Visti con il Professionista/5: Maschere e Pugnali

aprile 11th, 2009 by Alessio Lazzati

VISTI CON IL PROFESSIONISTA: I CLASSICI DEL CINEMA DI SPIONAGGIO

MASCHERE E PUGNALI

A cura di Stephen Gunn

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Realizzato in piena Guerra fredda ma ambientato negli ultimi mesi del Secondo Conflitto Mondiale, Maschere e Pugnali è diventato un classico. Tanto che il titolo è diventato sinonimo di operazioni segrete. Ancor più quello originale, Cloak And Dagger (‘Cappa e spada’, termine usato nella realtà e nella finzione letteraria per indicare le missioni di spionaggio) . Prima ancora di addentrarci in un film che, malgrado gli anni e l’assenza del colore rimane un piccolo capolavoro di struttura e tensione, è di rilievo il tema politico espresso da Lang. “Pace? Non c’è pace. Questi sono gli anni della guerra atomica, che Dio ci aiuti se pensiamo di poter nascondere questo segreto al mondo” , diceva il personaggio di Gary Cooper in una battuta tagliata dalla censura. Ma qualcosa nei dialoghi d’esordio resta. Cooper interpreta lo scienziato Alvah Jesper, un fisico che vanta legami di amicizia con colleghi anche “dall’altra parte”, un uomo che concepisce la scienza per il bene dell’umanità e s’indigna che, durante la Guerra mondiale, con un solo miliardo di dollari si sarebbe potuto sconfiggere il cancro invece di costruire bombe. È quel poco che la censura dell’epoca (in pieno scontro tra i blocchi) lasciò a questa storia che racconta della lotta contro i nazisti ma allude a conflitti successivi.

Reclutato dall’Office of Strategic Services, il servizio antesignano della CIA, Alvah non può che accettare. La sua missione è contattare una collega ungherese fuggita in Svizzera e convincerla a passare informazioni agli Alleati sui progressi delle ricerche atomiche naziste. Anche se il mondo dello spionaggio gli pare una buffonata (dai rivolti pericolosi, però!) Alvah è convinto che i segreti dell’atomo non debbano cadere nelle mani di Hitler. Per la verità, malgrado qualche errore da dilettante(si fa individuare subito dalla Ghestapo per un sospetto eccesso di cautela all’aeroporto), Alvah mostra subito di avere la stoffa della spia. E non solo perché si muove con disinvoltura e freddezza dimostrando che anche un professore può fare a cazzotti e sparare senza problemi se la Patria lo richiede. I nazisti preparano per lui la cosiddetta ‘trappola del miele’, facendolo avvicinare da un’avvenente agente provocatrice. Accortosi del tranello, Alvah rivolta la situazione e compromette la bella maliarda convincendola freddamente a collaborare. Una fortuna, perché la collega ungherese è stata eliminata e l’azione si trasferisce in Italia. Siamo presumibilmente sulla costa ligure alla quale Cooper approda da un sottomarino. Accolto dalla Resistenza si finge tedesco e prende contatto con Giovanni Polda (Vladimir Sokoloff), collega di un tempo costretto dall’OVRA (i servizi segreti del Duce) a collaborare con i tedeschi da un ricatto. Sua figlia, infatti, è stata rapita, e tenuta in una località sorvegliata della Toscana. Mentre i partigiani si attivano per liberare la ragazza, comincia una partita di nervi tra Alvah (nome che sembra una voluta parodia del classico WASP americano) e Luigi, assassino dell’OVRA. Lo sfondo è una città del Nord ritratta con qualche tocco di ingenuità ma sufficiente realismo. La scritta IL DUCE HA SEMPRE RAGIONE è inquietante, minacciosa. Un po’ riscatta il film da un certo macchiettismo nel ritrarre gli italiani, costantemente impegnati a cantare per strada, a vendere frutta in cassette, insomma tutto il repertorio dei clichè riguardanti il nostro paese. Un altro punto a favore di questa sezione italiana del film è il personaggio di Gina (Lili Palmer), una donna che accoglie dapprima rudemente Alvah, ma poi s’innamora dell’agente americano. Gina, al di fuori del ruolo quasi obbligato dalla trama, risulta credibile. La sua femminilità affiora a poco a poco dalle crepe di una durezza imposta dalla guerra, dalla vita clandestina. Ma la vicenda procede tesa malgrado gli intermezzi sentimentali. Non risparmia neanche crude scene d’azione. Il duello a mani nude tra Alvah e Luigi in un androne è forse uno dei momenti più duri del film, considerata l’epoca. E Lang non lesina neanche una bella sequenza di guerriglia in un casolare, tra nazisti e partigiani. I tedeschi infatti – nella più pura tradizione della guerra tra Servizi – hanno già eliminato la figlia di Polda e si fingono da un’infiltrata per bloccare la fuga dell’anziano professore. Ci penserà Gina a uccidere anche questa agente nemica. La corsa contro il tempo per raggiungere l’aereo inglese che può restare a terra solo poco tempo è un classico dello spionaggio utilizzato negli anni successivi in numerosi film e romanzi ma, in questo caso, la tensione è sapientemente costruita.

Inevitabile la scena d’amore finale e la decisione di Gina di restare in italia sino alla fine della guerra.

Insomma un film ben riuscito che non nasconde un tema politico (contro la corsa agli armamenti atomici in qualsiasi epoca) ma che mette sulla scena tutti i meccanismi della spy-story tradizionale con un ritmo per l’epoca modernissimo.

Cooper è a suo agio nei panni dell’agente anche se, come professore, è veramente molto scaltro e preparato alla violenza. Non rinuncia neppure a qualche espressione ironica che non guasta anche nel contesto della vicenda amorosa inserita in uno sfondo drammatico. Un peccato che il romanzo originale di Corey Ford e Alastair MacBain sia praticamente introvabile. Il film di Lang è quasi contemporaneo agli esordi cinematografici dell’agente 007 ma il contrasto è stridente. Dimostrazione che all’epoca la guerra di spie era argomento diffuso e gradito al pubblico in tutte le sue forme. La mancanza di glamour e di colore, l’insistenza sul pericolo e il logorio della continua tensione occhieggiano al noir ma anche questa è una caratteristica della spy-story. L’uomo-pedina, solo contro il mondo, nelle mani dei superiori in una partita contro un nemico che è tale solo per accidente, perché il caso lo ha voluto dall’altra parte. Una sorta di terribile, crudelissimo gioco che piega la scienza e la vita delle persone ai suoi personali fini. Tutto, naturalmente, raccontato con abilità, senza lungaggini e con la giusta dose di emozioni.

 

SCHEDA TECNICA.

 

Genere: Spie in Guerra.

Maschere e pugnali (Cloak and Dagger)di Firtz Lang-1963. Durata :106’ Sceneggiatura di Albert Maltz e Ring Lardner dal romanzo omonimo di Corey Ford e Alistair MacBain. Interpreti: Gary Cooper :Alvah Jesper- Lili Palmer :Gina- Vladimir Sokoloff: Giovanni Polda) . Del film esiste una recente e buona versione in DVD pubblicata nel 2006 dal marchio Ermitage.

 

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3 Responses

  1. f.t.denard

    Ne ho sempre sentito parlare ma non l’ho mai visto. Adesso il Professionista mi ha messo la spina nel fianco…:) chissà che taciti la mia coscienza vedendolo!

  2. il professionista

    non fcilissimo da reperire. io lo trovai per caso in una videocteca cheè abituata a ripescarmi i film incredibili. Purtroppo come tutti i film d’epoca esce con una tiratura limitata e poi… buona caccia, ne vale la pena….

  3. f.t.denard

    grazie.