J.G. Ballard
Il grande J.G. Ballard, cantore dell’apocalisse postmoderna e delle nuove frontiere dell’immaginario, nel ricordo di Giuseppe Lippi. Con in appendice una sezione F.A.Q. per chi volesse saperne di più sull’autore e sulla sua opera.
La scomparsa di J.G. Ballard dispiace per tanti motivi, tra cui la perdita dell’uomo che ha spazzato via la vecchia fantascienza e all’inizio degli anni Sessanta ne ha creata una personalissima, al limite irriducibile. Ma fra le ragioni del rimpianto vi è sicuramente il maltrattamento del Ballard gagliardo e vulcanico degli esordi a favore della figura più pacata (e più paludata, verrebbe da dire) che è emersa dal 1984 in poi, con L’Impero del Sole e titoli successivi. Dall’Impero, come tutti sanno, è stato tratto un film di Steven Spielberg e da allora si è fatto ogni sforzo per dimenticare, almeno in Italia, buona parte del Ballard visionario; tanto che l’editoria nostrana si è spaccata tra le edizioni ufficiali dei suoi romanzi mainstream (curati soprattutto da Feltrinelli, che ne detiene i diritti) e i sacrosanti ripescaggi delle opere estreme o saggistiche, come l’ottima raccolta Visioni riproposta da Shake. In mezzo, e cioè al cuore della fantascienza ballardiana, stanno soltanto i tre volumi con Tutti i racconti tradotti ecomiabilmente da Fanucci ― ma non più immediatamente disponibili e forse in via di esaurimento ― e a malapena due romanzi: Foresta di cristallo (un’occasione “remainder” da Baldini Castoldi Dalai) e Il mondo sommerso nell’Universale economica Feltrinelli. Chi vuol leggere i capolavori Il vento dal nulla e Terra bruciata deve, da anni, pazientare o procurarsi l’edizione inglese; mentre, se i formidabili racconti dovessero uscire di scena (un’ipotesi catastrofica che respingiamo con scongiuri), il pubblico sarebbe privato di un tesoro dell’immaginario. A dirla francamente, i romanzi mainstream del Ballard acclamato non sempre ci ispirano: e quando abbiamo provato a leggerne alcuni, da Super Cannes a Un gioco da bambini, ci è sembrato che fossero versioni addolcite dei grandi romanzi fantastici. Lo stesso Condominio, che Feltrinelli ha da tempo nel catalogo dell’Universale, è un buon romanzo ma nulla più e non sta alla pari del Vento dal nulla o del Mondo sommerso.
J.G., non ce ne volere: è che ci avevi abituati troppo bene. Tu sei un gran distruttore, un Icaro-Montgolfier-Wright junghiano, un annegatore di mondi con annesso brevetto di devolutore. Hai scolpito le nuvole a Vermilion Sands e a Coral-B, e quando uno scolpisce il cielo, non può più atterrare impunemente.
J.G. Ballard FAQ
In che modo Ballard ha rivoluzionato la sf?
Nei primi anni Sessanta c’è stato un forte movimento innovatore delle arti, in Europa ed anche in America. Era il frutto di alcune tendenze radicali del decennio precedente, la narrativa americana beat e quella francese del nouveau roman, un po’ surreale. Non si poteva più guardare il mondo nello stesso modo e la cosa diede risultati importanti anche al cinema, da Fellini alla Nouvelle vague. Ballard è stato un po’ il Fellini della fantascienza, e negli stessi anni in cui il maestro riminese dirigeva La dolce vita e Giulietta degli spiriti, Ballard ne concepiva la versione apocalittica: Il vento dal nulla, Deserto d’acqua (noto pure come Il mondo sommerso), Terra bruciata e Foresta di cristallo. Storie, ma meglio sarebbe dire ampie visioni, in cui non conta solamente quello che avviene ma in che modo avviene, e perché. Romanzi e racconti che sono soprattutto il ritratto di un mondo mutato, o, visto che molto spesso somigliano a sogni, di un mondo interiore.
Lo “spazio interno” teorizzato da Ballard, che cos’è?
E’ proprio questo, una dimensione interiore che tuttavia non coincide soltanto con le profondità dell’anima individuale, ma collettiva. Il romanzo realista si occupa, di solito, della psiche del singolo, mentre Ballard ― e in questo sta la natura fantascientifica dell’operazione ― si riconnette al serbatoio inconscio dell’intera umanità. E di quello che è venuto prima…
Lo spazio interno spodesterà quello esterno?
No, perché in fondo sono due facce della stessa medaglia. Lo spazio interno è il microcosmo della specie, l’anima ancestrale del mondo; quello esterno, per quanto rispettabile e maestoso, sovente si modella ai nostri occhi come una proiezione dell’altro, viene popolato dai contenuti dell’altro (almeno per noi esseri pensanti). Potremmo concludere che lo spazio interno non sia altro che il pensiero del grande universo. E il suo inconscio.
In che modo Ballard lo scoprì?
Non è che Ballard abbia scoperto lo spazio interno, come Fellini non ha scoperto la memoria. Ognuno a suo modo, i due artisti hanno sommato alcune esperienze precedenti e ne hanno fatto qualcosa di originale, un mondo narrativo. Ballard ha fatto finta, un po’ come Bradbury ma con maggior rigore, che si possa ricordare il futuro come normalmente si ricorda il passato. Il risultato è che il tempo e il mondo in cui viviamo diventano improvvisamente strani, popolati da inquietanti figure che hanno un valore misterioso, quasi sacrale. Feticci e reliquie dell’immaginazione come le rampe di lancio a Cape Canaveral, gli attentati politici visti alla televisione, o semplicemente il vecchio mondo sconvolto da catastrofi che non sono soltanto naturali, ma psichiche. Ballard è stato un maestro nel descrivere tutto questo, schegge di un altro tempo e un altro spazio impastate drammaticamente con il nostro.
Come sono le traduzioni italiane?
Quelle degli anni Sessanta sono irrimediabilmente superate ed anche parziali. Purtroppo non abbiamo ancora traduzioni aggiornate del Vento dal nulla e Terra bruciata, mentre del Mondo sommerso c’è una versione più recente. Tradurre Ballard non è facile: il periodare è lungo, le ellissi frequenti, le allusioni molteplici. Ci vuole un narratore sensibile alla materia, capace di inventare quando c’è da inventare.
Sono migliori i romanzi o i racconti?
I racconti sono stupendi, mentre i romanzi vanno divisi in due categorie: pre-Impero del sole (1984) e successivi. I successivi hanno ricevuto larghi consensi in tutto il mondo, ma sembrano spostarsi verso un’altra sensibilità: non più il futuro che assedia il presente, non le memorie di domani ma gli scandali, i delitti, le atrocità d’oggi. Questi temi già si affacciavano in opere come Crash e appunto La mostra delle atrocità. A tutto ciò si è unita, dagli anni Ottanta in poi, una vena autobiografica che nell’autore sembra avere un’importanza notevole, come l’ha avuta in Fellini.
Ma in fondo, cosa vuole questo Ballard?
Proviamo a farcelo dire da una vecchia quarta di copertina di Urania, il n. 976 Mitologie del futuro prossimo: «Con le sue allucinate e allucinanti narrazioni Ballard non finisce mai di sorprenderci, emozionarci, entusiasmarci, ma anche, diciamolo pure, di irritarci. Che cosa vuole significare? Con chi ce l’ha? Da che parte sta? Che senso hanno in definitiva le sue torbide atmosfere e le sue mortali angosce, i suoi incubi eternamente ricorrenti? Questa antologia dei suoi ultimi racconti, proprio perché spinge l’ambiguità oltre ogni limite, ci fornisce probabilmente una chiave di interpretazione. Gli incubi più neri di Ballard assolvono paradossalmente una funzione liberatoria: sono altrettanti “viaggi al termine della notte” che finiscono per riportare letteralmente (come nella storia che dà il titolo alla raccolta) “verso il sole”. Mentre è in situazioni apparentemente “rosa” (come nei “Saluti da Las Palmas”, nel “Sorriso” o nell’atroce “Riunione di famiglia”) che Ballard si riafferma come il più lucido, impassibile e spietato tra i moderni profeti di orrori».
G.L.
Posted in Fantascienza, Profili
aprile 22nd, 2009 at 08:54
Caro Giuseppe, una lieve imprecisione : i racconti di Ballard della Fanucci stanno in tre volumi. non on due…
aprile 22nd, 2009 at 09:37
Grazie per la segnalazione Jacopo. Ho provveduto a correggere. Ciao!
aprile 22nd, 2009 at 13:04
Ottimo, Giuseppe! Condivido in toto. I racconti e i primi romanzi sono le cose migliori del Ballard grande visionario. Avrebbe meritato il Nobel per la letteratura.
aprile 22nd, 2009 at 20:54
Ho letto pochissimo di Ballard e sarei curioso di leggere in UC “Terra Bruciata”.
Dovremo attendere molto?
aprile 22nd, 2009 at 21:06
a Giuseppe P.: forse dovrete attendere per sempre! I diritti di Ballard, infatti, sono controllati dalla Feltrinelli e Fanucci per i racconti. Non crediate che non ci avessimo già pensato!
aprile 22nd, 2009 at 21:08
a Fabio: concordo. Un suggerimento per i giurati del giudiziuo universale: il nobel a Ballard, poi a Borges.
aprile 22nd, 2009 at 21:58
Per G. Lippi
Dunque, la Feltrinelli e la Fanucci detengono i diritti per i racconti. OK!
Ma la Mondadori ha o non ha più i diritti per “Vento dal nulla” e “Terra bruciata”?
Le storie sui diritti d’autore sono così complicate?
Ringrazio anticipatamente.
aprile 23rd, 2009 at 20:05
Caro Lippi,
prima a Borges.
aprile 24th, 2009 at 12:04
@Giuseppe Lippi
Grazie per l’ottimo profilo dell’autore, mi permetto di dare un piccolissimo contributo ricordando il romanzo : ”Crash “ del 1973 che ispirò il film di David Cronenberg uscito nel 1996 e che vinse il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes.
Dopo aver visto il film, ma soprattutto dopo la lettura del romanzo, mi apparve chiaro che NON era un romanzo mainstream, ( infatti il romanzo L’impero del sole è del 1984 ), e che appartenesse alla produzione visionaria di Ballard .
Non era quindi un caso che il regista della trasposizione fosse Cronenberg già famoso per il suo film ”Videodrome, forse proprio per il tema della contaminazione corpo umano-macchina.
aprile 25th, 2009 at 10:06
Divertente il profilo “FAQ-style” di Ballard. Secondo me, ‘sta storia dello “spazio interno” e della “new wave” è un tritume nato dal desiderio di classificazione letteraria a ogni costo. Ho letto TUTTI i racconti di Ballard, e ce ne sono molti di fantascienza classica, altri fantastici, altri indefinibili; per non parlare dei thriller dell’ultimo periodo. A parte i geniali “Risposte a un questionario” e un “Indice” di cui non ricordo il titolo, nei suoi racconti mancano del tutto sperimentalismi o artifici letterari, c’è solo (banalmente? e non sempre) l’esplosione della psicologia interiore quale elemento cardine. Ma ciò non avviene in tutti i racconti, come anticipavo. Normalmente i suoi racconti sono semplici psicodrammi, in cui, in fin dei conti, la psicologia e le caratterizzazioni dei personaggi non sono mai così approfondite: e, aggiungo, non a torto. Non si tratta mica di trattatelli. Nel ciclo di Vermilion Sands, ad esempio, come negare che il massimo del fascino nasca dalla descrizione del paesaggio, delle bizzarre architetture, delle sculture viventi? Le etichette mi lasciano sempre dubbiosi, specie nel caso di un genio letterario tout court come Ballard. Ad esempio, come mai nessuno calca mai la mano sul suo STILE, che secondo me è eccellente? Molti hanno avuto idee geniali o perfino migliori delle sue: ma pochi (leggi Dick, che scrive come un ragazzo del primo liceo) scrivevano BENE come lui. E’ lo stile, ad esempo, a salvare “L’impero del sole” dall’essere la classica polpetta di memorie infantili, ad esempio, e a farne un capolavoro letterario in assoluto. E grazie alla sua prosa, alle sue metafore che rendono ogni azione o descrizione qualcosa “in più”, molti racconti “normali” non lo sono affatto. Cambiando discorso, a me i suoi lavori post-anni ’70 sono piaciuti abbastanza. Ma i racconti restano ineguagliabili, assieme a “Foresta di Cristallo” e “Deserto d’acqua”. Non concordo con chi esalta “Vento dal nulla”, che era abbastanza mediocre visto il resto dei lavori di Ballard..
aprile 25th, 2009 at 10:12
Dimenticavo (scusate anche gli errori di scrittura dati dalla fretta): se per “spazio interno” si intende tuttavia la metafora Junghiana di cui parla Lippi, sono d’accordo in alcuni casi. A me tuttavia ha sempre colpito maggiormente il senso di alienazione che esala dai personaggi di Ballard. L’immaginario collettivo mi sembra più una scusa usata dall’autore inglese per mettere i suoi personaggi di fronte a situazioni lunari, innaturali, per poi analizzarne le conseguenze nella loro psiche e nelle loro azioni. A mio giudizio, i migliori racconti di Ballard sono descrizioni di sogni: i suoi, forse, i nostri, quasi sicuramente.
aprile 26th, 2009 at 12:27
Concordo con Attilio. Lo stile di Ballard merita una menzione d’onore tutta sua.
7di9
aprile 26th, 2009 at 19:14
Ciao Attilio. Ti ringrazio per il tuo circostanziato intervento. Condivido il tuo apprezzamento per il Ballard “breve” e proprio a questo proposito, per apprezzare l’incidenza della sperimentazione nella sua opera, non posso che rimandarti ai condensed novel riuniti a formare quel vorticoso, disturbante affresco ipertestuale della civiltà dell’informazione che è La mostra delle atrocità.
La New Wave non è solo il frutto di una distinzione. Mi limito qui a notare che, proprio come sarebbe accaduto più avanti con il cyberspazio di Gibson, l’espressione inner space fu coniata intenzionalmente da Ballard stesso, non gli fu appiccicata addosso come etichetta. Fu uno di quei rarissimi episodi che Gibson stesso definisce “spasmi semantici” e che, estemporaneamente, sono capaci da soli di rivoluzionare le prospettive di un immaginario di riferimento.
aprile 26th, 2009 at 22:08
Non leggo nulla di Ballard da tantissimo, ma ricordo che una ventina d’anni fa feci una vera scorpacciata, soprattutto di racconti. Una cosa che ricordo distintamente era il ricorrere insistente di alcune immagini, in primis la presenza ubiqua di piscine svuotate e riempite di foglie secche. Era diventato per me un vero marchio di fabbrica di JGB e non fui sorpreso di trovarne una anche nel film “L’impero del sole”. Mi sono sempre chiesto quale significato o connotazione questa immagine avesse per lui.
aprile 26th, 2009 at 22:20
@Giovanni
Wow! Mi ero completamente dimenticato della mostra delle Atrocità. In effetti, l’ho trovato così illeggibile che devo averlo cancellato dalla mia mente. Non a caso, poi ha smesso di scrivere roba simile.
aprile 27th, 2009 at 19:47
A proposito dei racconti apparsi nei tre volumi mi permetto di consigliarli vivamente. Un esempio di come Ballard si sia cimentato in tanti testi narrativi anche molto diversi stilisticamente.
aprile 27th, 2009 at 21:52
Concordo con chi dice che Ballard era da Nobel. Se pensiamo che l’ha vinto Dario Fo, o altra gente illeggibile!
aprile 28th, 2009 at 14:28
Ciao Giuseppe, contribuisco anch’io col mio mémoire molto soggettivo(http://www.posthuman.it/index.php?option=com_content&task=view&id=189&Itemid=1), che tra l’altro linka questo qui sopra
buon tutto e a presto!
aprile 30th, 2009 at 11:07
Caro Giuseppe,
non concordo con la tua sottovalutazione dell’ultimo Ballard “mainstream” (includo infatti Kingdom Come e The Kindness of Women fra le mie opere preferite del bardo di Shepperton). In ogni caso il profilo che tracci è, come sempre, incisivo e illuminante. Perchè non colmi tu stesso la lacuna che rilevi ? In omaggio al grande scomparso, perchè non curi una nuova traduzione di Wind from Nowhere e Burned World e riproponi le due opere su Urania Collezione ? Credo saremmo in molti a rendertene grazie.
Un saluto
maggio 1st, 2009 at 14:30
[…] con un articolo dal blog di Urania a corollario del nostro post di qualche giorno fa su J.G. […]
maggio 1st, 2009 at 18:48
Ho appena finito di leggere “L’isola di cemento” di Ballard e alla fine ti resta dentro un senso di angoscia e di riflessione. Non sappiamo se il protagonista riuscirà a lasciare “l’isola” anche se ciò e nei suoi propositi.
L’autore, lascia probabilmente al lettore, la risposta e ognuno dovrà decidere secondo la propria visione della realtà e la propria immaginazione. “L’isola o lo spazio chiuso” è in noi stessi e a noi spetterà decidere di uscirne.
BRAVO BALLARD!
gennaio 2nd, 2017 at 09:24
Amo la letteratura di Ballard