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Archivio articoli contenenti il tag: ‘libri’

Tra elfi e nani…

scritto il luglio 5th, 2010 da alphabetcity

Maria ci racconta di un mondo magico, misterioso e inesplorato, accende la nostra curiosità per un luogo che non conosciamo: la terra di  Remsly

L’incontro

Julian arrivò sbadigliando nella piccola cittadina, tirava qualche ciottolo coi piedi e osservava di tanto in tanto le poche figure che si muovevano nella silenziosa Remsly.

Lui era nato lì, ma ci aveva vissuto troppo poco per ricordarsi di quella desolazione. –Che noia qui– sbottò e intanto cercava di farsi strada tra la nebbia che si infiltrava per le vie. –Beh cosa ti aspettavi da Remsly? Questa è la terra delle creature dimenticate, non è luogo per quelli come te– Disse una voce femminile alle sue spalle. Julian si voltò di scatto –Eppure io son nato…– le parole non vennero fuori, una strana ragazza era li, di fronte a lui, lunghi capelli scuri, occhi neri che brillavano di uno strano chiarore, la pelle di un colorito grigiastro e due orecchie insolitamente lunghe e appuntite. Non era umana, ma era di una bellezza sconosciuta.

La ragazza rise nel vedere lo stupore del giovane –Era appunto questo di cui ti parlavo straniero. Qui non troverai quelli come te, per voi sarebbe impossibile viverci, a stento puoi vedermi– Lo guardò a lungo, spaesato, incredulo, lo afferrò per un polso –Per questa sera starai da me umano– Julian si lasciò portare, non disse nulla, “altre creature” pensava, chi e cos’era quella ragazza, cos’era successo alla vecchia Remsly, tante domande e nessuna risposta.

Giunsero ai margini del bosco, una piccola casa li attendeva, semplice ma comoda per una o due persone. Lei iniziò a frugare tra le provviste, le sembrava scortese non offrire un pasto al suo ospite –Domani quando il sole sarà alto e la nebbia diradata partirai, Craamus non dista molto da qui e troverai tutto ciò di cui hai bisogno per… – lui la interruppe –Sono qui per un preciso motivo e non ho intenzione di andar via così presto– si mise a sedere –insomma, io arrivo qui e non trovo nulla di quello che mi sarei aspettato,e poi spunti tu… e non so mi parli di creature e se non ti vedessi coi miei occhi non ti crederei..dannazione, non so nemmeno il tuo nome!– Prese a sedersi anche lei –Thelys, mastro alchimista di Remsly, se dovesse capitarti di incontrare i nani non ascoltarli, sono solo invidiosi perché sono più brava e più alta di loro. Domani ti accompagnerò alla locanda e potrai fermarti finchè avrai bisogno… sempre che tu resista straniero– –Julian… il mio nome è Julian, e non andrò via di certo per un pò di nebbia, ne tanto meno per qualche nano dispettoso…Thelys, tu…– –Non sono di certo un nano!– lo anticipò –Io faccio parte degli Elfi Oscuri, quelli che per secoli sono stati l’ombra dei Grandi Elfi– scrollò la testa, sorrise –Non credere che la mia razza sia malvagia– Si alzò, finì di preparare la cena per Julian –Scusa la semplicità– disse posando del brodo di verdure e un pezzo di pane scuro in tavola –Non aspettavo visite– Non parlarono più, Julian consumava il pasto lentamente pensando ad ogni boccone cosa volesse dire ‘ombra dei Grandi Elfi’, lui di elfi aveva sentito parlare vagamente, credeva fossero leggende, favole per bambini, Thelys teneva lo sguardo basso, presa dai ricordi, giocava nervosamente con le mani. Si impose di non pensarci, tirò su il viso e si mise a scrutare i gesti del giovane, “un umano a Remsly”.

Durante la notte strani pensieri li trascinarono in un sogno identico, un vortice che li risucchiava e poi il nero più assoluto. Al mattino Thelys svegliò Julian, lo portò ancora insonnolito fuori. Era giorno, un bellissimo giorno di sole, molto raro a Remsly, Thelys rideva e a Julian sembrò ancora più bella. Lui si voltò verso la città e urlò –Da oggi hai un nuovo cittadino Remsly!–

Chissà quante altre avventure potranno vivere  Thelys e Julian…

Qui nella terra dei draghi, invece, aspettiamo le avventure che creerete per i personaggi da voi inventati!

Pubblicato in I vostri racconti | | 3 Commenti »

Dato il caldo…brividi da suspance!

scritto il luglio 2nd, 2010 da alphabetcity

Per salutarvi nella pausa del fine settimana vi lasciamo con il racconto di Andrea Francesca che se fosse un film lo definiremmo un misto tra horror (molto soft) e azione ! Ovviamente vi auguriamo buona lettura: godetevi la suspance!

 

Ora e per sempre 

Lui con la spada in mano.

Lei con l’arco pronto.

La loro morte certa davanti agli occhi pieni di terrore: quella Viverna copriva la loro unica salvezza.

Quella dannata e tanto cercata uscita.

Per mesi avevano percorso ininterrottamente quella maledetta e infinita grotta, quel labirinto infinito di cunicoli e corridoi; e ora che erano finalmente alla fine di quel gioco assurdo la loro strada era interrotta da lei.

Quella creatura li stava guardando, li stava scrutando, per lei non erano altro che prede facili e non se le sarebbe certo lasciata scappare.

La creatura più spaventosa che uno potesse mai immaginare, con i suoi unici due arti posteriori ti afferrava e ti stritolava, con la ali e la cosa uncinata ti feriva e con quelle bianche e rosse zanne di dilaniava la carne e ne traeva il sangue.

Il solo pensare e vedere i suoi occhi rossi come il fuoco dell’inferno tagliati in due da quelle pupille allungate col notte oscura, ti faceva accapponare la pelle.

Quella era la loro morte sulla Terra ed essa stava bloccando la loro il cammino, l’unica possibilità per evitare di esalare l’ultimo respiro.

Non ne sarebbero usciti vivi, lo sapevano.

Lei gli strinse la mano guardandolo.

<<Ci siamo Patrik.

Siamo alla fine!>>.

Lui si riprese.

Quando Patrik aveva scoperto la sua vera origine Elfica aveva lasciato tutto, compresa la sua famiglia adottiva, per cercare le sue vere radici.

Da quel momento non aveva trovato altro che difficoltà e delusioni.

Si era anche pentito di quella scelta e così era tornato a casa e al suo rientro aveva trovato la madre in un letto, morente.

L’unica cura per salvarla era nella sua mano: quel dannato fiore nero e rosso gli stava costando la sua vita e quella della persona migliore che avesse mai conosciuto.

Aveva incontrato detta persona nel suo viaggio di ricerca e se non fosse stato per ella non sarebbe riuscito nemmeno ad arrivare fino a lì, un legame profondo li univa e solo ora lui se ne rendeva effettivamente conto.

Quando stava per perderla.

Quella persona era al suo fianco e avrebbe dato qualunque cosa per non lasciarla.

Ora però non sapeva che fare, non sapeva che sarebbe successo e non sapeva nemmeno se sarebbe riuscito a tornare in tempo per salvare la madre.

Strinse la mano a sua volta, Martain era lì con lui in quel momento difficile e non l’avrebbe lasciato mai.

Lei ignorò la Viverna, che in quel momento si stava alzando in volo per attaccarli, si avvicinò a Patrik che si era volto verso di lei con sguardo doloroso e lo baciò con labbra tremanti e umide di pianto.

Un bacio lieve e fugace, ma che valeva più di mille gesti

Patrik rispose con un semplice sorriso significativo che nascondeva tutta la sua reale paura.

Un bacio lieve e fugace, ma che valeva più di mille gesti.

Non si parlarono oltre, non serviva; si erano già detti tutto tramite gli sguardi veloci che si erano lanciati.

Erano giovani e innamorati, ma di un amore molto profondo e intenso che non sarebbe svanito tanto facilmente.

Quella Viverna li avrebbe uccisi, li avrebbe massacrati, avrebbe bevuto il loro sangue e goduto della loro morte, ma non avrebbe mai potuto spezzare il loro legame.

Lui alzò la spada.

Lei incoccò la freccia.

La Viverna non era molto distante da loro.

Assieme si lanciarono contro la creatura, un urlo li accompagnò in quell’impresa disperata.

Erano pronti a morire.

Qualunque cosa fosse accaduto di lì a poco a loro non importava perché sapevano che sarebbero rimasti insieme.

Ora e per sempre.

Fateci sapere cosa ne pensate e, soprattutto, scrivete, scrivete, scrivete…

Pubblicato in I vostri racconti | | 17 Commenti »

Storia di un angelo…

scritto il giugno 25th, 2010 da alphabetcity

Crystal ci incanta con un racconto sugli angeli. Vi lasciamo con la sua creazione e vi auguriamo un buon fine settimana pieno di avventure, sole e tanto divertimento!

L’angelo sul fiume

Il sole asciugava le tonde goccioline che all’alba si erano formate sui petali morbidi dei fiori, e docili evaporavano nell’aria. La nebbia si stava dissipando, e un dolce venticello accarezzava gli steli d’erba, che si prostravano al suo potere.

I pesci saltellavano allegri fra gli zampilli del fiume, e l’acqua gorgogliava in spruzzi e bolle, lanciandosi in cascatelle e schizzando fra i ciottoli, trascinando i pesci fra i suoi flutti potenti e vivaci.

Due giovani ragazzi, adagiati su un ponticello di legno sopra il fiumiciattolo, giocavano con una barchetta rudimentale di legno.

Il ragazzo più giovane si era arrotolato i calzoni fino alle ginocchia, e lasciava pendolare sull’acqua i piedi scalzi, disegnando su di essa figurazioni con la punta delle dita.

Suo fratello maggiore accanto a lui scorgeva, stirando il collo, la barchetta che sguazzava fra i flutti allegri, stando attento che non sfuggisse alla presa del fratellino, ma all’improvviso lo spago legato all’imbarcazione giocattolo si sciolse, e questa se ne andò via, trascinata dalla corrente.

Il ragazzo dai capelli scuri come la terra umida e gli occhi come la notte senza stelle, il maggiore, George, diete uno scappellotto sul collo del fratellino, e gli intimò di recuperare la barchetta. I due iniziarono ad affannarsi, e fra risate e rimproveri, balzarono in piedi e si misero a rincorrere, sulla sponda del fiume, il giocattolo di legno.

Il ragazzo più giovane, dai capelli di filigrana d’oro e gli occhi di sprazzi di cielo sereno, vide che la barchetta rallentava per impantanarsi in un angolo, bloccata da qualcosa, che poi si scoprì essere un ammasso di piume bianche, che aveva intrappolato il giocattolo fra le sue grinfia.

Suo fratello si avvicinò per ispezionare le piume, e alzando lo sguardo il fiato gli si mozzò in gola. Attirò l’attenzione del fratellino e Jim, il minore, un po’ seccato seguì la direzione del dito puntato avanti di George, e scorse una figura sul fiume.

Lacera stoffa candida e macchiata di sangue e fango la sporcava a sprazzi, copriva malamente quelle che sembravano le forme sinuose del corpo di donna, distesa su una delle rocce bianche protese sul fiume. La veste era lunga, come l’abito di una dama regale, e pendeva fin in acqua, dove i flutti smuovevano il tessuto in onde, dove anche qualche pesciolino nuotava fra gli sfilacciamenti.

Le grandi ali piumate che si dipartivano dalla schiena l’avvolgevano e le davano quell’aria angelica di una fanciulla addormentata.

I due ragazzi lasciarono incustodita la barchetta di legno fra l’erba, e corsero fino a raggiungere la ragazza dormiente. Una volta vicini ad essa s’inginocchiarono sulla riva, e la osservarono, avidi di ogni suo particolare.

La pelle era candida come le piume delle sue ali, e le labbra erano due petali di fior di pesco. Gli occhi chiusi, adagiati, lasciavano intravvedere che stesse piangendo, perché lacrime inumidivano le ciglia nere come l’inchiostro. Lacrime vermiglie, di sangue, che spiccavano su quella pelle pura, rigandola e disegnando arabeschi porporini sulle sue gote.

I capelli sulla sua cute erano color del grano, e corti arrivavano appena ad accarezzarle il collo, forse un po’ scarmigliati e decorati con lacrime di fiume.

Le ali stavano ripiegate sulla sua schiena, e le piume erano un po’ arruffate e bagnate, sporcate anch’esse di sangue e fango.

George con un dito portò via da una sua guancia una lacrima di sangue e osservò scintillare ai raggi del sole quella goccia sul suo polpastrello, e notò che all’interno sembrava vi vorticassero frammenti di rubini.

Aspettiamo altri racconti!!!

Pubblicato in I vostri racconti | | 21 Commenti »

Errata corrige: il racconto di Francesca TUTTO INTERO!

scritto il giugno 25th, 2010 da alphabetcity

A causa di un problema con un allegato danneggiato il racconto di ieri non era completo, per fortuna l’autrice, Francesca, se ne è accorta e abbiamo potuto rimediare!

Quindi eccolo qua! E scusate per il disguido!

Amaranth Lily – L’inganno

Il porto di Londra, gelido nella sua tormentata solitudine di mezzanotte, sibila nel vento. Ogni folata s’infiltra fra il legno scricchiolante, fra i barili accasciati nell’ombra. Io, bambina, canto una sorda nenia nei pressi della nebbiosa luce di un lampione. Io, finché qualcuno ne porterà memoria, ancora me stessa, fantasma degli anni.

La porta della baracca sul porto s’apre, e una donna m’invita ad entrare. Le mie ballerine non fanno suono sull’impiantito: è strano sapere che nessuno saprà mai del mio passaggio. Spazzerà via domattina, il mozzo, queste mie lacrime amare?

«Ann, sai cosa sono i ricordi?» M’accoglie nell’astruso rifugio.

 Fuoco. Fiamme nel camino. Fuoco caldo che non riscalda, fuoco ardente che non brucia. È ghiaccio oltre i mattoni cotti delle pareti. Sono lunghe stalattiti che pendono dal soffitto, sfiorano le teste lasciando scivolare gocce d’acqua pura, il risveglio di un’armonia d’argento.

«Sono ciò che mi tengono in vita.»

«È vero, sì. Niente ricordi, niente Ann.»

 La dama bianca indossa abiti leggeri, veli che coprono il suo pallido corpo, ricamati con fiori di giglio. Sul polso, ha legata una benda rossa e umida. Mi ha richiamato dalla mia dimora di assenze e rinunce, siamo ospiti entrambe del tempo fugace. Ha promesso che mi racconterà una storia.

«Però non sono solo questo. Dimmi, Ann, cos’altro sono i ricordi?» I suoi occhi sono immobili, di un azzurro polare e cieco.

«Sono… non sono…»

 Il rollare della barca, la tempesta. La pioggia che s’abbatte continua sul mio volto, quasi mi ferisce. La odio. Odio mio padre, che mi ha gettato in mare per poi riprendere la via del Tamigi. L’aria che diventa solo un sogno, il sale che mi brucia i polmoni e che è incubo insano. Le ventole del motore incredibilmente vicine, ruotano, ruotano, come un girasole macchiato di rosso, è la cromoterapia dell’inferno. I miei capelli corvini s’impigliano fra i petali cremisi, la mia mano li carezza. Ma la mia mano va oltre, troppo lontana per essere ancora la mia, e io che la inseguo, che mi frammento come uno specchio pugnalato da una regina gelosa.

«Giusto.» Sorride, riportandomi al presente. È inquietante. «I ricordi… sono e non sono. Sono fogli rinchiusi nelle pareti dell’oblio, magici, deturpati dal tempo e da chi sfrutta i loro poteri. Non hanno ali, strisciano nel fango della nostra memoria.

«C’è una vergine senz’occhi e bendata da nastri di seta imbevuti nel sangue, che spesso li afferra e ghermisce; non sazia, li strappa dal loro languire nei bizzarri recessi delle loro stanze oblunghe, lascia affiorare i più antichi da quella che è una vasca piena di un liquido che contrasta la pur lenta decomposizione, affoga quelli più brillanti di un passato recente e lieto. Strattona i reduci dal buio, rompe i legami di una carcere forzata. Il suo è il sorteggio nelle mani stordite del male e del caso infausto.»

«Voglio ucciderla. Se è lei che mi fa così male… la voglio morta.» Se è lei che riprende lo spasimo della fustigazione e me lo imprime nell’iride spenta, allora la riporterei in quel mare per trucidarla io stessa. Tacqui quest’ultimo pensiero.

«Non puoi, Ann. Anche se tutti vorreste rinchiudere la vergine dei ricordi… nessuno può. Rivive in ogni volto conosciuto, è il foglio, carta scritta dalle menti, è sciocco e futile fior di giglio di un’odiata realtà.»

 Fa male sapere di essere legata a un filo così sottile. Fa male essere impotente, così dannatamente in preda al destino. Fa male sapere di non poter più esistere.

«Maledetta» urlo.

 Lei ride, e la sua bocca d’infame s’apre in un oscuro abisso, quindi ingoia anche l’ultimo brandello di me.

Ne valeva la pena di ripubblicarlo tutto, vero?

Pubblicato in I vostri racconti | | 33 Commenti »

Una doppietta (di racconti) tutta per voi!

scritto il giugno 24th, 2010 da alphabetcity

Dato che cominciate a mandarci un po’ più di racconti oggi ne pubblichiamo ben due in un colpo solo!

Pronti? Cominciamo con il racconto di Francesca che, dato che ha un suo, blog personale, ci chiede di pubblicare il link. Eccola accontentata: http://blu-aquamarine.blogspot.com/. Edo ora ecco il suo racconto davvero suggestivo.

Amaranth Lily-L’inganno

Il porto di Londra, gelido nella sua tormentata solitudine di mezzanotte, sibila nel vento. Ogni folata s’infiltra fra il legno scricchiolante, fra i barili accasciati nell’ombra. Io, bambina, canto una sorda nenia nei pressi della nebbiosa luce di un lampione. Io, finché qualcuno ne porterà memoria, ancora me stessa, fantasma degli anni.

La porta della baracca sul porto s’apre, e una donna m’invita ad entrare. Le mie ballerine non fanno suono sull’impiantito: è strano sapere che nessuno saprà mai del mio passaggio. Spazzerà via domattina, il mozzo, queste mie lacrime amare?

«Ann, sai cosa sono i ricordi?»

M’accoglie nell’astruso rifugio. Fuoco. Fiamme nel camino. Fuoco caldo che non riscalda, fuoco ardente che non brucia. È ghiaccio oltre i mattoni cotti delle pareti. Sono lunghe stalattiti che pendono dal soffitto, sfiorano le teste lasciando scivolare gocce d’acqua pura, il risveglio di un’armonia d’argento.

«Sono ciò che mi tengono in vita.»

«È vero, sì. Niente ricordi, niente Ann.»

La dama bianca indossa abiti leggeri, veli che coprono il suo pallido corpo, ricamati con fiori di giglio. Sul polso, ha legata una benda rossa e umida. Mi ha richiamato dalla mia dimora di assenze e rinunce, siamo ospiti entrambe del tempo fugace. Ha promesso che mi racconterà una storia.

«Però non sono solo questo. Dimmi, Ann, cos’altro sono i ricordi?»

I suoi occhi sono immobili, di un azzurro polare e cieco.

«Sono… non sono…»

Il rollare della barca, la tempesta. La pioggia che s’abbatte continua sul mio volto, quasi mi ferisce. La odio. Odio mio padre, che mi ha gettato in mare per poi riprendere la via del Tamigi. L’aria che diventa solo un sogno, il sale che mi brucia i polmoni e che è incubo insano. Le ventole del motore incredibilmente vicine, ruotano, ruotano, come un girasole macchiato di rosso, è la cromoterapia dell’inferno. I miei capelli corvini s’impigliano fra i petali cremisi, la mia mano li carezza. Ma la mia mano va oltre, troppo lontana per essere ancora la mia, e io che la inseguo, che mi frammento come uno specchio pugnalato da una regina gelosa.

«Giusto.»

Sorride, riportandomi al presente. È inquietante.

«I ricordi… sono e non sono. Sono fogli rinchiusi nelle pareti dell’oblio, magici, deturpati dal tempo e da chi sfrutta i loro poteri. Non hanno ali, strisciano nel fango della nostra memoria. «C’è una vergine senz’occhi e bendata da nastri di seta imbevuti nel sangue, che spesso li afferra e ghermisce; non sazia, li strappa dal loro languire nei bizzarri recessi delle loro stanze oblunghe, lascia affiorare i più antichi da quella che è una vasca piena di un liquido che contrasta la pur lenta decomposizione, affoga quelli più brillanti di un passato recente e lieto. Strattona i reduci dal buio, rompe i legami di una carcere forzata. Il suo è il sorteggio nelle mani stordite del male e del caso infausto.»

«Voglio ucciderla. Se è lei che mi fa così male… la voglio morta.» Se è lei che riprende lo spasimo della fustigazione e me lo imprime nell’iride spenta, allora la riporterei in quel mare per trucidarla io stessa. Tacqui quest’ultimo pensiero.

Ed ora passiamo al racconto di Vincenzo, una cronacadai toni ricercati di un viaggio davvero speciale.

Departures

Attorno a me solo il lento sciabordio del fiume, che va a incresparsi scintillando nel suo impasto di olio denso e scuro. E, se sto attenta, riesco a percepire le misere gocce d’acqua che stillano da un cielo plumbeo, dove pian piano nubi già incupite si divertono a giocare, diradandosi per far spazio a un sole che sparuto fa le sue ultime comparse in cielo. Impercettibile e distante, pioviggina e sfiora le mie guance pallide.

Mi sento come trafitta da proiettili che mi si fiondano addosso scaraventati da un vento tagliente, e così anche la pioggia corre.

Tutto fa parte di un flusso. La vita scorre fragile come il fiume che va a irrorare un alveo costellato di ciottoli.

 

La vita è un percorso troppo arduo. E come ogni percorso ha un inizio e una fine, ma io non appartengo a quel percorso, o semplicemente cerco di eludermi da esso.

Le assi di legno del ponte scricchiolano sotto le mie suole. Sono quasi sicura che fra poco cadrà in sfasciumi anche lui, come tutti. È insopportabile lo sfrigolio che mi accompagna, percorro il corrimano con dita affusolate che vogliono farsi penetrare da minuscole schegge, incuranti del breve e ineluttabile dolore.

 

Nel mio campo visivo si contraddistingue un prato rorido, i cui filamenti verdeggianti sono orlati da brina. Qua e là fiori emaciati vengono rigurgitati dal terreno. I loro petali sembrano dilatarsi a ogni mia occhiata su di loro, ondeggiano flebilmente, assumono colori cangianti, quasi mi spavento. Sembrano crescere, sempre più alti e slanciati con vigorose foglie verdi e vivide, anch’esse madide di rugiada che scivola lenta fra le sottili arterie. Ora sono alti quanto me, fra poco mi guarderanno dall’alto fieri e decideranno sulla mia sorte.

Avanzo.

 

Giacciono due altalene, le loro catene sono intrighi di anelli che, come funi, s’avvinghiano fra loro sferragliando. Una donna vi è accovacciata e, mentre le sue cianche si divincolano furiosamente sollevando strati di terra scavata attorno al prato, sembra osservarmi. Indossa una tonaca rosa adorna con farfalle agonizzanti, lentamente si muovono sulla veste. Ha lunghi capelli neri, come viscide serpi di petrolio che paiono volermi agguantare. Alza il volto e mi punta addosso occhi d’inchiostro. Si alza dal suo giaciglio e mi tende una mano esile che io afferro e stringo forte. Non so chi è.

 

«Chiudi gli occhi» dice.

Sottraggo allora le palpebre alla tenue luce del tramonto.

Mi sento trasportare, percorrere viali impervi e inerpicarmi per alture. I miei passi riecheggiano in un ambiente dove tutto risuona stranamente ovattato, e sento la mia fiducia avviticchiarsi sempre più energica al fato. Apro gli occhi. Avanti a me il ponte di una nave si srotola, il parquet è abbagliato dal riverbero di lamine giallastre che s’infiltra come uno spillo nella mia iride. Mi accorgo che siamo immersi in un oceano cosparso da meduse di aria condensata. Voliamo.

 

La fanciulla ora è accanto a me. Indica l’orizzonte, ha un’unghia uncinata smaltata di nero. Inarco timidamente le labbra in un lieve sorriso.

«Allora via verso l’orizzonte, fra fragili bolle di legno e fatui esseri di zefiro, via! Via traversando nembi dai contorni sfavillanti, abbagliati dai fulgori del tramonto. Via oltre fragili ciondoli incandescenti, che ho sempre sognato sfiorare. Via verso l’infinito» lei annuisce contenta, mi comprende.

 

E adesso sarà la fine dei sogni, l’inizio di un’avventura che non avrà termine, l’inizio dell’ignoto da cui non tornerò mai, perché solo questo non avrà morte. Intanto il sole si è già gettato, e il suo capo dondola, mozzo e macchiato di rosso vermiglio, da un’incontaminata luna.

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Il racconto di Valerio

scritto il giugno 23rd, 2010 da alphabetcity

Non finirete mai di stupirci: noi vi chiediamo di scrivere un semplice raccontino e scopriamo che vi siete già cimentati a scrivere addirittura interi fantasy! Il racconto che segue, infatti, è opera di Valerio che lo ha tratto da Il figlio segreto del Serafino, il suo romanzo.

ll figlio segreto del Serafino

Mancava solo un’ora all’alba e come tuttele mattine Shanie non aveva sonno; e come poteva averlo? Decine di domande assillavano la sua mente, ma la più importante e frequente era: “chi è realmente mio padre?”.

Aveva un ricordo sfocato di lui, in fondo aveva appena due anni quando il padre lasciò lui e sua madre ad affrontare il mondo, soli.

Stavano cenando come tutte le sere lui e sua madre Emma, dopo una dura giornata passata a lavorare nel campo dietro casa quando dal camino Shanie sembrò sentire una voce o per meglio dire un lamento e in un attimo tutto fu luce e calore; fece appena in tempo a vedere la madre che si gettava invano contro la porta anche se lambita dalle fiamme e accartocciarsi a terra come in pezzo di pergamena ricoperta dalle lingue di fuoco. Solo quando la madre smise di muoversi lui riuscì ad uscire da quella ipnosi terrificante e a vedere con suo immenso stupore che il fuoco non lo bruciava, anzi sembrava che le fiamme lo avvolgessero con fare materno e lo cullassero con dolci parole.

Fu allora che dalle fiamme emerse una figura maschile avvolta in fasci di luce dai mille colori e ricoperto di una armatura che emanava calore, proprio come un corpo vivo; in quell’esatto momento Shanie seppe che l’uomo di fronte a lui era suo
padre.

Sul volto dell’uomo si dipinse un sorriso amaro,il sorriso di uno che suo malgrado sta per condannare il futuro dell’unica cosa importante della sua vita; fu allora che parlò: “Shanie oggi è il tuo sedicesimo compleanno e purtroppo la legge del Cielo vuole che tu raccolga la tua eredità divina, l’Eredità dei Serafini.” Fece una piccola pausa cercando di nascondere al figlio le lacrime che iniziavano a rigare il suo volto; “Questo per te è un giorno di dolore, di morte ma anche di resurrezione;
da oggi ha inizio la tua nuova vita legata alla parte di sangue divino che scorre in te, devo chiederti di scegliere se continuare la tua vita di stenti qui sulla terra o venire con me per cercare di essere accolto fra i Serafini, la nostra gente”.

Shanie rimase impietrito, le lacrime scendevano ancora sul suo volto come fiumi in piena, il suo cuore era martellato dalle troppe e contrastanti emozioni, tuttavia si aggrappò con totale fiducia alla mano tesagli dal padre e lo abbracciò quasi
con disperazione; in risposta dalla schiena del padre comparvero due ali di fuoco che avvolsero entrambi e poi fu solo Luce.

Vi aspettiamo domani con un altro dei vostri racconti!

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Il primo racconto del nuovo contest!

scritto il giugno 22nd, 2010 da alphabetcity

Elena è stata davvero veloce! Il suo fantasy è arrivato immediatamente, neanche fosse stato trasportato dalle ali di un drago! ;).

Il primo racconto del nostro nuovo contest parla di streghe, poteri magici ma, soprattutto di amicizia, per ricordarci che a volte i sentimenti valgono più di mille incantesimi…

La strega oscura

Poco a poco riprese conoscenza.

Aprì lentamente gli occhi di un grigio intenso, ma la luce la costrinse a richiuderli immediatamente, sebbene non fosse particolarmente forte.

Ritentò con maggior successo e , guardandosi intorno, scoprì di trovarsi in una piccola stanza dalle pareti candide e spoglie, sdraiata sul morbido letto che occupava tutto lo spazio.

Cercò di muoversi e mettersi seduta, ma fu inutile: non sentiva più il suo corpo, braccia e gambe non rispondevano ai suoi comandi. Erano come massi

La testa le doleva terribilmente e si faceva sempre più pesante, poi d’un tratto udì delle voci. Riconobbe la prima, non c’erano dubbi: era la voce di Abiah, la sua amica.

– Infermiera! Le ferite di Deth sono gravi? Crede che si riprenderà? –

Infermiera? Ferite? Riprendersi?

Deth non capiva: di cosa stavano parlando?

– Abiah….. – Rantolò. Poi chiuse gli occhi

– Ascoltami Abiah – era la voce dell’infermiera – Sono tre giorni che è in quello stato, ha riportato una serie di ferite, danni e ustioni, impensabile, mi sorprende che sia ancora in vita….-

– No… – Singhiozzò la ragazza.

– Abiah, la medicina non può più fare niente, né tanto meno la magia. Ora sta a Deth cavarsela e continuare a lottare per rimanere in vita –

– NO! – La giovane si voltò,aprì di botto la porta della camera in cui riposava Deth in fin di vita e corse al suo letto – Deth! Non puoi lasciarmi! Non adesso! Ci eravamo promesse di rimanere insieme! Deth, svegliati! –

Ma la ragazza era già sprofondata nell’incoscienza. Una parte di lei, però, remota e nascosta, riusciva ancora a udire le parole dell’amica. Con uno sforzo enorme riportò alla memoria tutto ciò che aveva passato.

Era sempre stata una ragazza normale, come tutte.

Poi un giorno era stata bruscamente strappata a quella vita pacifica e serena e, insieme ad Abiah, aveva scoperto un altro mondo, dove regnava la guerra fra Bene e Male, Luce e Buio si combattevano in una lotta di potere e supremazia.

Avevano scoperto di possedere poteri fuori dal comune e di essere, lei, una strega Oscura e Abiah una strega Bianca.

Subito avevano dovuto apprendere nozioni di magia e lezioni di combattimento, imparare a usare la spada, ma anche ad usufruire dei propri poteri. Non aveva opposto resistenza, devastata dall’orrore che la guerra aveva portato, decisa a combattere il Male in tutte le sue forme ed aiutare gli abitanti del mondo a cui aveva scoperto di appartenere: fate, folletti, sirene…..

Certo,non mancavano le creature che avevano ceduto la loro anima al nemico, come troll, demoni e streghe Oscure.

Avevano lottato furiosamente, aiutando gli eserciti di streghe e maghi e compiendo missioni pericolose, alla ricerca di sé stesse e nella speranza di migliorarsi sempre più e di acquisire il potere necessario per sconfiggere il nemico. La situazione sembrava migliorata e gli sforzi in parte ripagati. Finchè non venne catturata e portata al cospetto del Despota

Era stata torturata e plagiata al suo volere, costretta a  combattere i suoi amici contro la sua volontà.

Fortunatamente era riuscita a riottenere il suo libero arbitrio e gli era sfuggita. Aveva preso il cammino verso la sua scuola di magia,verso Abiah, ma il suo corpo era provato da settimane di combattimenti e prigionie e aveva perso coscienza lungo il cammino. Era rimasto tutto buio fino a quando aveva aperto gli occhi poco fa.

Aveva  sofferto, tanto. Aveva provato il dolore. Perchè non lasciarsi avvolgere dal tepore di quella luce che vedeva e lasciarsi andare? Non aveva diritto a un po’ di pace anche lei?

Improvvisamente nella sua mente si stagliò l’immagine della sua più grande amica e capì quanto le voleva bene.

No, per lei non avrebbe mai smesso di lottare….

 

Cosa ne pensate? Vi piace?

Aspettiamo i anche i vostri fantasy, mi raccomando!

Pubblicato in I vostri racconti | | 11 Commenti »

Scrivi i tuo fantasy e incontra Licia Troisi!

scritto il giugno 18th, 2010 da alphabetcity

Dato lo strabiliante successo dello scorso anno (ci avete letteralmente sommersi di racconti) abbiamo deciso che il secondo contest legato a La ragazza drago 3 sarà: Scrivi il tuo fantasy e incontra Licia Troisi!

Per coloro che sono nuovi di questo blog o che hanno poca memoria, specifichiamo che questo significa che Licia sceglierà i migliori e i primi cinque riceveranno una copia con dedica personalizzata del suo nuovo romanzo, “La ragazza drago 3 – La clessidra di Aldibah”. E non solo: l’autore del racconto più bello avrà la possibilità di conoscere Licia Troisi e di farsi fotografare accanto a lei durante una tappa del tour di presentazione del romanzo!

Ecco il regolamento: per partecipare dovrete inventare un racconto fantasy, della lunghezza massima di due cartelle (3.600 battute spazi inclusi),  o un fumetto, della lunghezza massima di quattro pagine, numero di vignette a vostra scelta e con immagini che non pesino più di 3 megabyte in totale. I fumetti o i racconti dovranno essere  spediti in allegato all’indirizzo contest@laragazzadrago.it  entro il 9 luglio! La mail dovrà contenere i vostri dati anagarfici.

Ancora qui a leggere? Cominciate immediatamente a scrivere!!!

Pubblicato in Contest | | 35 Commenti »

Ci mancano i vostri artwork!!!

scritto il giugno 16th, 2010 da alphabetcity

Può sembrare sdolcinato ma è la verità! I vostri  artwork sono colorati, belli, allegri, pieni di fantasia e quindi non vediamo l’ora di pubblicarli! Lo scorso anno vi siete sbizzarriti; ora chi sarà il primo che potrà vedere su questo blog la sua creazione ispirata a La ragazza drago 3?

Potete lasciarvi conquistare dalle nuove avventure di Sofia o farvi suggestionare dalla copertina, magari, ci piacerebbe vedere anche qualche immagine che secondo voi racchiude l’essenza di tutta la saga. Siete pronti a risvegliare tutta la vostra creatività?

Inviateci i vostri lavori all’indirizzo contest@laragazzadrago.it

Vi aspettiamo , molto curiosi, numerosi  (e abbiamo fatto anche la rima!)

Pubblicato in Fan Art | | 42 Commenti »

Test: Scopri il gruppo di pietre che più fa per te

scritto il giugno 11th, 2010 da alphabetcity

Sofia e Lidja possono sfruttare il potere dei draghi, dei cristalli e degli oggetti magici; perché non provare a fare, almeno in parte, come loro? Fai questo test, scopri se sei più simile a Lidja o a Sofia e qual è il gruppo di pietre più adatto a te. (Se sei un maschio puoi fare lo stesso il test: si basa solo su affinità caratteriali!)

Domande

1) Giornata di sole estiva:

a) Tutti al mare! Così sfodero il mio fisico da spiaggia.

b) Non mi importa dove andiamo, l’importante è divertirci!

c) Scegliamo un posto con l’aria condizionata … così non devo scoprirmi troppo!

2) Sei sicuro/a di dover fare qualcosa ma proprio non ti ricordi cosa:

a) Ecco, lo sapevo, è successo di nuovo!

b) Io non ho mai questo tipo di sensazione: ho un’ottima memoria!

c) Poco male, segno sempre tutto sul diario o sull’agenda!

3) Nelle situazioni di difficoltà:

a) Inspirare. Espirare. Inspirare. Espirare. Ora ci siamo!

b) Forza! Scattare! Non perdiamo tempo!

c) Mi viene da piangere (ma tanto prima o poi la forza di reagitre la trovo…)

4) Tu e lo studio:

a) Gli altri sono tutti più bravi di me

b) Con pazienza e un po’ d’impegno niente è insormontabile!

c) Che problema c’è? Mi basta leggere per imparare!

5)Vuoi far capire ad un tuo amico o ad una tua amica che in realtà ti piace molto:

a) Per cortesia evitiamo queste cose melense

b) Scrivo un bigliettino o organizzo un pomeriggio speciale da passare solo noi due

c) Starai sicuramente scherzando!

 Punteggi

Domanda 1)

a) 3

b) 2

c) 1

Domanda 2)

a) 1

b) 3

c) 2

Domanda 3)

a) 2

b) 3

c) 1

Domanda 4)

a) 1

b) 2

c) 3

Domanda 5)

a) 3

b) 2

c)1

 Profili

DA 5 A 8: Sei più simile a Sofia

Onice

L’onice è anche definita come la pietra dell’autostima in quanto infonde coraggio ed autostima a chi la indossa.

Ambra

Ha la proprietà di assorbire la negatività e di favorire la concentrazione, è quindi consigliato soprattutto a chi studia

Ematite

Ha la proprietà di concentrare in sé la luce dell’universo e manifestarla a livello terreno: chi la indosserà vedrà rinvigorire la propria energia, mentale e fisica.

DA 9 A 11: Tra Lidja e Sofia: il giusto equilibrio

Opale

Schiarisce le idee e rafforza la memoria.

Turchese

Ha la capacità di allontanare le energie negative, e sviluppare la capacità comunicativa di chi la indossa

Quarzo rosa

Addolcisce i sentimenti, lo sguardo e sprigiona le energie positive.

DA 12 A 15: Sei più simile a Lidia

Ossidiana

Allontana la sfortuna ed è adatta a chi è eccessivamente razionale perché affievolisce l’eccessivo autocontrollo.

Acquamarina

Funziona come una sorta di “bilancia” in grado di armonizzare il fisico e la mente.

Zaffiro
Ha un particolare effetto calmante, agisce sugli impulsi e sugli scatti d’ira.

Allora? Quali sono le pietre che fanno per voi? A chi somigliate di più? Scrivetecelo nei commenti e confrontate i vostri risultati!

E se i test vi piaccioni fatecelo sapere: ne metteremo altri.

Pubblicato in Test e sondaggi | | 38 Commenti »
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