Un lupo, un filosofo
E’ notizia di questi giorni l’allarme di Coldiretti per la presenza di lupi e cinghiali sulle montagne piemontesi e della proposta di organizzare delle ronde per difendere il bestiame.
Quella del lupo è sicuramente una delle paure più radicate nella mente e cultura umana in ogni epoca e luogo. Una figura che, tuttavia, ha sempre esercitato un certo fascino verso l’uomo e che l’uomo ha spesso rappresentato in letteratura.
Mark Rowlands, che con un lupo ci ha vissuto davvero per undici anni, propone, intervistato dalla rivista Vanity Fair, una soluzione alternativa alle ronde: «Se sei un pastore, prenditi una coppia di grossi cani, falli crescere con le pecore e addestrali a difenderle. Vedrete che i lupi, che sono intelligenti, troveranno presto altre prede, ben più facili da conquistare».
Rowlands, professore di filosofia all’Università di Miami, ha raccontato la sua straordinaria esperienza in un libro, Il lupo e il filosofo, in libreria da un paio di settimane. Per undici anni, Brenin, un lupo, è stato il compagno più fedele nella vita di Mark: ha assistito alle sue lezioni accucciato sotto la cattedra, ne ha condiviso avventure, gioie e dolori, lo ha accompagnato nei suoi spostamenti dall’America alla Francia, dove Rowlands si trasferì dopo aver interrotto quasi ogni legame con le persone. Un lupo che è stato anche un grande maestro di vita: «Da lui ho imparato cosa significa essere un uomo». E ricorda un episodio che gli svelò immediatamente in che modo avrebbe dovuto affrontare la vita.
Un giorno portai come al solito Brenin con me all’allenamento di rugby. Aveva circa due mesi ed era il periodo in cui aveva preso l’abitudine di tormentare Rugger, al quale non era per niente simpatico. Dopo un po’ Rugger perse la pazienza, afferrò Brenin per il collo e lo inchiodò a terra. Va ascritto a suo grande merito il fatto di essersi limitato a questo. Avrebbe potuto spezzare il piccolo collo di Brenin come un ramoscello. Perfino un pit bull può superare l’esame di Kundera. Ma è stata la reazione di Brenin quella che mi rimarrà per sempre dentro. La maggior parte dei cuccioli si sarebbe messa a guaire per lo shock e il terrore. Brenin ringhiò. E non era il brontolio di un cucciolo, ma un ringhio profondo, calmo e sonoro in contrasto con la sua tenera età. Questa è forza. Ed è questo che ho sempre cercato di portare con me e che spero di portare con me per sempre.