Visti con il Professionista/3: Spy Game
VISTI CON IL PROFESSIONISTA: I CLASSICI DEL CINEMA DI SPIONAGGIO
SPY GAME
A cura di Stephen Gunn
Praticamente un “bigino” sulla storia dello spionaggio dagli anni ‘70 al ‘91. Con la caduta dell’URSS sembrano cadere i blocchi e la ragion d’essere dello spionaggio come è stato inteso durante la Guerra fredda. Ma gli uomini sanguinano e non si rassegnano. Soprattutto ad abbandonare gli amici. Perché questo film, diretto con un’eccellente controllo di ogni singola immagine da Tony Scott, è soprattutto una storia d’amicizia tra il vecchio agente Nathan Miur (Redford) e il suo giovane e bizzoso allievo Tom Bishop (Pitt). Di mezzo c’è un pezzo di storia, tutto il marcio del mondo dello spionaggio e i suoi compromessi e anche una donna, Elizabeth Headley ( Catherine McCormack), pomo della discordia in un’operazione che da professionale si trasforma in un massacro.
L’inizio sembra Mission Impossibile. Nel carcere di Sou Chu, in Cina, un gruppo di agenti della CIA si fingono medici per vaccinare soldati e reclusi nel corso di un’epidemia di colera. Invece Bishop sta realizzando una rocambolesca operazione per recuperare la donna che ama, venduta dalla CIA ai cinesi. Ne combina di tutte ma viene catturato.
Non basta, l’operazione l’ha concepita da solo e, a meno che Langley non lo dichiari agente catturato in azione, sarà giustiziato entro ventiquattro ore.
Alla sede della CIA cercano ogni pretesto per lasciarlo alla sua sorte. Cina e USA sono al tavolo di un delicato meeting economico e nessuno vuole scandali.
Nathan Miur dovrebbe avallare la linea dei pezzi grossi confermando che Bishop è solo un assassino. Ma, nel suo ultimo giorno prima della pensione, Miur proprio non ce la fa. Contro tutto e tutti, in particolare un odiossissimo funzionario in giacca e cravatta – simbolo del potere costituito – Miur ingarbuglia le carte.
Mentre in sala riunioni rievoca la storia di Bishop sin dal suo reclutamento in Vietnam, fa di tutto pur di salvargli la pelle. Arriva a impiegare fondi propri e a organizzare un’operazione clandestina che porterà alla liberazione di Bishop ed Elizabeth all’ultimo minuto. Ma il fulcro del film è la ricostruzione (con qualche piccola imprecisione. L’azione a Berlino è introdotta da un brano dei Dire Straits che risale a cinque anni dopo…bazzeccole!) delle principali azioni nere della CIA durante la Guerra fredda. Bishop e Miur si conoscono a Da Nangm in Vietnam, e la vecchia volpe della CIA prova subito stima per il ragazzino dalla mira infallibile e la faccia da fotomodello.
Bishop vive con il suo “spotter” locale in una zona riservata del campo, mangia cibo vietnamita e questo dettaglio rivela in lui doti innate. Sul campo il suo odore si fonde con quello del nemico. Con sottile abilità Miur manipola Bishop a Berlino prima isolandolo poi offrendogli un posto nell’Agenzia.
Primo in addestramento sul campo, Bishop è sin troppo umano. Al punto di contravvenire alle regole dell’amico mentore. Dopo una furiosa lite in seguito a un’operazione dai due lati del Muro(che atmosfera…) passiamo al blocco centrale della vicenda. Beirut, anni ‘80. Scott fotografa una città in fiamme dove la CIA fa e disfa, progetta attentati tra cannonate, colazioni sotto il tiro dei cecchini, campi profughi e infidi alleati. Compare la bella Elizabeth, militante schierata con un brutto conto da regolare con i Servizi cinesi. L’omicidio dello sceicco Salameh (uno degli autori della strage di monaco, sfuggito al commando del Mossad… presente anche in Munich di Spielberg) viene ricostruito con precisione, mescolato a rovelli e contrasti personali. Miur ammonisce il suo protetto di mantenere un distacco professionale da Elizabeth. Niente da fare.
Li vediamo salutarsi, i due amici, con freddezza e rimpianto in partenza per differenti destinazioni. Bishop non sa che la CIA ha deciso di “regalare” Elizabeth ai cinesi e che, dell’ignobile baratto, è responsabile Miur. In una scena tagliata nella versione per le sale ma presente negli extra del DVD, vediamo Miur costretto a prendere la difficile decisione. In sala intuiamo la verità da uno scambio di sguardi tra lo stesso Miur e Troy, il vice direttore della CIA, che, alla fine, gli copre le spalle proprio perché l’agente ormai in pensione si assume la responsabilità di quella porcheria. Il film è tutto un intreccio tra tradimenti, senso del dovere, amicizia, amore e ben calibrate scene d’azione. Se pure l’operazione “Cena fuori” con cui Bishop viene salvato dalla Delta Force Americana abbia qualcosa di poco realistico in una vicenda al contrario improntata sul realismo, resta uno dei migliori film di spionaggio degli ultimi anni. Redford in particolare gioca al meglio la sua faccia rugosa che lo spettatore si è abituato negli anni a identificare come quella di un paladino dei diritti civili. Inevitabile il rimando a I tre giorni del Condor e a Tutti gli uomini del presidente.
Brad Pitt ha ancora il cipiglio del ragazzino selvaggio di “L’ombra del diavolo”, ma l’accoppiata con Redford funziona meglio di quella con Harrison Ford. Catherine McCormack è particolarmente aderente al ruolo della “pasionaria”, occidentale innamorata delle cause nobili e perse, non immune al fascino fanciullesco di Pitt. Siamo lontani dal fascino perverso che aleggia intorno alle figure femminili nei film di spionaggio ma è una presenza femminile di peso che un po’ ricorda Diane Keaton in La Tamburina.
L’azione intercalata tra presente e passato, tra i labirintici uffici di Langley e ben ricostruite location d’ambiente aggiunge valore a una sceneggiatura essenziale ma perfettamente lineare nel suo svolgimento.
Di tutto il film, però, la sezione più interessante risulta la ricostruzione della guerra civile in Libano, uno scenario che credevamo appartenere al passato, alla Guerra fredda appunto, ma che in questi tempi è tornato tristemente di attualità.
SCHEDA TECNICA
Genere: Guerra fredda
SPY GAME (Spy game, USA, 2001)- regia di Tony Scott- Sceneggiatura originale: Michael Frost Beckner e David Arata- Durata 122’- Robert Redford : Miur – Bradd Pitt: Tom Bishop- Catherine Mc Cormack: Elizabeth Headley . Realizzato dalla Universal, il Dvd è reperibile dal 2002 in varie versioni a uno o più dischi.
Posted in Cinema e TV, Visti con il Professionista
marzo 14th, 2009 at 18:28
è vero, anche io l’ho trovato un buon film, a parte il rocambolesco salvataggio dell’ultimo minuto, che forse è l’unico elemento un po’ sopra le righe, il film ti tiene inchiodato ed è veramente uno degli ultimi film ‘buoni’ di spionaggio degli ultimi anni e che mi pare introduca in primo piano, anche questi free-lance dello spionaggio come Bishop, se ben ricordo.
marzo 15th, 2009 at 11:00
Sì concordo. a volte penso che,per tutta l’ultima parte ci sarebbe voluto almeno un segmento di 20 minuti di più sull’organizzazione del colpo e le sue fasi, dove però non erano in scena Bishop e Miur e questo sotto un profilo cine-narrativo forse era un problema. peril resto il film si muove bene tra rievocazioni e anticipazioni di quello che è diventato il mondo dello spionaggio. Insomma un buon pezzo di divertimento cinematografico da collezionare.
marzo 16th, 2009 at 09:59
Anche a me era piaciuto come film,la parte centrale Beirut molto bella ed evocativa.
Sul finale con UH60 nel pieno centro di Bejing non mi ha convinto allora e continua a stonare ora.
erni
marzo 18th, 2009 at 19:40
Bel film, sopratutto i flashBack nel libano anni 80, ovviamente il finale è un o un americanata assolutamente fantascentifico (gli Uh60 non avrebbero fatto un metro nello spazio aereo cinese..)
marzo 28th, 2009 at 13:26
Gran film.
Uno dei migliori film di spionaggio degli ultimi anni.