Alfred Elton van Vogt

novembre 18th, 2009 by Admin Urania

Un profilo di A.E. van Vogt e della sua fantascienza tracciato dal nostro curatore Giuseppe Lippi. 

Scrittore canadese naturalizzato americano, Alfred Elton van Vogt è nato a Winnipeg nel 1912. Prolifico autore di drammi radiofonici e racconti sentimentali — le true confessions pubblicate prima della guerra sulle riviste popolari — van Vogt si accosta alla fantascienza relativamente tardi (1939), grazie alla rivista “Astounding” diretta John W. Campbell che accetta e pubblica con successo il suo primo racconto, “Black Destroyer”. Si tratta del capitolo iniziale di quella che diventerà una delle serie più acclamate della fantascienza dell’Età d’oro, The Voyage of the “Space Beagle”, nota in Italia con il titolo Crociera nell’infinito. Su “Astounding” van Vogt continuerà a pubblicare per anni; anche Slan, uno dei suoi testi più celebri, appare per la prima volta sulle pagine della famosa rivista (dal settembre 1940, in quattro puntate). Nel 1946 il romanzo viene raccolto in volume dalla Arkham House, ma nel 1951 Simon & Schuster pubblica l’edizione riveduta dall’autore, la stessa che oggi si usa per le traduzioni del romanzo (e che “Urania” ha seguito fin dal 1953, anno della prima edizione italiana).

Buona parte dei romanzi e racconti di van Vogt appartiene all’“Età d’oro” della fantascienza americana: Slan, The Voyage of the “Space Beagle” (Crociera nell’infinito, 1939-1943 su “Astounding”; 1950 in volume), Le armi di Isher (The Weapon Shops of Isher, 1941-43 “Astounding”; 1951), Il libro di Ptath (Ptath, 1943 “Unknown Worlds”; 1947), Non-Ā (The World of Ā, 1945-49 “Astounding”; 1948 e 1956). La guerra contro i Rull (The War Against the Rull, 1959) deriva da un gruppo di racconti pubblicati su “Astounding” fra il 1942 e il 1949, mentre il ciclo dell’Impero dell’atomo (Empire of the Atom e The Wizard of Linn, raccolti in volume rispettivamente nel 1956 e 1962) aveva visto la luce come una serie di episodi separati fra il 1946-47 e il 1950. Dopo aver tentato di propagandare, in Non-A, le virtù della “semantica generale” di Korzybski (autore del curioso saggio Science and Sanity, 1953), nella seconda metà degli anni Cinquanta van Vogt si è fatto paladino delle non meno dubbie virtù della dianetica sostenute da L. Ron Hubbard, fondatore della “scientologia” (dottrina che si propone di ottimizzare il nostro apparato psichico).

Affascinato dalle potenzialità della mente, van Vogt sfrutta il tema delle facoltà intellettuali secondo uno schema ricorrente: un personaggio situato in un futuro più  meno lontano sembra aver perso la sua identità, oppure, come in Slan, ogni traccia del ceppo cui appartiene; ma si trova catapultato in una situazione di crisi la cui soluzione è legata alla scoperta di facoltà eccezionali (telepatia, controllo assoluto sulla materia, addirittura l’immortalità). Preoccupato dalla dilagante “follia” dell’umanità, sia su un piano storico che su quello psichico e organico, per uscire dalla crisi del presente van Vogt non conosce alternativa che non passi attraverso una trasformazione della razza umana, la quale smetterà di essere tale e diventerà una specie nuova, l’homo superior teorizzato da tanta fantascienza. Solo raggiungendo questa meta “trascendente” si potranno liberare le forze vitali compresse da un’organizzazione sociale troppo primitiva: da qui le figure di imperatori, guerrieri e superuomini che incarnano i suoi desideri di indipendenza e di grandezza.

Questo eclettico romanziere ha conosciuto un ritorno di fiamma a partire dagli anni Sessanta, e sebbene i romanzi di tale periodo (The Beast o Moonbeast, 1963: La città immortale; The Silkie, 1969: Il segreto dell’ultrauomo; Children of Tomorrow, 1970: Figli del domani; Darkness on Diamondia, 1972: Diamondia, ecc.) non abbiano sempre trovato d’accordo gli appassionati, con l’eccezione di The Battle of Forever del 1971 (Battaglia per l’eternità), hanno tuttavia alimentato i dibattiti intorno alla tecnica di uno scrittore che in passato era stato oggetto di feroci attacchi da parte della critica radicale. In “Cosmic Jerrybuilder”, uno dei saggi raccolti nel volume In Search of Wonder, Damon Knight ne aveva dimostrato, fra l’altro, le contraddizioni logiche, condannando proprio quell’andamento onirico che tanto aveva affascinato il pubblico francese, da cui van Vogt è stato ritenuto per anni il massimo autore di science fiction (come da noi Asimov).

Dopo una prolifica carriera e molti riconoscimenti, van Vogt ha scritto un’autobiografia-pamphlet (Reflections, 1975) e qualche anno più tardi ha ravvisato nel film di Ridley Scott Alien (1979) un plagio del suo “Space Beagle”. Inutilmente ha intentato causa alla produzione del film: la corte avrebbe dato ragione a quest’ultima. Ritenuto uno dei tre grandi della sf tecnologica (insieme ad Asimov ed Heinlein), van Vogt è rimasto a lungo un mito per migliaia di lettori. E’ scomparso a Los Angeles nel gennaio 2000.

Crociera nell’infinito è il capolavoro di un certo tipo di avventura spaziale dove quel che conta non è tanto l’avventura fine a sé quanto le immagini e i misteri che, più o meno ingegnosamente, si nascondono nella trama: una sorta di sense of weird, oltre che sense of wonder, dove la meraviglia va a braccetto col terrore. Proprio quello che non succede nei film ad esso ispirati, a partire dal primo Alien, dove il terrore c’è ma è troppo viscerale per lasciare spazio all’elemento speculativo e il meraviglioso è di qualità inferiore. Ma il libro di van Vogt è anche, alla lontana, l’ispiratore di un importante movimento dei nostri giorni: il cosiddetto Connettivismo italiano, la risposta al cyberpunk di autori come Giovanni De Matteo, Francesco Verso, Sandro Battisti e numerosi loro colleghi. Le somiglianze, tuttavia, si fermano qui: a un concept universale – i mostri che si annidano nello spazio – e una disciplina super-scientifica che, nella visuione vanvogtiana, serviva a unificare tutte le conoscenze (un po’ come avrebbe voluto fare, ai suoi tempi, Giordano Bruno). In Crociera nell’infinito ogni episodio, ogni avventura contro i diabolici abitatori dello spazio sconosciuto è anche una partita a scacchi giocata con l’aiuto della scienza e dell’immaginazione e vissuta da un’astronave, la “Beagle”, e un equipaggio (Elliott Grosvenor e compagni) che si battono sfruttando una disciplina cognitiva d’avanguardia quale è il connettivismo. E sarà proprio il connettivismo – unione metalogica di tutte le scienze e tutti i saperi – a dare una possibilità di scampo ai terrestri dopo una serie di scontri durissimi contro il mostruoso felino Coeurl, gli agghiaccianti e alati Riim, il terribile Ixtl e l’immenso, insondabile Anabis che neppure vive su un pianeta, ma, simile a un Moby Dick celeste, permea della sua essenza distruttrice il cosmo stesso. 

Giuseppe Lippi

[La bibliografia italiana di A.E. van Vogt è reperibile sul Catalogo SF, Fantasy e Horror a cura di Ernesto Vegetti.]

Posted in Fantascienza, Profili

23 Responses

  1. dhr

    Eppure l’intellettualismo esistenzialista alla francese potrebbe avere le ore contate, a favore di un ritorno al sano pragmatismo anglosassone. Ho sentito vari 40enni rimpiangere la sf anni ’50… e di certo non lo fanno per nostalgia (se la matematica non è un’opinione).

  2. Vincenzo Oliva

    Boh, in Francia AEvV era amatissimo se ricordo bene.

    V.

  3. dhr

    Un motivo in più per…
    :-)

  4. Vincenzo Oliva

    Sì, però non è che vedo Alfie come l’esistenzialista quintessenziale :-)

    V.

  5. dhr

    Ok, prendevo spunto dalla scheda bio-bibliografica per approfondire la semantica, no era la semiotica, no era la semiologia, la dinamica, la prospettica, insomma quella roba là.

    Poi, tanto per essere coerente con la mia difesa della letteratura pragmatista anti-seghementalista, uno dei regali di Natale che ho già chiesto è “Valis” di Philip Dick. Finora lo avevo letto solo su una copia in prestito, quindi non ho potuto pasticciare le pagine con varie considerazioni ancora più disconessiviste delle sue.

  6. Vincenzo Oliva

    Eheh.

    V.

  7. X

    @ dhr: E se ci dessimo una calmata? La pretesa di parlare di tutto (approfittandone per sparlare un po’ di tutti) alla prima occasione disturba, alla seconda irrita, alla terza basisce… alla n-esima sconforta. Con l’esistenzialismo van Vogt non c’entra nulla, e men che meno con l’intellettualismo, come sa chi l’ha letto.

    Pregherei tutti di mantenere le discussioni un po’ più aderenti al soggetto dei post del blog.

  8. dhr

    ????????????????

    ma io non sparlo proprio! che vuoi che abbia contro Van Vogt o chiunque altro sia stato presentato nei thread precedenti?! (tantopiù che mi sono immediatamente auto-smentito citando Valis).

    visto però che questo thread non riguarda una singola opera, e visto che Lippi, giustamente, allargava il discorso alle tendenze della sf, mi pareva interessante sondare le preferenze degli utenti riguardo ai sotto-generi preferiti all’interno del genere in esame.

    comunque non c’è problema, grazie al cielo (che sia heaven o sky) i siti in cui discutere pluralisticamente di fantascienza non mancano.

    saluti e baci. rigiro al mittente l’invito a darsi una calmata. so sorry.

  9. Vincenzo Oliva

    @X

    Dhr (belli i vostri codici fiscali per latro :-)) ci ha ragione, ci ha. Take it easy and be happy :-)

    V.

  10. X

    Vincenzo Oliva: ma io la sto prendendo alla leggera, non trovi? Tra i commenti di questo articolo non ce n’è uno che aggiunga un grammo di valore per il lettore. Chiunque avrebbe ragione di lamentare, negli ultimi giorni, un’assenza di vera moderazione su questo blog. Malgrado ormai i miei inviti si sprechino.

    Il rischio della continuità di interventi fuori dalle righe o fuori tema può essere solo uno: una diffusa confusione. E’ chiedere troppo un contributo da parte di tutti a tenere basso il livello d’entropia? Se la risposta è affermativa, mi dispiace ma si legittima la figura del moderatore, che onestamente tra le mie mansioni in questo ambito è sempre stata l’unica a ispirarmi una certa antipatia.

  11. Vincenzo Oliva

    Caro X, in tanti (ormai troppi) anni di rete credo di aver capito una cosa. Una sola, ma importante: quella che chiami entropia è il sale di ogni luogo dove ci si scambiano opinioni, notizie, si parla dei propri interessi ecc. Senza quell’entropia i discorsi, per un po’, si rimettono in riga. Poi lentamente – inesorabilmente – nell’assenza di entropia fuggono i postatori. Perché il collante tra i partecipanti è l’entropia, il chiacchiericcio.

    V.

  12. dhr

    Intervengo “pro domo mia” e quindi va preso con beneficio di inventario, ma un blog in cui si fanno i compitini in bella copia, poi tutti zitti, smette di essere un blog.
    Vincenzo Oliva aveva risposto, più su, con un “Eh eh” e da parte mia consideravo simpaticamente chiuso il capitoletto. NON avevo altri 300 post pronti sullo stesso soggetto, se era questo che si temeva.

    Infine – ma qui il conflitto di interessi è massimo – avrei qualche seria riserva sull’espressione “non si aggiunge un grammo di valore”…

  13. Giuseppe P.

    Ho letto con attenzione ed interesse l’interessante profilo di Lippi su Van Vogt.
    Van Vogt è uno degli autori che insieme ad Asimov, Heinlein ed altri mi ha fatto scoprire le meraviglie della narrativa Sf.
    CROCIERA NELL’INFINITO e anche ODISSEA SU MARTE di Weinbaum (a proposito a quando su UC?)ebbero un grande impatto sulle mie letture preferite.
    Questo mese ho acquistato la mia 4^ edizione del romanzo in una nuova veste, con 2 commenti critici e una bibliografia e mi accingo ad una nuova lettura con tutto l’entusiasmo di una volta.

  14. Giovanni De Matteo

    @ dhr: allora devo essere un po’ limitato io, perché dal tuo primo intervento avevo avuto quasi l’impressione che van Vogt venisse assimilato all’esistenzialismo francese (come se da noi Asimov venisse assimilato all’ermetismo per le più ovvie esigenze di riduzione, no?), dal secondo che stessi invitando i lettori a evitare Crociera nell’infinito perché era piaciuto ai francesi (notoriamente di gusti incomprensibili alla ben più nobile cultura italiana, giusto?), e nel terzo addirittura che ci fosse una parziale ritrattazione di quanto sostenuto in precedenza.

    E’ risaputo che Dick sia considerato una sorta di prosecutore ideale della SF di van Vogt, per cui tutto questo dispiego di argomentazioni mi ha lasciato un po’ spiazzato, in quanto ero stato indotto erroneamente a credere che tu auspicheresti un ritorno allo spirito degli anni ’50, in risposta alla dilagante “sofisticazione” della fantascienza contemporanea (che magari a mia insaputa ha in Van Vogt un capostipite universalmente riconosciuto), confortato tuttavia dalla speranza che il ritorno a una SF di maggiore sostanza sia ormai prossimo. Per bilanciare la tua passione per la sostanza, ti dedicherai presto e nuovamente a “Valis”.

    Ora, vedi, mi si sono di nuovo annodati i pensieri. Ma se Dick è espressione come van Vogt di un certo esistenzialismo fantascientifico (tant’è che il secondo autore americano più popolare in Francia dopo van Vogt mi risulta fosse proprio il buon vecchio zio Phil), come mai la SF di Dick va bene e quella di van Vogt no, per un cultore del pragmatismo?

    Potrei sbagliarmi, ma continua a sembrarmi, in realtà, che in appena 3 interventi tu sia stato capace di sostenere un argomento, difenderlo screditando molto elegantemente i cugini transalpini, e alla fine ribaltarlo con un’operazione di detournement che avrebbe fatto la felicità di Debord.

    E per fortuna che c’è in giro qualcuno che capisce meglio di me il senso della libertà d’espressione, perché avrei da chiarirmi un altro dubbio. Ma la comprensione… non è anche quello un diritto di chi legge?

  15. dhr

    Pace, fratello. Mi hai appena fatto quello che reputo il massimo dei complimenti: “tu sia stato capace di sostenere un argomento, difenderlo (…) e alla fine ribaltarlo”.
    Se era questo il motivo della tua reazione, non solo non me la prendo, ma te ne sono grato.

    (No, non è sarcasmo, dico sul serio. Ma non ci metto le faccine sorridenti perché degli smile a oltranza non se ne può più)

    Adesso però sto DAVVERO uscendo di tema.

  16. Kilgore Trout

    La piega(le pli)che sta prendendo il blog mi piace.Direi che la Fantascienza dall’esistenzialismo(francese,Giapponese,ecc…)ha tutto da guadagnare;per non parlare poi di Debord,ma temo che poi ci si allontani troppo dal rassicurante “sense of wonder”che piace tanto al fan del ceto medio.E poi anche ai francesi capita qualche volta di sbagliare.
    Come agli italiani di azzeccarla…

  17. dhr

    Citazione 1: “E’ chiedere troppo un contributo da parte di tutti a tenere basso il livello d’entropia?”

    Citazione 2: “Il deragliamento dei sensi, le corrispondenze analogiche e la rottura del controllo saranno gli strumenti fondamentali della nostra ricerca”.

    Ti ho scoperto, ultracorpo che hai assunto le sembianze di X !

  18. Antonio F

    Mi sono sempre chiesto quali siano gli elementi di continuità tra il grande Van Vogt e l’altrettanto grande Philip Dick. Per quel che riesco a vedere io, Dick è debitore a Van Vogt di un particolare approccio, non strettamente tecnologico, alla fantascienza hard. Questo può aver fatto intravedere al giovane Dick la possibilità di affrontare i temi fantascientifici in un’ottica non campbelliana, ma neanche “sociologica” (nel senso della “social sf”). Al di là di questo, confesso di non riuscire a vedere molto altro, benché sia vero, come ricorda X, che Dick venga considerato un continuatore di Van Vogt. Certo, ci sono le dichiarazioni dello stesso Dick, ma dove sono i “superuomini” e gli scenari galattici? Se anche ci sono, hanno caratteristiche diverse. o almeno, così mi pare. In ogni caso, Questo Crociera nell’infinito è un gran bel romanzo, che conserva intatto tutto il suo fascino.

  19. Giuseppe P.

    Qualcuno sa se qualche editore pubblicherà “THE LAST THEOREM” di Clarke e Pohl?

  20. Niccolo'

    Antonio: per come la vedo io, Dick da un lato ribalta certi assunti di Van Vogt (i superumani di VV sono mutanti sfigati in Dick, e gli scenari megagalattici sono assenti), dall’altro ne prosegue la paranoia gnostica. Tanto in Van Vogt quanto in Dick i protagonisti annaspano in un mondo che gli cambia sotto gli occhi e si rivela molto diverso da quello che credevano. E in entrambi gli autori i protagonisti spesso arrivano a dubitare della propria identità (emblematico Gilbert Gosseyn di Non-A, in questo caso). Questo aspetto gnostiparanoico è talmente forte in entrambi che ne stabilisce l’elemento di continuità principale, almeno secondo me…

  21. Giuseppe P.

    Questa sera ho letto sulla pagina iniziale del Blog la notizia della pubblicazione di “The Last Theorem”.
    Evviva!

  22. cristiano

    sono contento d’aver comprato questo libro perchè era da un po di tempo che cercavo fantascienza “pura” e poi aver speso 5,50 euro…bè sono proprio contento anche perchè dalle prime pagine il romanzo promette veramente bene!

  23. slan

    Alcune “trovate” Vanvogtiane sono state indubbiamente riprese da P.K.D, e da altri, penso all’innesto di finti ricordi o la pubblicità in cielo; anche se la genialata che preferisco è il trasparenziatore di metalli e la tuta di invisibilità de Le armi di Isher.

Leave a Comment

Please note: Comment moderation is enabled and may delay your comment. There is no need to resubmit your comment.

Spam protection by WP Captcha-Free