Il Giallo Mondadori 3127: Il lago della paura

marzo 27th, 2015

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Tutto sembrava perfetto, o quasi. Prima che l’orrore arrivasse dal cielo. In vacanza con la famiglia a bordo di una casa-battello su un remoto lago canadese, Cork O’Connor e la figlia Jenny vengono sorpresi da una violentissima tempesta durante un’escursione. Un mostruoso fronte di nere nuvole temporalesche si abbatte su di loro come una montagna e li scaraventa su un’isola devastata. Là, nei pressi di un capanno abbandonato, sotto un riparo di frasche, qualcuno ha nascosto un neonato, denutrito e disidratato. Ma le scoperte per i naufraghi non sono finite: c’è anche il cadavere di una ragazza, che però non è rimasta vittima della furia distruttiva degli elementi. No, è stata torturata e poi uccisa con una pallottola in mezzo alla fronte. Per Cork è ora di svestire i panni del turista e rimettere quelli dell’investigatore privato. Perché non solo ha un assassino da scoprire, ma soprattutto deve proteggere il bambino da chi vuole impadronirsene a tutti i costi. Ormai, la stessa salvezza dei suoi cari è inscindibilmente legata alla sorte di questo piccolo superstite che la morte segue come un’ombra.

EBOOK DISPONIBILE

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A Venezia un…Febbraio, Giallo Shocking!

febbraio 12th, 2014

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Cari lettori de “Il Giallo Mondadori”, questo mese vogliamo regalarvi il resoconto della chiacchierata che abbiamo avuto con Stefano Di Marino, uno dei più grandi scrittori italiani e il più prolifico di sempre. Questo mese, Stefano ci ha regalato una perla “rara” del suo repertorio artistico, andando a confezionare un tipico THRILLING italiano anni ’70.

Non perdetelo per nessuna ragione e correte in edicola. Il volume sarà disponibile per tutto il mese di Febbraio in edicola e in formato EBOOK sul nostro sito inmondadori.it

Buona lettura!

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DPMG Il tuo amore per il thriller italiano anni ‘70 e gli sceneggiati Rai di quel periodo sono stati la leva principale che ti ha spinto a scrivere questo romanzo?

SDM Come ho già scritto in diverse occasioni, oltre all’anima avventurosa e spy, ne ho coltivata una legata al “thrilling italiano”. L’origine è, logicamente, quella che citi, la produzione cinematografica e televisiva degli anni ’70 che ritengo un periodo irripetibile della nostra produzione. Con gli anni ho integrato la mia passione per queste storie con altre suggestioni, in particolare con il mystery alla John Dickson Carr e imparentato con le atmosfere gotiche. Sempre, però, restando nel campo della realtà quando si tratta di identificare i colpevoli.



DPMG Quali sono i tuoi registi preferiti di quegli anni ? Quali ti hanno maggiormente influenzato?

SDM Prima di tutto ho un debito con Biagio Proietti in qualità di sceneggiatore, amico e maestro. Lo conosco da anni e mi sono studiato tutti i suoi lavori, oltre che averne discusso a lungo di persona. Se pensiamo al cinema, oltre all’ovvio riferimento ad Argento, i miei registi preferiti erano Martino, Lenzi e Aldo Lado del quale mi piace ricordare due film che sono rimasti nella mia memoria: “Chi l’ha vista morire’” e “La corta notte delle bambole di vetro”. Poi naturalmente c’è Avati con “La casa dalle finestre che ridono” che è un punto di riferimento ineludibile e Armando crispino, soprattutto con “L’Etrusco uccide ancora”.



DPMG I lettori ricorderanno il tuo meraviglioso ciclo di “Montecristo ‘ per il Giallo Mondadori Presenta.
Che emozione provi però ad essere pubblicato nella collana madre del Giallo Italiano?

SDM “Montecristo” fu concepito per IGMP. È un’opera a cui tengo ancora moltissimo, ma ha uno spirito diverso da quello richiesto nel Giallo che è la testata storica del Mystery in Italia. “Montecristo” è un thriller politico, pieno d’azione, attuale. “Il palazzo dalle cinque porte”, invece, gioca le sue carte sull’atmosfera, sull’intreccio, la ricerca del colpevole. Mi ero ripromesso di non far sparare al protagonista neanche un colpo di pistola. E così è stato.



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DPMG Quali sono a tuo avviso le maggiori differenze tra scrivere per una collana e per la libreria ?

SDM le collane economiche Mondadori sono una grandissima scuola di scrittura. Ti insegnano a restare nel format preciso della testata, nel numero di pagine richiesto. L’atmosfera, le sfaccettature psicologiche, i particolari devono essere studiati con molta attenzione. Non sono ammesse ridondanze o ripetizioni. In pratica non si può … allungare il brodo per scrivere ‘la bella pagina’ come a volte succede nei ‘romanzoni’. Questo non significa usare un linguaggio sciatto o tirato via. Non è facile.


DPMG Se dovessero proporti una trasposizione cinematografica per il tuo romanzo , chi vorresti alla regia e chi proporresti per i ruoli chiave?

SDM. Qui arrivano le dolenti note. Purtroppo(opinione personale e forse non condivisibile) ritengo che cinema e fiction italiani attualmente siano lontanissimi da me. Per “Il Palazzo dalle cinque porte” mi piacerebbe Michele Soavi alla regia, l’unico che credo ancora capace di evocare atmosfere. Bas Salieri, il protagonista, fisicamente è ispirato a un personaggio a fumetti visto oltralpe, non riesco a vedere un interprete particolare. Di sicuro Zemanian è Adolfo Celi come lo ricordiamo e Martina Suzie Kendall dei tempi di “L’uccello dalle piume di cristallo”, “Spasmo” e “I corpi presentano tracce di violenza carnale” che, come sai, è uno dei miei preferiti del genere. Il mio immaginario, in questo senso, lo ammetto, è un po’ retrò.

SDM

Stefano Di Marino si occupa della narrativa d’intrattenimento in tutte le sue forme da oltre vent’anni. Con lo pseudonimo Stephen Gunn firma per Segretissimo la serie Il Professionista dal 1995. Ha pubblicato il saggio C’era una volta il thrillingnell’antologia Il mio vizio è una stanza chiusa (Supergiallo Mondadori, 2009) da lui stesso curata, e Paura sul piccolo schermo in Cripte e incubi (Bloodbuster, 2012). Nel Giallo Mondadori ha pubblicato la trilogia hard-boiled Montecristo e, nella stessa collana, il racconto Donna con viso di pantera in Giallo24. Il mistero è in onda. Dal 2009 scrive romanzi e racconti thriller per la rivista “Confidenze” (Io sono la tua ombraSortilegioAppuntamento a MadridMaschere e pugnaliLa finestra sul lago,Il mare degli inganni e La casa con i muri rosa).

 


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Scorribande giallistiche V

gennaio 22nd, 2014

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Con lievi spunti personali…
Stante il successo dell’ultimo pezzo (e chi può contestarlo?) continuo imperterrito in questo mio saltellare spensierato. Inizio sempre così (sono un pigrone del Toro).
Marco Malvaldi in piena forma. Dopo la combriccola dei vecchietti del BarLume e il Pellegrino Artusi di Odore di chiuso, ecco spiccare il volo con Argento vivo, pubblicato anch’esso dalla Sellerio. Componenti del successo l’umorismo, la presa in giro da toscanaccio, qualche punta di surreale, personaggi vivi che si incontrano per strada con il loro gergo popolare. E anche un po’ di bu’o di ‘ulo che non guasta, via! (un salutone a Marco).
E già che si parla di sorriso Kaminski favoloso con Giocarsi la pelle del nostro imperituro G.M. Racconto veloce. Rocambolesco. Situazioni comico-paradossali (il personaggio principale, Toby Peters, viene addirittura scambiato per uno scrittore ad un convegno di psicanalisti), morti ammazzati pure nell’armadio, ritmo serrato, scrittura ironica, gradevole e frizzante come un vinello che conosco e tengo da parte. In perfetta sintonia con lo spirito dell’autore poteva benissimo essere intitolato Giocarsi le palle.
Armadio che è stato un gran contenitore di cadaveri nella letteratura poliziesca. C’è addirittura un libro di Rufus King Il morto nell’armadio a ricordarcelo. Uno splendido lavoro che viene inserito da Howard Haycraft e Ellery Queen tra le pietre miliari del giallo.
Uno dei libri che più mi hanno divertito in questi ultimi tempi è Hanno ammazzato Montalbano di Mario Quattrucci, Robin edizioni 2013. Un libretto tascabile. Piccolo, piccolo, da mettere in tasca (appunto), portarselo dietro e tirarlo fuori al bisogno (il libretto). In qualsiasi luogo e qualsiasi momento. Leggerezza. Ecco, se dovessi esprimere la mia prima sensazione dopo lettura, direi leggerezza. Di stile e contenuto. Cinque racconti leggeri, gradevoli, spiritosi. Ironici e autoironici. Con il commissario Marè (Marelli) che si intrufola nelle storie come fosse a casa sua. Bellino!

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Diario mediocre del solito giallista scacchista con il solito piede e tre quarti nella tomba (ora anche più di tre quarti)

novembre 11th, 2011

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Un diario con spunti di lettura e di vita personale. Io ci provo. Tante stronzate sono diventati best seller e dunque al limite mi avrà letto solo Dario, scuotendo i suoi capelli fluenti. Tra l’altro il titolo, volutamente tirato a bischero, serve per pararmi da qualsiasi critica seria (come si fa a criticare un pezzo con un titolo così?). Un po’ come il trucchetto della chiacchierata tra vecchi amici. Ogni tanto mi metto qui e butto giù qualcosa. Vediamo un po’…

13 giugno

Parto dal personale che mi viene meglio (figuriamoci il resto, dirà qualcuno). Sparito l’omino zoppo delle seconda guerra mondiale che mi angustiava durante le mie passeggiate in quel di Ampugnano. Un po’ mi dispiace e un po’ mi sento sollevato. L’egoismo umano è duro a morire. Ora posso scendere tranquillo dalla macchina e cominciare il viaggio, in tutti i sensi, della lettura, camminando e leggendo che ho acquisito una perizia particolare nel fare contemporaneamente le due azioni, senza sbattere contro i tronchi di qualche albero (dopo un paio di capocciate ho incorporato il percorso giusto). L’unico momento in cui riesco a distrarmi è l’arrivo di un giovanotto tutto scamiciato anche d’inverno che borbotta a voce alta continuamente fra sé. Allora non posso fare a meno di guardarlo per un attimo, alzare gli occhi al cielo e ringraziare il Signore della mia attuale condizione psicofisica (pure da brivido).

14 giugno

Imperversano le portatrici di pocce (non è una novità), sia come autrici che come personaggi di libri scritti anche dai portatori di palle. Non c’è niente da fare. Mi limito agli ultimi casi (chi vuole saperne di più http://www.thrillermagazine.it/rubriche/detective_lady/ ).

Rosa Mogliasco ha scaricato la commissaria Barbara Gillo (“L’amore si nutre d’amore”, Salani 2011); Alessia Gazzola ha tirato fuori Alice Allevi, anamopatologa ventisettenne di Messina, specializzando in medicina legale (“L’allieva”, Longanesi 2011); M.C. Beaton ha scodellato, da alcuni annetti devo dire, Agatha Raisin in pensione prima del tempo da una società di pubbliche relazioni (“Agatha Raisin e la quiche letale”, astoria 2011); infine il nostro Luigi Bernardi si è divertito a creare la detective pm Antonia Monanni (“Niente da capire”, Perdisa 2011).

Ne ho letti un paio e mi sono bastati. Dispiace per gli altri che saranno ottimi e ho sentito parlare molto bene del libro di Bernardi (Perdisa arriva a Siena?). Mi è bastata la Raisin, anzi la Beaton. Una lungagnata, una storia arzigogolata e nel contempo banalotta, che fugge via attraverso il solito linguaggio leggerino leggerino. Alla fine il primo capitolo del prossimo libro. Che lascerò sugli scaffali.

Mi è bastata (e pure avanzata) l’Allevi, anzi la Gazzola. Tutta la vicenda scivola melensa e sciapita con Alice al centro della scena fra sussulti, batticuore, rossori, pianto, caduta per terra, bacio trascinante e incredibile, invidia e gelosia, momenti di abbattimento e frustrazione (pure di distrazione se riesce a perdere perfino un cadavere), attraverso l’ormai classico linguaggio legger-spiritoso che va tanto di moda. Praticamente un gialletto in un romanzetto rosa. Di una fragilità sconcertante nel suo aspetto “giallo” e di una risaputa banalità in quello “rosa”. Poi vendono (se vendono) e hanno ragione loro.

Dimenticavo Ethel Thomas di Cortland Fitzsimmons, (“Delitto ai grandi magazzini”, Polillo 2011). La più vecchia di tutte, sia come età, settantacinque anni suonati, sia come anno di nascita letterario (1936). Una signorina “discretamente lucida”, porta una parrucca bionda, mai sposata anche se gli uomini le sono piaciuti (specialmente quelli più giovani). Una vecchietta arzilla, per non farla troppo lunga. E pure ricca che non guasta. Che dire? Ethel non è Miss Marple, Cortland non è la Christie e dunque la storia si presenta  piuttosto artefatta e raffazzonata, con troppi morti ammazzati in poco tempo e poco spazio. Un minore passabile della letteratura poliziesca.

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La semplicissima arte del delitto III

agosto 5th, 2010

Tra corna, canini in fuori, bambini violentati, mallopponi scandinavi, il caldo boia, il freddo bestia, la pioggia pallosa…

 

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Come dice il proverbio non c’è due senza tre. Un po’ come quei film di successo che al primo ne seguono almeno un paio. Di solito più brutti del precedente. Qui non siamo partiti neppure dal successo e dunque sapete cosa vi aspetta.

Non so se riuscirò ad essere pungente come nel passato. Devo dire la verità. Jonathan, nipotino di poco più di un anno, mi ha chiaramente rimbecillito e dunque ammorbidito. Lo dovreste vedere quando lo porto per i prati a prendere i fiori con le sue manine grassocce, o quando osserva attento e curioso le lunghe litanie di formiche che se ne vanno in qua e là. Ha cominciato da poco a camminare barcollando che sembra cada da un momento all’altro come la torre di Pisa, ma lui continua imperterrito. Se cade davvero una lieve smorfia, un accenno di pianto e poi via a caracollare di nuovo sulle gambe robuste, a battere le mani, a sputacchiare e sbrodolare una lingua tutta sua ancora incomprensibile…

Per essere corretto dico subito che riprendo  e rinforzo anche qualche pezzo scritto per “Corpi freddi” (http://corpifreddi.blogspot.com/)  e “Sugarpulp” (http://www.sugarpulp.it/)  con un caldo invito a frequentarli. Vi ci troverete bene. Un saluto a Enzone e Giacomo, i responsabili dei blog.

Incominciamo. La marea gialla continua. Perfino nei titoli dei quotidiani: “Il mondo è un giallo”, “Il realismo si è tinto di noir”. Per qualcuno, vedi Nicola Villa, solo quella straniera che l’italiana non esiste proprio. Suo  l’articolo, appunto, “Il giallo italiano non esiste” pescato nell’”Angolo nero” della nostra brava Alessandra Buccheri (andate a darci un’occhiata). Villa non la fa tanto lunga, riprendendo un concetto di una certa “giò” che su aNobii aveva lamentato l’inconsistenza e dunque l’inesistenza del giallo italiano sempre ripetitivo e sempre uguale a se stesso. Con i soliti personaggi e le solite trame.

Nel senso, come ho già scritto proprio su questo blog, che non c’è città o sperduto paesino di campagna che non abbia il suo bel commissario o la sua bella commissaria tanto che, prima o poi, mi prefiguravo anche quello di quartiere che venisse ad arrestarmi “per avere ucciso con un colpo ben assestato di ciabatta il ragnetto che pendeva schifosetto nel mio piccolo studio”. Tutti scrivono romanzi polizieschi. Dai più infimi ai più noti e dunque il giallo italiano è ben vivo e vegeto e non c’è bisogno di scomodare Augusto De Angelis quando, negli anni Trenta, si mise in testa di realizzarlo “Io ho voluto e voglio fare un romanzo poliziesco italiano”. Ci riuscì, eccome. Ed ecco le conseguenze…

Aumenta tutto. Aumentano i blog e i siti dedicati alla letteratura poliziesca (positivo); aumentano i concorsi (trovato pure un GialloBirra, niente male in estate) e i premi che te li offrono al bar (appunto) e te li tirano dietro anche ai semafori (occhio a non prenderli in testa se vi sporgete dal finestrino); aumentano le sigle con l’ultima nata post noir o post-noir o postnoir (mettetevi d’accordo!) dal connubio Montanari-Varesani (se non ricordo male) a volte se ne sentisse la mancanza; aumentando gli scrittori e gli pseudoscrittori  (soprattutto questi) aumentano, di conseguenza, le antologie piene zeppe di nomi conosciuti e sconosciuti dove è più facile rispondere alla domanda che si fa sempre più consistente rispetto all’offerta. Dieci? Quindici? Macché, facciamo pure una trentina e il gioco è fatto. Non ce l’ho con le antologie, via, si fa per dire, e pure il sottoscritto ne ha curata una con questi numeri. E farà parte, come autore, di Riso nero, una raccolta di racconti brevi giallo-comici della Delos Books. Dunque figuriamoci se voglio fare lo spiritosetto. E’ che trovare lavoro a tutti non è mica facile. Anche se la sopra citata casa editrice si è data da fare, invitando 365 (trecentosessantacinque!) facitor di parole a scrivere un breve racconto relativo all’erotismo, al sesso e all’eros in tutte le sue sfaccettature. Titolo dell’antologia Racconti erotici per un anno. Tiè! Se un racconto al giorno leva il medico di torno, come sentenzia il nuovo proverbio, l’antologia andrà a ruba.

Però qualche merito a questo boom del giallo va dato, oltre alla sua bellezza intrinseca. Pensiamo un po’ alla geografia, tra l’altro vero tallone di Achille durante il mio excursus scolastico tutto preso come ero dalla storia. Quanti luoghi particolari del nostro paese abbiamo ultimamente conosciuto attraverso il romanzo poliziesco! E a quante altre civiltà ben lontane da noi ci siamo accostati senza l’assillo dello studio! Ricordo le più recenti avventure di Vish Puri nell’India, di Darko Dawson nel Ghana, di Peter Decker nel quartiere ebraico di Los Angeles…Un incontro etnico- culturale- geografico di tutto rispetto. Non parlo, poi, della storia che non finirei più. Solo su Siena sono sbocciati all’improvviso diversi lavori ambientati soprattutto nel Medioevo e nel Rinascimento (non tutti impeccabili, ma insomma…). Può costituire addirittura un efficace antidepressivo secondo una mia modesta, ma non certo velleitaria, interpretazione psicologica (http://www.milanonera.com/?p=2251 ).

Aumentano le recensioni iperboliche. Un po’ me le cerco come succedeva da ragazzo quando ritornavo a casa con qualche livido addosso e subito me ne compariva qualcun altro di stampo familiare. In fin dei conti che cosa me ne importa. Eppure sono fatto così. Vedo qualcosa che non mi torna. Dico la mia, magari in maniera troppo forte, mi becco una reprimenda, mi dispiace, giuro di non incasinarmi più, passa un po’ di tempo e siamo punto e a capo. Nei cromosomi, come si suole dire. Per interesse naturale e interesse pratico giro quasi tutti i giorni fra molti blog (tengo una rubrica a proposito su Thriller Magazine) e leggo una marea di recensioni. Un tripudio di bravi, bene, bis, una sfilza di ottimo ed eccellente da far venire il capogiro, frutto magari istintivo ( speriamo) di simpatie ed amicizie. Elogi sperticati di lavori che, a mio parere, possono ritenersi accettabili e niente di più, talvolta pure buoni, raramente eccezionali. C’è quasi una sorta di innata difesa dell’autore nostrano (e non solo nostrano), come se fosse bisognoso di cura e protezione continua. Posizione legittima, si capisce, e in parte da comprendere anche perché per molto tempo nel nostro paese ha tirato un’aria fortemente esterofila. Ma ora credo che il giallo italiano sia cresciuto e sia forte abbastanza per camminare da solo. Poi, magari, la colpa è del mio metro di giudizio troppo stitico e allora tutto quello che ho detto va a puttana. Pardon a escort (effetto Jonathan).

Si arriva perfino al grottesco, con il lettore (l’autore stesso mascherato?) a sostenere ragionamenti assurdi. Il linguaggio è carente ma rende meglio il contenuto, cioè ”che paradossalmente questo stile decisamente dilettantistico conferisce ancora più realismo ai personaggi investigatori altrettanto dilettanti e improvvisati”. Come a dire che la brutta scrittura si adegua ai brutti personaggi. Quando si dice una ferrea logica…

A volte qualcuno mette pure in dubbio che i libri vengano letti come il nostro Stefano Di Marino il quale, intervistato su Liberidiscrivere, sottolinea a proposito delle recensioni dei suoi lavori, ”Ricordo con piacere quelle in cui ho capito che il recensore aveva letto il romanzo… Sic transit gloria mundi…preferisco le lettere dei lettori”. Non c’è più religione.

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