…Mentre sono assorto in questi pensieri, tra le tombe scorgo il viso di una ragazza giovane, Silvia. La sua foto è bella. Lei è bella. I capelli lunghi e biondi, lo sguardo vivo e appassionato. Provo a immaginarmi la breve storia di Silvia, morta poco più che ventenne; poi scorgo, vicino alla foto, scolpite nel marmo, alcune parole trascritte dal suo diario. Qualche male incurabile se l’è portata via e l’ultima frase che contiene il diario di Silvia è: “soffrire è avere un segreto in comune con Dio”.
Silvia non è della morte che ho paura, ma di morire, però tu oggi mi hai confidato il segreto del coraggio.

Grazie.

4 commenti

  1. Pubblicato il 4 novembre 2008 at 08:53 | Permalink

    Una persona a me molto cara diceva sempre che uno dei guai della nostra società è che ha rimosso il confronto con la morte. Non so se sia vero, nel senso che non so quanto nelle società precedenti, se non quelle tribali, questo aspetto fosse curato. Per questo apprezzo il mese di novembre, perchè mi costringe a confrontarmi, pur trovandomi ancora riluttante, perchè ancora non riesco ad avere quella serenità che arriva dal tuo post.
    A presto.
    Fioridiarancio

  2. Pubblicato il 4 novembre 2008 at 16:51 | Permalink

    niente gesti apotropaici;non condivido la scaramanzia,ma se proprio devo farne uso preferisco riservarla a chi mi dice che non otterrò mai i risultati che sto ardentemente perseguendo,piuttosto che ad un argomento così importante come è la morte.
    Ciao,Claire.

  3. Pubblicato il 4 novembre 2008 at 16:54 | Permalink

    Non è facile per noi esseri umani pensare a parlare di morte, ma sono d’accordo con te sul fatto che pensare che siamo esseri finiti, limitati nel tempo ci aiuta a vivere meglio la nostra vita se abbiamo il coraggio e l’intelligenza di non farci sopraffare dalla paura di non esserci più, di essere dimenticati… Penso che solo una cosa ci possa salvare dal potere distruttivo della morte…L’Amore… Quello che abbiamo dato e quello che abbiamo ricevuto…Solo quello rimane quando la nostra presenza fisica è svanita sulla terra….
    “Alla sera della vita verremo giudicati sull’amore”….

  4. Pubblicato il 4 novembre 2008 at 18:36 | Permalink

    fioridiarancio: uno dei paradossi della nostra società, mai la morte è stata così rappresentata (come spettacolo) quanto nascosta (come realtà). Ai bambini si nasconde la morte del gatto per non farli soffrire, salvo poi lasciarli soli davanti a scene che non sanno decodificare…

    claire: concordo, la mia era solo una provocazione.

    laquintafiglia: …e per fortuna chi ci deve giudicare è misericordioso.

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