Intervista ad Arno Baker – Seconda Parte

gennaio 16th, 2009

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 Continua l’intervista con Arno Baker, l’autore di “Operazione Nettuno”.

 5- A.L.- Come mai hai scelto di approfondire questo particolare evento, Mussolini e la Decima MAS in connessione con l’FBI e la storia americana?

Dopo l’11 settembre, che ho visto con i miei occhi dal momento che mi trovavo a circa un chilometro di distanza dalle Torri Gemelle, mi sono reso conto che questa città, come molte altre, era scoperta e estremamente vulnerabile. Sapevo che durante la Seconda Guerra Mondiale la situazione era la stessa e che New York era rimasta scoperta e praticamente indifesa. Gli americani si sono sempre sentiti relativamente al sicuro nel loro isolamento dal resto del mondo e non erano mai stati “attaccati” prima sul loro suolo.

Il periodo che va dal 1940 al 1942 resta un periodo molto misterioso, precedente alla guerra vera e propria: l’FBI era molto preoccupato di avere a che fare con una vasta rete di potenziali spie e sabotatori, per cui cominciò a stilare liste di stranieri potenzialmente pericolosi. I Giapponesi erano così tanto temuti in California che, anche se erano cittadini americani, vennero ugualmente internati in campi di prigionia perché il governo si aspettava che fossero leali alla loro madre patria.

Anche gli italiani vennero arrestati in gran numero, specie quelli con note simpatie per il fascismo, ma di questi episodi si sa molto meno. Tra di loro ve ne erano anche parecchi, se non di più, su posizioni anti-fasciste, specie a New York, e che speravano di vedere la caduta della dittatura. L’FBI tenne i fascisti italiani sotto stretta sorveglianza, così come fece con la grande e ben organizzata comunità di filo-nazisti nel quartiere della città di New York chiamato Yorkville. Fino a che l’Italia e la Germania non ebbero dichiarato guerra però, quattro giorni prima di Pearl Harbor, tutte queste persone erano libere di muoversi a piacimento in un America libera e democratica. L’azione nel romanzo si svolge nel 1941, nel periodo di lenta transizione tra la pace e la guerra, mano a mano che l’America si identificava sempre più con la causa Britannica e successivamente con la lotta per la sopravvivenza dei sovietici. Nella primavera del 1941 gli eventi erano sul punto di precipitare. Bisogna tener presente che durante la guerra Mussolini ebbe davvero l’intenzione di bombardare New York dall’alto con quattro bombardieri e portare un attacco sottomarino usando un super sommergibile transatlantico capace di ospitare un mini sommergibile al suo interno. Questi piani vennero discussi nel corso del 1942 ma furono presi in considerazione troppo tardi, poiché dopo la battaglia di Stalingrado, l’Asse appariva ormai chiaramente destinata alla sconfitta. L’attacco a New York non divenne mai realtà, ma i piani esistevano.

Anche i tedeschi avevano idee simili e i loro progetti sono custoditi negli archivi. New York era un bersaglio privilegiato, ieri come oggi purtroppo.

6 – A.L. – Cosa si devono aspettare i lettori dal tuo romanzo?

Per prima cosa, situazioni reali e tanti fatti storici. Alcuni dei miei lettori si sono messi in contatto con me dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti e mi hanno detto che una volta preso in mano il mio libro non si riesce a metterlo giù! Un lettore mi ha riferito di averlo addirittura terminato in una notte! Questo mi fa molto piacere perché è proprio come mi sentivo mentre lo scrivevo, anche se non è stato certo facile e ho dovuto revisionarlo più volte. Ogni volta però mi esaltavo perché scoprivo una nuova ramificazione della storia e volevo raccontare anche quella. Credo che se leggerete il libro attentamente vi accorgerete che ci sono molte altre potenziali storie all’interno di ogni capitolo e questo è un modo per dare maggior spessore all’azione. Nel libro troverete lo spionaggio delle riunioni segrete, i documenti riservati che cambiano mano, le case sicure, gli inganni e gli sbarchi clandestini, ma anche guerra sottomarina e omicidi.

7 – A.L. – Quali sono le tue influenze principali come autore? Che cosa ti piace leggere?

Principalmente leggo, per ragioni di lavoro, libri scritti da storici professionisti. Nel campo della fiction la mia influenza più grande è tuttora “Guerra e Pace” di Tolstoji che ho letto e che rileggo appena posso. La rilettura è un’attività che pratico spesso, ogni volta che trovo un libro che emerge tra gli altri. Tra gli storici italiani apprezzo lo storico militare Giorgio Rochat ma anche Renzo De Felice che si distingue per l’altissimo livello delle sue ricerche. Devo citare anche le memorie di Churchill sulla Seconda Guerra Mondiale, un capolavoro che ho letto quando ero solo un ragazzo. Fu proprio quel libro che mi spinse a saperne di più sulla guerra; tra le fonti ci sono anche Denis MacSmith e MacGregor Knox in Inghilterra e alcuni altri autori americani che hanno scritto lavori molto buoni sull’argomento. Mi sono interessato parecchio anche alle memorie dei comandanti di sottomarini nella Seconda Guerra Mondiale e del Comandante Borghese in particolare, specialmente per le sue descrizioni delle azioni nel Mediterraneo. Altri libri sulla guerra sottomarina hanno rivestito notevole importanza. Devo aggiungere che, proprio mentre stavo per ultimare il libro, ho avuto l’opportunità di recarmi all’Imperial War Museum di Londra dove ho visto un “Maiale” originale per la prima volta, l’SLC del romanzo. Si è trattato di un’esperienza eccezionale e proprio grazie a quella visita sono stato capace di descrivere il mio “Maiale” in maniera più realistica.

8 – A.L. – Cosa ci puoi anticipare riguardo ai tuoi progetti futuri? Scriverai ancora sulla Seconda Guerra Mondiale o cambierai scenario?

Il mio prossimo romanzo è praticamente ultimato e si intitola “Code Name: Kalistrat”. Una storia di spionaggio ambientata durante Guerra Fredda, sui segreti della bomba atomica e le spie Rosenberg, operative a New York. “Kalistrat” era il nome in codice dell’ufficiale del servizio segreto sovietico che teneva i contatti con Julius Rosenberg. Dopo di questo sono in arrivo altri due libri, di cui uno relativo all’Italia del 1944. Per adesso però è ancora tutto segreto!

9 – A.L. -Grazie per la conversazione Arno, sono sicuro che i lettori di Segretissimo saranno ansiosi di cominciare il tuo libro e che non vedranno l’ora di leggere i successivi. C’è qualcos’altro che vuoi aggiungere?

Mi piacerebbe conoscere le opinioni dei lettori sul Blog, ogni critica sarà ben accetta! Grazie!

A.L. Grazie a te, alla prossima intervista!

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Intervista ad Arno Baker – Prima Parte

gennaio 13th, 2009

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Cari lettori e lettrici,

Inauguriamo la rubrica “Black Ops” per il 2009 con un’intervista in esclusiva (in due parti) ad Arno Baker, autore del libro “Operazione Nettuno” che potete trovare proprio in questi giorni in edicola. I miei ringraziamenti per quest’intervista vanno ad Arno Baker, a Robert Miller editor della Enigma Books e a tutto il suo staff. Voglio precisare che l’intervista è avvenuta in modalità “offline” grazie a Mr. Miller e quindi non sarà possibile rivolgere  ulteriori domande all’autore.

 

1 – A.L. – Salve Arno, benvenuto sul Blog di Segretissimo Mondadori e grazie per averci concesso questa intervista. Per prima cosa, che ne diresti di presentarti ai lettori italiani? Parlaci un po’ del tuo background…

É un vero piacere poter comunicare direttamente coi lettori italiani. Sono in parte di origine europea (italiano e francese) e in parte americano (di discendenza russa) e sono un insegnante di storia moderna. Ho vissuto a New York sin da bambino, città in cui mi sono trasferito dal vicino Connecticut dove mio padre esercitava la professione di avvocato. Da lui ho ereditato la passione per i dettagli e la ricerca tipiche del suo lavoro e ciò mi è stato di grande aiuto nello scrivere le mie storie.baker2.jpg

Ho sempre viaggiato con regolarità e conosco l’Europa di oggi e anche altre parti del mondo dove, durante le mie visite, mi reco per cercare luoghi storici, monumenti e, quando mi viene concesso uno sguardo ravvicinato e posso spulciare gli archivi, anche biblioteche. Nel corso degli anni mi sono specializzato in vari argomenti storici, tra cui l’Italia del periodo fascista. A partire dal 2005 mi sono recato alla New York Public Library per svolgere un’altra ricerca e mi sono imbattuto in parecchi documenti relativi alla storia d’Italia e specialmente relativi agli italo-americani a New York, sia nel periodo immediatamente precedente che durante la seconda guerra mondiale. Molti di loro erano antifascisti ma altri erano invece simpatizzanti e i due gruppi sono stati ai ferri corti per parecchio tempo. Dal ritrovamento di questo materiale è scaturita la primissima idea per questo romanzo. Cerco sempre situazioni nelle quali sono possibili diversi scenari che in grado di modificare leggermente la nostra conoscenza degli eventi. Per cominciare comunque ho sempre a portata di mano il materiale di base che uso per la mia professione.

2 – A.L.- Quanto del tuo romanzo è storia, e quanto è invece invenzione narrativa?

Sono certo che gli storici della Seconda Guerra Mondiale individuerebbero immediatamente i punti in cui la narrazione si distacca dai fatti: la mia storia ha un punto di partenza reale e mi sono sforzato di rimanere il più realistico possibile, in modo da non far apparire l’invenzione come pura fantasia ma piuttosto come una scoperta di fatti nuovi. Gli storici dicono sempre, a ragione, che la Storia non si può scrivere coi “se”: contano solo i fatti, non le loro eventuali e possibili modificazioni. Il romanzo mi concede la libertà di immaginare quei “se” e costruirci attorno  una storia, mi auguro appassionante. Un amico e collega scrittore in Inghilterra ha letto il mio libro ed è stato in grado di evidenziare tutti i momenti chiave in cui la Storia si sarebbe potuta modificare nel modo in cui avviene nel romanzo. La fine resta la stessa, per cui non si tratta certo di “storia alternativa” quanto piuttosto di una “possibile alterazione”.

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3 – A.L. – Potresti presentarci velocemente i personaggi? Le figure storiche reali avranno un ruolo attivo?

Il racconto è basato su due verità storiche: la spaccatura all’interno della mafia italo-americana, in cui una parte era a favore degli Stati Uniti mentre un gruppo più piccolo seguiva Mussolini avendo mantenuto rapporti più stretti con l’Italia durante il Fascismo, unita al fatto che L’Italia aveva previsto l’ingresso dell’America nel conflitto accanto agli alleati.

I personaggi principali sono: il capitano della Marina Italiana Federico Spada, esperto in sabotaggi e con un’ottima conoscenza degli Stati Uniti: Spada è lui l’uomo chiave, scelto per condurre il team di incursori della Decima MAS nella missione di attacco al porto di New York. Nello schieramento opposto agisce Willy Anderson, l’agente dell’FBI sulle sue tracce. Si tratta di un “novellino”, ma con una caratteristica rara: cresciuto in un quartiere italiano a New Haven, in Connecticut, durante gli anni della Grande Depressione, ha imparato l’italiano di strada, perfezionando poi la lingua durante i suoi anni al college. Per questo motivo venne assegnato alla sorveglianza e allo spionaggio di diplomatici a New York. Ricordiamoci che a quei tempi non esistevano le Nazioni Unite e New York non era certo la città cosmopolita di oggi: gli stranieri erano molto più visibili in quella situazione. Gli altri personaggi sono ugualmente affascinanti spie, diplomatici, gangster, ammiragli, ma anche Benito Mussolini, Galeazzo Ciano, Adolf Hitler, Franklin Roosvelt, J. Edgar Hoover, Josif Stalin e molto altri appaiono nel loro vero ruolo storico. Spesso uso le loro esatte parole, così come le ho rinvenute nei diari e nelle memorie, e in situazioni che si sono verificate realmente ma con i cambiamenti apportatiper finalità narrative.

4 – A.L. – Quali fonti hai utilizzato, e adoperi di solito, per scrivere i tuoi libri?

Comincio sempre dai documenti storici: ad esempio il diario di Ciano, una fonte davvero preziosa, e resoconti che descrivono i personaggi importanti come venivano visti all’epoca da quelli con cui venivano a contatto e che poi ne hanno lasciato testimonianza. La maggior parte di questi testi, di diplomatici e giornalisti, sono disponibili nei vari archivi e nella maggior parte dei casi non sono mai stati pubblicati anche se gli storici vi fanno spesso riferimento. Ho sempre cercato gli originali e ogni volta che ho trovato un dettaglio rivelatore che mostrava il “vero” Mussolini, o Roosvelt oppure Stalin, l’ho inserito nel contesto del mio thriller.

…Continua tra qualche giorno!

 

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Intervista a Luis Piazzano, di Fabio Novel

dicembre 19th, 2008

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Cari lettori e lettrici: torna l’appuntamento con “Black Ops” e con l’approfondimento. Doppio ospite questo mese: Fabio Novel, vero esperto di spy-story e spy-fiction nonché già curatore dello speciale estivo Legion, intervista Luis Piazzano, autore storico di Segretissimo e in edicola con “Destinazione Qumran”.

 Luis Piazzano, da Kabul a Qumran.

 Intervista a cura di Fabio Novel

 

Articolo in collaborazione tra ThrillerMagazine e Segretissimo Mondadori Blog

Dopo sei anni di assenza, con Destinazione Qumran, è tornato in edicola Luis Piazzano.

Caro Luis, benvenuto su ThrillerMagazine e sul Blog ufficiale di Segretissimo/Mondadori, collana alla quale hai contribuito con svariati romanzi, negli ultimi vent’anni. Credo però di non sbagliare affermando che questa potrebbe essere la prima intervista che rilasci nel web. E, forse, una delle poche che hai rilasciato in assoluto…

 

Sì, certo. Non rilascio mai interviste. Sono un poco schivo a parlare di me, ma nel vostro caso si può fare uno strappo alla regola, con piacere.

 

Prima di passare ai tuoi romanzi, puoi raccontarci qualcosa di te? C’è sempre curiosità rispetto agli scrittori che stanno dietro ai loro romanzi…

 

Sono di origine cilena, padre italiano, piemontese, e madre pura cilena. Sono nato a Santiago e tutta la parentela da parte di madre vive là. Siamo venuti in Italia prima dell’ultima guerra e ce la siamo sorbita tutta. Rimasti in Italia ho completato qua i miei studi, laureandomi in scienze geografiche e seguendo un master di tema ambientale, professionale engineer, negli USA; ho lavorato per più di 35 anni col Corps of Engineers dell’US Army con mansioni tecnico manageriali su progetti e costruzioni militari nell’ambito del bacino mediterraneo, in Medio Oriente e nel Sud Europa, basi USA in Italia incluse. Iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti sin dal 1972, ho diretto un paio di testate periodiche e scritto saggi e libri sulla seconda guerra mondiale. Ho la ventura di conoscere sei lingue, ho viaggiato molto e ho, tra l’altro, spesso sconfinato al di là del fu muro di Berlino nei tempi oscuri di quella zona.

 

Passiamo a parlare della tua narrativa. Partiamo dal passato: dal tuo esordio in Segretissimo, nel 1989. Sto parlando del romanzo Kabul Kabul, la prima apparizione di Luc Della Rocca & Co. Come sei approdato in collana? E come sono nati i tuoi personaggi, e quella trama in particolare?

 

Ho sempre prediletto nelle mie letture i romanzi di spionaggio, anche se la mia curiosità e voglia di sapere mi ha fatto fare indigestioni letterarie di ogni tipo. L’idea di un romanzo di spionaggio mi venne, all’epoca, dopo aver letto moltissimi libri di Segretissimo. Mi piacevano; alcuni meno, altri di più, una bella collana insomma, con autori ben preparati e intelligenti.

 

Nel 1991, Luc Della Rocca torna in scena, in missione in Pakistan (scenario del 1988, subito dopo la morte, difficilmente “accidentale”, del dittatore Zia), dove sventa un complotto contro Benazir Bhutto. Seguono, negli anni successivi, altri romanzi: Allarme Vaticano, Fuga dall’Inferno, Il sopravvissuto, Le carte somale, Missione Afrika… Sino a Missione Double Face, del 2002. Tra questi titoli, c’è qualcuno che ti è più caro, o che ritieni meriti una menzione d’onore, per una ragione o l’altra?

 

Menzione d’onore? Troppo buono. No, l’uno può valere l’altro. I miei romanzi nascono, si può dire, da fatti reali, da avvenimenti apparsi sulle cronache mondiali, da situazioni esistenti, tutta roba che viene a darmi il là per una storia inventata che orbita attorno ad un reale, che vi si compenetra e che poi si risolve sub specie sua lasciando, ovviamente, il reale da cui ha attinto tale e quale era.

 

E veniamo finalmente a Destinazione Qumran? Senza privare in alcun modo il lettore del piacere della lettura, anticipando troppo, puoi raccontarci comunque qualcosa di questo inedito?

 

Il terrorismo, come spiego anche nelle pagine del mio romanzo, si sta evolvendo, tenta di lasciare i metodi cruenti, plateali, per spostarsi su un piano più sottile, infido, alterando quelle che possono essere le basi culturali, eitche, religiose di un popolo, di un mondo, quello occidentale ad esempio, per screditare un credo, capovolgere la tradizione, trovare il rovescio di una medaglia che può essere aurea nel recto e bronzea nel verso. Gli effetti potrebbero essere sconvolgenti, devastanti. Non dico altro.piazzano.jpg

 

Qualche parola sui tuoi protagonisti: Luc Della Rocca, il colonnello Steiner, il capitano Giuseppe Gavini…

 

C’è una certa rispondenza con personaggi reali… ma perché scoprire le carte? Prendiamoli per quello che sono nella loro presentazione, ed essi possono essere chiunque, fors’anche l’appassionato lettore della serie…

 

Com’è cambiata la spy fiction, da quando la leggi e la scrivi?

 

E’ forse divenuta un po’ più cruda, più spiccia e fredda semmai, anche se nel narrato appaiono effetti speciali, tra virgolette. Un tempo era più statica, salvo dinamicizzarsi con la serie fortunata di Bond. In Segretissimo l’azione è stata però quasi sempre preponderante. Personalmente prediligo personaggi umani, con tutte le loro debolezze, timori, tic, speranze e amori, fortunati o meno. Sono per una storia dove domini il raziocinio e il cerebrale pur concedendo alla trama movimento e colpi di scena, intrigo, proprio così: un bel intrigo.

 

 E il tuo modo di proporre spy story, è anche in qualche modo mutato?

 

Ho cercato solo di migliorare, spero, magari con velleità più letterarie e temi più profondi.

 

Quali comunque reputi essere gli elementi distintivi della tua narrativa spionistica?

 

Distintivi? Non saprei. I miei eroi sono una squadra. Le missioni sono dalla parte dei “buoni” e il finale, alle volte sofferto e drammatico, li ritrova sempre integri e insieme pronti per una nuova avventura.

 

Sfoglio il tuo dossier… Da appassionato anche di SF non posso non notare che hai scritto anche racconti di fantascienza. Già nel 1961 pubblicasti per la gloriosa Oltre il cielo. L’ultima tua apparizione fantascientifica potrebbe essere un tuo racconto in appendice ad Urania, del 1989. Quella per la fantascienza è una passione che rimane, almeno da lettore? Leggi ancora Urania?

 

 Non leggo più la SF, però mi piace e un bel film di fantascienza mi attrae sempre. Nei miei racconti di SF, ne ho scritti molti per giornali quotidiani, avevo il pallino dell’assurdo, del paradosso, una ricerca metafisica nella natura umana e nell’essenza delle cose, quindi né mostri alieni né avventure troppo avveniristiche. La SF credo esista già nel nostro mondo, nel nostro vissuto, solo che non la vediamo per il limite datoci dai nostri sensi e dalla nostra ragione.

 

Spionaggio: cinema e TV. Che ci dici a riguardo? Cosa ti piace di più? Ha lo schermo influenzato in qualche modo i tuoi romanzi?

 

Mi piacciono le spy stories in TV, quasi tutte, e in verità l’idea di una spy story viene sì influenzata dal piccolo o dal grande schermo, ma anche dai giornali e dalla cronaca, dalla vita reale se non proprio dal vissuto e – perché no? – dall’esperienza.

 

Pensi che le tue storie di spionaggio potrebbero venir sceneggiate, magari per la TV?

 

Saprei scrivere una sceneggiatura, certo. E poi sono prodotte in TV fictions sulla Polizia, i Carabinieri, la Guardia Costiera, i Finanzieri, i Vigili del Fuoco, perché non sui Servizi, sul loro mondo occulto e duro di veri combattenti a protezione degli interessi e dei diritti di una nazione, del nostro mondo occidentale?

 

Qual è la forza della spy fiction?

 

Credo sia il movimento, il respiro, l’ambientazione, l’umanità dei suoi protagonisti, l’intrigo e la ricerca ragionata che coinvolgano il lettore fino alla soluzione del problema.

 

Hai altri progetti narrativi in cantiere?

 

Ne avrei molti, anche di altro genere, ma la loro realizzazione richiede tempo e convinzione, ed un editore a cui tu vada a genio.

 

Saluto e ringrazio Luis per la chiacchierata. Alla prossima!

 

Saluti e Buone Feste. Grazie di tutto e… ci sentiamo presto!

 

 

Ricordiamo ai lettori che Destinazione Qumran sarà disponibile in edicola per tutto il mese di dicembre.

Fabio Novel

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Intervista a Brent Ghelfi

novembre 17th, 2008

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Cari lettori e lettrici: come promesso, continua lo speciale dedicato al nuovo acquisto della famiglia di Segretissimo, Brent Ghelfi. La sezione Black Pps si arricchisce di un’intervista che Brent ci ha gentilmente concesso in esclusiva: nell’occasione lo ringrazio per la simpatia e la disponibilità che ha dimostrato.

Alessio Lazzati – Benvenuto sul Blog di Segretissimo Brent! Per cominciare, perché non ci parli del protagonista del tuo romanzo, Alexei Volkovoy, “Volk”: chi è? Come l’hai ideato?

Brent Ghelfi –  Grazie per avermi invitato a partecipare al blog! L’ispirazione per Alexei Volkovoy mi è venuta durante un viaggio a Mosca. Erano le quattro del mattino circa di una giornata nebbiosa e stavo osservando la Piazza Rossa da una stanza del National Hotel.

Notai un uomo con un soprabito nero che procedeva spedito verso il Mausoleo di Lenin. Sembrava sparire e riapparire mentre avanzava tra le luci e le ombre. Oltrepassò i posti di blocco e i soldati di guardia al mausoleo senza mostrare nessun documento, quindi svanì per un’ultima volta, all’improvviso, come se fosse stato inghiottito dalle mura rosse del Cremlino.n246191.jpg

Mi chiesi chi fosse. Un civile? Un militare? O forse una specie di spettro in bilico tra entrambi i mondi? Quell’uomo divenne Volk. Oscuro, violento, disperato – sotto molti aspetti, una metafora della Russia moderna.

A.L. – Viene spontaneo chiederti: sei americano, per quale motivo hai deciso di ambientare una storia in Russia? Cosa la rende così affascinate?

B.G. – L’ inizio della mia per la la Russia risale alla fine degli anni settanta, quando lessi i grandi narratori russi e conobbi i loro scrittori di racconti brevi. Il nome Volkovoy viene da un personaggio (una guardia carceraria) di un classico di Solženicyn, “Un giorno nella vita di Ivan Denisovič”.

Visitai la Russia per la prima volta all’inizio degli anni ottanta, quando ero ancora uno studente. Ne ricavai una complessiva sensazione di grigiore. Palazzi minacciosi, cittadini pallidi vestiti di scuro, corridoi dall’aria viziata, un bagno in comune con il pavimento di piastrelle coperto d’acqua stagnante, cibo dal sapore aspro.

In seguito, vi ritornai spesso, sia come turista che per lavoro. Mi innamorai della cultura e della storia. Vi erano molte cose non buone, ma tutte interessanti.. Osservai la nazione che cambiava, specialmente le grandi città. Solo di recente mi sono reso conto che la Russia è perfetta per ambientarvi delle storie. Selvaggia, strana, triste e imprevedibile.

A.L. – Il tuo romanzo ci mostra un personaggio femminile molto forte e importante, Valya Novaskaya: ci dici qualcosa in più su di lei?

B.G. – L’apparizione di Valya in una delle prime scene, quando giunge in aiuto di Volk con un fucile a pompa, e una descrizione in particolare – “I capelli decolorati sino a diventare bianchi sparano un riflesso simile a un’aura”- ha cristallizzato il personaggio nella mia mente come l’angelo custode di Volk. Valya è sicura di se, curiosa, fiera e per certi punti di vista immatura. Per usare le parole di Volk, è anche “eterea”, con una sorta di aura soprannaturale. Con la possibile eccezione del boss Maxim, Valya è il personaggio che mi è piaciuto di più scrivere subito dopo Volk.

A.L. – Il tuo romanzo appartiene a una tipologia molto moderna di thriller d’azione, in cui non esiste una netta divisione tra buoni e cattivi, ma potere e denaro sono in grado di modificare le alleanze molto rapidamente. Quanta analisi del mondo reale c’è dietro alla creazione dell’ambiente in cui opera Volk? Deriva da una effettiva conoscenza della situazione russa?

B.G. – L’ambiguità morale che permea il romanzo deriva dalla sensazione che la Russia sia sempre ad un bivio. E’ Oriente o Occidente? In pace o in guerra? Un repubblica o una dittatura? Il bene e il male non hanno contorni definiti in Russia, e ciò si rispecchia nel mio romanzo.ghelfifront.jpg

Nel corso dei miei viaggi in Russia ho potuto constatare questa ambiguità nella gente che ho incontrato: ex-interpreti dell’era sovietica ed ex agenti del KGB, veterani della guerra in Cecenia, vecchie babushkas e studenti idealisti. Stalin viene osannato e maledetto al tempo stesso da tutti loro. L’interventismo di Putin in Cecena e, più di recente, in Georgia, è visto come un bene finché può servire a fare in modo che la Russia riacquisti un ruolo da protagonista sul palcoscenico mondiale. L’omicidio della giornalista Anna Politkoskaya e dell’ex agente dell’FSB Aleksandr Litvinenko sono stati considerato con leggerezza da molta gente. Eppure al tempo stesso, in tanti sembrano aspettarsi qualcosa di meglio dai loro leader e dalla loro patria.

Volk rispecchia queste sensazioni contrastanti. Ha vissuto attraverso la trasformazione della Russia ed è sopravvissuto a una guerra in Cecenia. Ha visto il bene e il male, e si trova intrappolato in un’ambigua zona d’ombra.

A.L. – Abbiamo sempre più l’impressione che, dopo alcuni anni, la Russia stia ridiventando sempre più un scenario affascinante e adatto per le storie d’azione e spionaggio, secondo te per quale motivo?

B.G – La Russia è un paese pieno di mistero e – specialmente col suo arsenale nucleare intatto e i recenti sforzi per ricostruire la propria potenza militare – spaventoso. Terminata la guerra fredda, i romanzi sulla Russia hanno dovuto mutare per riflettere quella realtà. C’è voluto un po’ di tempo per adattarsi al cambiamento. Credo che la gente stia vedendo la Russia risorgere (cavalcando l’onda del la ricchezza generata da petrolio e gas), e si sia resa di nuovo conto di che scenario perfetto possa essere per la narrativa. Un luogo dove la storia, la cultura, la ricchezza, lo stile di vita, la religione e la politica si scontrano. Specialmente adesso che ha cominciato a riaffermarsi sulla scena internazionale, è tornata ad essere terreno fertile per il thriller d’azione e le storie di spionaggio.

A.L. – La caduta del comunismo, l’ascesa rapida del nuovo capitalismo e un immenso potere economico concentrato nelle mani di pochi (insieme allo sviluppo della criminalità organizzata, la cosiddetta maffya) avrà cambiato rapidamente e in profondità la “mappa criminale” e la società stessa: sei d’accordo?

B.G – Si. Non riesco a pensare a un’altra nazione che abbia subito un cambiamento così radicale in così poco tempo (senza che ci fosse di mezzo una catastrofe naturale o una sconfitta militare). La perestroika fallì nel suo scopo di ravvivare un’economia in crisi. Il Muro crollò. Il velo grigio dello stato sovietico è stato strappato, il rublo è andato a fondo. Il comunismo si è trasformato in un capitalismo “a mano armata” governato da ex militari, guerrieri ombra del KGB ed ex apparatchiks del Partito. La Russia è diventata un luogo in cui i giornalisti e gli oppositori politici vengono assassinati, le multinazionali occidentali vengono espulse per favorire gli oligarchi spalleggiati dal Cremlino, e le altre nazioni vengono invase per proteggere i rifornimenti di petrolio e i gasdotti.

A.L. – Tornando al romanzo, cosa deve aspettarsi il lettore da “L’Artiglio del Lupo”? E, se ne hai naturalmente,  quali sono i tuoi riferimenti come autore?

B.G. – I lettori si devono preparare per un viaggio attraverso Mosca e San Pietroburgo dei dei nostri tempi. La storia è raccontata in prima persona, al presente, cosa che trasporta immediatamente il lettore sulla linea di fuoco. A mio parere è il libro giusto per chi ha apprezzato i libri di Martin Cruz Smith con protagonista Renko e che vuole incontrare un personaggio che vive dall’altro lato della legge nella Russia moderna, e per gente che apprezza i thriller internazionali più duri, quelli che ti fanno vedere il mondo in un modo diverso.

Per quanto riguarda i miei gusti personali, apprezzo i mystery-thriller di Le Carré, Lee Child, Greg Iles, James Lee Burke, James Sallis, Alan Furst e Ken Breuen, e anche grandi del passato del calibro di Dashiell Hammett, Raymond Chandler, Jim Thompson, Chester Himes e Ed McBain. Potrei continuare in eterno con questa lista!

A.L. – So che negli Stati Uniti è già uscita la seconda avventura di Volk, già opzionata per Segretissimo: hai in programma un terzo episodio?

B.G. – Il secondo volume intitolato appunto Volk’s Shadow è uscito quest’estate e spero che lo possiate leggere presto in Italian. Il prossimo libro, intitolato The Venona Cable, vede Volk investigare sull’omicidio di un americano in possesso della decrittazione di un cablogramma della Seconda Guerra Mondiale. Per procedere nell’indagine, Volk deve scoprire perché quel cablogramma del 1943 sia ancora importante oggi.n253984.jpg

A.L. – Ok Brent, grazie della chiacchierata: qualcosa da dire hai lettori italiani?

B.G. – Sono orgoglioso di essere pubblicato in Italia. I miei nonni paterni e materni erano italiani e la vostra è una delle nazioni più belle e accoglienti al mondo. Spero che “L’Artiglio del Lupo” sorprenda ed emozioni tutti i mei lettori italiani!

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