L’Iran, le rivoluzioni e la guerra nelle parole di Kapuscinski
Shah-in-Shah (1982) è forse la prima e la più importante analisi della realtà iraniana ai tempi della rivoluzione komeinista. In questo libro, scritto durante i giorni convulsi che segnarono la fine della tirrania dello scià, il grande reporter polacco Ryszard Kapuscinski ci racconta le ragioni della caduta di Reza Pahlavi e, più in generale, le dinamiche che portano un paese a implodere sotto la spinta di tensioni accumulate negli strati più profondi della società. Aggirandosi per le strade di Teheran, vivendo in totale empatia, come fece sempre nella propria esperienza professionale, le sofferenze del popolo iraniano oppresso da anni di dittatura, Kapuscinski ci regala un’opera assieme partecipata e lucida, mai cinicamente “distaccata” dagli avvenimenti che racconta. Nel nuovo Meridiano Opere, da lui fortemente voluto a partire dal 2004, il giornalista, poeta e scrittore ha raccolto l’intero monumentale corpus dei suoi reportages, da Negus (1978) a Shah-in-Shah (1982), da Imperium (1993) a Ebano (1998), oltre a opere incentrate sul proprio mestiere di reporter come Lapidarium o In viaggio con Erodoto e alle poesie, alcune delle quali inedite.
“Ogni rivoluzione viene preceduta da uno stato di generale spossatezza e, nel contempo, di intensa aggressività. Il potere non sopporta un popolo che lo irrita, il popolo non sopporta un potere che gli è divenuto odioso. Il potere ha speso tutta la sua credibilità e si ritrova a mani vuote; il popolo ha perso fino all’ultima briciola di pazienza e stringe i pugni. Regna un clima di tensione, ci si sente sempre più soffocare. Si comincia a cedere alla psicosi del terrore. L’esplosione è vicina. Si sente.”
Come sempre accade con i grandi scrittori, le parole di Kapuscinski appaiono oggi, al tempo della nuova crisi iraniana, più attuali che mai.
Leggi il brano Fogli, facce, campi in fiore dal libro Shah-in-Shah contenuto nel Meridiano Opere a cura di Silvano De Fanti (traduzione di Vera Verdiani).
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