Archivio articoli appartenenti alla categoria: ‘Miti e leggende’
scritto il luglio 3rd, 2009 da alphabetcity
Nel secondo capitolo della Ragazza drago Sofia scopre per le vie di Benevento un monastero, all’interno del quale vi è un Hortus conclusus. Ma cos’è? Esistono davvero? Abbiamo cercato l’origine di questo luogo misterioso e affascinante…
Hortus Conclusus in latino significa “giardino chiuso”. L’espressione viene riportata in numerosi libri di origine medievale che a loro volta derivano il significato da altre tipologie di orti presenti nei libri sacri della Genesi, dei Vangeli, dell’Apolcalisse e del Cantico dei Cantici.
Da principio l’hortus trova origine nel mito e nella storia del popolo dei Sanniti e dei Longobardi di Benevento. Nella loro tradizione era un luogo segreto, fantastico, chiuso e protetto. Successivamente, in età medievale, troviamo il significato che ci è giunto oggi: l’hortus conclusus era un tipo di giardino raccolto e isolato che serviva per pregare e rivolgersi a Dio in solitudine.
Negli anni si è formato un modello tipico di giardino presente dentro i monasteri e consistente in una tipica forma quadrata che simboleggia i quattro angoli dell’universo; all’interno e al centro di questo orto quadrato può esserci un albero (l’albero della vita), un pozzo oppure una fonte (la sorgente della conoscenza). Raramente in alcuni libri troviamo che gli angoli dell’hortus diventano i quattro fiumi del Paradiso.
Nel significato più diffuso l’hortus conclusus era costruito al fine di avere un posto segreto e dedicato alla meditazione, concepito come luogo privileggiato per confortare l’uomo nella lotta continua dalle tentazioni mondane. Nel Cantico dei Cantici era un’espressione metaforica che indicava un attributo della sposa.
Solitamente gli asceti, isolati dal mondo, pregavano in solitudine per meglio avvicinarsi a Dio e praticavano la meditazione, la tecnica che porta alla conoscenza contemplativa. La meditazione a volte era anche un invito a intraprendere il personale “percorso della memoria”, al fine di riscoprire il proprio passato e quindi se stessi.
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scritto il giugno 17th, 2009 da alphabetcity
Per chi si è chiesto da dove vengono i nomi dei draghi che Sofia, Lidja e Fabio custodiscono dentro di loro, per chi è sempre curioso di conoscere nuovi particolari sulla saga della Ragazza Drago, e anche per chi non vede l’ora che arrivi la notte di San Lorenzo per sdraiarsi sotto un cielo stellato. per tutti voi, sappiate che: Thuban, Rastaban ed Eltanin esistono davvero!

Sono tre stelle della costellazione del Drago che si snoda tra l’Orsa Maggiore e quella Minore. I loro nomi provengono dall’arabo o e significano rispettivamente “drago” il primo e “testa di drago il secondo”.
Stranezza: pur non essendo la più luminosa della costellazione, Thuban è comunque la stella primaria e nell’antico Egitto era la Stella Polare.
Curiosità: il profilo descritto da questi astri sembra sia quello del drago Ladone che era a guardia dell’albero delle mele d’oro custodito nel giardino delle Esperidi. Ercole durante l’undicesima delle sue fatiche, per poter rubare i pomi uccise la bestia, il cui corpo agonizzante fu ritrovato dagli Argonauti. Giunone, allora, mossa a compassione dal pianto delle Esperidi lo trasformò in una costellazione.
Quindi non è la prima volta che Thuban si trova a dover proteggere un albero!
Esistono ben sette stelle del Drago che possiedono un nome antico, oltre a quello scientifico. Chi di voi pensa che compariranno altri quattro Dormienti e quindi altri quattro draghi, nella saga della Ragazza drago? E come potrebbe il professor Schlafen riuscire a proteggere ben sette ragazzi?
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scritto il giugno 11th, 2009 da alphabetcity

I draghi, creature mitico-leggendarie, grandi serpenti alati o non, in grado di sputare fuoco e incutere terrore seminando una vasta scia di fascino e mistero. Alle origini di queste creature che tanto popolano il mondo del fantasy e i sogni di Sofia vi è la parola latina draco proveniente dal corrispondente greco che aveva il significato di serpente, ma forse anche il verbo, sempre greco, che significava guardare. Dunque: corpo di serpente, zampe da lucertola, artigli da aquila, fauci di coccodrillo, denti di leone, ali di pipistrello, poteri sovrannaturali, una saggezza infinita (ecco cosa succede a sopravvivere centinaia di anni) e una vista acutissima.
Dormireste sonni tranquilli se sapeste che questa bestiola alberga dentro di voi?
Dipende.
Se il vostro drago segue le orme dei suoi perfidi antenati occidentali forse no, ma se invece preferite i saggi cugini orientali le cose cambiano notevolmente.
Infatti in Europa i draghi erano simbolo di lotta, di violenza e di guerra la loro immagine veniva spesso utilizzata come araldo in battaglia. In epoca medioevale queste creature sono state al centro di moltissime leggende tra cui la più famosa è quella di San Giorgio e il drago; storia di un santo che ammansisce, e poi decapita, una gigantesca bestia che faceva razzia di pecore e belle fanciulle indifese nel villaggio vicino al suo nascondiglio.
D’altro canto, invece, in Oriente i draghi, simbolo della famiglia imperiale, sono, assieme alla fenice, alla tartaruga e all’unicorno, uno dei quattro spiriti benevoli e vengono considerati sia esseri malefici che guardiani e difensori di antichi tesori e luoghi magici, e, naturalmente, portatori di grandissimo sapere e conoscenza. Senza le famose ali, ma dotati di baffi, zampe corte e un lungo corpo flessuoso, hanno popolato per anni le fantasie di grandi e piccini.
Pensate di saperne abbastanza o preferite studiare di più come Lidya e Sofia?
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scritto il maggio 20th, 2009 da alphabetcity

Una viverna (in inglese si scrive wyvern) è un leggendario rettile alato con due gambe. È simile ai draghi sebbene non identica. La parola deriva dall’inglese che a sua volta riprende il termine francese che sta per vipera.
La viverna era un emblema araldico (cioé quei simboli grafici che rappresentavano le famiglie più potenti nel Medioevo), utilizzata come simbolo di guerra, invidia e pestilenza. Si distingue dai dragoni che invece hanno quattro zampe e la coda a punta di freccia (anche se queste distinzioni originarie, sono state poco rispettate in seguito). In alcuni casi la viverna viene rappresentata con una coda affilata e velenosa. Esistono anche rappresentazioni di viverne acquatiche con la coda a forma di pinna.
Alcuni studiosi di criptozoologia (una disciplina non riconosciuta dalla scienza ufficiale) credono che le viverne siano che dei Pterosauri sopravvissuti ancora oggi; in realtà gli pterosauri erano dei dinosauri alati che vissuti sulla terra 65 milioni di anni fa.
Categorie
• Classificazione: Animale ibrido
• Misure: sconosciute (in genere più piccole dei cugini draghi)
• Peso: sconosciuto
• Dieta: carnivore
• Luogo: Europa
• Movimento: può volare grazie alle ali, mentre sulla terra utilizza le due potenti gambe
Qui c’è una bellissima gallery di viverne.
E voi? Perché non vi cimentate a disegnare la vostra viverna?
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scritto il maggio 11th, 2009 da alphabetcity

Come voi tutti già sapete, ne L’eredità di Thuban Sofia viene portata via dall’orfanatrofio di Roma dal misterioso professor Georg Schlafen, che la conduce con sé presso una splendida villa sul lago di Albano.
Incuriosita dalla location scelta da Licia Troisi, ho fatto qualche ricerca con risultati davvero interessanti! Innanzitutto il Lago Albano, chiamato anche Lago di Castelgandolfo è il lago più profondo del Lazio, è nato dalla dall’unione di due crateri vulcanici ed è diviso dal Lago di Nemi dalle pendici del Monte Cavo. Ma la geografia in questo caso si fonde alla magia. State a sentire: la leggenda racconta che nel 398 a.C., mentre Roma tentava con scarso successo di assediare la città di Veio, il livello dell’acqua del lago cominciò a salire, minacciando di allagare le campagne circostanti, nonstante la siccità. Un incantesimo? No, in realtà il fenomeno è presto spiegato: pur non avendo fiumi o torrenti immissari, il lago è alimentato da polle subacquee (eruzioni d’acqua che hanno in comune molti laghi vulcanici). Infatti la sua nascita è dovuta dall’incontro tra magma e falde acquifere. I romani, ignari di tutto ciò, preferirono consultare l’oracolo di Delfi che predisse la vittoria di Roma solo quando le acque del “lacus Albanus” fossero giunte al mare senza straripare dal cratere. Che abbiano creduto alla predizione o semplicemente temuto che l’acqua arrivasse alle loro case? Fatto sta che attorno al 395 a.C. gli abitanti di Roma preferirono costruire un emissario artificiale, ossia un canaletto artificiale, come ci racconta anche Tito Livio.
Ma il fondo del lago non nasconde solo il segreto delle sorgenti sottolacustri, infatti vi si possono ritrovare moltissimi reperti di antiche navi utilizzate per le naumachie (spettacoli sotto forma di battaglie navali) e chissà quali e quanti misteri nascondono queste antiche imbarcazioni…
Questi e molti altri misteri nel prossimo post sul lago di Albano!
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