8 settembre 2010

Chi abbandona è abbandonato

Senza maestri che appassionino restano le “vogliuzze”

 

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«Tutti vogliono le stesse cose, tutti sono eguali. Una vogliuzza per il giorno e una per la notte: salva restando la salute. “Noi abbiamo inventato la felicità” – dicono e strizzano l’occhio. Io ho conosciuto persone nobili che hanno perduto la loro speranza più elevata. E da allora calunniano tutte le speranze elevate. Da allora vivono sfrontatamente di brevi piaceri e non riescono più a porsi neppure mete effimere. Perciò hanno spezzato le ali al loro spirito: che ora striscia per terra e contamina ciò che rode… Ma, ti scongiuro: mantieni sacra la tua speranza più elevata!». A leggere queste parole di Nietzsche si rimane sbalorditi: aveva previsto la chiusura della mente borghese e la sua rinuncia alla vita.

Nessun uomo è un’isola e, parafrasando il poeta, si può dire lo stesso di uno studente che abbandona la scuola. Se abbandona, non fallisce lui solo, ma la scuola come relazione: genitori-insegnanti-studenti. I dati parlano chiaro, negli ultimi cinque anni uno studente su tre dell’ultimo quinquennio non arriva al diploma; nell’ultimo anno il 20% ha abbandonato il liceo e il 44% gli istituti professionali. La scuola dovrebbe essere, attraverso la cultura e il lavoro manuale, un trampolino di lancio per la scelta professionale più adeguata. Quello che posso dire, da professore, è che molti abbandonano perché la scuola appare loro inutile per ciò che vogliono essere e fare nella vita.

Durante un’estate da liceale squattrinato lavoravo in un cantiere come aiuto di un manovale: «Sei fortunato – mi ripeteva – perché puoi studiare: se potessi, io tornerei indietro». La scuola dell’obbligo non obbliga a rimanerle fedele perché non riesce a obbligarti: solo gli amori veri e grandi “obbligano” alla fedeltà. I ragazzi che si disperdono spesso non hanno trovato docenti in grado di appassionarli. Eppure la scuola dovrebbe essere un “andare a bottega”: scoperta e incoraggiamento dei talenti personali per opera di maestri. Ho incontrato, con l’occasione del mio primo libro, studenti di tutte le città e percorsi. Ho trovato ragazzi di istituti tecnici affamati di letture, ben sapendo che avrebbero fatto l’elettricista, l’idraulico, l’informatico. Tutto merito di professori appassionati ai loro alunni, capaci di accendere nei ragazzi, attraverso la cura del pezzo di mondo loro affidato, lo sguardo su una vita più grande, più piena, più ricca.

Molti ragazzi abbandonano perché tanto un lavoro si trova: si guadagna subito e si realizza l’orizzonte ristretto delle «vogliuzze». Manca loro uno sguardo di più lunga gittata. Gli adulti descritti da Nietzsche riescono a spegnere quello sguardo, perché hanno rinunciato loro stessi a una vita più grande. Anche loro si accontentano del tutto e subito. Se i ragazzi non leggono libri, è perché gli adulti accendono la tv, invece di prendere in mano un libro. Se i ragazzi abbandonano la scuola, è perché gli adulti della scuola non sono interessati a loro. La crisi dei giovani è crisi di maestri. Io conosco centinaia di maestri capaci di provocare la nostalgia del futuro, provocando (chiamandole alla luce) le risorse migliori degli studenti. Di contro ci sono docenti che odiano i loro studenti, li umiliano e condannano all’abbandono, non solo della scuola, ma di sé stessi.

Nietzsche sferzava i benpensanti che trasformavano la felicità in vogliuzze e benessere, gli stessi che hanno criticato queste parole: «Allo stesso tempo la gioventù rimane comunque l’età in cui si è alla ricerca della vita più grande. Se penso ai miei anni di allora: semplicemente non volevamo perderci nella normalità della vita borghese. Volevamo ciò che è grande, nuovo. Volevamo trovare la vita stessa nella sua vastità e bellezza». Le ha pronunciate Benedetto XVI, qualche giorno fa. Nietzsche e il Papa sembrano d’accordo. Esiste un terreno sul quale la scuola sta mancando e non è questione di ideologie, ma di amore all’uomo. Nella scuola è dei docenti – alleati ai genitori – il compito di trasmettere una vita più grande e nuova attraverso le loro ore di lezione.

Avvenire 8 settembre 2010 

4 risposte a “Chi abbandona è abbandonato”

  1. giulia ha detto:

    ti seguo da quando “per caso” da feltrinelli di piazza piemonte sono stata catturata dal tuo libro; da quando ho vissuto tra le parole di quelle pagine per una serata che mi è sembrata troppo corta.. perchè arrivata all’ultima frase, l’unica cosa che avrei voluto fare era ricominciare a leggere. Ti scrivo solo stasera, da prof a prof, perchè forse tu con le tue parole che rapiscono mi puoi aiutare a capire.. amo il mio lavoro profondamente, ma più di ogni altra cosa, della sfida quotidiana, del mettersi continuamente in discussione, più di tutto, amo loro, i miei ragazzi. loro quest’anno sono stati i miei “sogni possibili” (più di ogni altro anno aggiungerei…) .. sono stati lo sforzo ad andare avanti quando non c’erano la voglia e le energie, il sorriso quando non volevo sorridere, le mani tese e gli sguardi liquidi di chi vive con te ogni giorno qualcosa che va oltre la pagina di un libro, oltre la lavagna, il registro. 138 cuori pulsanti.. ora questa prof è costrette e strappata da un sistema che capisce sempre meno, da quelle mani, da quegli occhi, da quei cuori.. e, strano a dirsi, perchè in realtà in passato ci è sempre riuscita, ora non riesce a trovare una ragione valida per rendere tutto questo costruttivo.. assegnata in un’altra scuola.. lo so, ci saranno altri cuori, ma loro, i miei sogni possibili non ci saranno. ogni giorno mi dico, datti tempo, ed ogni giorno mi irrigidisco sempre più perchè non voglio sentire questo dolore fisico della mancanza, della lontananza..e mi chiedo il senso di tutto ciò.. ma non so rispondermi.. qual è il segreto? dov’è il trucco? una mia collega, cara amica, che ti ha conosiuto mi ha suggerito l’atro giorno di scriverti perchè lei sa quanto sia dura per me adesso.. lei che nei tuoi occhi ha letto entusiasmo, amore, passione.. ha letto il rosso, dice che sarai di certo trovare “le parole giuste”…
    grazie davvero di aver letto questo sfogo… e grazie di aver regalato un libro cosi unico.. grazie
    giulia

  2. sirio ha detto:

    intelligenza è (anche) saper unire i puntini…
    Nietzsche e il Papa sembrano puntini molto distanti, quindi…
    post intelligente di scrittore-insegnante intelligente!
    continua così 😉

  3. Mari ha detto:

    Spero non ti dispiaccia… ho girato questo scritto alle mie amiche insegnanti, ho pensato fosse un buon viatico per l’anno scolastico che sta per iniziare 🙂

  4. F ha detto:

    Grazie Alessandro per la tanta aria fresca che – in mezzo a tanta stanca banalità seminata e propagandata dal mondo (malamente talvolta arrivata ad annidarsi dietro le cattedre e nei cuori dietro alle cattedre)- fai passare, permettendo a tanti di tornare a de-siderare, riscoprire e “disseppellire” quei talenti dell’educare e del “suscitare alla vita”… così importanti, fondamentali per coloro che fanno questo viaggio affascinante, maestri e studenti.
    Con stima fraterna,
    F

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