Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, le scorribande in motorino. Le ore passate a scuola sono uno strazio, i professori “una specie non protetta che speri si estingua presto”.
Cosí, quando arriva un nuovo supplente di Storia e Filosofia, il protagonista si prepara ad accoglierlo con cinismo e palline inzuppate di saliva.
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4 commenti
Sottoscrivo in pieno e lo faccio da ex baraccata (lo sono stata dalla nascita fino ai 10 anni): è bello crescere per strada!
Non dovremmo aspettare queste tragedie per capire i veri valori della vita…
Diamo tutto per scontato, come se ci fosse dovuto, come se tutto ci appartenesse.
E invece…basta un attimo e tutto cambia…
Riesci ad apprezzare anche le piccole cose, guardi gli altri da un punto di vista diverso.
Ammiro la forza di coloro che non hanno più nulla tra le mani, ma gli è rimasta soltanto la speranza, perché è proprio da qui che si comincia a vivere…
Io ho fatto ben poco per loro, ma ringrazio i volontari che hanno messo a disposizione degli altri tutta la loro solidarietà umana…
Credo che per strada si apprende a condividere il calore degli uomini e a manifestare ciò che non si vede: i nostri sentimenti veri.
Ciao prof
Forse ciò che impedisce “nella vita normale” di vivere l’amicizia con le persone del proprio palazzo, del proprio quartiere e della propria città è la paura e l’avere tutto ciò che di materiale si ha bisogno.
Vien voglia di essere più buoni! Vien voglia di fermarsi un pò!
Vien voglia di avere meno cose!
A volte è solo un problema di comodità. Per voler bene agli altri occorre scomodarsi. Il terremoto ha scomodato tutti, non c’è stata scelta. Il punto è scomodarsi per scelta… Anche se basta poco e come si vede ci si guadagna.