racconti

“Mille notti più una”, un racconto di Mina Argento

giugno 23rd, 2010

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Mina Argento… chi è costei? Un’autrice tanto promettente quanto elusiva. Il suo racconto è apparso a stampa nel numero di “Urania” di giugno e ci è parso tanto valido – questo aggettivo che vuol dire tutto e niente – da indurci oggi a diffonderlo in rete. (Fra parentesi, c’è qualcuno, lì in Piemonte, che l’abbia conosciuta o almeno avvicinata di persona? Finora noi stessi abbiamo avuto, con la sfuggente neo-autrice, soltanto rapporti epistolari e non ci dispiacerebbe farle un’intervista.) Crediamo che in Mina Argento si nasconda il cuore di una donna ricca di esperienza e la mano di una narratrice nata. Insomma, ci è piaciuta. Un criticoide oggi squalificato, ma un tempo molto “auscultato” (sic!) ci  ha tediati con una lunga e-mail post pubblicazione paragonandola alla Ursula K. Le Guin del XXI secolo. Vedrete da voi che il paragone è a dir poco belante, pecoreccio addirittura: perché Mina – ah, Mina! – non ha paragoni nel Terzo millennio. E’ una donna d’altri tempi e non a caso sceglie per questa sua prima prova la materia di cui son fatti i sogni, le donne stesse: immagini della notte intrecciate nel nome di Sheherazade, la suprema narratrice. Ma il rimando all’immortale novelliere arabo è solo il modo d’incominciare, di introdurci a una riflessione sulla narrativa tout-court che speriamo susciti tutta la vostra approvazione e stimoli i commenti più lusinghieri, e soltanto quelli.

G.L. 

Il Sultano strinse le bende attorno ai polsi della sua prigioniera.
Scheherazade sussultò.
— Raccontamela tu una storia, stanotte. C’è bisogno di cambiamenti qui.
— Non ho il talento per raccontare storie — si lamentò il Sultano. Guardò fuori dalle finestre dell’attico dell’harem, verso i fianchi risplendenti come stelle degli edifici più alti del mondo.
— Posso suggerirti degli spunti per le tue storie. Sono un uomo d’affari, so cosa vende di più.
Scheherazade gemette. — I fumetti vendono. Io non scrivo fumetti. Non so disegnare. — Mordicchiò un punto che risaltava nitido tra le fitte suture dei polsi.
— Sì, il moderno mercato globale ha bisogno di trasposizioni cinematografiche e diritti accessori. Ecco perché i film tratti dai fumetti hanno a disposizione i budget più ricchi di Hollywood.
Scheherazade addentò la stanghetta degli Chanel bifocali. — Non voglio sentire certe cose! Perché non mi fai giustiziare subito? Mi faresti un favore enorme.
Il Sultano scosse la testa avvolta nel turbante, carico di smeraldi e zaffiri. I decessi dei membri del suo harem letterario si ripetevano con lugubre regolarità. Morivano per le solite ragioni: alcol, droga, disperazione e disastri aerei durante i tour promozionali. Scheherazade minacciava o tentava il suicidio ogni volta che la notte incontrava l’alba. Tuttavia, era incredibilmente dura a morire.
— Viviamo in tempi che si vanno rapidamente oscurando — dichiarò il Sultano. — Il nostro mondo ha bisogno di narrazioni chiare e semplici. Di una speranza facile e a buon mercato. Di storie forti, dal forte contenuto morale. È compito tuo fornire quel contenuto.
Scheherazade si strattonò il pigiama blu notte coperto di lustrini. Fremette di fronte al prolungato silenzio del Sultano. Era abituata alle incessanti pubblicità, promozioni, manchette, presentazioni e imbonimenti del suo signore, ma quando diventava cupo, stoico e silenzioso le dava sui nervi.
— Potrei raccontare la storia di Mosè, il salvatore del suo popolo.
— Ottimo! — Il Sultano sbucciò un mango con un coltello di plastica, di quelli consentiti a bordo degli aerei. Leggi tutto »

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