Riforme

Articolo su Vanity Fair del 7-14 aprile 2010Vanity Fair D’Avenia

13 commenti

  1. Pubblicato il 10 aprile 2010 at 16:47 | Permalink

    Grande.
    Guarda la mail se puoi.

  2. Pubblicato il 10 aprile 2010 at 17:49 | Permalink

    Però questo articolo mi fa sentire triste. Per tante cose che non sono e che non faccio. Niente università, niente studio, niente passione. Ecco, mi sembra di essere un relitto spiaggiato ed essicato al sole. Mi sembra di essere scarnificata. Il futuro? Il mio? Si ce l’ho, ma non è nel palmo della mia mano. O nella mia testa. E’ sotto i piedi di tutti. Calpestato e sgualcito. Quello che ho dentro, che mi batte nel cuore, mi appartiene per poco tempo. Qualcuno viene a portarlo via, non si accorge delle ferite che provoca. E se sanguino dappertutto, a chi importa? Diranno che la colpa é mia. Che ho fallito e ho sprecato il mio futuro in sogni.

  3. Pubblicato il 10 aprile 2010 at 19:56 | Permalink

    Se sanguini dappertutto importa a te e a quanti sperano in te…
    Non lasciare i sogni senza una bussola: altrimenti perderanno la direzione. Lo studio può aiutarti in questo, puoi conoscerli meglio e trasformarli in realtà. Basta solo saper scegliere…senza darsi troppe colpe. Non sono mai servite a niente, Anita.

  4. Pubblicato il 10 aprile 2010 at 22:44 | Permalink

    “Basta solo saper scegliere”. E’ vero, Carmen. In fondo, serve così poco. Eppure, tante volte, per via di una scelta ti ritrovi a combattere una vita.
    Grazie per le parole di incoraggiamento. :)

  5. Pubblicato il 11 aprile 2010 at 10:21 | Permalink

    Ciao Anita,
    senti..il tuo messaggio mi ha impressionato molto. Ascolta Anita…tu dici di temere il tuo futuro, di sentire un senso di vuoto intorno a te perché non hai completato gli studi, perché non hai fatto l’università e non hai quindi in mano i titoli, i famosi pezzi di carta. Ma…i titoli, i pezzi di carta, non sempre ti mettono al sicuro. Si pensa che sia così, anch’io lo pensavo, ma non è così. La nostra sicurezza, la nostra stabilità umana e professionale, non dipende da quella roba lì. O almeno..non dipende “solo” da quella roba lì.
    Non rimpiangere quello che non hai fatto ma prova a sperare di poter fare ancora qualcosa. L’importante, forse, è non lasciarsi inghiottire davvero dal vuoto che percepiamo. Il nulla lo puoi annusare, sentire..ma questo non vuol dire caderci dentro. L’inquietudine è tanta, la paura è tanta, perché anche solo percepire la presenza di un vuoto che ti circonda è una sensazione non augurabile. Però..percepire il vuoto non significa esserci già caduti dentro. Non aver paura Anita. Non ti spaventare. E’ umano sentirsi sospesi nel vuoto. Non è una cosa strana. E’ una brutta sensazione, lo so.. ma tocca a tutti. Fa parte del gioco. E’ una delle tante facce della medaglia. Ma non è l’unica. Non è la sola. Oltre a quella faccia, così nera, ce ne sono altre. Tante altre.
    E soprattutto…prova a non pensare a ciò che gli altri pensano di te…prova a capire che cosa davvero ti rende felice. E provaci. Almeno provaci. Non si è mai fuori tempo massimo per raggiungere ciò che ci rende davvero pieni. Tante volte pensiamo di essere in ritardo, è per questo che ci sentiamo vuoti, spacciati, perduti definitivamente, senza speranza…ma non è così. Pensiamo di essere in ritardo e di non aver concluso nulla di buono nella nostra vita solo quando valutiamo noi stessi in base al pezzo di strada che hanno fatto gli altri. Quando valutiamo noi stessi in base agli altri. E immancabilemnte si pensa che gli altri abbiano fatto più strada di noi. Che siano stati più capaci di noi. Più bravi. E noi invece, degli incapaci. Dei falliti, inferiori, destinati a restare sempre un passo indietro rispetto agli altri.
    No…non è così. Ognuno ha la sua strada Anita, e le sue scarpe per percorrerla. Le scarpe mie non vanno bene per te. Le scarpe degli altri, Anita, non vanno bene per te, per la tua strada. Le strade degli altri, che hanno percorso gli altri fin qui, non sono la tua strada. Guarda la tua strada.. la tua strada Anita è solo tua. Ed è fatta di ciò che ti ha portato fin qui nonostante tutto. E ciò che ti ha portato fin qui non è inutile, non è vuoto. Ti sembrerà di non aver camminato, di non aver percorso nessuna strada, di non aver mosso un passo, mentre tutti gli altri invece sono già avanti. Ma non è vero Anita. Non è vero che non hai mosso un passo. Che non sei arrivata da nessuna parte, che sei rimasta ferma, al palo, e tutti gli altri avanti. Non è vero. Sei arrivata fin qui, dove sei adesso. E dove sei adesso non è inutile, non è senza valore. Perché dove sei adesso è tuo, ti appartiene. A te e a nessun altro. Non pensare che gli altri siano avanti….avanti a te. Guarda dove sei tu. Guarda dove sei tu, adesso, ora. Perché tu ci sei..lo senti o no che ci sei? Sei qui sulla terra Anita. Tu ci sei. Ci sei anche tu.

    Claudia ’78

  6. Pubblicato il 11 aprile 2010 at 10:33 | Permalink

    Ho appena finito di leggere il tuo libro, segnalatomi da un’amica, convinta che potesse piacermi… Ed aveva ragione.
    Mi ha colpito l’estrema spontaneità ed immediatezza della scrittura ed il percepire che dietro alle parole c’è un’anima che sente profondamente ciò che dice e racconta. Inoltre, mi sembra di capire che ci siano svariati elementi autobiografici: non ti conosco, ma leggendo sul blog quello che scrivi rivedo in te il Sognatore, con la sua carica emotiva, e Leo, con i capelli scompiglati ed il suo desiderio di comprendere.
    Anch’io ho 32 anni e sono laureta in lettere classiche, con l’ambizione di insegnare; ancora, però, poca esperienza, ma tante le idee che mi piacerebbe verificare sul campo.
    Apprezzo e condivido il tuo approccio educativo: soltanto se ami questo lavoro e se ti appassiona ciò che affronti giornamente in classe puoi trasmettere qualcossa di consistente e risvegliare le coscienze, sempre più dormienti, di questi ragazzi.
    Grazie per ora, continuerò a seguirti.

  7. Pubblicato il 11 aprile 2010 at 12:16 | Permalink

    Claudia, ti ringrazio.
    Nelle tue parole ho trovato un poco di conforto, di nuova fiducia. Quello che resta da fare è convincermi di ciò. Crederci. Niente é facile, certo, ma niente é nemmeno impossibile. Imparerò a lasciare le mie impronte senza calcare quelle degli altri. Che non mi appartengono. Grazie.

  8. Pubblicato il 11 aprile 2010 at 15:49 | Permalink

    Bella idea, così bella che esiste già. Esattamente quello che succede, da oltre trent’anni, nelle scuole Faes di tutta Italia, dove la figura del tutor (inventata in Italia in queste scuole) è esattamente quello che Alessandro auspica. Per maggiori informazioni http://www.faes-milano.it. E tutto quello che sembra solo un bel sogno diventa vero.
    Paolo

  9. Pubblicato il 14 aprile 2010 at 20:37 | Permalink

    Molto bello l’articolo, se questa proposta si realizzasse avremmo molti giovani più sicuri del proprio futuro, giovani che oggi vedono con paura il loro domani, oppressi anche dal pessimismo dilagante del presente, dove si parla solo di crisi, della caduta degli ideali, di una società che rifiuta i diversi, e così facilmente cataloga come perdente chiunque fatichi a trovare la propria strada, come se fosse una colpa…
    Io credo che la speranza sia ancora viva, ed è nelle persone come te che amano il loro lavoro e lo fanno con passione, e in chi crede ancora nei suoi sogni, nonostante tutto.
    Per Anita: non scoraggiarti, vivere non è semplice per nessuno, ma quando avrai trovato qualcosa per cui vale davvero la pena combattere e impegnarsi, tutto avrà un senso. Non importa quanto tempo impiegherai a trovarla, ma la tua strada è lì, già tracciata, che aspetta solo di essere percorsa.

    Grazie Alessandro per tutto,
    diletta

  10. Pubblicato il 16 aprile 2010 at 21:13 | Permalink

    Il tuo articolo l’ho letto, ci ho riflettuto ed ora mi capita l’occasione di leggere il blog di questo professore straordinario con idee rivoluzionarie!

  11. Pubblicato il 17 aprile 2010 at 11:11 | Permalink

    Ciao! il libro è stupendo, faccio l’educatore delle superiori in parrocchia e ho proposto ad alcuni dei ragazzi di leggerlo perchè penso possa piacere ed essere utile anche a loro.
    Il tuo blog è pieno di cose interessanti che, citando le fonti, mi sono permesso di riportare occasionalmente sul blog del gruppo (“some right reserved”, giusto?).
    Ti ringrazio per il tuo lavoro.
    Ti segnalo che l’articolo di giornale si legge male (o lo vedi troppo piccolo o lo vedi gigante, ho l’ultimo explorer quindi non credo sia un problema mio).
    Tra parentesi frequento la Residenza Torleone di Bologna e se mai dovessi scrivere dei ringraziamenti nella mia vita anch’io ci metterei senz’altro Don Filippo…vedi tu se pubblicare questo commento, a me interessava soprattutto scrivere a te. Buon lavoro, e se mai ti servisse qualche spunto di vita familiare per le tue sceneggiature segnalalo sul sito come avevi fatto sul blog una volta: la mia classica famiglia numerosa offre una marea di storielle adatte a piccoli sketch…

  12. Pubblicato il 19 aprile 2010 at 17:26 | Permalink

    il link indicato da Paolo Pugni è errato
    Quello corretto è questo:

    http://www.faesmilano.it/

  13. Pubblicato il 7 maggio 2010 at 16:15 | Permalink

    Bellissimo articolo, anche io sento la paura del futuro, un futuro che incombe, mio padre mi vorrebbe commercialista/ ragioniera, io non lo so come mi vorrei, di certo i numeri non mi appartengono, li odio, sono così circoscritti definiti, non hanno un’anima, un numero non ti parla, una parola si! Una parola è significativa anche se è composta da tre lettere, “mio” ad esempio, un numero ti impressiona, quando lo vedi pieno di cifre. I numeri mi spaventano.
    Credo che questa sia un’ottima idea, sarebbe davvero bello poter uscire da quei 5 anni di superiori, e sapere cosa ne sarà del tuo futuro, sarebbe bello non sentirsi un manipolo di animali mandati al macello, la verità è che molti prof, non ti fanno capire cosa sei in grado di fare…Fosse per loro, tutti economisti in giacca e cravatta, dietro quella scrivania di un metro per due. Tutti dottori, così diventi ricco, quello che ho capito oggi alla presentazione del libro a Salerno, è che c’è altro, che non ci sono i soldi e il conto in banca, c’è che servono, ma soprattutto serve essere felici!

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