L’autore – Dario Tonani

settembre 16th, 2011 by Moderatore

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Milanese, una laurea alla Bocconi, Dario Tonani si divide tra l’attività di giornalista professionista e la scrittura; ha pubblicato una settantina di racconti e alcuni romanzi, mentre il suo titolo più acclamato è uscito su Urania: Infect@, un noir fantascientifico giunto secondo all’edizione 2005 dell’omonimo premio e di cui sono stati opzionati i diritti cinematografici. A marzo 2009, ancora per Urania, è uscito  L’algoritmo bianco, mini ciclo dell’Agoverso composto da due romanzi brevi, incentrati su uno stesso personaggio: il killer Gregorius Moffa che si muove nella Milano del 2045. E’ anche autore di un ciclo steampunk, sviluppatosi su tre titoli – “Cardanica”, “Robredo” e “Chatarra” – il primo dei quali (pubblicato su Robot e poi informato digitale per 40k Books) è stato per diverse settimane nella “top ten” degli ebook più venduti in assoluto. A marzo di quest’anno, per la Delos Books, ha pubblicato in duplice formato – cartaceo e digitale – l’antologia Infected Files, che raccoglie il meglio della sua produzione breve di fantascienza e ospita diversi racconti ispirati al mondo di Infect@. Attualmente sta lavorando a un nuovo romanzo ai confini col noir e il thriller e alla quarta e conclusiva parte del suo ciclo steampunk legato alle avventure del vascello a ruote “Robredo”. L’originalità di Tonani, in definitiva, non sta nell’azione mozzafiato e neppure nella grigia e piovosa visione del futuro, ma nelle invenzioni fulminanti. Quella dei cartoon “infetti” che si assumono dagli occhi come droga resterà negli annali della sf italiana e non solo. Tonani è sposato, ha un figlio di 17 anni e vive – locus omen – in quel di Segrate.

Come si riallaccia Toxic@ a Infect@ e ai due romanzi brevi dell’Algoritmo bianco?

Dal punto di vista narrativo, Toxic@ e Infect@ sono separati da sette lunghi anni. Un lasso di tempo durante il quale, tecnicamente, l’assunzione retinica ha fatto passi da gigante, i +toon si sono affinati e i cartoni sono diventati una spina nel fianco anche dal punto di vista ambientale. Nella Milano del 2032 – complice l’enorme difficoltà di smaltire le scorie di una droga che interagisce con la realtà – il microclima è mutato radicalmente, così come l’ecosistema che regola la convivenza tra umani e cartoon. Trovate qualche riferimento con la stringente attualità? Un’occasione per lanciare un piccolo accorato messaggio ecologista contro ogni forma d’inquinamento: dell’ambiente, ma soprattutto delle coscienze, tema questo sviluppato – su uno scenario urbano abbastanza affine – anche ne L’algoritmo bianco. I miei cartoni incarnano e simboleggiano la mistificazione della realtà. Sono droga che si fa carne, menzogna che si fa verità a scapito di tutti…

Quale percorso hai voluto seguire nel nuovo romanzo?

Di Infect@ ho voluto rispettare il formato base: plot investigativo, montaggio cinematografico, azione che sviluppandosi su diversi punti di vista si dipana in poco più di ventiquattr’ore, da un’alba all’altraa. Con una difficoltà maggiore, quella di non poter più contare sull’impatto cartoon, la vera trovata di Infect@, capace da sola di sostenere tutta la storia o quasi. Da qui l’idea di un “rilancio” che desse ai lettori di Toxic@ quello che i +toon hanno dato a chi ha apprezzato Infect@. Come? Usando il sense of wonder di un ambiente totalmente nuovo, una Milano per certi versi irriconoscibile rispetto alla prima puntata, capace di prendersi sulle spalle una buona fetta di suggestione e di trama. E questo cercando di consentire una lettura “chiusa” e il più possibile indipendente da Infect@, senza tuttavia infarcire il romanzo di “ripassi” e ripetizioni del primo libro.

L’azione violenta è sempre molto importante, nei tuoi racconti. Più che nella media dei testi di fantascienza, a volte pare quasi di leggere un “Segretissimo”. Cosa rappresenta tutto questo per te?

La violenza? Toxic@ e Infect@ sono due noir declinati al futuro, dei Future Noir secondo l’etichetta coniata da Richard K. Morgan, normale che ne trasudino da tutti i pori. Non mi nascondo dietro un dito: adoro le storie d’azione traboccanti di bossoli e pallottole, mi riportano ai western coi quali sono cresciuto da ragazzino. Mettiamola così, un po’ semplicisticamente: i cartoon sono la mia personale elaborazione degli indiani o se vogliamo degli alieni cattivi. Il fatto è che siamo nel 2011/2032 e il mio “western futuribile” non era pensabile che mettesse tutti i buoni da un parte e i cattivi dall’altra, non sono così manicheo e nemmeno così assoluto. Quando dico “io sto con i cartoon” professo un credo che ha ispirato tutta la saga. Ma non me la sono sentita, alla prova dei fatti, di essere totalmente schierato. Ho scelto piuttosto di tenere un piede (o una zampa) in due scarpe. In fondo mi piace considerare il ciclo di Infect@ come un’opera – passatemi il termine – di fantascienza pop.

A parte il cinema, tua principale fonte di ispirazione, parliamo un po’ di letture. Chi sono i tuoi scrittori prediletti, dentro e fuori il genere? E a chi ritieni di essere maggiormente debitore, per stile?

Cinque nomi: Philip K. Dick, James G. Ballard, Richard K. Morgan, Maurice G. Dantec, Chuck Palahniuk, scrittori borderline che non hanno mai mostrato granché simpatia per gli steccati tra i generi. E fuori del genere Cormac McCarthy su tutti, nei confronti del quale riconosco una fascinazione stilistica notevole.

La fantascienza, è stato detto tante volte, è una letteratura di idee. Tu sei d’accordo o no?

Certo che sì, le idee che nascono dalla manipolazione “speculativa” del presente. Nella sua visione prospettica, la fantascienza non dovrebbe mai rinunciare alla sua funzione critica: della società, del potere, dell’economia. E’ probabilmente l’unica peculiarità che le è rimasta, ora che l’anelito al futuro permea ogni anfratto della realtà. Se togliamo alla fantascienza la sua carica propulsiva sul piano delle idee, non rimane che un guscio vuoto, destinato a essere riempito solo di sterili immagini. E il futuro non può risolversi in un banale coacervo di effetti speciali e seducenti promesse, così come ce li scodellano ogni giorno cinema, tv, pubblicità e videogiochi. La fantascienza scritta ha un obbligo morale di presidio. E per adempierlo fino in fondo deve fare pieno affidamento su quella che è stata da sempre la sua massima potenza di fuoco: le idee.

In una società sempre più tecnologica e consumistica, la sf non rischia di diventare un “bene di consumo” come tanti altri? Cosa si può fare per evitarlo?

Appunto, la fantascienza rischia di esaurirsi in un’orgia visuale senza più contenuti. In questo, il cinema e la fiction tv hanno avuto grosse colpe. E anche se i numeri sembrano dar loro ragione, penso che la fantascienza scritta debba battere altre strade e diventare più cinica: riuscire cioè a parlare al grande pubblico con storie che fondano idee, desiderio di scoperta a spettacolarità, riappropriandosi delle sue caratteristiche fondanti. Nella trasposizione tra libro e fiction c’è troppo spesso un vero e proprio saccheggio: via le idee a beneficio degli effetti speciali. Penso che si debba riequilibrare i piatti della bilancia e che stia alla fantascienza scritta fare adesso la propria parte, con coraggio. Non c’è nulla di male a essere commerciali (i vampiri hanno fatto un buon servizio all’horror, fino a quando non lo hanno saturato), ma occorre essere propositivi e non spocchiosi: molta fantascienza si è arroccata in una posizione di nicchia e si è attorcigliata su se stessa, contenta del proprio orticello da iniziati. Occorre uscire dal guscio e farlo con senso della misura e con cognizione dei propri mezzi. Il mio modesto suggerimento? Guardare al ricambio generazionale, ai lettori adolescenti, al mercato degli young adults, che tanta parte hanno avuto nel decretare il successo di vampiri, licantropi, angeli, demoni e streghe. Un po’ di consumismo non sarà mica veleno, a patto di non esserne succubi. I ragazzi sono lettori ai quali, però, si deve parlare di tecnologia con molta consapevolezza, perché sono abituati a masticarla per colazione…

Infine, quale genere di fantascienza o fantasy ti piace leggere quando sei “a riposo”?

“A riposo” non sono praticamente mai, diciamo a quale genere di fantastico mi abbevero tra un’avventura scritta e l’altra. Adoro le ibridazioni che mettano in campo due parole: futuro e thriller (o noir), ma anche lo steampunk. Mi piacciono le distopie sporche e maledette, i personaggi contaminati, ma anche il weird più lisergico. Grazie Urania per la chiacchierata, alla prossima avventura!

(a cura di G.L.)

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