La logica del delitto (3063)

agosto 3rd, 2012

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Come si può organizzare l’uccisione di un uomo e fallire proprio perché gli esecutori obbediscono agli ordini? Assurdo. Ma una spiegazione c’è, e l’unica persona in grado di darla è il signor Pond. Funzionario statale, è un omino molto ordinario, privo di qualsiasi tratto distintivo a parte la barbetta a punta. Eppure ha una straordinaria capacità di raccontare le storie più affascinanti e un modo tutto suo di risolvere i misteri con l’aiuto di paradossi sorprendenti. Anche Gabriel Gale, eccentrico poeta detective, ha un metodo fuori del comune per risolvere enigmi e delitti. Nelle sue “indagini spirituali” sulle tracce di assassini che hanno smarrito la via della ragione, la sua arma segreta è la forza dell’immaginazione. Del resto il confine tra follia e sanità mentale è solo questione di punti di vista. Dedicati a due fuoriclasse dell’investigazione, otto più otto fulminanti racconti da un maestro indiscusso del giallo inglese.

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Classici del Giallo 1457: Alessandro Varaldo, “Il sette bello”

maggio 29th, 2022

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“Il sette bello”, Alessandro Varaldo, I Classici del Giallo n. 1457, giugno 2022

“Il sette bello”, Alessandro Varaldo, I Classici del Giallo n. 1457, giugno 2022

“Il sette bello”, Alessandro Varaldo, I Classici del Giallo n. 1457, giugno 2022

 

Questo mese, i Classici del Giallo Mondadori ci trasportano in un viaggio alle origini del poliziesco italiano con lo storico esordio del Commissario Ascanio Bonichi di Alessandro Varaldo.

“Il sette bello”, uscito nella primavera del 1931, è ambientato nella Roma del 1930 e nel territorio circostante.

Il protagonista, con i suoi folti baffi neri e la sua aria tra il gioviale e il trasandato, più simile a Maigret che a Sherlock Holmes, conduce le indagini confidando nell’elemento umano piuttosto che nel metodo scientifico propugnato dai suoi superiori.

“Eravamo quattro amici al bar…”, l’incipit della nota canzone riassume bene quello della vicenda raccontata nel romanzo.

Tutto ha inizio nella trattoria romana del Gambero Verde, con quattro amici in cerca d’avventura: un pittore, un maggiore dei bersaglieri, uno studente universitario con due lauree e mezzo al proprio attivo e una studentessa di medicina.

Un colpo d’arma da fuoco e una camera chiusa e… il delitto è servito.

Le voci narranti sono cinque, quelle dei quattro amici, a cui si aggiunge il commissario Bonichi, ognuna con il proprio stile e il proprio punto di vista sulla vita. E, date le circostanze, sulla morte.

Chi di loro calerà il sette bello vincente in questa inaspettata partita a carte col destino?
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Gli Speciali del Giallo 100: Wallace, Sladek, Chesterton, “Delitti impossibili”

novembre 30th, 2021

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Edgar Wallace, John Sladek, Gilbert Keith Chesterton, “Delitti impossibili”, Speciali del Giallo n. 100, dicembre 2021

Edgar Wallace, John Sladek, Gilbert Keith Chesterton, “Delitti impossibili”, Speciali del Giallo n. 100, dicembre 2021

Edgar Wallace, John Sladek, Gilbert Keith Chesterton, “Delitti impossibili”, Speciali del Giallo n. 100, dicembre 2021

 

Morti che uccidono, persone che svaniscono nel nulla, fughe improbabili. Come fanno i personaggi di certe storie a compiere misfatti che hanno del miracoloso?

A volte, la risposta è solo più difficile da trovare del solito. Come in questo speciale a cura di Mauro Boncompagni, che contiene tre delitti impossibili scritti da tre grandi giallisti del passato.

Mi faranno cadere nella botola e seppelliranno il mio corpo… ma io continuerò a vivere. E giungerò a voi, Long. La mia vendetta colpirà tutti coloro che mi hanno condotto alla morte.

In “Occhio per occhio” di Edgar Wallace (The Terrible People, 1926), la vicenda inizia dalla fine: un noto truffatore viene catturato, e viene giustiziato sul patibolo come punizione per aver ucciso un poliziotto.

Eppure il morto, in qualche modo, sembra che continui a colpire: tutti coloro che sono stati coinvolti nella sua cattura iniziano a cadere come mosche, dal boia al procuratore, al giudice. Talvolta in modi assurdi, come un uomo che viene assassinato in una stanza chiusa dall’interno, come da classico delitto della camera chiusa.

Starà all’ispettore Robert Long di Scotland Yard, un uomo dai metodi lapidari, responsabile della cattura dell’inquietante morto-che-ritorna, risolvere il mistero… prima che sia troppo tardi.

Il secondo romanzo è “Il mistero dello scarabeo scomparso” di John Sladek (Black Aura, 1974). Un antico scarabeo egizio, una maledizione appartenente a un passato dimenticato, una conturbante società spiritista in grado di compiere piccoli prodigi, come far levitare le persone.

Gli ingredienti per un mistero con i fiocchi ci sono tutti. Ma qualunque superstizione dovrà scontrarsi con la logica ferrea di A Thackeray Phin, investigatore dilettante. Persino la sparizione impossibile di una persona sotto i suoi stessi occhi.

E veniamo alla terza storia dello speciale…

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Classici del Giallo 1451: Dorothy Bowers, “Post scriptum”

novembre 28th, 2021

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Dorothy Bowers, “Post scriptum”, I Classici del Giallo n. 1451, dicembre 2021

Dorothy Bowers, “Post scriptum”, I Classici del Giallo n. 1451, dicembre 2021

Dorothy Bowers, “Post scriptum”, I Classici del Giallo n. 1451, dicembre 2021

 

Una matrigna odiosa, un enorme patrimonio e due ereditiere potenziali.

Gli ingredienti per un classico della Golden Age ci sono tutti nel romanzo di debutto di Dorothy Bowers – inedito in Italia –, insieme all’immancabile efferato omicidio consumatosi in un’amena magione di campagna.

D’altronde, la signora Cornelia Lackland, anziana possidente ed ex attrice teatrale dal passato piuttosto colorito, ha fatto di tutto per farsi odiare dalle nipoti acquisite, trattandole praticamente come delle prigioniere in casa.

E lo stesso può dirsi della loro dama di compagnia e di tutti gli altri personaggi che gravitano attorno alla villa a Minsterbridge, paesino a trenta miglia da Londra, inclusi il medico di famiglia e un affascinante attore teatrale.

A far scattare il grilletto nella mente dell’assassino, a quanto pare, è l’appuntamento dell’anziana con il proprio avvocato, senza dubbio per dare nuove disposizioni sulla sua enorme eredità, a seguito di una brutta malattia che le ha fatto sfiorare la morte nei mesi precedenti.

Be’, ad affrettare il passaggio della cupa mietitrice, alla fine, ci ha pensato qualcun altro…

Tra lettere anonime, intrighi e veleni – veri o presunti tali –, starà al sergente Salt, insieme all’ispettore Pardoe di Scotland Yard, dipanare la matassa di un delitto che albergava da tempo nel cuore di molti… ma che solo uno dei sospettati ha avuto il coraggio di mettere in atto.

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Classici del Giallo 1440, Anna Katharine Green, “Il mistero delle due cugine”

dicembre 23rd, 2020

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Anna Katharine Green, "Il mistero delle due cugine", I Classici del Giallo n.1440, gennaio 2021

Anna Katharine Green, “Il mistero delle due cugine”, I Classici del Giallo n.1440, gennaio 2021

Anna Katharine Green, “Il mistero delle due cugine”, I Classici del Giallo 1440, gennaio 2021

 

Il ricchissimo signor Leavenworth viene ritrovato seduto composto sulla sua poltrano nella biblioteca della sua sontuosa residenza di New York, così come lo avevano lasciato alla sera precedente… ma con un foro in testa.

Nessun movente, nessuna arma del delitto, e nessun vero e proprio sospettato. Presenti in casa la notte dell’assassinio insieme al maggiordomo c’erano la cuoca, la cameriera, il segretario personale del padrone di casa, che è anche colui che ne ha scoperto il cadavere… oltre alle due affascinanti nipoti della vittima, Mary ed Eleanore,

Le ragazze, rimaste orfane, erano state entrambe adottate dalla vittima. Tuttavia, Mary era stata di recente designata erede universale, mentre Eleanore era stata esclusa dal testamento.

Non stupisce quindi che le cugine si trovino fin da subito al centro delle indagini, tanto da invocare l’aiuto del giovane avvocato Everett Raymond.

Ma starà all’ispettore Ebenezer Gryce, con il suo fare placido e la sua attenzione ai dettagli, sbrogliare la matassa di un caso molto più complesso e velenoso di quanto appaia a prima vista.

Dalla “madre del poliziesco”, un classico imperdibile per gli amanti del brivido, a gennaio nelle migliori edicole!

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I Classici de Il Giallo Mondadori 1404: La casa delle metamorfosi

dicembre 25th, 2017


Uno straniero in terra straniera. È così che si sente Ellery Queen di passaggio a Trenton, New Jersey, finché la comparsa di un vecchio amico non gli porta in dono un viso familiare e un caso da risolvere. È stato l’amico stesso a ritrovare in una baracca il cognato, ridotto in fin di vita da una coltellata e morto un istante dopo sotto i suoi occhi. E proprio non sa chi fosse la donna che ha visto fuggire sconvolta dalla scena del crimine. Tra la misteriosa presenza femminile e certi sospetti sulle lunghe assenze dell’uomo, ce n’è a sufficienza per un enigma coi fiocchi. Se la vittima dell’omicidio conduceva una doppia vita, chi è stato ucciso in realtà? In quale delle due esistenze parallele bisognerà cercare il colpevole? Per avere una risposta conviene lasciar fare a Ellery. Al quale basta un delitto su cui indagare con metodo e logica inattaccabili per sentirsi di nuovo a suo agio. Perfino a Trenton, New Jersey.
Ellery Queen è lo pseudonimo dei cugini statunitensi Frederic Dannay (1905-1982) e Manfred B. Lee (1905-1971), che insieme hanno dato vita a una delle firme più prestigiose nella storia del giallo. Il personaggio da loro creato ha raggiunto una vastissima fama come autore di romanzi e racconti, e ha promosso il recupero di opere del passato e la scoperta di nuovi talenti curando antologie e riviste come l’“Ellery Queen’s Mystery Magazine”, per decenni il più importante periodico di narrativa poliziesca al mondo. È stato tra i fondatori dell’organizzazione Mystery Writers of America e ha vinto più volte il premio Edgar.

All’interno, il racconto “Il martello di Charun” di Lia Tomasich, vincitore del premio GialloLuna NeroNotte 2017.

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“La Canarina Assassinata”. Il trionfo della deduzione e dell’erudizione di Philo Vance

aprile 22nd, 2013

Nuovo articolo a firma del nostro amico Piero De Palma.

 

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La Canarina assassinata è uno dei più bei Gialli dell’Età d’Oro del romanzo poliziesco.

Quando lo scrisse, Wilard Huntigdon Wright, aveva già pubblicato The Benson Murder Case, 1926 “La strana morte del Signor Benson”, romanzo che aveva ottenuto un buon successo. Ma è senza dubbio proprio con The Canary Murder Case, 1927 “La Canarina assassinata” e poi con The Greene Murder Case, 1928, “La Tragedia di Casa Greene”, che si impose come il più grande autore della sua epoca: due romanzi che fecero scuola.

Antitetici è bene dirlo: così come “La Tragedia di Casa Greene” è una vicenda di morte che si svolge claustrofobicamente in una dimora in cui sono costretti a vivere gli eredi di una fortuna, ed in cui aleggia dal primo all’ultimo istante un’atmosfera greve e plumbea, ne “La Canarina Assassinata”, l’atmosfera è invece frivola e salottiera, molto più leggera, ma al tempo stesso complicata.

I tre romanzi assieme formano una ideale trilogia

Da un certo punto di vista, si può dire, a mio parere, che sia uno dei più grandi romanzi polizieschi che siano mai stati concepiti. Oggi, che le soluzioni vandiniane sono state fatte proprie e poi superate da tanti grandi scrittori a lui successivi, Van Dine sembra essere Pollicino, e a taluni le sue soluzioni fanno ridere. Invece, non si può pensare alla letteratura poliziesca degli anni ’30, senza inchinarsi reverenzialmente dinanzi a Van Dine. Perché senza di lui non ci sarebbero stati Ellery Queen, Charles Daly King, il primo Rex Stout.

E dei romanzi di Van Dine, i due che hanno avuto più influsso sui posteri sono stati proprio The Canary Murder Case e The Greene Murder Case. In particolare The Canary Murder Case, ebbe un effetto dirompente all’epoca: fu in testa per parecchi mesi alle classifiche dei libri più letti.

Julian Symons nella sua opera critica più famosa, Bloody Murder, riportò il giudizio di un altro critico, Howard Haycraft, scrivendo che “ ..his second book, The Canary Murder Case 1927, broke all modern publishing records for detective fiction at the time” (Julian Symons, Bloody Murder, Penguin Books, 1985, pag.101).

Più in là a testimoniare il grandissimo successo riportato da questo romanzo e dal successivo romanzo, che sconvolsero la letteratura poliziesca del tempo, dominata dagli autori britannici, Symons affermava che “It was said that he had lifted the detective story on to the plane of a fine art, and by his own account he was the favorite crime writer of two Presidents” (op. cit. pag. 102).

Ma perché The Canary Murder Case ebbe tutto questo successo? Analizziamo la storia.

Innanzitutto chi è la Canarina? Prendendo a prestito la stessa prosa di Wilard Huntigdon Wright “..Margaret Odell aveva ricevuto il soprannome di Canarina in seguito a una parte sostenuta in un elaborato balletto orni­tologico delle Folies, dove ogni ragazza aveva una gonna che richiamava qualche uccello. A lei era toccato il ruolo della ca­narina; e il suo costume di satin bianco e giallo, insieme alla massa di luminosi capelli biondi e la carnagione bianca e ro­sea, l’avevano distinta agli occhi degli spettatori come una creatura di notevole fascino. Prima che trascorressero 15 giorni, tanto concordi erano stati gli elogi della critica e così regolari gli applausi del pubblico che il Balletto degli uccelli divenne il Balletto della canarina e la signorina Odell fu pro­mossa al rango di quella che caritatevolmente potrebbe esser definita première danseuse, con l’attribuzione di un valzer in assolo e una canzone interpolata appositamente perché desse prova delle sue molteplici grazie e talenti.

Alla chiusura della stagione, la ballerina aveva lasciato le Folies e, durante la successiva e spettacolare carriera nei luo­ghi di ritrovo della vita notturna di Broadway divenne popo­larmente e familiarmente nota come la Canarina. Fu così che, quando la trovarono brutalmente strangolata nel suo apparta­mento, il delitto fu definitivamente denominato: l’omicidio della Canarina” (S.S. Van Dine, The Canary Murder Case,“La Canarina Assassinata”, trad. Pietro Ferrari, Il Giallo del Lunedì, L’Unità/Mondadori, 1992, pag.7).

La Canarina è Margaret Odell, attricetta e soubrette di locali di serie B, di night club, che è poi diventata famosissima in certi ambienti di Broadway. Conosce il suo ruolo e sa quale sia anche il giudizio che le riservano negli ambienti borghesi di cui lei rappresenta il richiamo: nel balletto non fa altro che fare il verso ad un uccello e mostrare le gambe. Ma si illude di poter scalare la società e conquistare un suo posto importante. E’ un po’ lo stesso discorso che fa la puttana di un Bordello di lusso (la prostituta sogna un amore impossibile con un bel cliente che oltre che utilizzarla per il suo piacere, la introduca nel mondo “normale”) il discorso di Margaret Odell, che, finito lo spettacolo, si ritrova nel grigiore della vita i ogni giorno, da cui esce temporaneamente solo nel volgere di uno spettacolo in cui uomini facoltosi in ghette, cilindro e marsina, fanno la coda per vederla , magari dondolarsi su un’altalena, su un trespolo, su cui lei, La Canarina, mostra le gambe.

E’ chiaro quindi che Margaret Odell, come farebbe una qualsiasi mantenuta, cerchi qualcuno che le assicuri, almeno nel suo mondo fatto di lustrini e pailettes, una certa onorabilità e almeno l’illusione di aver scalato quella società che invece non la accetterà mai. E’ la società degli anni ‘venti, in cui la grande crisi economica portò sul lastrico decine di migliaia di persone, ma che favorì anche l’arricchimento maggiore di chi già era ricco.

La Canarina ha molte amicizia maschili e non lo nega: i suoi accompagnatori la sfoggiano come oggi si farebbe con una Ferrari Testarossa, le altre donne la invidiano o ne parlano male, lo immaginiamo, ma lei pensa di poter usare queste amicizie, per i suoi scopi, che sono quelli di far carriera. Ha raccolto le confessioni di chi stava tra le sue gambe, ed un bel giorno decide di far il gran passo: decide di forzare la mano ad uno dei suoi amanti, e metterlo con le spalle contro il muro. E’ facile pensare, e poi lo si saprà, a cosa aspiri La Canarina: non vuol più essere “La Canarina”, ma una signora del Jet-Set, appartenere a quell’ambiente di cui ha conosciuto “tanti validi esponenti”. Solo che non capisce una cosa molto semplice: chi mai sposerebbe una “Canarina”? Ma lei si illude. E come tale resta vittima dei suoi stessi sogni.

Un bel giorno “La Canarina” vien ritrovata morta, assassinata, strangolata.

L’immagine che ne da Van Dine è terribile:

Il capo era rivolto all’indietro, come per una costrizione violenta…i capelli, disciolti, ricadevano dalla nuca sulla spalla nuda come la cascata raggelata di un liquido dorato; aveva perso ogni bellezza; la pelle era esangue, gli occhi vitrei; la bocca era aperta e le labbra convulse. Il collo, sui due lati della cartilagine tiroidea, mostrava orribili lividi scuri. La Canarina indossava un leggero abito da sera di pizzo Chantilly nero sopra ad uno chiffon color crema. Sul bracciolo del divano aveva gettato una cappa di un tessuto dorato, bordata di ermellino…a parte i capelli arruffati, una delle spalline dell’abito era stata strappata e il sottile pizzo del corpetto si era aperto in un lungo squarcio..una scarpetta di satin si era sfilata ed il ginocchio destro era contorto in dentro vero il divano, come se la poveretta avesse cercato di liberarsi dalla soffocante morsa del suo antagonista: Le sue dita erano ancora piegate,senza dubbio come nel momento in cui si era arresa alla morte” (S.S. Van Dine, “La Canarina Assassinata”, trad. Caterina Ciccotti, I Classici del Giallo, Barbera Editore, 2010, pag.22-23).

Dal sopralluogo effettuato dalla polizia emerge che mancano dei gioielli, che invece avrebbero dovuto esserci, secondo quanto afferma la sua domestica: quindi si è portati a identificare l’assassinio, come l’effetto di una rapina, o di un furto in appartamento, finito male (per Odell).

Tuttavia, questo è il giudizio della polizia per bocca del Procuratore Distrettuale di New York, F.X. Markham, che conduce le indagini. Di diverso avviso sarà il giudizio di Philo Vance, amico del Procuratore, osservatore imparziale e di geniali intuizioni, che salverà anche questa volta la Polizia da una figuraccia, e che invece sonderà una strada che nessuno aveva intravisto.

Philo Vance è una evoluzione di Sherlock Holmes, radicale: se eredita da Holmes l’attenzione ai particolari, agli indizi, non è però un applicatore integerrimo di essi. Infatti gli indizi che magari porterebbero a orientare le indagini in un certo verso, devono accordarsi ad una ricostruzione psicologica che in base ad essi spieghi tutti i quid rimasti insoluti. E per far questo, Philo Vance, diversamente da Sherlock Holmes, sonda l’anima e la mente dell’uomo, con l’attenzione che il buon Conan Doyle non aveva contemplato per il suo Sherlock Holmes. Si raffrontano così due diversi ideali: quello umanistico, attento alla psicologia e alle altre arti scaturenti dalla passione e dal gusto (Pittura, Scultura, Musica) di Philo Vance; e quello scientifico, analitico, di Sherlock Holmes.

Tuttavia, Philo Vance, osserva alcuni particolari, e in virtù della sua capacità di vedere al di là del mero indizio, ne dà una spiegazione tale che la visione di un omicidio susseguente ad un tentativo di rapina finisce per crollare miseramente.

Normalmente, quando si parla di questo romanzo, tutti individuano la sottigliezza del ragionamento di Van Dine, nella spiegazione della Camera Chiusa, in effetti “immaginifica”: spiegare non tanto come l’assassino e il testimone siano potuti entrare, quanto come essi siano potuti uscire, visto che il portiere quando va via, spranga sempre dal di dentro il portoncino che porta nel cortile interno al palazzo (l’uscita posteriore) con un chiavistello, in tale maniera che chiunque entri nel palazzo stesso, dopo la sua uscita, debba passare per forza davanti al centralinista, impressiona; e impressionò in quel tempo, moltissimo.

Ma ancor di più impressionò il pubblico dei lettori (e dei critici) l’aver inventato un modo che dilazionasse in avanti nel tempo l’azione delittuosa, cioè dopo che il suo accompagnatore della sera assieme al centralinista l’avessero sentita parlar e rispondere alle domande fatte da loro fuori della porta.

Se tuttavia la soluzione della Camera Chiusa e l’espediente per far apparire accaduto dopo, un omicidio che era stato invece commesso prima, rappresentano i mezzi con cui l’investigatore inchioda l’assassino, e che sono messi in chiaro da chiunque analizzi questo romanzo, pochi, pochissimi o nessuno, hanno esaminato gli altri momenti della deduzione vandiniana.

Secondo me, un altro momento in cui Van Dine impressiona il lettore è quando fa argomentare Vance molto molto sottilmente, sulla posizione relativa al corpo della vittima e sugli strappi subiti dai suoi abiti: se davvero Margaret Odell fosse stata affrontata in un corpo a corpo, immaginando che si sarebbe difesa con tutte le proprie forze, per quale motivo un innocente mazzolino, che le è stato ritrovato in grembo, non sarebbe stato scagliato altrove? Per terra, per esempio? E inoltre se così fosse stato, il collo non sarebbe stato rivolto all’indietro, ma la vittima sarebbe dovuta cadere avanti. Quindi… il delitto non si è consumato così, e si è tentato, con una messinscena, di depistare le indagini: lo strangolamento è avvenuto dal di dietro, quando la vittima non si aspettava che chi le stava dietro la strangolasse, ergo si fidava di lui/lei. Ma ci sono gli strappi del vestito! Altra messinscena: gli strappi sono stati fatti post-mortem per confondere il ragionamento degli investigatori.

Secondo ragionamento molto sottile è quello, concernente la chiave dell’armadio: per quale motivo essa è posta internamente all’armadio, quando comunemente essa invece dovrebbe esser infilata nella serratura esternamente?

C’erano quindi, quella sera, in quella stanza, tre persone: Margaret Odell e due altre persone, di cui una nascosta nell’armadio. Chi è stato l’assassino e chi il testimone? L’assassino ha anche rubato in un secondo tempo, oppure è stato l’altro a rubare? Le due persone presenti nell’appartamento, nei loro diversi ruoli, sono legate ad un altro ragionamento che si fa largo allorché Philo Vance nota come un porta-documenti sia vuoto, e come un portagioie di acciaio sia stato apparentemente forzato con un attizzatoio di ghisa: se davvero ci fosse stato un ladro avrebbe certamente usato uno strumento più idoneo per far saltare il coperchio, piuttosto che usare un attizzatoio. Tanto più che un esperto chiamato da Vance ne corrobora la tesi: che cioè vi son stati due momenti diversi nell’effrazione: quello rozzo con l’attizzatoio, che non ha sortito altri effetti se non di ammaccare il coperchio, e quello altamente professionale, effettuato con uno strumento di acciaio, probabilmente un grimaldello. Perché mai si sarebbe dovuto portare dalla camera vicina un attizzatoio inadeguato a far quello che ha fatto il grimaldello?

In parole povere, Vance postula l’azione in due momenti separati, da parte di due diverse persone. Ecco una primo fatto accertato, di grande importanza: nell’appartamento, quella sera, la sera del sabato, due persone sono state lì, probabilmente in un tempo successivo alla morte della Canarina. Il che non vuol dire necessariamente che entrambi avessero partecipato all’omicidio.

Fatto sta che il secondo ignoto visitatore sarà ucciso e solo dopo la sua morte Vance, individuando l’espediente per ritardare la morte, darà un volto all’assassino. In questo caso l’espediente sarà direttamente messo in relazione all’attività dell’assassino.

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La semplicissima arte del delitto III

agosto 5th, 2010

Tra corna, canini in fuori, bambini violentati, mallopponi scandinavi, il caldo boia, il freddo bestia, la pioggia pallosa…

 

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Come dice il proverbio non c’è due senza tre. Un po’ come quei film di successo che al primo ne seguono almeno un paio. Di solito più brutti del precedente. Qui non siamo partiti neppure dal successo e dunque sapete cosa vi aspetta.

Non so se riuscirò ad essere pungente come nel passato. Devo dire la verità. Jonathan, nipotino di poco più di un anno, mi ha chiaramente rimbecillito e dunque ammorbidito. Lo dovreste vedere quando lo porto per i prati a prendere i fiori con le sue manine grassocce, o quando osserva attento e curioso le lunghe litanie di formiche che se ne vanno in qua e là. Ha cominciato da poco a camminare barcollando che sembra cada da un momento all’altro come la torre di Pisa, ma lui continua imperterrito. Se cade davvero una lieve smorfia, un accenno di pianto e poi via a caracollare di nuovo sulle gambe robuste, a battere le mani, a sputacchiare e sbrodolare una lingua tutta sua ancora incomprensibile…

Per essere corretto dico subito che riprendo  e rinforzo anche qualche pezzo scritto per “Corpi freddi” (http://corpifreddi.blogspot.com/)  e “Sugarpulp” (http://www.sugarpulp.it/)  con un caldo invito a frequentarli. Vi ci troverete bene. Un saluto a Enzone e Giacomo, i responsabili dei blog.

Incominciamo. La marea gialla continua. Perfino nei titoli dei quotidiani: “Il mondo è un giallo”, “Il realismo si è tinto di noir”. Per qualcuno, vedi Nicola Villa, solo quella straniera che l’italiana non esiste proprio. Suo  l’articolo, appunto, “Il giallo italiano non esiste” pescato nell’”Angolo nero” della nostra brava Alessandra Buccheri (andate a darci un’occhiata). Villa non la fa tanto lunga, riprendendo un concetto di una certa “giò” che su aNobii aveva lamentato l’inconsistenza e dunque l’inesistenza del giallo italiano sempre ripetitivo e sempre uguale a se stesso. Con i soliti personaggi e le solite trame.

Nel senso, come ho già scritto proprio su questo blog, che non c’è città o sperduto paesino di campagna che non abbia il suo bel commissario o la sua bella commissaria tanto che, prima o poi, mi prefiguravo anche quello di quartiere che venisse ad arrestarmi “per avere ucciso con un colpo ben assestato di ciabatta il ragnetto che pendeva schifosetto nel mio piccolo studio”. Tutti scrivono romanzi polizieschi. Dai più infimi ai più noti e dunque il giallo italiano è ben vivo e vegeto e non c’è bisogno di scomodare Augusto De Angelis quando, negli anni Trenta, si mise in testa di realizzarlo “Io ho voluto e voglio fare un romanzo poliziesco italiano”. Ci riuscì, eccome. Ed ecco le conseguenze…

Aumenta tutto. Aumentano i blog e i siti dedicati alla letteratura poliziesca (positivo); aumentano i concorsi (trovato pure un GialloBirra, niente male in estate) e i premi che te li offrono al bar (appunto) e te li tirano dietro anche ai semafori (occhio a non prenderli in testa se vi sporgete dal finestrino); aumentano le sigle con l’ultima nata post noir o post-noir o postnoir (mettetevi d’accordo!) dal connubio Montanari-Varesani (se non ricordo male) a volte se ne sentisse la mancanza; aumentando gli scrittori e gli pseudoscrittori  (soprattutto questi) aumentano, di conseguenza, le antologie piene zeppe di nomi conosciuti e sconosciuti dove è più facile rispondere alla domanda che si fa sempre più consistente rispetto all’offerta. Dieci? Quindici? Macché, facciamo pure una trentina e il gioco è fatto. Non ce l’ho con le antologie, via, si fa per dire, e pure il sottoscritto ne ha curata una con questi numeri. E farà parte, come autore, di Riso nero, una raccolta di racconti brevi giallo-comici della Delos Books. Dunque figuriamoci se voglio fare lo spiritosetto. E’ che trovare lavoro a tutti non è mica facile. Anche se la sopra citata casa editrice si è data da fare, invitando 365 (trecentosessantacinque!) facitor di parole a scrivere un breve racconto relativo all’erotismo, al sesso e all’eros in tutte le sue sfaccettature. Titolo dell’antologia Racconti erotici per un anno. Tiè! Se un racconto al giorno leva il medico di torno, come sentenzia il nuovo proverbio, l’antologia andrà a ruba.

Però qualche merito a questo boom del giallo va dato, oltre alla sua bellezza intrinseca. Pensiamo un po’ alla geografia, tra l’altro vero tallone di Achille durante il mio excursus scolastico tutto preso come ero dalla storia. Quanti luoghi particolari del nostro paese abbiamo ultimamente conosciuto attraverso il romanzo poliziesco! E a quante altre civiltà ben lontane da noi ci siamo accostati senza l’assillo dello studio! Ricordo le più recenti avventure di Vish Puri nell’India, di Darko Dawson nel Ghana, di Peter Decker nel quartiere ebraico di Los Angeles…Un incontro etnico- culturale- geografico di tutto rispetto. Non parlo, poi, della storia che non finirei più. Solo su Siena sono sbocciati all’improvviso diversi lavori ambientati soprattutto nel Medioevo e nel Rinascimento (non tutti impeccabili, ma insomma…). Può costituire addirittura un efficace antidepressivo secondo una mia modesta, ma non certo velleitaria, interpretazione psicologica (http://www.milanonera.com/?p=2251 ).

Aumentano le recensioni iperboliche. Un po’ me le cerco come succedeva da ragazzo quando ritornavo a casa con qualche livido addosso e subito me ne compariva qualcun altro di stampo familiare. In fin dei conti che cosa me ne importa. Eppure sono fatto così. Vedo qualcosa che non mi torna. Dico la mia, magari in maniera troppo forte, mi becco una reprimenda, mi dispiace, giuro di non incasinarmi più, passa un po’ di tempo e siamo punto e a capo. Nei cromosomi, come si suole dire. Per interesse naturale e interesse pratico giro quasi tutti i giorni fra molti blog (tengo una rubrica a proposito su Thriller Magazine) e leggo una marea di recensioni. Un tripudio di bravi, bene, bis, una sfilza di ottimo ed eccellente da far venire il capogiro, frutto magari istintivo ( speriamo) di simpatie ed amicizie. Elogi sperticati di lavori che, a mio parere, possono ritenersi accettabili e niente di più, talvolta pure buoni, raramente eccezionali. C’è quasi una sorta di innata difesa dell’autore nostrano (e non solo nostrano), come se fosse bisognoso di cura e protezione continua. Posizione legittima, si capisce, e in parte da comprendere anche perché per molto tempo nel nostro paese ha tirato un’aria fortemente esterofila. Ma ora credo che il giallo italiano sia cresciuto e sia forte abbastanza per camminare da solo. Poi, magari, la colpa è del mio metro di giudizio troppo stitico e allora tutto quello che ho detto va a puttana. Pardon a escort (effetto Jonathan).

Si arriva perfino al grottesco, con il lettore (l’autore stesso mascherato?) a sostenere ragionamenti assurdi. Il linguaggio è carente ma rende meglio il contenuto, cioè ”che paradossalmente questo stile decisamente dilettantistico conferisce ancora più realismo ai personaggi investigatori altrettanto dilettanti e improvvisati”. Come a dire che la brutta scrittura si adegua ai brutti personaggi. Quando si dice una ferrea logica…

A volte qualcuno mette pure in dubbio che i libri vengano letti come il nostro Stefano Di Marino il quale, intervistato su Liberidiscrivere, sottolinea a proposito delle recensioni dei suoi lavori, ”Ricordo con piacere quelle in cui ho capito che il recensore aveva letto il romanzo… Sic transit gloria mundi…preferisco le lettere dei lettori”. Non c’è più religione.

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Un manierista del Ventennio : Ezio d’Errico

dicembre 10th, 2009

Questo mese vogliamo proporVi un articolo di Pietro De Palma, su uno dei grandi autori del Giallo Italiano troppo a lungo dimenticati: Ezio D’Errico.

 Buona lettura

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Ezio d’Errico fu figura avventurosa: giornalista,  autore radiofonico, pittore astrattista assai conosciuto e geniale romanziere, anche di polizieschi; un personaggio sempre alla ricerca di qualcosa, di nuovi stimoli, estremamente curioso: Carlo Carrà, in una critica su una mostra di quadri astrattisti di Ezio d’Errico, pubblicata sull’ “Ambrosiano” nel 1936, lo definì “pittore irrequieto”. Una caratteristica che notiamo in altri spiriti ribelli dell’epoca: Pound, Antheil. Ma loro si indirizzarono in un filone di pensiero che guardava con simpatia al nazismo e ad un certo elitarismo spirituale; D’Errico, era invece semplicemente, secondo me, quello che comunemente si dice di un artista, che crede in se stesso e nella sua arte e che non riconosce altri padroni a se stesso che non essa stessa: se non un “un anarchico”, almeno “un anarcoide”.

D’Errico aveva già insegnato grafica in una scuola per tipografi, e pubblicato “un Primo e un Secondo Manifesto dell’Arte tipografica”, qualificandosi come elemento di spicco dell’astrattismo italiano, rivestendo anche una posizione di critica delle correnti pittoriche europee; ma non sopportava l’irregimentazione, non sopportava un potere superiore al suo cui piegarsi e per questo non aveva proseguito nella carriera di ufficiale dei carabinieri, pur essendo arrivato al ruolo di Maggiore.

Nel 1936 cominciò la sua carriera di scrittore di romanzi polizieschi, dando alle stampe il suo primo romanzo, molto interessante proprio per capire le sue caratteristiche peculiari, Qualcuno ha bussato alla porta, cui seguirono molti altri romanzi, in tutto una ventina.

Dopo la Guerra, dopo aver pubblicato nel 1947 il ventesimo romanzo col commissario Richard, “La nota della lavandaia”, ripudiò tutti i romanzi gialli da lui prodotti precedentemente e si oppose alla loro ripubblicazione, e per un certo tempo diresse la rivista “Crimen”, per poi interessarsi al teatro: scrisse dei lavori che lo imposero nel cosiddetto “Teatro dell’Assurdo” di cui divenne un elemento di spicco. Durante l’occupazione di Roma, pare avesse svolto un’attività clandestina di stampa antifascista, e del resto Louis Kibler in Ezio d’Errico’s Theater of the Absurd: Three Plays, lo definisce “a rabid anti-fascist” (Introduction, pag.14).

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Nell’ambito del poliziesco, nato in Italia sotto l’egida della Mondadori, egli si mosse intelligentemente: diversamente da De Angelis, anche per non trovarsi in certo modo limitato dall’ottusità delle censura di regime che indicava persino gli scenari in cui doveva muoversi un autore che volesse ambientare in Italia le sue storie poliziesche, egli scelse come fondo per i propri drammi la Parigi simenoniana. E proprio a Simenon egli si rifece, scegliendo di iniziare le avventure del suo personaggio fisso, il Commissario Richard, nel momento in cui  il Commissario Maigret di Simenon scomparve dalla scena letteraria: infatti Simenon, come accade a tutti coloro che diventano famosi per qualcosa e poi vi restano appiccicati contro la loro volontà, si scocciò e nel 1933 mandò in pensione il suo Commissario Maigret, dopo aver risolto il suo ultimo ufficiale caso, L’écluse n°1, anzi, più propriamente, lo mandò a occuparsi del giardino di una villetta sulla riva della Loira – quasi che fosse un altro Nero Wolfe – abitandovi assieme alla moglie.

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Top Ebook

aprile 16th, 2013

Crediamo di fare cosa gradita segnalando gli ebook che più stanno riscuotendo successo sugli store online. Un’operazione piuttosto agevole e molto vicina al reale andamento dei libri in digitale, perché i resoconti dagli store arrivano mese dopo mese (al contrario delle edicole, dove possono passare anche otto mesi, prima di poter avere i dati certi di vendita di un libro).
Quest’area del blog sarà quindi dedicata all’aggiornamento delle classifiche di vendita dei nostri ebook. Si tratterà dello storico di vendita aggiornato mese dopo mese, in modo da avere rapidamente sott’occhio quali sono i titoli più venduti in digitale delle nostre collane. I dati raccolti rappresentano il venduto complessivo, calcolato su tutte le piattaforme digitali in cui i nostri ebook sono distribuiti, a partire dal giorno di messa in vendita di ogni singolo libro.

 

AGGIORNAMENTO Febbraio 2017

N. titolo autore collana
1 SENTO I POLLICI CHE PRUDONO CHRISTIE AGATHA IL GIALLO MONDADORI
2 BENTORNATO, ELLERY! QUEEN ELLERY I CLASSICI DEL GIALLO
3 UN PAIO DI SCARPE QUEEN ELLERY I CLASSICI DEL GIALLO
4 SE MORISSE MIO MARITO CHRISTIE AGATHA IL GIALLO MONDADORI ORO
5 PERRY MASON E IL CANE MOLESTO GARDNER ERLE STANLEY I CLASSICI DEL GIALLO
6 L’ASSASSINO È TRA NOI QUEEN ELLERY I CLASSICI DEL GIALLO
7 OSSESSIONE STEIN CHARLOTTE IL GIALLO MONDADORI
8 IL FIUME MORTALE PERRY ANNE IL GIALLO MONDADORI
9 CONGIURA A BUCKINGHAM PALACE PERRY ANNE IL GIALLO MONDADORI
10 PERRY MASON E L’AVVERSARIO LEALE GARDNER ERLE STANLEY I CLASSICI DEL GIALLO
11 MEZZANOTTE A MARBLE ARCH PERRY ANNE IL GIALLO MONDADORI
12 LA LOGICA DEL DELITTO CHESTERTON GILBERT KEITH IL GIALLO MONDADORI
13 LA CROCIATA DEI BAMBINI RENDELL RUTH IL GIALLO MONDADORI
14 PERRY MASON E IL PUGNO NELL’OCCHIO GARDNER ERLE STANLEY I CLASSICI DEL GIALLO
15 ESPERIMENTI DEDUTTIVI DI ELLERY QUEEN QUEEN ELLERY I CLASSICI DEL GIALLO
16 IL PALAZZO DALLE CINQUE PORTE DI MARINO STEFANO IL GIALLO MONDADORI
17 PERRY MASON E LA NUDISTA GARDNER ERLE STANLEY I CLASSICI DEL GIALLO
18 PERRY MASON E IL SIERO DELLA VERITA’ GARDNER ERLE STANLEY I CLASSICI DEL GIALLO
19 UNO DI NOI DEVE MORIRE CURTISS URSULA I CLASSICI DEL GIALLO
20 IN UN VICOLO CIECO PERRY ANNE IL GIALLO MONDADORI
21 TRADIMENTO A LISSON GROVE PERRY ANNE IL GIALLO MONDADORI
22 IL CANTUCCIO DELLA STREGA DICKSON CARR JOHN I CLASSICI DEL GIALLO
23 ANNO DOMINI AA.VV. IL GIALLO SUPPLEMENTO
24 AL SERVIZIO DI SUA MAESTÀ BOWEN RHYS IL GIALLO MONDADORI
25 LA VEDOVA BEFFARDA CARTER DICKSON I CLASSICI DEL GIALLO
26 PERRY MASON E LA NAVE BISCA GARDNER ERLE STANLEY I CLASSICI DEL GIALLO
27 SOLI NEL BOSCO RENDELL RUTH IL GIALLO MONDADORI
28 I DODICI DELITTI DI NATALE BOWEN RHYS IL GIALLO MONDADORI
29 PERRY MASON E LA ROSSA AMBIZIOSA GARDNER ERLE STANLEY I CLASSICI DEL GIALLO
30 INTRIGO IN COSTA AZZURRA BOWEN RHYS IL GIALLO MONDADORI
31 GLI INGANNI DI DORCHESTER TERRACE PERRY ANNE IL GIALLO MONDADORI
32 I DANNATI DEL TAMIGI PERRY ANNE IL GIALLO MONDADORI
33 CHARLIE CHAN E LA DONNA INESISTENTE BIGGERS EARL DERR I CLASSICI DEL GIALLO
34 GIUSTIZIA CIECA PERRY ANNE IL GIALLO MONDADORI
35 LA SCELTA DI MURDOCH JENNINGS MAUREEN IL GIALLO MONDADORI
36 UN BIDONE DI GUAI WESTLAKE DONALD E. I CLASSICI DEL GIALLO
37 SANGUE REALE BOWEN RHYS IL GIALLO MONDADORI
38 UN MARE SENZA SOLE PERRY ANNE IL GIALLO MONDADORI
39 DELITTI IN GIALLO AA. VV. IL GIALLO SUPPLEMENTO
40 LA TRAPPOLA EBERHART MIGNON G. I CLASSICI DEL GIALLO
41 NON È POSSIBILE EBERHART MIGNON G. I CLASSICI DEL GIALLO
42 TERRORE AL VILLAGGIO WADE HENRY I CLASSICI DEL GIALLO
43 CAPONAPOLI SIVIERO MASSIMO IL GIALLO MONDADORI
44 PERCHÉ NON L’HANNO CHIESTO A EVANS CHRISTIE AGATHA IL GIALLO MONDADORI ORO
45 PRIGIONIERA DELLE OMBRE EBERHART MIGNON G. IL GIALLO MONDADORI
46 DIECI INCREDIBILI GIORNI QUEEN ELLERY I CLASSICI DEL GIALLO
47 IL TACCUINO DI SHERLOCK HOLMES CONAN DOYLE ARTHUR I CLASSICI DEL GIALLO
48 SH E IL MISTERIOSO CASO DI IPPOLITO NIEVO CAMMILLERI RINO IL GIALLO MONDADORI
49 SEI NOTTI DI MISTERO WOOLRICH CORNELL I CLASSICI DEL GIALLO
50 LE IMMAGINI RUBATE COSTANTINI MANUELA IL GIALLO MONDADORI

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