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scritto il ottobre 8th, 2010 da alphabetcity
Cari ragazzi drago, che piacere ritrovare la vostra brillante fantasia e scoprire qualche nuova firma nei commenti!
Questa volta mi sono davvero sbizzarrita e quindi vi lascio all’ottava puntata…
La radura che li accolse era la stessa del quadro ma copletamente deserta.
“Piacere Kevrah. Le regole di Onyrism mi impeddivano di rivelarti il mio nome fino a che tu non ti fossi dimostrata degna di essere accolta nel regno” il ragazzo pronunciò questa frase di presentazione con grande solennità accorgendosi solo dopo che Tilde, nonostante avesse lo stupore ancora dipinto sul viso, stava scimmiottando i suoi movimenti con aria stizzita. Stava per rimproverarla quando la vide accasciarsi al suolo. “Fantastico” pensò tra sé e sé: “Cosa sta succedendo? Devo salvaguardare la vita di questa creaturina altrimenti per il mondo magico e per me sarà la fine. Non mi resta che portarla dal vecchio Camlost e sperare che per una volta si dimostri gentile col prossimo.”
Sollevò Tilly e si mise in cammino: “Lo so che non puoi sentirmi, ma forse è meglio così, avevo pensato di raccontarti la mia storia, come mai sono qui, come mai proprio io, ma mi rendo conto che già non mi sopporti e che forse non ti importa un bel niente di sapere qualcosa che mi riguarda. Nel dubbio, cara mia, te lo racconto adesso, così non potrai rimproverarmi di non averti detto niente. Dunque: molto tempo fa, su Onyrism, quando ancora agli uomini era permesso accedere in tutta libertà a questo mondo fatato, una sanguinosa e lunga guerra vide scontrarsi elfi ed umani per la custodia del cristallo dei sogni. Ora che ci penso, cara, sarebbe meglio che tu stessi un minimo attenta perché è questa la pietra che ti consegnerà ufficilamente al tuo destino, ma se preferisci dormire fai pure. In ogni caso io vado avanti. Così, i mezz’elfi come me, frutto dell’unione delle due razze, vennero rinnegati da tutti e perseguitati. L’allora capo della comunità mezz’elfa, per salvare ciò che restava della nostra razza, si rivolse alle ninfe in cerca di protezione e accettò un patto che avrebbe cambiato le vite di tutte le generazioni a venire: i mezzelfi di Onyrism sarebbero stati i guardiani delle ninfe per sempre, non uno di noi, una volta compiuti i quindici anni sarebbe
sfuggito al suo destino. Beh, io ho quattordici anni e mezzo e non ho nessuna intenzione di fare questa fine. Voglio decidere per me stesso in totale autonomia, e tu sei la mia unica speranza: tua madre mi ha promesso la libertà se riuscirò a proteggerti e a guidarti in questo cammino. Quindi…” In quel momento una vocina flebile lo interruppe
“Kevrah”
“…”
“Sono sveglia da un po’”
“Quantifica po’”
“Circa dall’inizio”
“…”
“Non è vero che non ti sopporto”
“Stai zitta e risparmia le forze. Sei bollente e devo portarti dal vecchio Camlost al più presto”
Il dialogo tra i due ragazzi echeggiava ancora nell’aria dell’antro della caverna. Guglielmina si voltò verso la stupenda strega che le aveva mostrato la nipote e Kevrah nell’enorme sfera di Cristallo che emanava una luce rossastra e le disse: “Non scuotere la testa Ainwen, hai già imparato moltissimo tempo fa che non puoi evitare di sottostare al mio volere. La catena che ti imprigiona in questo luogo ti terrà in mio potere ancora per un mese.” :”Non essagerare vecchia megera” fu la risposta: “La purezza d’animo che quella ragazza possiede è la più forte delle armi. Se prenderà coscienza di sé diventerà imbattibile. Tua sorella con lei ha fatto un’ottimo lavoro.” :”Taci!” le ordinò la donna che, salita in sella al drago appena fuori dalla grotta volò via in un lampo.
Ainwen, la strega che si era sottomessa a Guglielmina in cambio di un ritratto della sorella che le aveva donato l’eterna giovinezza, sospirò e scosse la testa rassegnandosi al destino che aveva scritto per se stessa tanto scioccamente.
A
Il drago e Guglielmina sorvolarono l’inetra Onyrism fino a che non furono sulle tracce di kevrah e Tilde, ma si tennero abbastanza lontani da passare inosservati. La diabolica donna aveva in mente un piano folle: seguire la ragazza in tutte le sue mosse, lasciare che scoprisse la sua vera natura e che venisse sottoposta alla prima fase dell’addestramento e poi, durante la sua ultima notte nel mondo magico, quella precedente al mattino in cui le sarebbe stato donato il cristallo, inviarle un incubo orribile in cui sarebbe rimasta intrappolata per sempre.
(qui si potrebbe utilizzare il suggerimento per cui Kevrah è anche guardiano degli incubi, o comunque attribuire al mezzelfo la capacità di aiutare a superare le paure)
B
Il drago e Guglielmina sorvolarono l’inetra Onyrism fino a che non furono sulle tracce di kevrah e Tilde, ma si tennero abbastanza lontani da passare inosservati. “Arriverò prima di loro e convincerò in qualche modo il vecchio Camlost e tutte le più antiche creature del regno che non sono degni di ricevere il loro aiuto… nessun anziano vorrà bche un mezzelfo venga sciolto dall’accordo che lo lega alle ninfe e, a quel punto, una volta rimasta sola, Tilly non potrà fare altro che rivolgersi a me.
Allora: A o B?
Ma soprattutto: Cosa succederà? O meglio: Cosa vorreste che succedesse?
Forza! Forza! Forza! L’epilogo è dietro l’angolo…
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scritto il ottobre 1st, 2010 da alphabetcity
Oggi niente preamboli, accendete la fantasia e partiamo subito per il mondo di Tilly, dove molte cose fondamentali stanno per accadre! 😉
Tilde lo capì fin dai quei primi istanti che niente sarebbe più stato lo stesso, ma in fondo quegli occhi le ispiravano fiducia e poi, a dirla proprio tutta, guerriero o giardiniere che fosse, quello che aveva di fronte era davvero un bel ragazzo. “Come ti chiami? Come facciamo a tornare nella radura? Chi è la mia vera mamma? La zia Guglielmina è davvero un’infida traditrice? Qual è il mio vero compito? Da cosa devi proteggermi?” non poteva smettere di fargli domande. Per tutta riposta lui le mise con fermezza una mano sulla bocca e la trascinò in una angolo lontano da sguardi indiscreti: “ Dì un po’, sei per caso impazzita? Così, in pieno giardino, ti metti a fare queste domande? Tua zia ci metterà un attimo a scoprirmi!”. La ragazzina arrossì violentemente, un po’ per l’imbarazzo un po’ perché era la prima volta che si trovava così vicino a un ragazzo. “Senti Tilde” continuò lui: “levati dalla faccia quella espressione da adolescente in preda agli ormoni e apri bene le orecchie” improvvisamente non le erà più tanto simpatico, ma Tilly non smise di ascoltarlo: “ Abbiamo poco tempo, perché tra meno di un mese compirai quattordici anni e sarà troppo tardi per addestrarti. La prima cosa da fare è scoprire se, nonostante la tua fantasia sia stata frenata dall’incantesimo che ti impediva di sognare, è in grado di farti dipingere. Quindi non perdere tempo, corri a prendere la tavolozza della nonna, e tutto il necessario, mettili in uno zaino e, dopo aver detto a tutti che vai a fare un pic nic per stare un po’ da sola, raggiungimi vicino al torrente prima del paese.”
L’unica risposta che ottenne fu un cenno col capo e il rapido allontanamento della sua interlocutrice che, per altro, sembrava avere un’aria decisamente urtata. Rimasto solo Kevrah, questo era il nome del guerriero, ritornò di fronte alla porta, la aprì e scese le scale e attraversò l’intera sala. Si fermò di fronte ad un grande quadro con una cornice dorata a forma di drago che seguiva il perimetro dell’immensa tela piena zeppa di disegni fantastici (è l’opzione A del primo racconto che vi era tanto piaciuta e che finalmente è tornata! Contenti?). In lontananza si intravedevano, oltre un fitto bosco in cui lampeggiavano piccole fate, le figure avvolte in una fosca nebbia di una strega incatenata al dorso di un drago che, a guardar meglio, poteva sembrare in procinto di spiccare il volo. La parte centrale della raffigurazione, che invece ritraeva una radura luminosa nel mezzo della boscaglia, sembrava una sorta di limbo in cui un elfo senza pupille teneva fieramente incoccata una freccia nel suo arco, come mirando verso qualcosa al di fuori del dipinto, e un giovane di una rara bellezza sedeva su di un masso pizzicando una cedra quasi a cercare di strappare un sorrsio ad una piccola ninfa dall’aria assente che guardava assorta qualcosa nel fitto del bosco. In primissimo piano una cascata riempiva la scena di schizzi dai colori cangianti, e sotto la parete d’acqua scrosciante si intravedeva la sagoma di una donna. Proprio a questa donna si rivolse Kevrah: “Non fallirò mia signora, ti riporterò tua figlia, ma tu non deludermi, sai bene cosa ti ho chiesto in cambio”
Poco dopo i due si ritrovarono vicino al torrente. Quando il ragazzo arrivò, Tilly tentava con caparbietà di bagnare i colori secchi sulla tavolozza nel tentativo di scioglierli: “ Se era così semplice perché mai avrebbero mandato me?” :”Già, perché mai avrebbero mandato te?” rispose lei con aria seccata. Cominciava a non sopportarlo più. Era carino, questo era vero, ma aveva una atteggiamento che la mettava a disagio. “Perché hai bisogno di me. Lo capisco; non ti piace, ma questo non è il momento di fare le bizze. Quindi ecco l’unico indizio che posso darti: per ridare vita ai colori devi far vivere lo spirito che è dentro di loro”.
Tilde si coprì il viso con le mani e scosse la testa: “Ora lo strozzo!” pensò: “Non solo fa il gradasso ma ora è anche saccente”. Poi si sedette sull’erba e cominciò a pensare a sua nonna, alle passeggiate che mille volte avevano fatto mano nella mano per i parti e le colline nei pressi della casa. Ricordò il suo profumo, e le favole, la fatica e la gioia di raccogliere un piccolo tesoro ogni volta: un petalo di rosa, un filo d’erba, una goccia di rugiada intrappolata in un fazzoletto di seta… : “Ma certo!” la scattò in piedi uralmdo trionfante e cominciò a raccogliere nei dintorni i più diversi doni della natura per ricomporre, con molta grazia, tutti i colori della tavolozza. Quando ebbe finito si avvicinò al suo nuovo compagno di avventure e gli staccò un capello: “Scusa! Mi mancava il nero!”.
Quando ogni cosa fu finalmente al suo posto la tavolozza, come per magia, tornò al suo antico splendore.
A
Emozionata come non era da tempo, Tilde cominciò a dipingere con foga la radura che aveva visto nella visione e nel sogno, le immagini le riaffiorvano con facilità, come se fossero familiari, e in un attimo arrivavano al pennello. “Voglio tornare lì. Voglio capire. Voglio impadronirmi di ciò che mi spetta di diritto” Il quadro era quasi finito quando, sotto gli occhi fino a quel momento soddisfatti della sua guardia personale, un enorme drago viola spuntò dal nulla e la trascinò via con sé, in alto, verso le nuvole e verso uno strano cielo rosa che profumava di un odore di fiori forte e dolciastro che risvegliava in lei una profonda nostalgia dqualcosa, anche se non riusciva a capire bene cosa.
Kevrah la guardò scomparire nel cielo e, afferrando la tela esclamò: “Ci siamo Tilly, non avere paura!”.
B
Emozionata come non era da tempo, Tilde cominciò a dipingere con foga la radura che aveva visto nella visione e nel sogno, le immagini le riaffiorvano con facilità, come se fossero familiari, e in un attimo arrivavano al pennello. “Voglio tornare lì. Voglio capire. Voglio impadronirmi di ciò che mi spetta di diritto” Il quadro era quasi finito quando, come colpita da un’improvviso momento di collera si girò verso il ragazzo e disse: “Basta! Non lo vedi che non funziona? Non succede niente! Tanta fatcia per non arrivare da nessun aprte! E intanto tu te ne sti lì a fissarmi con un’espressione da beota senza enanche avermi detto come ti chiami…”Per un attimo le sembrò che la sua rabbia stesse facendo tremare la terra, poi si accorse stava succedendo davvero. Tremava il cielo, tremava l’erba e tremava anche l’acuq del fiume. Tutto intorno a lei stava cambiando. Era entrata nel quadro.
Questa volta cari i miei ragazzi drago, la questione è semplicissima:
– Ao B?
– Cosa ha promesso la vera madre di Tilde a Kevrah?
– Cosa accade una volta che Tilde è arrivata nell’altro mondo? Come verrà addestrata? La zia Gulgielmina riuscirà a raggiungerla per metterle i bastoni tra le ruote? Siamo alla settima puntata; tra tre sarà tutto finito: la nostra storia deve viagggiare verso una conclusione!
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scritto il settembre 25th, 2010 da alphabetcity
“Oggi è sabato domani non si va a scuola!” una canzone di qualche tempo fa cantava qualcosa del genere! In questo caso, invece, potremmo dire: “Oggi è sabato e leggo il minifantasy!”
Quindi, dopo aver specificato che sarei davvero lieta di leggere moltissimi commenti, ma che trovo unici e prerziosi quelli che leggo abitualmente da settimane, cominciamo con la sesta puntata; ossia, ecco come Tilde apprenderà tutto il racconto del suo passato che abbiamo svelato la scorsa volta e che cosa le succederà subito dopo!
Pronti? Io sì! VIA!
La notte del primo sogno di tutta la sua vita Tilly si svegliò sconvolta. Sudata e con le palpitazioni si alzò dal letto e si precipitò alla culla dove aveva lasciato la tavolozza e la lettera della nonna. Non era bastato far finta di niente: il suo destino era di fronte a lei, avvolto da un fitto mistero che, però, non doveva scoraggiarla. Era arrivato il momento di combattere per scoprire la verità. Proprio in quel momento un pensierò le illuminò il viso spazzando via l’ulitma traccia di sonno: “Sono le due di notte, tutti dormono, se mi muovo senza fare rumore nessuno saprà che sono sveglia e potrò esplorare questa casa in piena libertà senza che la mamma e, soprattutto, la zia Guglielmina se ne accorgano”. Questa volta non si cambiò neanche. Infilò le scarpe da ginnastica e, con ancora addosso la camicia da notte tutta fiocchi e merletti secese le scale per cominciare la sua esplorazione. Quando incrociò la sua immagine in uno specchio non poté fare a meno di pensare che somigliava ad una curiosa versione da Jogging della Bella Addormentata armata di torcia elettrica. Ma non era il momento di ridere: occorreva concentrarsi. “Pensa Tilly, pensa, pensa ai disegni nei quadri…un drago, la mia culla, un’elfa dai capelli verdi, quella creatura mostruosa… ho bisogno di trovarli…” Si aggirava assente per il pian terreno e senza accorgersene si ritrovò in giardino. Il vecchio muro di cinta attirò la sua attenzione. Tilde si avvicinò cauta e cominciò a tastare sotto il fitto dell’edera: “Una maniglia!” urlò nel silenzio della notte ricordandosi solo dopo che avrebbe dovuto fare piano: “Una maniglia!” ripeté sussurrando a se stessa, e la girò. La porta segreta si aprì su una rampa di scale di cui non si vedeva la fine.
Coraggiosamente e con un filo di incoscenza la ragazzina iniziò la sua discesa senza esitare neanche un secondo. Diversi gradini dopo lo spettacolo che si mostrò ai suoi occhi la ripagò dalla fatica: un intera stanza, molto, molto più grande di quella che le aveva mostrato la zia, piena zeppa di quadri della nonna. Avrebbe voluto avere il tempo di guardarli uno ad uno, di pensare alla sua nonnina almeno un po’, di piangere perché le mancava tanto. Ma una forza che non sapeva di avere la spinse ad avvicinarsi alla parete senza lacrime e con aria decisa. Una serie di quadri posti vicinoi e tutti delle stesse dimensioni attirarono la sua attenzione, la protagonista non le era affatto nuova: era l’elfa dai capelli verdi. La storia narrata era di una tristezza commovente: un amore disperato, scoccato proprio tra l’elfa dai capelli verdi e una creatura condannata a vagare nelle tenebre. Tilde man mano che osservava i quadri li staccava e li poggiava sul pavimento, quasi a formare un fumetto. Quando vide i due innamorati costretti a separarsi cominciò a piangere. Le sue lacrime sciolsero il colore. Piangeva di cuore, con gli occhi chiusi e l’animo disperato, quando sentì una voce: “Non piangere bambina, sono passati moltissimi anni e neanche io penso più al mio destino infelice” a parlare era proprio l’elfa: “Hai avuto pietà di me, hai amato la mia storia dal profondo e questo lenisce la mia sofferenza. Per ringraziarti voglio raccontarti qualcosa che sono sicura che ti sarà utile” (ovviamente il racconto è quello riportato nel post della quinta puntata). Quando la creatura smise di narrare Tilly quasi non poteva credere alle sue orecchie: “Grazie, grazie mille, ma ora io… io non so cosa fare…”: “Non preoccuparti” le rispose l’elfa che ormai stava svanendo, “sei riuscita ad avviare gli eventi, rimani sempre te stessa e non dimenticarti mai di come sei stata cresciuta dalla tua buona nonna.”
Con la sensazione di avere su di sé il peso di una responsabilità molto più grande di lei, Tilde tornò a dormire.
A
Ancora incredula di quello che aveva vissuto nel corso della nottata, si svegliò con una gran voglia di fare. Scese a fare colazione in un baleno già vestita e preparata di tutto punto. Bevve il latte a velocità supersonica e in un secondo sapzzolò la fetta di ciambellone a lei destinata. Finalmente libera da sguardi indiscreti si finse impegnata nella ricerca di cocccinelle in giardino e tornò nel luogo esatto della notte precedente. La porta era scomparsa. Di essa neanche una traccia. Che fosse un sortilegio della zia Guglielmina? Quella donna ormai la seguiva ovunque e, forse, era stata astuta e l’aveva spiata anche durante la sua avventura notturna. Che fare? La ragazzina capì che aveva bisogno della nonna, dei suoi quadri, dei suoi poteri. Doveva tornare a casa, tornare nella stanza dei dipinti dove aveva avuto una visione. C’era un quadro, non quello piccolo che aveva attirato la sua attenzione la prima volta, ma una tela molto più grande, che non riusciva a mettere bene a fuoco che era certa le sarebbe stato d’aiuto. Battagliera e convinta rientrò in casa per chidere alla mamma di porre fine al soggiorno toscano. Voleva arrivare nella radura delle sue visioni. Voleva scoprire chi era veramente. E ci sarebbe riuscita.
B
Ancora incredula di quello che aveva vissuto nel corso della nottata, si svegliò con una gran voglia di fare. Scese a fare colazione in un baleno già vestita e preparata di tutto punto. Bevve il latte a velocità supersonica e in un secondo spazzolò la fetta di ciambellone a lei destinata. Finalmente libera da sguardi indiscreti si finse impegnata nella ricerca di cocccinelle in giardino e tornò nel luogo esatto della notte precedente. Proprio lì di fronte, con tanto di cappello di paglia e di salopette un ragazzo poco più grande di lei era intendo a potare l’edera. “Sei il nuovo giardiniere?” lui si voltò e suoi occhi brillarono di una luce tutta speciale. “No, sono un guerriero. Sono la tua guardia cara predestinata, mi manda tua madre, la tua vera madre. Sei pronta a cominciare l’avventura per cui sei stata messa al mondo?” Tilde rimase basita a fissarlo. “Fin’ora sei stata brava ma ti facevo più loquace!” esclamò lui. “Impertinente come guardia!” pensò la ragazzina, e poi sorridendo con una punta di furberia gli chiese: “Sai come arrivare nella radura delle mie visioni?”. Quello era l’esatto momento che avrebbe segnato le loro vite per sempre
A voi la scelta e, come sempre, sono apertissima ad ogni tipo di suggerimento! L’appuntamento è per venerdì!
P.S. Vilma la tua idea per far funzionare la tavolozza non è andata perduta e verrà utilizzata ben presto! 😉
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scritto il settembre 13th, 2010 da alphabetcity
Carissimi ragazzi drago, per questa settimana i vostri interessantissimi suggerimenti mi hanno portata su una strada inusuale: il passato. Dato che questo nostro minifantasy è come un minilibro, ho pensato che un salto nel passato era proprio il caso di farlo, un capitolo a parte che cominci a diradare la fitta nebbia intorno alla nascita di Tilly. Alla fine, dunque, le scelte da fare saranno molteplici, sia per quel che riguarda lo svolgimento della storia che per quel che, invece, riguarda la sistemazione di questo racconto del passato all’interno della narrazione. Insomma, una valanga di decisioni aspetta solo voi: si parte!
Fin dall’antichità il mondo magico di Onyrism (se avete altri suggerimenti per il nome sappiate che sono disponibilissima e lieta di sostituirlo!) ha avuto una sola regola: le guardiane dei sogni, sovrane incontrastate di ciò che avviene mentre l’intero regno dorme, sono scelte dal Fato e dal Fato soltanto perché il loro potere, in una terra dove i sogni che bruciano di una passione autentica hanno il potere di realizzarsi, è troppo grande per poter essere veicolato da qualunque creatura.
Dopo secoli di pace e di giustizia, però, la nube del malcontento era calata sulle teste degli abitanti di Onyrism poiché ogni popolo di questa terra magica, elfi, streghe, draghi, ninfe e molte molte altre razze fantastiche, aveva cominciato a sospettare che la Guardiana, in quanto appartenente ad Onyrism, avrebbe potuto correre il rischio di essere influenzata dai desideri e dalle richieste dell’una o dell’altra popolazione. Fu allora deciso di cercare, per una e una sola volta, sulla Terra una nuova prescelta che, da quel momento in poi, avrebbe portato con sé la sua succeditrice, sempre crescendola lontano da ogni sospetto di corruzione. Erano state allora scelte due bambine, notate dall’elfo più saggio per la capacità della più piccola di disegnare mondi così simili a Onyrism e della più grande di inventare storie fantastiche a partire da quei dipinti: rispettivamente Giuseppina e Guglielmina. La prima crescendo si era rivelata buona, gentile e altruista mentre la seconda, man mano che la sua fantasia infantile andava esaurendosi, aveva cominciato a provare invidia per l’infinito talento della sorella. Così, anche se entrambe erano state ammesse al mondo magico, solo Giuseppina era diventata la Guardiana dei sogni.
La vita di Onyrism aveva allora continuato a scorrere regolarmente ed era tornata in vigore l’antica legge per cui ogni madre quando nasce una bambina con gli occhi verdi è costretta a portarla dalla Guardiana che, leggendole l’anima attraverso gli occhi, potrà capire se sarà lei a prendere il suo posto. Il giorno in cui nacque Tilly le cose sarebbero dovute andare in questo modo e, infatti, la sua stupenda mamma si stava incamminando per andare a consegnare la sua piccina quando, proprio nella radura bagnata dalle acque della cascata nella quale viveva, un elfo con una cetra aveva iniziato a cantare una strana nenia sulle terribili gesta di una traditrice che avrebbe incrinato l’equilibrio del regno. Guglielmina, infatti, era in aguato, accordatasi con un ghoul aveva deciso di compromettere per sempre il futuro della bimbetta.
Mentre la donna si avvicinava Giuseppina, però, una freccia scoccata da un elfo cieco, il miglior tiratore del reame perché sensibile e sempre viglie, tenne la sorella traditrice incollata ad un albero. I pochi minuti così guadagnati bastarono per far sì che la lattante venisse riconosciuta e battezzata come Tilde, la prossima Guardiana.
Con l’arrivo della neonata nella loro villa sulla Terra le due sorelle si riappacificarono. Ma, una notte, Guglielmina, sopraffatta dalla brama e dall’invidia, si alzò, invocò il ghoul suo servo e lanciò la maledizione sulla picccola che dormiva beata nella sua culla: nessuna visione le sarebbe mai apparsa in sonno e, se entro il tredicesimo anno di età non si fose ricordata nulla del compito che le spettava di diritto e non fosse riuscita a recuperare il suo innato dono onirico, la donna avrebbe preso il suo posto piegando l’intero regno ai suoi voleri.
La legge del mondo di Onyrism prevede che fino a tredici anni nessuna prescelta venga addestrata. Da quel momento in poi Giuseppina, la quale sentiva che non avrebbe avuto una vita lunghissima, affidò Tilde a sua figlia naturale chiedendole di amrla come se fosse sua e cominciò a dipingere alcuni quadri che sarebbero serviti alla sua nipotina a ritrovare la sua vera identità
Ed ora viene il bello:
1) Chi racconterà questa storia a Tilly:
A) l’elfa dai capelli verdi che la ragazza aveva visto in una delle figure del primo quadro dopo che, in qualche modo, è riuscita ad entrare in possesso del dipinto e a liberare lo spirito della creatura magica (potete anche dire come è riuscita a liberarla!)
B) l’anziana madre della cuovca della villa che ha insegnato alla nonna a disegnare
C) Il ghoul pentito e spaventato dai diabolici piani della zia (quali?) decide di confessare
2) Una volta venuta a conoscenza della storia come potrà Tilde essere addestrata e recuperare i suoi poteri?
Vi lascio libera scelta di suggerirmi ciò che preferite!
3) Mi piace l’idea che una creatura del mondo magico possa riuscire ad arrivare alla villa per aiutare Tilly. Chi è? È un ragazzo? Può rivelare la sua vera identità o deve aspettare che sia lei a scoprirlo?
Anche qui siete liberissimi di lasciare correre la vostra fantasia!
Un’ultima raccomandazione prima dei saluti: ricordatevi che siamo alla quinta di dieci puntate e che quindi dobbiamo cominciare ad inccminnraci verso il finale!
Ci leggiamo lunedì!
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scritto il settembre 7th, 2010 da alphabetcity
La sensazione di essere già stata in quel luogo assalì la ragazza come un odore acre, di quelli forti, che penetrano nei vestiti per non andare più via. Si accorse che si stava inavvertitamente mangiando le unghie: era nervosa, tesa, sommersa da uno stato d’ansia che quel luogo le comunicava senza alcuna ragione plausibile. Era davvero possibile che non ricordasse assolutamente niente dei suoi primi tre anni di vita? Cominciò a gironzolare per la stanza, a toccare gli oggetti, a spostarli: una bambola, una trottola, una coperta, il letto a baldacchino con le tende ingiallite a fiorellini. Quasi in uno stato di ipnosi si avvicinò alla culla e spostò le tendine. All’interno un piccolo cuscino sopra il materasso; Tilly lo sollevò e scoprì un tassello nella gomma piuma con inserita all’interno una scatola nera, che sotto la polvere lasciava intravedere la sua lucentezza. Si sedette per terra e la aprì con la mani tremanti. Il curioso oggetto contenteneva una tavolozza, tre pennelli e una lettera: “Mia cara Tilly, ti scrivo oggi, prima di portarti via da questa casa. Mentre la penna scorre sul foglio tu gironzoli spaesata per la stanza cercando i giochi che sono già stati portati a Roma. Non sarò qui quando tornerai, lo sento. Ma tu non preoccuparti tesoro mio, guiderò lo stesso la tua mano, ma tu dovrai essere forte e coraggiosa. Per ora posso dirti solo questo perché riuscire ad ottenere tutto l’aiuto che posso darti dipenderà da te. Un’ultima cosa amore mio: ricorda sempre che un mondo senza sogni è una tela senza colori e un sognatore che si smarrisce è un pittore senza tavolozza. Un bacio dalla tua nonna”. Per Tilly era abbastanza. Lasciato tutto sul pavimento corse giù per le scale e si offrì volontaria per accompagnare la cuoca a fare la spesa, poi l’aiutò a cucinare, a ripulire, e a fare qualunque altra cosa pur di tenersi occupata. Ma non si può sfuggire al proprio destino: quella fu la notte in cui fece il suo primo sogno.
Era di nuovo in quel mondo fatato che aveva visto quando era svenuta nella stanza dei dipinti, ma questa volta la visione era più nitida e le figure si distinguevano alla perfezione. Nella radura un elfo cieco stava incoccando una freccia pronto a colpire qualcosa nel filto del bosco mentre la figura che aveva visto sotto la cascata si rivelò, una volta messo piede nell’erba una bella donna giovane, vestita di bianco, con dei lunghissimi capelli del colore della notte e la pelle di un candore straordinario. Teneva in mano una bimba in fasce e camminava con aria preoccupata ninnandola con dolcezza. Dopo un ultimo sguardo pieno di lacrime Tilde l’aveva vista porre la neonata a terra e poi, con sua grande meraviglia, il fagottino era stato raccolto da… sua nonna!
Se sceglierete A la trama evolverà con Tilly che scopre di essere la guardiana dei sogni a cui però la zia, gelosa di questo ruolo che comporta un enorme potere, ha fatto un incantesimo che le impedisce di ricordare il suo passato e quindi la sua vera identità. Le guardiane dei sogni, infatti, non possonbo sognare, ma solo avere visioni notturne. La zia è riuscita a mantenere la situazione sotto controllo fino ad ora. Perché? Cosa vuole ottenere? Come può Tilly liberarsi dell’incantesimo? Può aiutarsi con la tavolozza? Cosa sono in realtà i quadri della nonna?
Se sceglierete B Tilly scoprirà di essere una ninfa designata da un oracolo a sedere sul trono del regno che ha appena sognato. Solo con la sua ascesa la pace potrà di nuovo regnare. Ritrovare i suoi sogni la asiuterà a sedersi sul trono. Come si svolgerà l’azione? Perché la zia non vuole che sieda sul trono? A cosa servono la tavolozza e i quadri della nonna?
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scritto il agosto 23rd, 2010 da alphabetcity
Dopo un’inevitabile pausa estiva eccoci di nuovo pronti a partire con la nostra avventura: un fantasy corale per Licia Troisi!
Ho visto con grande gioia che il dibattito sulla scelta tra A e B è stato acceso e pieno di proposte che hanno dato alla mia fantasia delle ali per volare davvero forti!
Vi anticipo fin da ora che data l’effettiva situazione di parità ho scelto di tenere l’atmosfera un po’ oscura e misteriosa di B unendovi però diversi elementi di A (quelli che mi è sembrato colpissero di più la vostra fantasia) che, anche se non saranno tutti in questa puntata, faranno di certo la loro comparsa in seguito a prescindere dell’opzione che voterete per questa seconda puntata. Questo significa, quindi, che nel mini libro che verrà consegnato a Licia all’introduzione seguirà la parte B.
Ora, però, basta chiacchere, è il momento della tanto attesa seconda puntata!
La zia Guglielmina non si fece di certo pregare e, ignorando del tutto lo sguardo stupefatto della nipote di fronte al quadro cangiante, si sedette su una vecchia poltrona e con una lieve nota d’imbarazzo cominciò: “Mia sorella era davvero una donna piena di fantasia, riusciva sempre a stupirmi, fin da quando era ancora una bambina. Pensa, mia cara, che aveva solo tredici anni quando inventò questo congegno per cambiare le immagini nei quadri, sembra una magia ma è una sorta di illusione ottica basata sulla posizione di alcune macchie di colore. Nostro padre all’epoca rimase così sconvolto che le proibì di disegnare, è per questo che solo io ero a conoscenza di questa stanza”. Seguì una risatina nervosa che le orecchie di Tilde non poterono sentire per via dell’assordante rumore che i suoi pensieri stavano facendo in quel momento: “Ho visto perfettamente cos’è successo. È magia, magia pura, fantastica, unica, rara; è magia, me lo sento, quella che ho sempre desiderato esistesse davvero e non solo nei libri. Perché la zia lo nega con tanta dovizia di particolari?”. Ma quello non era affatto il momento di fare domande: la vecchina ava già cominciato il suo racconto: “Questa è la nostra vecchia casa dove trascorrevamo le vacanze, una meravigliosa villa in Toscana che disgraziatamente è stata venduta. A tua nonna piaceva immaginare che di notte le stanze, ma soprattutto il meraviglioso e immenso giardino, si popolassero di fate, vampiri, draghi e creature magiche di ogni sorta. Mi dispiace non riuscirti a dire altro tesoro mio, non ero io quella piena di fantasia”. Pronunciò queste ultime parole di fretta, mentre con un solo scatto, alquanto insolito alla sua veneranda età, lasciava cadere il quadro sulla poltrona e spingeva la ragazzina fuori dalla stanza. Un dubbio cominciò a turbare l’animo puro di Tilly: quello che aveva visto nei suoi occhi era davvero rancore misto a invidia?
A
Poche ore dopo Tilly prese a girarsi e a rigirarsi nel letto. Non aveva mai sofferto d’insonnia, mai un incubo o un brusco salto avevano turbato le sue notti, mai un pianto, neanche da piccola. E ora proprio non riusciva a dormire. L’immagine della culla la tormentava e aveva ancora addosso la sensazione spiacevole provocatale dalle parole della zia.
Si alzò di scatto, a piedi nudi e senza neanche indossare vestaglia e pantofole uscì dalla stanza e si ritrovò a camminare con passi lunghi e rapidi verso il corridoio. Una volta entrata nella camera dei dipinti, un istinto inspiegabile la guidò fino all’esatto centro della stanza dove scorse una piccola macchiolina di colore bluastro. Si chinò per toccarla e al primo contatto della sue dita con il gelo del pavimento sprofondò in un sonno profondo. Il freddo del marmo si trasformò ben presto in una strana sensazione di umido: era acqua. Si trovava sotto la superficie di un fiume ma riusciva perfettamente a respirare. Quasi distrutta da un’incomprensibile quanto improvvisa stanchezza non riuscì a muovere un solo dito e, così, si limitò a guardare. Scorse sulla superficie una creatura orribile e inquietante che, accingendosi ad entrare nell’acqua si illuminva di una luce pallida e accecante trasformandosi in una ragazza dai lineamenti ancora non perfettamente percettibili ma bellissimi. Intanto una musica dolce suonava, sembrava provenire da una radura lontana. Tilde aprì gli occhi di scatto.
B
Poche ore dopo Tilly prese a girarsi e a rigirarsi nel letto. Non aveva mai sofferto d’insonnia, mai un incubo o un brusco salto avevano turbato le sue notti, mai un pianto, neanche da piccola. E ora proprio non riusciva a dormire. L’immagine della culla la tormentava e aveva ancora addosso la sensazione spiacevole provocatale dalle parole della zia.
Si alzò di scatto, preda di un’irrefrenabile necessità di agire. Via la camicia da notte da scolaretta, via le due trecce che la mamma si ostinava a farle portare per ordinare le onde dei suoi lunghi capelli. Scarpe da ginnastica, leggings e un maglietta lunga a pois, la sua preferita, uscì nel corridoio e corse a perdifiato fino allo studio del nonno, forzò la serratura e, come posseduta da un istinto irrefrenabile, si lanciò ai piedi della gigantesca cassettiera in mogano senza neanche accendere la luce. Un pallido raggio di luna la aiutò a raggiungere l’interruttore della lampada della scrivania. La ragazzina cominciò a rovistare con forza all’interno dell’ultimo cassetto: “Trovato!” quasi urlò per l’emozione mentre rovesciava per terra decine e decine di fotografie e pezzi di carta contenuti in una cartellina viola con su scritto “proprietà”. Dopo una ventina di minuti di ricerche un brivido le percorse la schiena: la villa in Toscana esisteva davvero. Foto, indirizzo, vari documenti dell’acquisto, bollette, curriculum vitae della servitù, non mancava niente. Tilde si alzò e aprì la finestra per fare entrare un po’ d’aria, un’ombra si mosse nel giardino sotto di lei. Incredibile: sembrava la zia Guglielmina, e non era sola.
Come potete vedere non sono presenti tutte le creature magiche dei quadri, ma vi assicuro che compariranno! Intanto vi anticipo che il sugerimento riguradante la culla è stato accolto (mi è piaciuto tantissimo!)
Prima di salutarvi e di darvi appuntamento a lunedì prossimo vi lascio con due domande: oltre a scegliere tra A e B e a suggerire eventuali evoluzioni, chi ha voglia di provare a dirmi qualcosa su questa zia Guglielmina? E chi di voi se la sente di provare a realizzare qualche disegno?
Scatenate le vostre testoline!
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scritto il agosto 2nd, 2010 da alphabetcity
Ci siamo! Le vostre proproste erano tutte così allettanti e piene di fantasia che scegliere è stato davvero complicato… e così ho deciso che l’ultima parola spetterà proprio a voi! Quella che segue è un’introduzione abbastanza lunga per conoscere meglio la nostra protagonista e l’evento che le cambierà la vita. Devo ammettere che ho lavorato di mio pugno per questa prima parte, ma poi A e B contengono i vostri suggerimenti divisi in due gruppi: starà a voi scegliere il gruppo di personaggi che vi alletta di più! Per il momento potete votare A o B tramite i commenti, ma speriamo di riuscire ad inserire la funzione sondaggio al più presto.
Prima puntata
Nei suoi tredici anni di vita aveva sempre pensato di potersi ritenere fortunata: solo le tipiche malattie esantematiche, niente apparecchio, niente occhiali da vista, niente acne, corporatura nella media, intelligenza vivace, una bella casa, una famiglia affettuosa e degli amici. Per altro, il dolore le aveva riservato un trattamento speciale esentandola dal dover presenziare a quelle tristi occasioni che prima o poi entrano a far parte della sfera dei ricordi che vorremmo dimenticare. Tilde pensò a questo mentre infilava le spesse calze di lana nere, abbottonava la camicetta anch’essa nera e si faceva scivolare dalla testa la scamiciata grigia. Dallo specchio la guardò un’immagine che non le assomigliava, eppure non era il momento di fare storie: per il funerale della nonna i vestiti li aveva scelti la mamma e non c’era la possibilità di ricorrere in appello.
Dopo una funzione boriosa e nient’affatto somigliante all’indole di quella arzilla vecchietta, la nonna proveniva da una famiglia di nobili decaduti e certe cose erano da considerarsi prassi, tra qualche lacrima furtiva che proprio non aveva voluto rimanere al suo posto e il pizzicore della lana sulle gambe, la ragazzina tornò nella grande casa di famiglia che ora le sembrava vuota e triste. Mentre la mamma e il papà cominciarono a ricevere gli ospiti nella sala grande, sgattaiolò per diversi corridoi e molte rampe di scale. Si sentiva triste, inquieta: per la prima volta nella sua vita niente sembrava poterla tenere al riparo dal dolore. Fu a quel punto, quando la disperazione stava per fare di lei un sol boccone, che la sentì: “Tilly! Tilly! Da questa parte!” la voce, che ad un primo momento le sembrò quella della nonna, ma che poi riconobbe come appartenente alla zia Guglielmina, sorella della nonna, proveniva da una porta malmessa e socchiusa ad un paio di metri da lei. In un lampo Tilde entrò, gli occhi ancora gonfi di pianto e le gote rosse per la vergogna e lo stupore di sentirsi vulnerabile: un’ondata di luce la travolse, colori sgargianti e vivaci rendevano ogni centimetro delle pareti un tassello di un mosaico di gioia e fantasia. “Sono i lavori di mia sorella! Tua nonna era una grande pittrice, nei suoi quadri prendevano vita universi paralleli. Peccato che non abbia mai voluto farne parola con nessuno, me esclusa.” Le disse la zia e le sue gambette di adolescente cominciarono a tremare come foglie dall’emozione sotto la noiosissima scamiciata grigia. Così, nonostante la sua età che la spingeva sempre più lontano dall’infanzia, la ragazza cedette all’impulso: “Zia, ti prego, raccontami la storia di uno di questi quadri, anzi, raccontami la storia di quello là!”
A
E Tilde indicò con fermezza il quadro più grande, che dominava la parete più spaziosa della stanza: una cornice dorata a forma di drago seguiva il perimetro dell’immensa tela piena zeppa di disegni fantastici. Gli occhi di zia Guglielmina si spalancarono e lasciarono intravedere un bagliore che la nipote non riuscì a definire con precisione ma che venne comunque mentalmente annotato tra i fatti interessanti della giornata: “Proprio quello? Ne sei certa?” Di fronte alle due si parava una scena piuttosto complessa. In lontananza si intravedevano, oltre un fitto bosco in cui lampeggiavano piccole fate, le figure avvolte in una fosca nebbia di una strega incatenata al dorso di un drago che, a guardar meglio, poteva sembrare in procinto di spiccare il volo. La parte centrale della raffigurazione, che invece ritraeva una radura luminosa nel mezzo della boscaglia, sembrava una sorta di limbo in cui un elfo senza pupille teneva fieramente incoccata una freccia nel suo arco, come mirando verso qualcosa al di fuori del dipinto, e un giovane di una rara bellezza sedeva su di un masso pizzicando una cedra quasi a cercare di strappare un sorrsio ad una piccola ninfa dall’aria assente che guardava assorta qualcosa nel fitto del bosco. In primissimo piano una cascata riempiva la scena di schizzi dai colori cangianti, e sotto la parete d’acqua scrosciante si intravedeva la sagoma di una ragazza: una sirena?.
B
E Tilde indicò con fermezza il quadro più piccolo dell’intera stanza, un minuscolo rettangolino che sembrava uscito da una mostra dei macchiaioli in cui, eccezzionalmente, erano state le sfumature del blu e del viola ad avere la meglio. Gli occhi di zia Guglielmina si spalancarono e lasciarono intravedere un bagliore che la nipote non riuscì a definire con precisione ma che venne comunque mentalmente annotato tra i fatti interessanti della giornata: “Proprio quello? Ne sei certa?”. La vecchina prese tra le sue mani rugose e ossute l’oggetto e lo mostrò alla nipote: le macchie composero un paesaggio lunare e inquietante in cui in un angolo si intravedeva chiaramente la sagoma di un vampiro con tra le braccia una figurina esile e alata. Tilly non resistette all’idea di sfiorarla con un dito e l’immagine cambiò: un drago enorme se ne stava accovacciato ai piedi di un’elfa dai capelli verdi in una stanza illuminata solo dalla luce dal caminetto; un altro tocco e lo stesso drago vigilava su una culla mentre fuori dalla finestra il profilo di un ghoul dava forma all’inquietudine. Poi le macchie cominciarono di nuovo a mescolarsi e tra profili di elfi, fate e creature magiche di ogni sorta la tela tornò allo stato iniziale.
Che ve ne pare!?! Non dimemticate di suggerire eventuali evoluzioni della storia nei commenti!!! Per la prossima puntata l’appuntamento è per il 23 agosto!!!
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scritto il luglio 26th, 2010 da alphabetcity
Il titolo vi suona un po’ misterioso?!?! Credete che la vostra amata Licia stia per scrivere un nuovo romanzo?!? Vi sbagliate! Questa volta saremo noi a scrivere per lei!!! Parlando con voi su FB e leggendo le vostre mail di partecipazione al nostro precedente contest, ci siamo accorti che molti di voi sognano di diventare scrittori o, addirittura, hanno già un loro fantasy nascosto in un cassetto! E allora perché non scrivere un piccolo fantasy tutti insieme da consegnare a Licia in persona!?!
Ecco come faremo a creare questo Mini fantasy corale: ogni settimana sul blog apparirà una parte di racconto (fissa) a cui seguirà una parte A e una parte B tra le quali sceglierete tramite il sondaggio che verrà attivato qui accanto nella barra laterale.
Ovviamente sarà importantissimo anche che suggeriate nei commenti ciò che preferireste accadesse!!!
Il racconto prenderà forma nel corso di 10 puntate alla fine delle quali il risultato sarà, appunto, un breve fantasy.
A questo punto si aprirà la seconda fase di questo gioco, il vero e proprio contest: così come è stato fatto per assegnare le copie del libro, vi saranno poste tre domande su La ragazza drago 3; i primi 5 che risponderanno correttamente riceveranno una copia stampata del racconto mentre il primo raggiungerà Licia in una delle tappe del tour e le consegnerà una copia rilegata della vostra opera!!!
Che ne dite, vi piace l’idea???
Cominciamo subito! Consideriamo questo post un numero zero in cui, eccezionalmente, non utilizzeremo il sondaggio ma solo i vostri commenti.
Avete tempo fino a venerdì per rispondere a questa domanda: quali personaggi fantsy vorreste che fossero presenti nel racconto??? Chi vorreste tra i protagonisti? Maghi, streghe, draghi, viverne, elfi, nani, folletti e chi più ne ha più ne metta… sbizzarrite la vostra fantasia!!! Aspettiamo i vostri suggerimenti per cominciare questa nuova avventura!
Vi aspetto lunedì con la prima delle dieci puntate!
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scritto il luglio 23rd, 2010 da alphabetcity
Come potete vedere, o meglio legger, anche Maria aveva scritto un racconto troppo lungo!
Vi lascio alle sue parole ma prima vi dò appuntamento a lunedì con L’ANNUNCIO DEL NUOVO CONTEST!!!
Non mancate… ci conto…
Bianco. Tutto bianco intorno a me. Ero circondata dal nulla. Poi mi accorsi di qualcosa di fianco a me, una figura sfocata. Ci misi un po’ a metterla a fuoco. Era una ragazza. Avrà avuto al massimo 15 anni, il viso ancora da bambina era troppo pallido, e gli occhi… occhi che guardavano un tutto e un niente che non c’era. Voci che provenivano da quella ragazza mi inondavano la testa, erano strazianti: pianti, grida, lamenti… la ragazza sei tu! Disse una di quelle voci. Poi tutto si fermò e si fece buio, un pozzo scuro senza fine; l’unica figura abbagliante era davanti a me.
<<è il tuo destino.>> disse la figura, portava una collana di lapislazzuli al collo, ricami che non conoscevo erano impressi su quel manufatto. La guardai un istante.
<<chi siete?>>chiesi con un filo di voce.
<<tu sei la prescelta, è il tuo destino>> questa volta mi prese la mano ci mise un oggetto, anch’esso sbiadito, come offuscato. Sembrava qualcosa di blu, era intenso, bruciava a contatto con la mia pelle.
<<chi siete?>> gridai ritraendo la mano. Le tenebre iniziavano ad avere la meglio. L’oggetto era una collana con una pietra, sopra c’era inciso il simbolo di una runa antica. La ragazza continuava a guardarmi, aveva dei lineamenti bellissimi quasi come un angelo; ma quello sguardo, quel pallore la rendevano troppo triste, infelice per quel che gli era successo, gli occhi, cosi giovani erano bloccati sull’oggetto che adesso, non so come, si era posato sul mio collo.
<<sono…>>
Mi svegliai urlando fino a farmi male alla gola. Mi coprii gli occhi e con le mani sentii di averli bagnati. Mi guardai attorno, ero in una radura splendida, tutta tappezzata di fiori e contornata da cespugli. Sentii un rumore, mi accorsi che non ero sola.
<<chi c’è?>> gridai. Silenzio.
<<esci fuori!>> dissi avanzando di qualche passo. Silenzio.
Presi il pugnale che avevo alla cintura, e senza badarci tanto saltai addosso a un ragazzo. Era lui che faceva rumore. Fu un movimento rapido, gli saltai addosso e gli misi il pugnale alla gola. Era anche lui giovane, poco più grande di me. Il viso era coperto da capelli castani un po’ lunghetti e ricci, ma la cosa che mi stupì erano le orecchie: avevano una strana forma appuntita.
<< chi se…>> la frase mi morì in gola. La collana, quella del sogno, era lì, che mi pendeva dal collo. E il simbolo: spiccava sul blu intenso della pietra. Il pugnale mi cadde dalle mani. Non potevo crederci, non volevo crederci. In fondo era solo un sogno. Mi appoggia ad un albero e iniziai a piangere. Non era possibile, io non avevo mai vista quella collana se non in sogno.
Il ragazzo si avvicinò e si sedette vicino a me e mi abbracciò lasciando che gli macchiassi tutta la casacca. Era molto dolce, soprattutto per il fatto che, dopo avergli puntato alla gola un pugnale ed averlo quasi ucciso non fosse scappato ma, fosse rimasto a consolarmi pur non sapendo chi fossi.
<<scusa, non volevo spaventarti>> disse. <<io sono Fares.>> aggiunse. Non so perché ero appoggiata a lui, ma qualcosa dentro di me mi diceva che potevo fidarmi. Accese il fuoco, rimanemmo zitti per un po’, poi senza che mi chiedesse niente gli raccontai del sogno, della collana e del simbolo. Lui ascoltava senza dire niente, lasciando che mi sfogassi. Quando finii mi sentii più leggera. <<scusa, non so perché ne sto parlando, comunque cosa ci facevi nel bosco?>>
<< sono un cavaliere, o meglio. Stavo andando a nord per un pattugliamento approfondito quando ti ho sentita gridare e allora…>> arrossii. Avevo gridato così tanto?
<<pattugliamento?>> chiesi. Ma adesso che ci pensavo non so dove mi trovavo e cosa ci facessi li.
<<si, il re ha chiesto a cinque cavalieri di drago di pattugliare l’area dall’alto, vedi è molto malato e non vuole correre rischi di attacchi dalle altre terre>> disse. <<comunque non mi hai detto come ti chiami>>
<<Re? Comunque io non ho un nome>> risposi. <<mio padre quando seppe che mia madre era incinta la lasciò e lei morì durante il parto>>
<<mi dispiace. Comunque se vuoi un nome lo possiamo rimediare>> disse tralasciando la domanda riguardo al re.
<<non so>> ero un po’ confusa. Da quando ero stata abbandonata tutti mi chiamavano orfana, e ora un tizio sconosciuto voleva aiutarmi a ricostruirmi un’identità.
<<Maria?>> chiesi, in fondo era un nome abbastanza usato.
<<Ma che nome è? >> disse. <<che te ne pare di Zahira?>> chiese illuminato.
<<non so, direi di si>> dissi un po’ confusa, il mio nome era Maria. Stetti al gioco e decisi che in fin dei conti mi piaceva come nome, aveva un che di strano ma mi piaceva. Soprattutto anche perché mi aveva aiutato lui a trovarlo, era davvero carino.
<< grazie>> risposi rossa di vergogna fino alla radice dei capelli. << senti magari quando riparti non è che posso venire con te? >>
<< certo>> rispose sorridendo. Lo guardai e un sorriso spontaneo mi sfuggì dalle labbra.
Qualcosa si mosse dentro di me, come se il cuore iniziasse a riscaldarsi dopo anni e anni di ghiaccio assoluto. Lo guardai meglio, e per la prima volta notai che aveva un’arma. Una spada. Alla fine dell’elsa c’era una mezzaluna che proseguiva e andava a formare la lama che era incisa con simboli strani. <<posso vederla?>> chiesi senza pensarci.
Mi guardò perplesso. <<che cosa?>> chiese.
<< la spada>> risposi. Aveva qualcosa di familiare quella lama, o meglio i simboli su di essa.
Me la porse. La presi in mano e iniziai a maneggiarla. <<sai usarla vedo>> affermò.
<< non tanto>> dissi ammirando i simboli sulla lama. In effetti era la prima volta che ne impugnavo una.
<< se ti va, intanto che andiamo a nord ti insegno a usarla>>
<< volentieri>> dissi con un sorriso a trentadue denti. Ho sempre amato le spade, fin da quando ero bambina.
La notte passò velocemente, non riuscii a dormire molto. Ripensavo alla spada, ai simboli sulla lama. Li avevo già visti da qualche parte., ne ero sicura. Presi a giocherellare con la collana senza pensarci, la guardai di sfuggita ma mi bloccai di colpo… il simbolo che era sulla lama era lo stesso della collana!
<<Fares, Chi ti ha dato la spada?>> gridai.
<<l’esercito elfo, io ne faccio parte. Sono una guardia reale. Sai dove siamo?>> chiese dubbioso. Feci di no con la testa, l’unica cosa che sapevo era che quella collana aveva qualcosa a che fare con la spada di Fares.
<< Siamo nelle terre Elfiche. Re Elelith è il sovrano>> disse.
<< e il simbolo della spada cosa rappresenta?>> chiesi, dovevo saperlo. Lui mi guardo perplesso un attimo, sospettava qualcosa forse, ma cosa poteva sospettare se io non sapevo nulla.
<< la magia del nostro popolo –quella di un tempo, la magia antica. Adesso è del tutto sparita- ed è anche il simbolo reale>> affermò.
<< è lo stesso simbolo della mia collana…>> dissi, tirandomi via la collana e porgendogliela. Rimase interdetto alla vista di quel medaglione, occhi e bocca spalancati.
<< che cos’hai? Lo hai già visto?>> chiesi preoccupata dalla sua reazione.
La guardo ancora qualche secondo che pareva eterno ma quando infine decise di rispondermi rimasi di stucco.
<< era il ciondolo della regina>> disse guardandomi sbalordito.
<< è impossibile, ti ho appena detto come l’ho avuto>> dissi ed era veramente impossibile, io non centravo niente con tutta questa storia della magia e della famiglia reale. Lo guardai perplessa, aveva ancora in mano la collana e ricambiava il mio sguardo con un misto di preoccupazione e stupore quando qualcosa catturò la mia attenzione. Era immobile, fermo come una statua. All’inizio pensavo che mi prendesse in giro, poi lo guardai meglio. Non respirava!
<< Fares? Fares?>> continuavo a scuoterlo e a ripetere preoccupata. Ma notai una cosa guardando in alto. Un uccellino era fermo a mezz’aria; immobile con le ali spalancate che volava nella radura.
<< che diamine sta succedendo qui?>> sussurrai in preda alle lacrime. Tutto era immobile, fermo. Come se il tempo si fosse fermato e io fossi l’unica cosa che potesse ancora muoversi. Le lacrime ormai erano scese e tutto era iniziato a girare, tutti i colori si legavano tra di loro quando alla fine spuntò un quadrante nero.
<< che cosa…>> non finii la frase che ricordai tutto. Tolsi il baschetto e mi ritrovai in una stanza con Salvatore che mi guardava preoccupato. Il videogame aveva qualcosa che non andava. Cavolo però se era reale giocarci. Sembrava davvero che fossi in quel mondo irreale tra elfi spade e… insomma in quel posto.
<< stai bene?>> chiese aiutandomi ad alzarmi. Lo guardai qualche secondo e sorrisi. << sei un genio lo sai? È stupendo!>> si tranquillizzò istantaneamente.
<< hai finito il livello Mery, domani se vuoi continuiamo>> disse mettendo a posto il caschetto.
<< ovvio che continuiamo>> dissi e tutti e due ci dirigemmo verso la porta. << aspetta ho dimenticato la borsa>> dissi fermandomi. << sempre la solita eh, inizio ad andare in cucina>> disse e iniziò a scendere le scale. Andai a riprendermi la borsa ma qualcosa attirò la mia attenzione: sulla borsa c’era una busta. La presi: nessuno la aveva mandata. Aprendola non trovai nessuna lettera ma una collana. Blu con sopra incisa una runa. Salvatore doveva avermi giocato qualche brutto scherzo, ma in fin dei conti speravo che fosse davvero qualcosa di magico.
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scritto il luglio 23rd, 2010 da alphabetcity
Troppo lungo per partecipare al nostro contest ma non per essere pubblicato! Ecco il racconto di Rebecca, che merita comunque di essere letto.
Il Natale di Melissa
Avete mai sentito parlare dei topolini ballerini? No, non sono criceti in tutù come qualcuno di voi starà pensando! Magari li avrete visti in uno dei vostri libri di scuola o in qualche documentario…
Sono dei piccoli topini, più piccoli di quelli di campagna, possono essere bianchi, o neri, o bianchi e neri come dei dalmata e vengono chiamati ballerini perché passano il loro tempo, oltre che a mangiare, a girare in tondo, come delle trottole! I bambini adorano i topolini ballerini e la storia che vi voglio raccontare è proprio quella di uno di questi bambini…
Erano i primi giorni di dicembre di qualche anno fa e la piccola Melissa, che aveva sei anni, non vedeva l’ora che cominciassero le vacanze di Natale. Era il suo primo anno di scuola e le piaceva andarci, anche se, ancor di più, le piacevano le vacanze. Durante la lezione pensava a quando avrebbe fatto l’albero di Natale e il Presepio con la mamma, a cosa avrebbe chiesto a Babbo Natale… Melissa non aveva né fratelli né sorelle, non le mancavano però i cugini.
Tra questi, quella che preferiva era la sua cugina di dieci anni, Veronica. Ogni volta che poteva, si faceva accompagnare dal papà a casa di Veronica e lì passavano interi pomeriggi a giocare insieme. Da qualche mese però le sue visite alla cugina erano diventate più frequenti a causa di alcuni nuovi “ospiti”…
Al papà di Veronica, infatti, avevano regalato due topolini ballerini, un maschio e una femmina, in una gabbietta verde a cui era stata aggiunta una reticella con le maglie strette, affinché i topolini, che erano grandi quanto un pollice, non potessero scappare.
Melissa se ne innamorò nel primo istante in cui li vide: non aveva mai visto dei topolini così piccoli e cosi simpatici! Le piaceva stare a guardarli mentre giravano, mentre mangiavano i semi di girasole con le loro zampine, che sembravano mani in miniatura, e chiedeva a Veronica di toglierli dalla gabbia, per poterli tenere in mano. Era affascinata da quei morbidi animaletti così piccoli e così movimentati e, da quando la topolina aveva avuto due topolini, non faceva altro che chiedere alla mamma e al papà di poterne tenere uno. I genitori le avevano ricordato che i topolini ballerini avevano bisogno di tante attenzioni e, dato che Melissa la mattina andava a scuola, avrebbero dovuto pensare loro a far tutto. Anche questo però non era possibile perché al papà gli animali così piccoli non piacevano e inoltre, lavorando fino a tardi, quando tornava a casa, aveva voglia solo di mangiare e andare a dormire. Anche la mamma lavorava, e poiché faceva i turni, spesso la mattina non era a casa. Questo però Melissa non lo capiva, così insisteva, esasperando sempre più i genitori.
Mancavano ormai pochi giorni a Natale. Quell’anno Melissa desiderava un’unica cosa e l’aveva scritto in grande, nella sua letterina.
“Caro Babbo Natale, quest’anno voglio un solo regalo:
un topolino ballerino. Un bacino, Melissa”
Babbo Natale leggeva tutte le letterine in anticipo e, quando gli arrivò quella di Melissa, non ne fu molto felice. Lui osservava tutti i bambini del mondo per capire se facevano da bravi o meno e si era accorto che, a causa dei topolini ballerini, Melissa era diventata capricciosa e testarda. I genitori l’avevano avvertita, ma lei non ascoltava pin nessuno.
Il 25 dicembre arrivò e Melissa, tutta eccitata, si alzò presto e andò a cercare i suoi regali sotto l’albero. Con delusione però, trovò solo una gabbietta vuota con dentro un foglietto, vi infilò la sua manina, tirò fuori il foglio, lo svolse e lesse:
Uno, due, oplà
La magia è questa qua!
Passarono alcuni secondi durante i quali Melissa si chiese cosa volessero dire quelle parole, poi sentì un leggero prurito sotto il nasino, si toccò e sentì di avere un paio di lunghi e sottili baffi!
Spaventata provò a chiamare la mamma, ma dalla bocca le usci solamente un debole squit e, all’improvviso, si rese conto di essere in gabbia! Non ci volle molto perchè Melissa capisse di essere diventata un topolino ballerino. Avrebbe voluto piangere e chiamare mamma e papa, ma non riusciva a stare ferma: aveva cominciato a girare, girare e non sapeva come fare per smettere. Dopo un po’ arrivarono i genitori che si arrabbiarono molto vedendo quell’animaletto sotto l’albero. Pensarono subito che fosse opera di Veronica, cosi le telefonarono, ma naturalmente lei non ne sapeva niente. Pensarono che Melissa fosse ancora addormentata e decisero di non svegliarla. Videro che il topolino non aveva niente da mangiare e gli misero qualche pezzo di biscotto. Melissa-topolina, poiché era affamata, divorò il biscotto,ma era molto triste e sperava che tutto tornasse come prima. Provò ad arrampicarsi sulle sbarre della gabbietta, ma, una volta in cima, si accorse che non c’era via d’uscita e sentiì la mamma che diceva al papà che sarebbe stato meglio portare il topolino, prima che Melissa si fosse svegliata, da Veronica, che lo avrebbe potuto mettere insieme agli altri che già possedeva. Per quanto amasse i topolini ballerini, Melissa non aveva la minima voglia di avere con loro incontri ravvicinati di questo tipo. Cosa sarebbe successo poi, se gli altri topolini si fossero accorti che lei era diversa da loro? E come avrebbe potuto mangiare semi di girasole per tutta la vita? Si vide cosi portare via da casa sua: il papà la mise in macchina e dopo non molto entrarono a casa della cugina. Melissa aveva tanta paura e, anche se le lacrime non le scendevano, stava piangendo. Veronica disse che per lei non era un problema ospitare un altro topolino, aprì la sua gabbietta verde e prese in mano Melissa-topolina che chiuse gli occhi e cominciò a dimenarsi perché non voleva essere messa insieme agli altri! Riuscì a liberarsi dalle mani di Veronica ma cominciò a precipitare verso il basso, sempre più giù e già pensava che, una volta toccato il pavimento, si sarebbe spiaccicata. Improvvisamente si accorse che stava accadendo qualcosa al suo corpicino, ur1ò e, sempre con gli occhi chiusi, senti di essere finita su qualcosa di duro.
Aprì gli occhi e vide che si trovava di nuovo nella sua cameretta! Era caduta dal letto ed era di nuovo una bambina: era stato solo un sogno! Si alzò per tornare a letto, quando si accorse di avere delle briciole sul pigiamino… Sembravano quelle del biscotto che la mamma le aveva dato quando era nella gabbia… Forse si era davvero trasformata in un topolino…o forse… Melissa non aveva voglia di pensarci, era solo felice di essere ancora, o di nuovo, una bambina. Sospirò, s’infilò bene sotto le coperte e, poiché era ancora notte fonda, si riaddormentò. La mattina seguente si alzò, aprì i suoi regali e passò un bellissimo Natale con la sua famiglia da cui era tanto amata.
Oggi Melissa ha qualche anno in più, ha smesso di fare la capricciosa e va ogni giorno in palestra per imparare a fare la ballerina. Forse fu solo un brutto sogno o forse fu una lezione che volle darle Babbo Natale, fatto sta che Melissa ricorda ancora di come girava, quando era un topolino. Ora può continuare a farlo, ma da bambina.
Bello vero? Sarebbe stato un peccato non condividerlo con voi…
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