Fredric Brown, vagabondo nello spazio della mente

maggio 1st, 2014

20140501-155131.jpg

Il vagabondo dello spazio (Rogue in Space, 1957) è un volume in due parti ottenuto dalla riscrittura di due lunghi racconti apparsi precedentemente su rivista: “Gateway to Darkness” (in “Super Science Stories” del novembre 1949, tradotto in italiano come “Fuga nel buio” ma con il titolo originale tramutato in Rogue in Space) e “Gateway to Glory” (in “Amazing Stories”, ottobre 1950). Il libro che ne deriva ha la particolarità di essere uno dei pochi noir d’ambientazione spaziale e il protagonista Crag, un delinquente della più bell’acqua, sembra quasi il modello su cui Richard Stark plasmerà qualche anno più tardi il suo celebre Parker.

In questa nuova edizione il testo viene proposto per la prima volta in forma integrale, oltre che in una traduzione moderna che ne mette in risalto l’ironia e – nella seconda parte – la critica del modo di vivere americano che forse esporteremo sugli altri mondi. Crag, il protagonista di una vicenda senz’altro in anticipo sui tempi, è il classico lupo solitario del romanzo criminale, il bandito di ventura durissimo e spietato che agisce in un mondo dove si sente, e vuole essere, totalmente solo. È anche la sua caricatura, o almeno lo stereotipo del duro che in un’ideale galleria dell’Anonima carogne figurerebbe al piano nobile, come il ritratto del fondatore.

Leggi tutto »

Posted in Antigravità | commenti 2 Comments »

Michael John Harrison

marzo 24th, 2014

images

Dopo il successo di Luce dell’universo 

e Nova Swing, torna su “Urania”

un grande della sf britannica

 

Michael John Harrison è nato il 26 luglio 1945 e vive nella zona occidentale di Londra, facendo il critico per il “Times Literary Supplement” oltre che il romanziere.

Il suo sito internet è all’indirizzo:  HYPERLINK “http://www.mjohnharrison.com/index.htm” http://www.mjohnharrison.com/index.htm Ha pubblicato il primo romanzo, The Pastel City, nel 1971: “Urania” lo ha tradotto nel n. 809 con il titolo La città del lontanissimo futuro. Nel 1982 il successivo romanzo In Viriconium ha vinto un premio indetto dal quotidiano “Guardian”. Dopo due raccolte di racconti, The Ice Monkey e Viriconium Nights, sono usciti Climbers (1989) e il graphic novel The Luck in the Head in collaborazione con Ian Miller. Del 1992 è il nuovo romanzo The Course of the Heart, e del 1997 Signs of Life; nel 2000 è la volta della raccolta di racconti Travel Arrangements. 

Light (2002), tradotto come Luce dell’universo nel supplemento n. 26 di “Urania” del febbraio 2006, ha vinto il premio James Tiptree 2003.

Ad esso è seguito Nova Swing (2006, tradotto con lo stesso titolo nel n. 1559 della nostra collana). Il romanzo trova momenti di autentica grandezza nella descrizione di Saudade, “la città che sorge a diecimila anni luce da casa”, e della colossale perturbazione galattica nota come Fascio Kefahuchi, un frammento della quale è caduto nei pressi del suo abitato. A questo classico della fantascienza moderna fa seguito oggi il terzo capitolo del trittico, Lo spazio deserto (Empty Space, 2012), che condivide alcuni personaggi e situazioni con i primi due: Vic Serotonin, lo spericolato esploratore della singolarità; l’elusiva creatura nota come Shrander e Sandra Shen, che alcuni dicono sia un avatar di Shrander.

Qualche lettore si sarà accorto del nostro continuo interesse nei confronti degli scrittori briannici: da Peter F. Hamilton ad Alastair Reynolds, da Kim Newman a M. John Harrison, ci sembra siano questi i più caratteristici innovatori di un tipo di romanzo avveniristico che è sempre più difficile distinguere dalla sua controparte letteraria o mainstream.

 

G.L.

 

Posted in Profili | commenti No Comments »

Michael Moorcock

febbraio 18th, 2014

 760081

Nato a Londra nel 1939, Moorcock ha impresso il segno a tre decenni della fantascienza britannica. Negli anni Sessanta ha diretto la storica rivista “New Worlds” – favorendo il decollo della cosiddetta new wave inglese – e ha pubblicato i suoi primi romanzi di fantascienza, imboccando nuove strade rispetto agli esordi fantastico-avventurosi. Tra i frutti di questo lavoro vi è I.N.R.I. (1966, premio Nebula ’67), romanzo che abbiamo ripubblicato con successo nel n. 102 di Urania collezione, e che, pur facendo uso di un luogo tipicamente fantascientifico come il viaggio nel tempo, lo sfrutta per arrivare a una narrazione mitologica. I racconti fantasy di Moorcock, del resto, avevano gettato le basi per una concezione unitaria del genere: le avventure di Sojan lo spadaccino e, successivamente, i pastiche burroughsiani di Marte, le gesta del principe Corum e quelle di Elric di Melniboné, la sua creatura più famosa, hanno in comune l’idea che tutte le storie possibili siano ambientate su altrettanti piani della realtà: e che miriadi di storie, su miriadi di livelli, formino nell’insieme il Multiverso in cui rientra tutta la produzione moorcockiana. Nella saga fantasy del principe Corum (sei romanzi pubblicati fra il 1971 e il 1974) il concetto viene chiarito in modo definitivo, sicché tutto quanto prende vita in Moorcock è collegato, niente appare casuale.

Negli anni Settanta il nostro crea alcune tra le opere più impegnative: la cosiddetta sequenza del “Campione eterno” – in cui rientrano le avventure di Corum e che vede in I.N.R.I. una sorta di premessa generale, perché i protagonisti della serie saranno tutti uomini del destino, eroi/antieroi dei rispettivi miti – e le Cronache di Jerry Cornelius. Quest’ultimo, personaggio ricorrente in una serie di romanzi ai confini tra science fiction e postmoderno, è una creatura ambigua che si muove in un mondo futuro distorto, apocalittico e grottesco dove i molti problemi dell’umanità sono giunti alla resa dei conti. In The Final Programme, ad esempio (da cui Robert Fuest trasse il film omonimo, ribattezzato in Italia Alpha Omega, il principio della fine), un trio di malfattori si impossessa del programma studiato dal padre di Jerry per combattere la fame nel mondo e lo usa ai propri fini, favorendo la nascita diun nuovo, mostruoso messia.Negli anni Ottanta Moorcock è tornato alla fantasy, suo antico amore, e al romanzo tout-court, con opere mature e personali. In questo periodo ha completato il ciclo di Elric di Melniboné, il principe albino dalla spada fatata e il tragico destino che resta una delle creazioni più originali nel campo della fantasia eroica, ma si è dato anche al fumetto e alla sistemazione della sua vasta produzione in una serie di edizioni accurate e pressoché onnicomprensive. In seguito si è trasferito in America, dove ha portato la sua cultura ed esperienza, senza abbandonare idealmente il vecchio continente: recentemente è stato ospite di Lucca Comics dove gli appassionati italiani hanno potuto festeggiarlo calorosamente.

Tanto affetto e considerazione poggiano però soprattutto sulla memoria, perché a differenza che sui mercati librari più maturi, oggi di Michael Moorcock in Italia si trova soltanto la ristampa del ciclo di Elric, passata dalla Nord a Fanucci, mentre la lodevole iniziativa di rimettere in circolazione il Programma finale (riproposto dallo stesso editore nel 2006) non ha avuto praticamente seguito. Eppure si tratta di un narratore chiave, senza il quale buona parte della fantascienza degli anni Settanta non sarebbe stata possibile. Un narratore che speriamo di poter proporre anche in futuro, su queste pagine e su Urania, per riprendere il discorso che riguarda il versante fantascientifico della sua produzione.

Dopo I.N.R.I. (che era uscito da MEB nei remoti anni Settanta), bisognava ripubblicare almeno due romanzi tradotti su “Galassia” quarant’anni fa: Il corridoio nero e Il veliero dei ghiacci. Lo faremo quest’anno, partendo con il volume di Urania collezione che avete fra le mani e proseguendo in agosto con uno straordinario Millemondi tutto-Moorcock dove appariranno Il veliero dei ghiacci, Il campione eterno e I riti dell’infinito. Dopodiché si dovrebbero affrontare i romanzi inediti di Jerry Cornelius, cioè tutti meno uno, il già ricordato Programma finale: i primi sono A Cure for Cancer (1971), The English Assassin (1972), The Condition of Muzak (1977, vincitore del premio letterario indetto dal “Guardian”), giù giù fino a The Entropy Tango (1981), The Alchemist’s Question (1984) e Firing the Cathedral (2002).

Se questo programma può sembrare ambizoso (e indubbiamente lo è), bisogna aggiungere che servirebbe soltanto a dare un’idea del vulcanico Moorcock. Poi bisognerebbe rileggere i romanzi del lontano futuro che il nostro ha costruito intorno alla figura di un personaggio simile a Jerry Cornelius – anche nel nome – ma forse ancora più ambiguo e “spiazzato” nel tempo: Jherek Carnelian. La serie è composta da tre titoli principali – An Alien Heat, The Hollow Lands e The End of All Songs, rispettivamente del 1972, 1974 e 1976 – più la raccolta di racconti Leggende alla fine del tempo, che ha visto la luce anche in italiano nel n. 7 di “Robot” speciale; infine, dal romanzo del 1977 The Transformation of Miss Mavis Ming. Si tratta di racconti fantastici “dal clima sognante”, come dice John Clute, ambientati in un’epoca lontanissima in cui gli esseri umani hanno poteri semidivini, ma anche, in parte, nel XIX secolo inglese, epoca nella quale Carnelian farà ritorno innamorandosi per la prima volta.

Infine, si potrebbero riesaminare il ciclo bellico di von Bek – solo un titolo apparso da noi, Il mastino della guerra del 1981 – , quello dell’Etere, i romanzi fantasy come Gloriana… In realtà, non è un programma che possiamo sostenere da soli qui a “Urania”. Dovremmo essere fiancheggiati da un editore generalista – ad esempio, i nostri cugini “Oscar” – che ci assicurasse una permanenza in libreria dei titoli migliori. Lo stesso I.N.R.I., con la sua devastante carica polemica ma anche con il suo uso brillante del mito cristiano, meriterebbe di essere conosciuto tra i lettori di narrativa tout-court.(Il romanzo descrive una sorta di palingenesi alla rovescia: il protagonista Karl Glogauer arriva all’epoca di Cristo in una macchina del tempo che sembra una placenta e “nasce” al mondo del passato ma anche del mito. Si tratta, all’apparenza, di un mito capovolto, ma in effetti le tappe della tragica odissea di Glagauer ricalcano fedelmente quelle del Messia perché così dev’essere, fino alla conclusione sulla croce e al grido umanissimo che gli esce dalla gola quando si rende conto che sta per morire al posto di nostro Signore: It’a lie! It’s a lie! Let me down!)Un romanzo iconoclasta? Non soltanto: piuttosto, un romanzo che moltiplica le icone creandone di proprie e facendo riecheggiare l’urlo della vittima – del figlio dell’uomo – attraverso le gallerie del tempo, fino alle estreme conseguenze. Il personaggio di Karl Glogauer tornerà in una seconda avventura, Breakfast in the Ruins – A Novel of Inhumanity del 1972, dando vita così a un proprio mini-ciclo all’interno del più grande mosaico che riguarda il Campione eterno.

Quanto al Corridoio nero che vi accingete a leggere o avete appena letto, uscito nel 1969 precede di poco i devastanti romanzi di Barry Malzberg degli anni Settanta, da Beyond Apollo a The Falling Astronauts, ed è evidente il debito del geniale narratore americano nei confronti dell’inglese Moorcock, che inventa l’ambiente dello “spazio disturbato”, anzi folle: mutuandolo da Ballard o da Dick ma portandola a perfezione. Così, un anno dopo 2001 odissea nello spazio, Moorcock firma la prima odissea tutta psichica della fantascienza moderna; allucinazioni? Realtà multiple? Invasioni mentali? Tutto è possibile in questo romanzo a più livelli che si legge come un implacabile diario di bordo.

Oltre ad averci dato alcuni tra i più originali racconti fantastici del suo tempo, Michael Moorcock ci ha messi di fronte al fatto che non esiste una vera separazione tra realtà e fantasia, tra “oggi” e “domani”, tra mito e storia. Ogni cosa è parte del Multiverso e può apparire davanti ai nostri occhi in forme cangianti. In un artista visionario, tutto ha rilevanza e ci riguarda. Non saranno gli effetti speciali della fantasy o della sf ad attenuare l’impatto sociale della visione, il realismo che sottende le nuove forme del mito. Anzi, come afferma John Clute nell’Encyclopedia of Science Fiction, “i romanzi di Michael Moorcock mescolano fantascienza, fantasy e verismo sociale inglese. Per questa ragione costituiscono un bel passo avanti rispetto alla narrativa popolare e trascendono i limiti del genere, anche se non abbandonano mai la materia e le preoccupazioni delle origini”.

 

Giuseppe Lippi

 

Posted in Profili | commenti 5 Comments »

Editoriale – La Mosca bianca

aprile 20th, 2013

I nostri lettori saranno contenti di sapere che, nonostante ci troviamo ancora in fase di rodaggio per quanto riguarda la distribuzione degli e–book, sugli altri fronti stiamo lavorando a tutta una serie di iniziative che vengono incontro a precise richieste del pubblico.

Innanzi tutto, i nostri grafici si sono messi all’opera per vedere come sia possibile valorizzare le immagini di copertina, sia in “Urania” normale che in “Collezione”, e i risultati si dovrebbero vedere già con i primi numeri estivi (giugno). Questo significa che avremo probabilmente un cerchio di dimensioni maggiori e le tavole di Franco Brambilla acquisteranno un impatto ancora più notevole. In secondo luogo, per aumentare l’offerta di titoli inediti, da quest’estate (luglio) proveremo a lanciare un nuovo supplemento annuale che ospiterà ogni volta un’opera di mole eccezionale: per il primo volume toccherà a “Il fiume degli dei” di Ian Macdonald, finalmente in dirittura d’arrivo dopo che la morte di Riccardo Valla ne aveva interrotto la traduzione. (È stata completata da Silvia Castoldi.) Infine, stiamo pensando a uno “special” per il n. 1600 che ancora non sappiamo come verrà organizzato, ma che avrà una copertina degna della ricorrenza e ospiterà il Premio Urania di quest’anno.

Infine, qualche anticipazione sui prossimi mesi: in giugno avremo la prima parte dell’antologia a cura di Hartwell e Cramer “Viaggio negli inframondi”, con cui inizia il recupero dei due volumi arretrati rispetto alla cronologia della serie The Year’s Best SF (nel “Millemondi” di agosto uscirà l’aggiornatissimo vol. 17, mentre con “Viaggio negli inframondi” siamo al n. 14). A seguire “WWW Wonder” di Robert J. Sawyer, romanzo che riporta in Italia l’autore canadese dopo un anno di assenza. Quindi “Anonima stregoni” di Robert A. Heinlein, con le famose storie impossibili dell’autore più realistico della science fiction americana, e un romanzo del maestro inglese Ian Watson come “The Fire Worm”. Dopo il premio Urania che si sta assegnando in questi giorni, e che sarà pubblicato in novembre nel n. 1600, avremo un magistrale romanzo a quattro mani di Larry Niven e David Gerrold, “Pianeta stregato”. In gennaio 2014, infine, il ritorno di Allen Steele con “Coyote”, il punto di partenza della fortunatissima saga. E per il momento ci limitiamo a questo, ma sappiate che il 2014 vedrà il ritorno di Mike Resnick mentre stiamo perfezionando l’acquisto di “Earthbound” di Joe Haldeman.

Per venire al nostro blog, che in futuro speriamo di trasformare in un vero e proprio sito, ringrazio tutti i lettori e gli amici di “Urania” che, dopo la nostra sollecitazione, hanno deciso di firmarsi con il proprio nome oltre che con un nick (cosa sempre preferibile per non sprofondare nell’anonimato). La mia sensazione è che il blog abbia assolto, nel tempo, una funzione positiva – fare ascoltare la voce dei lettori, anche critici e propositivi – e una negativa, cioè quella di lasciare spazio a un certo numero di provocatori anonimi, talora ricorrenti, che se non erano sempre “troll” gli somigliavano molto. Voler partecipare alla vita di una collana editoriale alla quale si è affezionati non può significare demolirla, minacciarla o ricattarla di continuo (“…non ti compriamo più!”). Soprattutto, non può significare dettarne la politica secondo i propri gusti e pareri personali. “Urania” è grata ai lettori che fanno le loro osservazioni con calma e sangue freddo, ma non intende dare spazio a personaggi esagitati e poco equanimi. Infine, mi sembra un peccato che le discussioni sul blog si perdano così spesso dietro a questa o quella polemica e affrontino raramente il contenuto dei romanzi, la fisionomia degli autori, le tendenze della fantascienza letteraria o cinematografica. Come se la politica, le querelles, i pesi e contrappesi avessero più importanza delle idee, dei linguaggi, delle cose che ci danno piacere in sé. Non è che dobbiamo metterci a dipingere le nuvole, per carità, ma un po’ di relax ogni tanto…!

Detto questo, lasciateci dire con soddisfazione che il momento più tempestoso è passato e che ci aspetta un’estate fantascientifica di tutto rilievo. “Urania” è tornata ad essere la mosca bianca dell’edicola, l’unico mensile italiano di fantascienza e l’unico libro venduto a cinque euro. (Fanno eccezone gli 0,99 cent con cui non possiamo ancora competere, ma hanno meno pagine dei nostri libri e, come si dice, per i miracoli ci stiamo organizzando.) A riparlarne su queste colonne: per il momento, buone letture a tutti.

G.L.

20130420-171846.jpg

Posted in Dispacci | commenti 40 Comments »

Next Entries »